Oh my God!! 19                                 Back to Original  Back to Home

 

Il detective John fissò la scatolina di fiammiferi per un lungo istante, basito, prima di balzare in piedi e, dopo essersi dato una veloce scorsa attorno per accertarsi che nessuno lo vedesse, infilarsela in tasca.

Con la sua preziosa scoperta al sicuro si diresse verso quella che era diventata la sua stanza, facendo i gradini delle scale a due a due.

 

Finalmente una prova!

Un indizio!

 

Come potevano avere un oggetto del Broken, gli abitati, apparentemente per bene, di quella casa?

Quello era un locale frequentato da delinquenti!

Un posto in cui, una persona saggia non sarebbe mai entrata e da cui, una poco saggia, sarebbe stata cacciata a calci nel sedere dagli energumeni, armati fino ai denti, che ne sorvegliavano le porte.

Il Broken era frequentato solo da mafiosi e poliziotti, i secondi sotto copertura o con un mandato!

Si richiuse la porta della camera alle spalle, con un tonfo, facendo sussultare Mark che, al momento, era addetto alla sorveglianza ai microfoni.

“Rapporto?” chiese, più per abitudine che per reale necessità. Era ormai sera, si avvicinava l’ora della cena, tutti i loro ‘sospetti’ erano tra le mura di casa.

“Allan Godman e Clavis Dealif sono in camera da letto…” cominciò a riferire il più giovane dei due agenti facendo sbiancare John.

Delinquenti (adesso ne aveva quasi la certezza) e anche pervertiti (di quello aveva l’assoluta certezza!)!

Possibile che non riuscissero a stare lontani uno dall’altro per più di un paio d’ore?

Cos’erano? Animali in calore?!

“Ho provato a puntare i microfoni in quella direzione ma credo che stiano dormendo entrambi perché non ho captato niente” continuò Mark con una scrollata di spalle.

John lo guardò allucinato, incerto se sentirsi sollevato o preoccuparsi ancora di più.

 

Stavano dormendo?

 

ANCORA?

 

Poteva accettarlo da Godman ma Dealif?

Cos’era narcolettico?

 

“Victor Force è in giardino ad allenarsi” proseguì Mark ignorando le smorfie del collega “Zenan Know e il suo allievo Sefire sono nello studio di Godman, quello al pian terreno…” specificò con un ghignetto malefico sul volto che non prometteva niente di buono “…e, conoscendoti, non credo che tu voglia sapere cosa stavano facendo!” ridacchiò facendo impallidire John.

 

Bestie erano!

Bestie in calore!

 

L’agente si appuntò mentalmente di evitare lo studio. Almeno finche non fosse stato certo al duecento per cento che avevano pulito!!

Tra l’altro Sefire non era minorenne?

Se fosse andata male su altri fronti avrebbe sempre potuto mettere dentro Know per pedofilia!

Quel pensiero servì a tirargli su il morale… almeno un po’.

“I due ragazzini sono in camera di Fisher a fare i compiti” terminò l’altro poliziotto.

“Bene” mormorò John cercando di dare alla sua voce un tono serio e compunto nonostante le informazioni del collega l’avessero decisamente turbato.

“Guarda cosa ho trovato giù, nascosto sotto alcuni giornali, in salotto” disse traendo dalla tasca dei pantaloni la scatoletta di fiammiferi e mostrandola al collega.

Mark prese l’oggetto dalle mani dell’altro, osservandolo con occhi attenti e la fronte corrugata, prima di sollevare il piccolo coperchio di carta a rivelare qualche fiammifero e una scritta vergata in calligrafia elegante al suo interno.

“Merda!” ansimò incredulo mentre John gli si avvicinava in fretta per leggere a sua volta.

Nella fretta lui non l’aveva aperta!

La sua reazione non fu comunque molto diversa da quella dell’agente più giovane.

“La Muerte?” gracchiò, perdendo ogni traccia di compostezza, sbiancando nel leggere quelle due semplici parole a voce alta.

 

Proprio la Muerte?!

Di tutti i criminali della zona il gruppo che si faceva chiamare pomposamente “La Morte” era costituito dai più pericolosi e inafferrabili!

 

Possibile che gli insospettabili abitanti della casa avessero a che fare con loro?

O… peggio ancora… fossero dei loro!?

 

Gli occhi dell’agente John si accesero di fervente entusiasmo: che colpo sarebbe stato!

Che soddisfazione!

Avrebbe potuto cancellare quell’espressione d’impassibile indifferenza dal volto di Dealif!

Oh… già si pregustava la scena!

 

Mark parve leggergli nel pensiero. “Non ha senso!” protestò “Perché lasciare in giro un simile indizio?” ma John scosse il capo, piccato. “Conosci il detto: se vuoi nascondere qualcosa mettilo dove tutti possono vederlo!” recitò “Probabilmente si sentono così tranquilli che non hanno nemmeno tentato di nasconderlo!” esclamò cupo.

Mark giocherellò con la scatola di fiammiferi, incerto “Non lo so” mormorò “E se stessero indagando per conto loro?” ipotizzò.

“Li abbiamo sorvegliati tutto il tempo!” gli ricordò John “Non potevano fare una sola mossa senza che noi lo venissimo a sapere!” gli fece notare. “E ti ricordo che entrare al Broken per procurarsi una di quelle…” disse indicando la ‘prova’ “…è praticamente impossibile, a meno di non essere uno di loro ovviamente, o conoscere qualche formula magica!” disse con una smorfia di derisione. “Lo sapevo che erano marci! Lo sapevo fin dall’inizio!” tuonò soddisfatto.

“E’ meglio avvertire la centrale…” propose il più giovane, cercando di tenere i piedi per terra “Ed aspettare disposizioni. Se si tratta davvero della Muerte dobbiamo muoverci con molta cautela!”

John annuì, sapendo che quella era la cosa giusta da fare, ma i suoi occhi scintillavano d’entusiasmo.

Se davvero avevano trovato anche solo uno dei membri del famoso gruppo criminale…  avevano un modo, un mezzo, per riuscire laddove generazioni di poliziotti avevano fallito fino a quel momento!

Potevano fermare la Muerte!

 

...

 

“Hanno trovato la scatolina di fiammiferi…” borbottò distrattamente Zenan facendo scorrere con ipnotica lentezza le dita tra i capelli castano chiaro dell’amante. Sefire mormorò qualcosa d’indefinito, strofinando la guancia contro il suo petto, come un gattino in cerca di coccole, e l’altro ridacchiò abbassando il viso per posargli un bacio tra le ciocche arruffate.

“Non mi stai ascoltando vero?” gli chiese dolcemente ma l’angelo scosse il capo “Non è vero…” protestò debolmente con uno sbadiglio che soffocò contro la pelle chiara del suo signore “…è solo che sono un po’ stanco.” mugolò.

Aveva dovuto impiegare tutti i metodi di persuasione di sua conosceva per calmare un po’ il suo Signore, dopo la sconvolgente rivelazione di Clavis, finchè, ormai alla disperazione, l’unica cosa che gli era venuta in mente per farlo smettere di brontolare ininterrottamente era stata buttargli le braccia al collo e baciarlo.

Aveva funzionato… in un certo senso.

Era andato tutto bene finchè Zenan non l’aveva spinto nello studio e lì, sul piccolo divano che ne occupava un angolo. Come lo spazio si fosse distorto per far diventare suddetto divano un enorme letto a baldacchino e dove fossero finiti i suoi vestiti nel mentre rientrava probabilmente nella categoria di quelli che, lo stesso Zenan, soleva definire ‘usi impropri di poteri divini’!

Inoltre il giovane angelo aveva scoperto una cosa nuova sul Dio della Sapienza.

Quella sua tranquilla calma, quella sua seria compostezza… erano una facciata!!

Zenan ridacchiò piano nel notare l’implicito rimprovero nelle parole dell’amante “Scusa…” soffiò dolcemente.

Sefire arrossì ma nascose l’imbarazzo con uno sbuffo accondiscendente prima di farsi serio.

“Zenan…” lo chiamò, piano, incerto, con un tono che mise all’erta l’altro.

“Hm…” mormorò il Signore di Saphe facendo scorrere le mani sulla sua schiena nuda.

“Sei davvero così arrabbiato con Allan?” gli chiese l’angelo.

Zenan sospirò e il ragazzo temette che avrebbe ricominciato a lanciare improperi nei confronti del suo biondo amico ma l’altro lo stupì soffiando un debole: “No”

“No” ripetè più forte, dopo un istante “Non sono arrabbiato con Allan” spiegò “Ma sono preoccupato. Clhavishineriyas non è una creatura con la quale scherzare, ora meno che mai.” mormorò.

Sefire si puntellò sul suo petto per sollevare il viso, gli occhi azzurri scintillanti “Allan non sta giocando con Clavis!” protestò vivacemente “Lo ama!”

“Lo so…” soffiò Zenan, accarezzandogli una guancia con dolcezza, “…ho visto come lo guarda, come si toccano anche quando non se ne rendono conto” mormorò “Ma…” esitò cercando le parole “…il rischio è alto, troppo, alto Sefire. Stiamo parlando dell’annullamento totale. Della Fine. Senza possibilità di salvezza o di appello. Non resterebbe niente! Non sopravviverebbe nessuno!” disse, spostando lo sguardo grigio oltre la spalla dell’amato.

“Io non avrei mai…” scosse il capo incapace di esprimersi “…sarebbe stato più saggio lasciarlo morire. Sarebbe stato più logico…” disse cupo, portando le iridi tormentate sul volto del compagno.

“Questo fa di me un codardo spietato?” chiese piano, negli occhi grigi sentimenti contrastanti che lottavano tra loro.

“Per non parlare del fatto che ora aspetta un bambino!” aggiunse senza attendere risposta.

Quasi temesse la risposta dell’altro.

“E’ pericoloso! Potrebbe stare male e perdere di nuovo il controllo della sua energia! Potrebbe… maledizione se solo avessi la più pallida idea di cosa potrebbe succedere!” sbottò alterato.

Sefire lo fissò sorpreso, per un lungo istante, e poi cominciò a ridacchiare.

 

Il signore di Saphe guardò il compagno confuso.

Di tutte le reazioni quella proprio non se l’era aspettata.

 

Stava perdendo i suoi poteri? Si chiese sgomento.

Una volta, prima di Sefire, prima di Clavis, sapeva sempre cosa attendersi dagli altri, come si sarebbero sviluppati gli eventi.

Era in grado di calcolarlo con estrema precisione.

 

“Hey!” protestò, leggermente offeso, sperando di far smettere l’angelo e ricevere così qualche spiegazione.

“Sei spaventato!” esclamò Sefire puntandogli un dito contro il naso aquilino “Sei spaventato perché, per la prima volta in assoluto, in tutta la tua vita, non ‘sai’!” disse facendolo sussultare.

“Hai basato la tua intera esistenza sull’esame dei fatti, comportandoti in conseguenza alle informazioni in tuo possesso” ragionò il ragazzo “E adesso che ti ritrovi davanti all’ignoto… non sai cosa fare!” mormorò con dolcezza.

“Io…” cominciò Zenan spiazzato dall’analisi del compagno.

“E’ normale, sei il Dio della Sapienza…” lo giustificò Sefire con un sorriso carico di tenerezza, chinandosi a sfiorargli le labbra con le proprie “…ma dovresti fidarti di più di Allan, ha già vinto contro la Logica una volta.” gli ricordò “Forse anche più d’una se si pensa che nessuno di noi aveva mai osato avvicinarsi a Morvit” disse pensieroso prima di tornare a portare lo sguardo ceruleo in quello dell’amante “E dovresti fidarti di più anche di Clavis, è forte, molto più forte di quanto tu possa immaginare, lo è sempre stato. Credimi, io l’ho visto.” mormorò, la voce improvvisamente incrinata nel ricordare quel momento in cui aveva scorto la vera natura del Dio della Vita e della Morte.

“Ma se non riesci a fidarti di loro…” soffiò piano, le guance in fiamme “…fidati di me: andrà tutto bene vedrai.”

Zenan lo fissò incredulo, immobile, prima che sul suo viso si aprisse un sorriso carico di dolcezza.

“Mi fido di te…” mormorò con voce calda, quasi roca d’emozione, stringendolo a se.

“Anche se non è molto logico” scherzò.

“Hey!” fu la volta dell’angelo di protestare.

Zenan ridacchiò “Mi fido di te…” ripetè “…perché ti amo” soffiò piantando le iridi grigie in quelle azzurre, serio, facendo arrossire il ragazzo fino alla radice dei capelli.

“Anch’io ti amo Zenan” mormorò imbarazzato Sefire nascondendo il viso contro la sua spalla “E non credo che tu sia uno spietato vigliacco” disse ricordando la domanda dell’amante, tornando a sollevare il capo per guardarlo negli occhi.

“Tu avresti fatto quello che, razionalmente, sarebbe stato più giusto fare” lo giustificò.

Il Dio della Sapienza sospirò piano attirandolo a sè per un lungo bacio “Che cosa farei senza di te…?” chiese facendolo arrossire nuovamente.

“Saresti certamente perduto!” esclamò l’angelo cercando di nascondere, dietro la battuta, l’imbarazzo.

“E’ vero…” confermò invece, tranquillamente, il Dio, vanificando ogni tentativo dell’angelo di non diventare bordeaux.

Rimasero l’uno tra le braccia dell’altro, semplicemente a godere del calore reciproco, per un po’, prima che Zenan mormorasse: “Credi che dovrei dirlo a Clhavishineriyas?” chiese leggermente combattuto. “Credi che dovrei confessargli che avevamo deciso di lasciarlo morire?” sussurrò ma Sefire scosse il capo.

“Lo sa…” disse piano “…e non penso ne faccia una colpa a te o agli altri Dei.” ragionò “Lui stesso aveva deciso di lasciarsi morire…” ricordò con una fitta al petto “…ma poi ci ha pensato Allan a fargli cambiare idea!” esclamò con un sorriso luminoso.

Zenan annuì facendosi pensieroso “Allan è sempre stato decisamente caparbio e un po’ troppo avventato in certe cose!” borbottò prima di farsi pensieroso “Sai, forse dovremo cambiare la classifica degli ‘Dei pericolosi’” scherzò “Allhanirayas può essere molto più preoccupante di Clhavishineriyas!”

 

...

 

Allan si passò una mano tra i capelli biondi, distrattamente.

Gli fischiavano le orecchie.

Si chiese chi stesse parlando male di lui ma accantonò il pensiero un istante più tardi.

Dopo la sua ‘rivelazione’ agli altri occupanti della casa Clavis si era eclissato con grazia, indifferente all’infinita ramanzina a cui Zenan stava sottoponendo la sua ‘dolce metà’. E quando il biondo era infine riuscito a liberarsi dell’amico ed era andato a cercarlo lo aveva trovato sull’altalena, in veranda, il capo reclinato sul sedile e gli occhi chiusi, che si faceva cullare dalla carezza del sole e dall’abbraccio di una brezza profumata che sembrava spirare solo per lui.

“Sei sopravissuto?” aveva avuto il coraggio di chiedergli, con un sorriso sornione, senza aprire gli occhi viola. Allan aveva brontolato qualcosa sulla sua crudeltà prima di sederglisi accanto. Il moro gli si era accoccolato contro ma a niente era servito tentare di porgli qualche domanda sulla gravidanza.

Le sue risposte si potevano riassumere con un mastodontico, inquietante: “Non lo so”.

Come cavolo faceva ad essere così tranquillo allora?!

Alla fine Clavis gli si era addormentato di nuovo tra le braccia e Allan l’aveva portato in camera loro per lasciarlo riposare lontano da occhi indiscreti.

Guardarlo dormire nella penombra ovattata della stanza, poterlo sfiorare con quella riverente dolcezza che l’altro gli aveva rimproverato, aveva avuto l’effetto di calmarlo un po’ anche se, tutte le volte che il suo pensiero tornava sulla sconvolgente idea che Clavis gli avrebbe presto dato un figlio, il cuore gli faceva una capriola nel petto.

Il Dio dell’Amore si chinò a posare un bacio sul capo dell’amante addormentato, rimboccandogli le coperte prima di lasciarlo, seppure di mala voglia, per scendere al piano inferiore a preparare la cena. Avrebbe potuto arrangiarsi con uno semplice schioccar di dita ma, a beneficio degli agenti che li spiavano, doveva almeno fingere di cucinare.

E poi voleva controllare la situazione.

A quell’ora uno dei due doveva aver trovato la scatolina di fiammiferi e, con essa, il nome sul quale indagare.

Presto sarebbero riusciti a liberarsi di entrambi gli scocciatori e allora Allan sarebbe tornato a preoccuparsi, a tempo pieno, per il compagno e il bambino in arrivo.

 

...

 

I giorni successivi scorsero in una quieta monotonia.

Allan continuava ad ignorare, o a fingere di farlo, i, più o meno espliciti, inviti di Zenan a conferire con il Consiglio dei Dieci per informarli della novità.

I due agenti erano sempre più spesso al telefono, il biondo confidava che il motivo fosse che avevano finalmente scoperto qualcosa, Sefire e Zenan occupavano il tempo libero ad ‘approfondire la reciproca conoscenza’, Victor in genere si annoiava, Clavis dormiva per il novanta per cento della giornata.

Lui teneva d’occhio la figlia e Raily, si preoccupava per il compagno e sorvegliava gli agenti.

Tre attività praticamente inutili dalle quali però non riuscì ad esimersi almeno finchè il Dio della Vita e della Morte, esasperato, non si stancò di vederlo perennemente all’erta e lo trascinò in camera da letto.

Di peso.

Le proteste del Dio dell’Amore sul fatto che: doveva controllare Valery, era meglio tenere d’occhio i poliziotti e, soprattutto, non era il caso di fare l’amore visto il suo ‘stato’, morirono nel momento in cui Clavis si disfò dei vestiti e con un: “Allan, sta un po’ zitto!” e lo spinse sulle lenzuola per sdraiarglisi sopra un istante più tardi.

 

E così infine giunse il venerdì.

 

Raily e Valery, come da copione, uscirono dalla palestra dove si svolgevano le attività del club di teatro cercando di sembrare tranquilli e rilassati, chiedendosi se i ‘cattivi’ avrebbero abboccato.

Victor camminava qualche passo dietro di loro, resosi invisibile con un incantesimo, loro silenziosa guardia del corpo.

Avevano fatto in modo, per tutta la settimana, che i ragazzi si trovassero sempre in luoghi affollati e in compagnia di uno di loro, verificando con soddisfazione che Fisher era davvero sorvegliato da occhi discreti.

Avevano controllato poi, grazie all’intercettazione di alcune delle telefonate degli agenti, che la polizia fosse pronta ad intervenire.

Tutti gli attori erano sul palcoscenico non restava che tirare su il sipario e sperare che andasse tutto come pianificato.

Quindi ora, mentre i due ragazzi, apparentemente, finalmente, soli, camminavano in direzione di casa, la loro maggior preoccupazione era che la Muerte non si facesse vedere.

Anche se sarebbe stato decisamente più saggio sperare il contrario.

Quando con uno stridore di freni un anonimo furgoncino nero svoltò l’angolo a tutta velocità, per poi inchiodare al loro fianco, i due si lanciarono una veloce occhiata tra l’eccitato e lo spaventato.

La porta scorrevole del veicolo nero si aprì rivelando degli uomini con il volto coperto con un passamontagna.

Efficienti e rapidi i malviventi caricarono i due ragazzi a bordo senza accorgersi di Victor che scivolava protettivamente silenzioso al loro fianco.

 

“Li hanno presi!” riferì Zenan ad Allan interrompendo così il suo nervoso su e giù sul tappeto del salotto.

Il biondo serrò le labbra annuendo “Allora sbrighiamoci e passiamo alla fase due!” sbottò.

Il dio della Sapienza sospirò piano “Calmati” mormorò, “Dobbiamo attendere di sapere dove li porteranno”, gli ricordò. Allan annuì cupo e si rimise a sedere stropicciandosi nervosamente il maglione tra le mani almeno finchè Clavis, che leggeva un libro sulla sua poltrona preferita, non abbandonò il romanzo per andare a sedersi accanto a lui, prendendo la mano abbronzata del compagno tra le sue.

“Calmati” soffiò “C’è Victorgorth con loro…” gli ricordò “…sono protetti dai vostri incantesimi e Sefire li sorveglia dall’alto” mormorò accarezzandogli una guancia, facendo scivolare le dita candide a portargli un ricciolo biondo dietro l’orecchio, con dolcezza.

Il Dio dell’Amore affondò nelle sue iridi viola sentendosi improvvisamente più tranquillo. Gli porse un sorriso di gratitudine per poi trarre un profondo respiro, imponendosi di mantenere il sangue freddo.

“Hai ragione…” soffiò “…è che…” borbottò cercando di giustificarsi.

Il Dio della Vita e della Morte gli sorrise dolcemente “Lo so…” lo rassicurò intrecciando le dita con le sue.

Zenan volse loro le spalle, per lasciar loro un po’ d’intimità, fingendosi improvvisamente molto interessato ad un quadro che stava nel salotto di Allan da ormai dieci anni.

   

La comunicazione mentale di Victor giunse quasi mezz’ora più tardi.

Zenan ed Allan si scambiarono uno sguardo d’intesa prima che quest’ultimo lanciasse un’occhiata al telefono. Rispondendo ad un ordine inespresso l’apparecchio cominciò obbedientemente a trillare.

“Pronto?” mormorò Allan dopo aver velocemente sciolto l’incantesimo che aveva impedito agli agenti, al piano di sopra, di ascoltarli fino a quel momento.

La voce di Sefire, opportunamente contraffatta con un incantesimo, dall’altra parte della cornetta, lo informò che avevano rapito Raily e Valery e che, se li volevano rivedere sani e salvi, avrebbero dovuto presentarsi al molo nove, da lì ad un ora, con un milione in contanti. La chiamata terminò con la secca, classica, minaccia di non avvertire la polizia se volevano che nessuno si facesse male, dopo di che Sefire riagganciò.

Allan e Zenan scattarono in piedi prendendo le chiavi dell’auto pronti a recitare la loro parte di amici preoccupati (Allan non fingeva neanche tanto) e precipitarsi in banca a prelevare il denaro richiesto, per poi andare all’appuntamento, certi di essere seguiti dalla polizia.

“Tu resta qui!” mormorò il biondo Dio dell’Amore all’amante, scoccandogli un veloce bacio sulle labbra.

Clavis gli lanciò un occhiataccia di rimprovero ma decise di accontentarlo, almeno per quella volta.

Allan e Zenan si lanciarono quindi fuori di casa seguiti a poca distanza da Mark e John che fecero, inutilmente, attenzione a non farsi vedere da l’unico uomo rimasto nell’abitazione.

Tra quelle pareti divenute improvvisamente silenziose Clhavishineriyas sospirò lanciando uno sguardo al libro che aveva abbandonato sulla poltrona prima di coprire uno sbadiglio con la mano candida.

Sbuffò, leggermente infastidito da quella continua stanchezza che non voleva saperne di lasciargli fare alcun che, prima di decidere che non valeva la pena di addormentarsi in poltrona quando non c’era nessuno in casa e poteva tranquillamente andarsene a letto senza, per questo, far sì che Allan si precipitasse a vedere se stava bene.

Sbadigliando nuovamente il moro si stava dunque dirigendo verso quella che era diventata la sua camera quando notò sulle scale una scatolina di fiammiferi.

La rigirò tra le dita, sorpreso, osservando il nome stampato in grossi caratteri scuri, sul cartoncino: Broken.

Era il locale che avevano nominato i killer.

E l’esca che Allan aveva lasciato ai due poliziotti per portarli sulla giusta strada.

Dovevano averla persa gli agenti nella fretta di seguire Allan e Zenan.

Clavis l’aprì, curioso più che altro di studiare quel nuovo oggetto umano, e lo sguardo viola venne catturato dalla scritta, vergata in penna, al suo interno, da quella che, la riconobbe subito, era la calligrafia di Allan.

 

“La Muerte?” soffiò, leggendola sorpreso.

Cominciava a capire percè Allan non aveva voluto ‘tediarlo’ con le informazioni relative al loro ‘nemico’.

Era dunque quello il modo in cui si facevano chiamare?

 

La Morte.

Niente meno!

 

Mortali impudenti…

 

Sul bel volto androgino si tese un sorriso maligno, ogni traccia di sonno svanita.

“La morte… ma davvero?” miagolò le iridi viola incandescenti la voce improvvisamente cupa, profonda, sepolcrale.

Con uno schiocco il reale detentore di quel titolo svanì in una nuvola di fumo argenteo.

 

continua....

 

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