Amnesia 1                                                     Back to FanFic  Back to Home

 

24 Dicembre -Kanagawa -

Il ragazzo moro, dai fini lineamenti di porcellana, camminava distrattamente, il walcman nelle orecchie, la sacca sportiva negligentemente gettata su una spalla, ignorando gli sguardi ammirati che seguivano il suo passo felino seppure semi addormentato.

I suoi pensieri erano rapiti dalle note della musica che gli ronzava nella testa, teneva il volume alto, molto alto, nel vano tentativo di scavalcare con il martellio della batteria, la voce che sussurrava imperterrita nella sua testa.

Che ripeteva in continuazione quel nome.

Stava di nuovo pensando a lui.

Da giorni, settimane, mesi, nella sua testa non c’era che lui.

Ormai era diventata un’ossessione.

Ed era stato difficile ammettere che quello che provava era più dell’odio.

“Ma perché di tutti quelli che ci sono proprio lui!” sbottò tirando un calcio ad una lattina che rimbalzò sulla strada spaventando un gatto nero.

Quella domanda continuava a scorrergli nella mente come lo screen server bloccato di un pc rotto.

Perché lui?

Ed ogni volta che quella domanda gli bruciava nella testa la risposta giungeva in mille frammenti di ricordi, attimi rubati al tempo, racchiusi in scrigni gelosamente custoditi dal suo silenzio.

I suoi occhi caldi che si accendevano di passione durante una partita.

Le sue labbra morbide arcuate in un sorriso splendente, a volte sciocco, a volte esagerato, ma sempre luminoso.

Sua madre soleva dirgli che il sorriso era il riflesso della luce dell’anima.

E Rukawa era sicuro che in quello splendido corpo scolpito dagli allenamenti, sotto quella pelle abbronzata e calda c’era un’anima dalla luce abbagliante quanto quella dell’astro che lo svegliava ogni mattina, intrufolandosi silenzioso tra le persiane socchiuse, accarezzandogli il volto con leggerezza, costringendolo a socchiudere le palpebre.

Avrebbe voluto ben altre mani leggere a sfiorarli il volto, il mattino.

Avrebbe desiderato che il respiro che sfiorava la sua pelle ancora tiepida di sonno non fosse quello del vento, ma il suo.

 

Quello di Hanamichi Sakuragi.

 

Il casinista.

La scimmia rossa.

Il tensai.

 

“Do’hao” mormorò tra se, per riflesso, lasciandosi sfuggire un piccolo sorriso.

 

Ormai quell’insulto era divento importante per lui.

Li legava.

Il do’hao e la kitsune.

Chiamava così solo lui.

E Hanamichi faceva lo stesso.

Un muto accordo.

Un silenzioso patto.

Tutto ciò che gli era concesso di dividere con lui.

 

Come aveva finito per innamorarsi di lui?

Rukawa scosse la testa.

Non se n’era nemmeno accorto.

All’inizio aveva ammirato la sua allegria desiderando semplicemente di poter essere come lui.

Trovare la strada per accendere anche dentro di se quella luce splendente, ma non sapeva come fare.

Che cosa fare.

E allora aveva cominciato a spiarlo dapprima solo con curiosità, poi sempre con maggior meraviglia scoprendo le mille sfaccettature del suo carattere, quelle che erano lì in primo piano, che tutti potevano vedere e quelle più nascoste che riusciva ad intravedere nei suoi sguardi, in certi gesti.

Il suo esame era stato attento e meticoloso.

Era così impegnato in quello studio che non si era reso conto, finché non era stato troppo tardi, di quanto quella luce fosse diventata importante per lui, essenziale come l’aria, come il basket.

E quella sera nello spogliatoio si era reso conto una volta per tutte che era giunto al punto di non ritorno.

 

#Flash Back#

Erano ormai settimane che faceva di tutto per non fare la doccia quando la faceva Hanamichi per evitare di scoprirsi troppo, per paura di non riuscire a mascherare il desiderio di toccarlo che gli bruciava dentro, ogni giorno di più.

Aveva fatto una doccia velocissima, era diventato un mago in merito, e si era diretto nello spogliatoio prima ancora che l’altro ragazzo avesse avuto il tempo di infilarsi sotto l’acqua.

Credeva di essere al sicuro almeno per un giorno ancora, invece era successo l’imprevisto.

Per attuare uno stupido scherzo Ryota aveva rubato il sapone al rossino, che l’aveva seguito imbestialito nello spogliatoio, dove Rukawa aveva appena finito di riempire la sua borsa con la divisa accuratamente piegata e, nella foga, il rossino gli era rovinato addosso.

Completamente nudo e ancora gocciolante per la doccia appena terminata.

Si era ritrovato a pochi centimetri dal suo volto il corpo schiacciato sotto il suo.

Intrecciato al suo.

La sua reazione era stata immediata e chiara.

Rukawa si era affrettato ad allontanare l’altro giocatore prima che questi si rendesse conto dell’effetto che gli faceva ma così aveva messo le mani su quelle braccia robuste, sembrava che le sue dita sensibili fossero in grado di percepire ogni singolo muscolo guizzante di quelle membra lucenti, peggiorando non poco la situazione.

Si era tirato in piedi cercando di nascondere la sua agitazione dietro la solita freddezza ma sentiva le gambe molli e le mani tremanti.

Come si era ridotto!

Era letteralmente fuggito dallo spogliatoio ignorando le grida del rossino che lo accusava di trovarsi sempre sulla sua strada.

Come avrebbe voluto che fosse vero!

Avrebbe dato qualsiasi cosa per poter essere sempre sulla sua strada.

Aveva infilato il walkman e si era incamminato in fretta prendendo la via più lunga per dare il tempo alle sue emozioni di sedarsi.

#fine flash back#

 

Non aveva molta voglia di andare a casa, non c’era nessuno, sua madre e suo padre sarebbero tornati solo il giorno di Santo Stefano, erano partiti quella mattina per le vacanze natalizie e per celebrare il loro anniversario di matrimonio.

Sorrise al pensiero dei genitori.

Gli sarebbe piaciuto avere con il rossino il rapporto speciale che i suoi avevano tra loro.

La casa che lo attendeva era vuota senza di loro e dopo il calore e la confusione degli attimi appena vissuti non aveva voglia di tornarci, si diresse così verso il centro, camminare tra la folla che fluiva gioiosa nei negozi addobbati, l’aiutava a sentirsi un po’ meno solo.

Urtò contro qualcosa e mormorò una parola di scusa accennando a proseguire per la sua strada, sempre avvolto nei suoi pensieri, quando una robusta mano callosa lo afferrò per il braccio.

“Hey signorina, sta attenta!” gli disse lo studente, sicuramente più anziano, con sguardo di scherno.

Rukawa gli rivolse un’occhiata glaciale liberandosi,con un gesto stizzito, dalla sua presa.

“Idiota” borbottò.

 

 

I raggi rossi del tramonto disegnavano lunghe ombre leggere sulle case e sulle vie.

Un alto ragazzo con i capelli dello stesso colore del sole morente camminava fischiettando un motivetto natalizio diretto verso casa.

Gli allenamenti si erano protratti un po’ più del solito e quell’idiota di Ryota gli aveva fatto perdere un sacco di tempo con uno stupido scherzo.

Era persino inciampato su quell’odiosa volpe che come sempre dormiva in piedi.

Si chiese per l’ennesima volta che cosa facesse la notte invece di dormire quella baka kistune.

Chissà perché ultimamente se lo ritrovava sempre più spesso tra i piedi.

Non che la cosa gli dispiacesse poi molto.

Anzi.

Si fermò di bottò spalancando gli occhi prima di scuotere la testa con forza.

“Ma che diavolo sto pensando!” si rimproverò a voce alta prima di riprendere il cammino interrotto.

I suoi rapporti con Rukawa erano un po’ migliorati da quando nella partita con il Sannoh si erano scambiati quell’ultimo passaggio.

Ormai erano quasi sei mesi che non facevano a botte, non seriamente almeno.

E con gran soddisfazione del loro nuovo capitano pur condendo la cosa di “pfui”, “tzè” e insulti vari lui e il volpino avevano cominciato a passarsi la palla durante le partite.

“Ormai sono diventato un genio e quel mentecatto non ha più niente da criticare” disse tra sé con un sorriso soddisfatto spostando la sacca sportiva sull’altra spalla.

Il rumore familiare di una scazzottata attrasse la sua attenzione su quanto stava avvenendo in un vicolo laterale.

Gettò un’occhiata curiosa sulla scena, tre ragazzi piuttosto robusti avevano tagliato ogni via di fuga al malcapitato di turno, che non riusciva a distinguere coperto com’era dall’ombra dei tre colossi.

Notò distintamente sul volto dei tre i segni dei pugni e le tracce di un certo affaticamento, sicuramente la loro vittima aveva dato loro del filo da torcere.

Aveva già visto quei tre scorazzare per il quartiere, erano dei balordi che si divertivano ad infastidire e insultare spesso e volentieri. Probabilmente la loro vittima era stata oggetto di qualche insulto pesante e aveva loro risposto per le rime scatenando la loro ira.

“Però per essere bello come una femmina non te la cavi male” disse il capo dei tre brandendo minaccioso un pezzo di tubo.

Hanamichi rimase solo pochi secondi incerto sul da farsi prima di mollare la sacca a terra e infilarsi nel vicolo.

“Non siete un po’ troppi tre contro uno?” chiese con calma intervenendo in difesa dell’ignoto sfortunato.

I tre aguzzini si voltarono lasciando così possibilità ad Hanamichi di scorgere un volto pallido e due profondi occhi blu. Si maledì mentalmente.

Rukawa!

Che diavolo ci faceva Rukawa da quelle parti?

 

Il volpino nascose in fretta lo stupore dietro la solita faccia di bronzo.

Che cosa ci faceva Hanamichi lì?

E perché era intervenuto in sua difesa quando non faceva che urlare al mondo il suo odio per lui ogni giorno?

Una tenue speranza illuminò il suo cuore ma fu presto sostituita dalla preoccupazione vedendo i suoi aggressori voltarsi minacciosi verso l’oggetto dei suoi desideri.

Non voleva che venisse coinvolto, era in grado di cavarsela benissimo da solo, nonostante avesse ricevuto qualche colpo e fosse provato dall’allenamento, non avrebbe mai permesso ad Hanamichi di correre dei rischi al posto suo.

 

Il volpino posò su di lui i glaciali occhi azzurri.

“Non ho bisogno del tuo aiuto do’hao, per sistemare queste mezze cartucce!!”  gli disse freddo, sprezzante.

Hanamichi andò su tutte le furie scansando con forza uno dei tre assalitori e piantandosi dinanzi a lui, le mani sui fianchi e gli occhi fiammeggianti.

 “Come osi insultare così il Tensai brutta volpe spelacchiata!!” gridò rosso in viso mentre lo afferrava per la giacca della divisa scolastica.

Anche la volpe aveva sul viso i segni della lotta e un livido violaceo gli si stava formando intorno allo zigomo destro. Stranamente il notarlo provocò un groppo di preoccupazione nello suo stomaco che si affrettò a giustificare con il fatto che solo lui aveva il diritto di rovinare il bel volto della volpe.

Bel volto?

Da quando in qua pensava che la faccia di quella volpaccia fosse bella?

“Do’hao” mormorò una voce bassa e conosciuta davanti a lui riportandolo immediatamente con i piedi per terra mentre Rukawa lo allontanava con malagrazia da sé.

 

Com’erano finiti così dannatamente vicini?

Poteva avvertire il calore della mano di Hanamichi sul tessuto leggero della divisa scolastica.

<Hanamichi non hai idea dell’effetto che mi fai> pensò il volpino allontanandolo da se, prima che quel contatto seppur di natura così poco sensuale, finisse per infrangere la sua maschera di ghiaccio.

Diventava sempre più difficile mantenere quella freddezza quando lui era così vicino, quando tutto quello che desiderava era annullare lo spazio tra loro e posare le proprie labbra su quelle serrate del compagno di squadra.

 

Quante volte aveva immaginato di farlo.

Quante notti aveva passato a pesare a come sarebbe potuto essere tra loro.

Quante notti l’aveva sognato.

 

E nonostante molti di quelle sue fantasie fossero incentrate sulla parte puramente fisica di un rapporto con lui gli capitava ormai sempre più spesso  che i suoi sogni diventassero articolate e realistiche ricostruzioni di una possibile vita accanto a  lui.

Gli succedeva di immaginare le cose più stupide come preparare la cena insieme o litigare per quale programma guardare in tv.

Come una coppia.

Come se tra loro ci fosse davvero qualcosa.

 

 

“Hey voi due” cercò di distrarli uno dei teppisti mentre i due giocatori si fronteggiavano.

 

 

“Stupida volpe, figurati se sapevo che stavano picchiando te, gli davo una mano” sbottò Hanamichi sventolando le braccia in modo disordinato.

 

Ogni fragile speranza andò in frantumi mentre le parole del rossino, una dopo l’altra, si piantavano nel suo cuore come i frammenti di quella trasparente illusione che aveva cullato per alcuni minuti.

Doveva immaginarselo che Hanamichi non si sarebbe mai sognato di aiutarlo.

 

 

“Hey…” riprovò il teppista fissandoli perplesso.

 

 

 “Io non ti ho chiesto niente” sbottò la volpe scuotendo le spalle.

 

<Brutto deficiente!> Pensò il rossino fulminandolo con lo sguardo.

E lui che si era anche preoccupato.

Figurarsi se sua maestà non riusciva a fare tutto da solo!

 

 

INSOMMA!!” tuonò il teppista rosso di rabbia.

I due si voltarono verso di lui sorpresi, si erano persino dimenticati della sua presenza.

 

 

“Adesso vi insegno io ad ignorarmi!” tuonò lanciandosi contro di loro seguito dai due compari.

“Con te i conti li faccio dopo!” lo minacciò Hanamichi afferrando il tubo diretto contro la sua testa con la mano sinistra e sferrando un possente destro al suo assalitore.

“Hn” sbottò Rukawa atterrando l’altro teppista con un calcio ben piazzato.

 

 

I tre ragazzi più grandi avevano una buona resistenza ma i due giocatori avevano un’agilità innata e una potenza difficile da contenere seppur smorzata dalla stanchezza.

Avevano entrambi il fiatone ma i tre non erano certo messi meglio di loro, ormai erano allo stremo.

“Avevo sentito parlare di te Hanamichi Sakuragi, sei davvero forte come dicono ma non ti basterà!” sentenziò il capo banda rilanciandosi alla carica sferrando pugni all’impazzata.

Rukawa gettò un’occhiata alla scena con la coda dell’occhio mentre teneva a bada il secondo teppista.

Il terzo giaceva svenuto tra i rifiuti poco dietro di lui.

Il capo banda riuscì a sferrare un colpo alla mandibola del rossino macchiando il suo volto di sangue.

Rukawa vide rosso.

Quel farabutto!

Aveva osato ferire Hanamichi.

Il SUO Hanamichi!!

Il momento di distrazione gli fu fatale.

Il teppista che credeva svenuto dietro di lui si era rialzato a fatica e raccolto il coperchio di uno dei bidoni della spazzatura lo calò con forza sul capo della volpe.  

Hanamichi si voltò appena in tempo per gridare un “Rukawa!” che gli occhi del moro divennero vuoti e il ragazzo si accasciò a terra svenuto.

“Bastardo!” tuonò Hanamichi colpendo con una sonora craniata il teppista che cadde definitivamente sul cemento mentre il rossino si affrettava a soccorrere il moretto privo di sensi.

“Hey volpe mi senti?” chiese prendendo delicatamente il corpo del compagno tra le braccia.

Lo scosse piano senza ottenere risposta.

Rukawa aveva la testa dura ma aveva ricevuto decisamente un brutto colpo.

Ricacciò con rabbia il senso d’inquietudine che gli pervadeva le membra.

 

Provava un forte dolore al capo, un suono pulsante e fastidioso che gli attraversava la testa in onde profonde.

Che cos’era successo?

I ricordi erano così confusi.

Perché era tutto buio attorno a lui?

Frammenti di immagini si susseguirono violente per una frazione di secondo nella sua mente senza che riuscisse ad afferrarle, a trattenerle abbastanza, per riconoscerle.

 

Una sola era nitida e ricorrente.

 

Il volto di un ragazzo dal sorriso radioso e i capelli rosso fuoco.

Un volto forte ed espressivo.

Un volto che significava tutto per lui.

 

 

“Hey Kaede mi senti?” chiese Hanamichi scostandogli i capelli scuri dal volto pallido.

 

 

Una voce calda lo stava chiamando.

O almeno così credeva.

Kaede era il suo nome?

Aveva un suono familiare anche se suonava strano pronunciato da quella voce, eppure, allo stesso tempo, così piacevole e desiderato, come se non avesse aspettato altro che sentirgli pronunciare quella parola.

La sua anima gioì riconoscendola, abbinandola ai frammenti di sogni in cui quella stessa voce lo chiamava e gli sussurrava parole d’amore.

 

 

Il ragazzo moro si mosse tra le sue braccia aprendo lentamente gli occhi con suo immenso sollievo.

 

 

Anche se era doloroso Rukawa si sforzò di sollevare le palpebre, la luce lo accecò dando alle cose contorni sfumati, eppure in tutta quella confusione un punto fermò scintillò.

Una luce rossa e calda che pareva invitarlo a se, e lentamente, l’immagine divenne più chiara mentre il volto di quella persona china su di lui si faceva più chiara.

Quel volto...

... il suo volto.

L’unica cosa che sembrava riuscire a sopraffare il dolore ed emergere da quel mare di confusione che albergava nella sua testa.

Sbattè le palpebre un paio di volte mentre la vista gli si schiariva.

Sì, era sicuro che fosse lui, anche se i suoi contorni erano ancora sfumati.

 

“Ma come siete cariiiiini!” esclamò il teppista fissando la scenetta con scherno, riusciva  a malapena a reggersi in piedi ma non aveva perso la voglia di sfottere.

“Prenditi cura del tuo ragazzo Hanamichi ti saluto!” disse allontanandosi ridendo mentre lui e il compare sollevavano il terzo teppista ancora svenuto trascinandoselo dietro.

Hanamichi lo fissò con uno sguardo di fuoco, se non fosse stato preoccupato per il pallore della volpe lo avrebbe inseguito e gli avrebbe tappato la bocca a suon di pugni.

 

Il tuo ragazzo?

Rukawa spostò lo sguardo confuso sulla persona che aveva parlato, gli risultava estranea come d'altronde il luogo in cui si trovavano, ma quel nome che aveva pronunciato....

Hanamichi.

Nella sua testa qualcosa scattò come due pezzi di un puzzle che si congiungevano perfettamente tra loro.

La giusta chiave per aprire il lucchetto delle sue memorie confuse.

Sì quel ragazzo che lo teneva tra le braccia era Hanamichi.

Il suo Hanamichi, la persona che più di ogni altra amava.

Il suo ragazzo.

Doveva essere così anche se non riusciva a ricordare nulla di preciso.

Era sicuro che fosse così.

Lo capiva dal calore che provava nel cuore al solo stare tra le sue braccia.

 

“Hanamichi?” chiamò con voce incerta il volpino.

Il rossino abbassò lo sguardo per ritrovarsi a pochi centimetri da due confusi occhi blu.

Accidenti!

Quel maledetto teppista aveva ragione sembravano proprio una coppietta, pensò arrossendo.

“Ti sei ripreso finalmente volpe!” disse, cercando di nascondere l’imbarazzo e di allontanare un po’ il ragazzo da sé. Con suo enorme sorpresa però Rukawa sollevò le braccia allacciandogliele al collo.

Hanamichi lo fissò incredulo.

Ma che stava facendo quella stupida volpe e perché sentiva uno strano calore irradiarsi nel suo corpo a sentirlo così vicino.

Le parole di Rukawa ebbero il potere di riscuoterlo.

“Io… io… non riesco a ricordare” mormorò il moro fissandolo sperduto.

Hanamichi impallidì, possibile che fosse stato colpito così forte?

“Co.. come sarebbe a dire?” chiese.

Rukawa mal interpretò la sua preoccupazione e si affrettò a porgerli un timido sorriso carico di dolcezza che lasciò totalmente di stucco il rossino.

“Ricordo solo il tuo volto e che ti amo, tutto il resto è buio”

 

Hanamichi rimase immobile a fissare inebetito quel dolce sorriso sul volto di porcellana, era così bella la volpe quando sorrideva.

Ma che andava a pensare non era quello il momento per…

 

 

“Ricordo solo il tuo volto e che ti amo, tutto il resto è buio”

 

 

Hanamichi tornò a fissarlo.

Che cosa aveva detto?

 

 

Ricordo solo il tuo volto e che ti amo, tutto il resto è buio

 

 

La sua mente ripetè diligentemente per lui quello che le sue orecchie avevano colto ma non compreso.

No, un attimo…

Forse aveva capito male...

 

 

Ricordo solo il tuo volto e che ti amo, tutto il resto è buio

 

 

CHE COSA HAI DETTO?????

 

 

Continua.....

 

 

Scleri dell'autrice (su una fic così poi...nd.Pippis) 

R: chi sono? dove sono?

H: Naika ma devo proprio tenerlo così??

R: Hana_love *__*

H: ^///^ bhe infondo.... perchè no....

N: ¬_¬

 

                                  

                                      

 

Back to FanFic  Back to Home