Drago Bianco Occhi Blu 4                                                         Back to FanFic  Back to Home

 

Yugi sapeva che Seto era ricco.

Sapeva che era potente.

E sapeva anche che era molto, ma molto influente, anche al di fuori delle sue sfere di competenza.

Non che ci fossero molti campi in cui la Kaiba Corporation non avesse interessi.

L’impero, era proprio il caso di dirlo, di Seto, andava dall’elettronica all’edilizia, passando per la ristorazione, la produzione industriale e addirittura l’agricoltura.

Prodotti che Yugi, mai e poi mai, avrebbe legato al nome del suo compagno di classe giungevano direttamente dalle filiali delle affiliate alla Kaiba Corporation, sebbene con un altro marchio.

Il ragazzino si chiese, per l’ennesima volta incredulo, come Seto, che aveva la sua stessa età, riuscisse a star dietro le fila di una simile, mastodontica, organizzazione.

Per quanto, attualmente, non fosse nella migliore predisposizione d’animo nei confronti dell’altro, non poteva fare a meno di ammirarlo.

 

Lui sarebbe impazzito dopo mezza giornata.

Forse meno.

 

Yugi sospirò e tornò al presente, seguendo con occhi distratti il modello di turno.

Era seduto su un imbottitissima poltrona di velluto rosso nel più grande e famoso atelier di Domino, un bicchiere di champagne in mano, ancora pieno, ad osservare, accanto al proprio futuro sposo, elegantissimi ragazzi, perfetti nei loro abiti da cerimonia, che gli passavano dinanzi, su una stretta passerella, affinchè lui e Kaiba potessero scegliere quale abito comprare.

Non appena si era saputo del loro matrimonio erano stati letteralmente bombardati di proposte da parte di stilisti, fotografi, ristoranti, e agenzie fra le più disparate.

Alcune specializzate in lavori che Yugi non aveva mai nemmeno sentito nominare.

E, colmo dei colmi, pur di avere l’onore di essere gli “sponsor” di quello che sarebbe diventato l’evento mondano dell’anno, molti dei sedicenti “artisti” che si erano presentati alla loro porta avevano offerto i loro costosissimi servigi gratuitamente!

 

Era proprio vero... pioveva sempre sul bagnato.

 

Il ragazzino lanciò uno sguardo al compagno, Kaiba seguiva quella sfilata con iridi glaciali mentre lo stilista più blasonato del momento si lanciava in lodi sperticate delle sue creazioni, gli occhi attenti a captare ogni minimo segno di apprezzamento da parte del suo prestigioso cliente e una mano al fazzoletto di seta con cui si asciugava, con sempre maggior frequenza, il sudore: l’espressione di Seto non lasciava trasparire nulla.

 

Come sempre, d’altronde.

 

Yugi riportò la propria attenzione sui modelli sentendosi, al par lor, un semplice ornamento.

Kaiba continuava a trascinarlo attraverso l'infinita serie di appuntamenti e incontri volti ad organizzare il loro matrimonio, il perchè Yugi non lo sapeva.

Immaginava che fosse a puro beneficio della stampa.

O semplicemente uno sfoggio di ricchezza e potenza da parte del suo futuro “marito”.

Giusto perchè si rendesse conto della differenza che c’era tra loro.

 

L’omino, per le cui opere dive e personalità politiche di spicco erano disposte ad aspettare mesi e a sborsare somme di denaro a nove zeri, guardava Kaiba sempre più angosciato.

Yugi provava quasi pena per lui, se sperava di ottenere qualcosa da Seto si sbagliava davvero di grosso.

Al culmine della disperazione lo stilista lanciò un’occhiata, quasi supplicante, a lui, che tuttavia finse di non notarlo.

 

Il suo parere non contava.

Lui era lì per fare scena.

 

I giornalisti, assiepati fuori dall’atelier, che non avevano perso occasione per bombardarli di domande e fotografie, in quei cinque secondi che avevano impiegato a scendere dalla limousine ed entrare dalla porta di vetro, si aspettavano che Seto scegliesse l’abito per le nozze con il suo sposo e Yugi, da bravo "cagnolino obbediente", come lo apostrofava il suo fidanzato, si era prestato all’ennesima recita.

Aveva smesso di contare quante volte in quei giorni avesse piegato le labbra in sorrisi che non sapevano di niente o professato un sentimento che non provava per il compagno di classe.

 

E il fatidico giorno si stava avvicinando con velocità impressionante.

 

“Direi che andremo sul classico bianco e nero” mormorò Kaiba con voce imperativa, dopo che anche l’ultimo ragazzo era sfilato di fronte a loro, distraendolo dai suoi pensieri.

“Che ne pensi, tesoro?” soffiò, ad uso e consumo dello stilista, una luce metallica nello sguardo, quando si voltò verso di lui.

 

Yugi annuì con il capo.

 

Conosceva quella luce.

Quella di Seto non era una domanda.

 

Era un ordine.

 

Uno dei tanti che aveva cominciato a dargli ancor prima di mettergli la fede al dito.

Non che gli fossero costati molto, almeno fino a quel momento.

I gusti di Seto erano impeccabili.

Da quel punto di vista non aveva davvero di che preoccuparsi.

 

Tornarono all’automobile seguiti da un altro scroscio di flash e domande gridate oltre il muro delle guardie del corpo, enormi armadi in nero con tanto di occhiali da sole, che non fecero avvicinare nemmeno un microfono.

Yugi si lasciò cadere, pesantemente, sul comodo sedile della limousine senza riuscire a trattenere un sospiro.

Tutti quei preparativi, tutta quella falsità, lo stavano sfinendo.

 

“Stanco?”

 

La voce di Seto risuonò a pochi centimetri dal suo orecchio, e, per un momento, Yugi s’illuse di avervi percepito una nota preoccupata.

“Un po’...” mormorò “...a cosa tocca ora?” chiese rassegnato alla lunghissima lista d’impegni improrogabili a cui l’altro lo stava sottoponendo in quella settimana.

“Resta solo qualche dettaglio e il ristorante” mormorò l’altro, atono, fissandolo per un indefinito momento prima di puntare lo sguardo davanti a sé, facendo segno all’autista di andare.

“Oh... e immagino che tu l’abbia già scelto” mormorò piano Yugi.

 

Non c’era traccia di sfida nella voce.

Non ne aveva la forza e nemmeno la voglia.

 

E infondo la sua non era nemmeno una domanda.

 

“Naturalmente” confermò l’altro, infatti, gelido come sempre “Pranzeremo al Blue Sea” mormorò e Yugi si riscosse dal suo torpore per concedersi un sussulto sorpreso.

Il Blue Sea era il ristorante più bello, e più caro, di tutta Domino ed era costruito interamente sottacqua.

La sua immensa struttura di vetro permetteva ai suoi selezionatissimi ospiti di cenare sospesi in un’iridescente bolla di cristallo circondata dalle acque cristalline dell’oceano, sotto lo sguardo curioso di nuvole di coloratissimi pesci che nuotavano tutt’attorno a loro in una cornice degna della mitologica Atlantide.

Da tutto il mondo i più facoltosi tra i magnati giungevano per gustare le delizie dei suoi chef e poter godere di un così incredibile scenario.

“Ma...” mormorò Yugi pallido “Il Blue Sea non ha mai ospitato un matrimonio” disse, ricordando quanto aveva letto su una rivista turistica qualche tempo prima.

Kaiba annuì, tranquillamente “In effetti nessuno ha il denaro necessario per permettersi di organizzare un ricevimento di nozze lì” disse con indifferenza “Ma, anche se fosse, rifiuterebbero tassativamente la richiesta, sono molto rigidi al riguardo”

Yugi lo fissava corrucciato “E quindi come hai...?” chiese incerto.

Kaiba scosse le spalle “Nel nostro caso il proprietario farà un eccezione” disse mentre un sorriso gli piegava le labbra.

“Perchè?” chiese il ragazzino, quasi temendo la risposta del compagno.

Il sorriso sul volto di Seto si allargò fino a divenire un ghigno.

“Perchè...” mormorò “...IO sono il proprietario del Blue Sea!”

 

...

 

Yugi passò per la decima volta le mani sudate sull’elegante abito nero.

Un intero stuolo di parrucchieri avevano appena terminato di sistemargli i capelli (*), lo stilista in persona era venuto ad accertarsi che avesse indossato l’abito in modo corretto ed ora era lì, in piedi, di fronte alla grande porta che l’avrebbe condotto alla navata centrale della chiesa.

 

Da Seto.

 

Lo stomaco di Yugi si ripiegò su se stesso mentre il ragazzino cercava di trarre un paio di profondi respiri, volti a calmarsi.

Non aveva fatto colazione, per evitare che la tensione gliela facesse rigettare e ora, oltre ad avere i crampi, gli girava la testa.

Joey gli posò una mano sul braccio, fissandolo preoccupato: “Tutto bene?” chiese.

Yugi annuì.

 

“E’ solo un po’ d’emozione” mormorò regalandogli un sorrisino stiracchiato.

 

Era diventato incredibilmente abile a mentire.

Ed era passata solo una settimana.

Anche se, a Yugi, sembrava che fossero trascorsi secoli.

Era stato catapultato in un mondo completamente diverso dal suo, in mezzo a persone con sorrisi affilati come lame e occhi assetati d’errori.

La più piccola mancanza, una minuscola imperfezione, un’impercettibile debolezza... non aspettavano altro per gettarsi sulla preda e farla a brandelli.

Non riusciva a capire come Seto riuscisse a sopravvivere in un ambiente simile.

 

Yugi sospirò e cancellò una piega inesistente dal suo elegantissimo abito nero.

 

In quei giorni aveva passato più tempo con Kaiba che con chiunque altro.

Eppure tra loro non c’era stato che un gelido muro d’indifferenza.

Avrebbe quasi preferito la sua iniziale, conturbante, malizia.

 

Arrossì ricordando l’ultimo bacio di quello che, fra pochi istanti, sarebbe diventato suo marito.

Il calore che gli aveva incendiato il sangue, il cuore che accelerava fin quasi a scoppiare e l’inaspettata sensazione di essere al sicuro, lì, tra le sue braccia.

 

Avrebbe provato la stessa cosa quella notte?

Si sarebbe sentito così, irrimediabilmente, meravigliosamente, perduto?

 

Scosse il capo con forza, imponendosi di non pensare a nulla.

Stava per sposare lo scapolo più ricco di tutta Domino, un ragazzo tanto bello quanto freddo che aveva il potere di renderlo molle come un budino con un bacio e di spezzargli il cuore con un uno sguardo.

Già... perchè, per quanto Yugi si ostinasse a negarlo con tutte le sue forze, quei giorni a stretto contatto con Seto lo avevano portato sempre più vicino ad accettare una dolorosa verità: Kaiba gli piaceva.

 

Gli piaceva la sua imperiosa sicurezza, la sua eleganza letale e quel suo sguardo di ghiaccio che sembrava trapassargli l’anima.

Gli ostacoli che sbarravano la strada di Seto Kaiba venivano spazzati via, senza esitazione, con altera indifferenza.

A volte, in quella lunga settimana, quando gli occhi di tutta la città erano piantati su di loro, Yugi si era ritrovato a ringraziare, silenziosamente, per la sua algida presenza.

Non che Seto fosse stato gentile con lui ma avere il privilegio di stare al suo fianco era come essere riparati dalle grandi ali d’argento di un maestoso drago.

Nessuno, non sano di mente almeno, osava avvicinarsi incautamente alla fiera sopita dietro quelle sue iridi azzurre.

 

Lo ammirava.

 

Non poteva farne a meno.

Sembrava sempre, esattamente, che cosa fare e come farlo.

 

Tutto il contrario rispetto a lui.

 

Se almeno avesse avuto il faraone a dargli conforto.

Il suo amico gli mancava più di chiunque altro.

Era da quando aveva messo insieme il puzzle la prima volta che non stava tanto tempo senza di lui.

 

Aveva bisogno di lui.

 

Dei suoi consigli.

Della sua calma e della sua saggezza.

Yami avrebbe saputo cosa dire, come consigliarlo.

Yami gli avrebbe spiegato, con tranquillità, senza darvi troppo peso, perchè, nonostante quella folle, assurda, situazione il suo cuore aveva dato un palpito di aspettativa sentendo, poco lontano, le prime note della marcia nuziale innalzarsi, limpide e potenti.

 

Era giunta l'ora.

 

Oltre la massiccia porta di mogano che aveva di fronte lo attendeva una chiesa colma di sconosciuti, a parte una decina di amici, che erano accorsi alla convocazione di Seto per assistere al matrimonio più paparazzato del momento.

I giornali non facevano che parlare del loro amore da favola.

 

Una storia alla cenerentola.

 

Il giovane e povero Yugi che grazie soltanto alla forza del suo amore aveva conquistato il Principe di Domino.

I giornali di Gossip avevano riempito pagine e pagine di congetture e racconti, per la maggior parte inventati.

Kaiba aveva lasciato che facessero.

Più leggende giravano sul loro conto più la verità si sarebbe persa in un marasma di bugie.

 

Yugi raddrizzò le spalle, sorrise a Joey, suo testimone, e trasse un profondo respiro quando due novizi spalancarono per lui le grandi porte. Con snervante solennità osservò l’uscio aprirsi sulla lunga navata della chiesa e, per un momento, le luci, i colori, e i suoni lo travolsero.

Centinaia di volti sconosciuti, di sguardi indagatori si puntarono su di lui, curiosi, avidi, di vedere dal “vivo” colui che aveva “catturato” il cuore di Seto Kaiba.

 

Yugi si concesse una smorfia e mosse il primo passo.

 

La navata sembrava infinta e il tappeto rosso, sotto i suoi piedi, malignamente pronto ad inghiottirlo.

Che cosa sarebbe successo se fosse inciampato?

I fotografi erano appostati ad ogni angolo, grossi avvoltoi muniti di obbiettivo, pronti ad immortalare ogni suo gesto, ogni sua espressione con uno zoom in grado di arrivare a catturargli persino l’anima.

 

Un passo dietro l’altro.

 

Se si concentrava solo su quello forse ce l’avrebbe fatta.

Bastava non guardare nessuno in particolare, non concentrarsi su niente, annullare la mente.

Non era difficile.

 

Un passo dietro l’altro.

 

Comunque, anche se avesse voluto, in quel momento il suo cervello non sarebbe riusciuto a concentrarsi su qualcosa.

Non su quello che stava accadendo.

Non su quello che avrebbe comportato.

Non su quello che significava ciò che stava per fare.

 

Un passo dietro l’altro.

 

Stava davvero per sposare Seto?

E perchè lo faceva?

Per salvare il negozio, la casa, la normale vita dei suoi cari, si disse.

 

Un passo dietro l’altro.

 

Ma aveva davvero ponderato bene i pro e i contro?

Davvero non c’era altro da fare?

Perchè aveva accettato?

 

Un passo dietro l’altro.

 

Perchè aveva accettato... così in fretta?

I fiori e i nastri di seta che addobbavano i banconi in squisite composizioni nei toni del bianco e dell’azzurro scorrevano accanto a lui, lentamente.

Ogni bouquet era qualche minuto di meno al fatidico “sì”.

 

Un passo dopo l’altro.

 

Aveva visto la preparazione di quei bouquet: ogni giglio era intrecciato con un filo di sottilissimo argento, che lo obbligava a mantenere la forma desiderata e, sui petali candidi, dei minuscoli cristalli svarosky rifrangevano la luce, in rugiada iridescente.

L’effetto doveva essere spettacolare ma, a Yugi, apparivano come indistinte macchie bianche.

 

Un passo dietro l’altro.

 

Sentiva, più che vedere, la presenza delle persone tutt’intorno a sé, i flash dei fotografi erano poco più che lampi lontani, il profumo dei fiori un lieve aroma ipnotico, la musica solo una melodia lontana.

Gli girava la testa.

 

Un passo dietro l’altro.

 

Qualcuno disse qualcosa, qualcun altro si tese sul bancone per vederlo meglio.

Il fotografo “ufficiale”, quello che saltellava davanti a lui come una grossa rana deforme, precedendolo, cercò di imporgli di cambiare andatura, in modo da permettergli di fare degli scatti con un angolazione differente ma Yugi non lo sentì.

 

Un passo dietro l’altro.

 

Nella sua testa quel imperativo era l’unico pensiero razionale in un oceano di confusione.

Poteva farcela, in un modo o nell’altro sarebbe arrivato a destinazione.

Dal vescovo che lo aspettava sorridente.

 

E da Seto.

 

Lo stomacò ringhiò torcendosi e Yugi s’impose nuovamente di concentrarsi su una cosa soltanto: un passo dietro l’altro.

 

E così, prima che riuscisse davvero a rendersene conto, sentì Kaiba prendergli la mano e si accomodò meccanicamente sulla panca, di fronte al sacerdote.

Seguì la cerimonia come uno spettatore che guardava un film, dall’esterno, lo sguardo vuoto, vacuo.

Si sentì proferire le promesse imparate a memoria, mise l’anello al dito di Seto e gli permise di mettergli a sua volta la fede ma non si rese realmente conto di cosa stava succedendo finchè l’arzillo vescovo che Kaiba aveva fatto chiamare dall’Italia non li dichiarò ufficialmente, insindacabilmente e indissolubilmente sposati.

 

“Puoi baciare lo sposo”.

 

Quella frase ribombò nel cervello di Yugi come un colpo di cannone.

Alzò lo sguardo sperduto, sgranato, ritrovandosi ad affondare negli occhi di ghiaccio di quello che, da quel giorno, avrebbe dovuto chiamare “marito” e si aggrappò al suo abito candido per non cadere.

Le gambe non lo reggevano più.

 

Erano sposati.

 

Aveva davvero sposato Kaiba.

Seto lo sostenne, calmo e solido, abbracciandolo con delicata decisione prima di abbassare il volto per posare le labbra sulle sue in un casto, morbido, bacio.

“Adesso sei mio!” soffiò con un fugace lampo d’argento nelle iridi azzurre, destinato a lui solo, prima di sollevare il viso e sorridere agli invitati pregandoli di precederli al ristorante.

 

...

 

Yugi aveva sbocconcellato qualcosa dello sfarzoso pranzo e ignorato completamente la cena, preparata per loro. Le pietanze gli erano sfilate davanti magnifiche nelle loro elaborate preparazioni dai profumi invitanti, ma il suo stomaco si era ostinatamente rifiutato di aprirsi per accogliere quei bocconi da re.

L’unica cosa su cui non aveva lesinato era il vino.

E poi... poi non ricordava bene... aveva ballato con Seto, aveva sorriso alla stampa, aveva rassicurato gli amici e stretto la mano di un sacco di sconosciuti.

Per quanto si sforzasse non riusciva a rammentare molto di più del suo matrimonio.

E ora... ora era seduto sul grande letto matrimoniale di Seto, solo una vestaglia di seta a coprirgli il corpo reso caldo dal lungo bagno in cui qualcuno lo aveva infilato.

Quando era uscito dalla vasca, insonnolito e confuso dai vapori profumati, aveva trovato solo quella e un biglietto di Kaiba.

 

“Indossala.”

 

Un altro ordine.

Conciso, secco, glaciale.

 

Non che avesse altre possibilità.

I suoi vestiti erano scomparsi.

 

La seta gli accarezzava le gambe e il petto in una carezza fresca e lasciva che lo faceva sentire in imbarazzo quanto la mancanza di biancheria.

Una vocina malvagia, nella sua testa, gli fece notare che, tanto, molto presto, Seto lo avrebbe raggiunto, ed allora non gli sarebbe servita ne la vestaglia ne la biancheria.

Quel pensiero gli procurò una vampata d’inquietudine che lo spinse a stropicciare nervosamente il prezioso tessuto tra le dita prima di cominciare a fare avanti e indietro, sul ricco tappeto che copriva il pavimento, come un leone in gabbia.

 

“Nervoso?”

 

Per poco Yugi non gridò.

Non lo aveva sentito arrivare preso com’era dai suoi pensieri.

Kaiba si chiuse la porta della camera nuziale alle spalle, con un tonfo fin troppo definitivo alle orecchie del ragazzino per poi avvicinarglisi  con passi lenti e calmi.

 

Anche lui indossava una vestaglia.

 

Yugi si chiese se indossasse solo quella.

Probabilmente sì.

 

Si sentì mancare a quel pensiero mentre l’altro gli si avvicinava con la letale eleganza di una fiera a caccia.

 

Non aveva via di fuga.

 

Non c’erano altre porte in quella stanza, a parte quella che dava sulla terrazza, ma erano al terzo piano e, anche se sotto di essa brillavano le acque cristalline della grande piscina olimpionica, Yugi era certo che il “tuffo” non gli avrebbe giovato.

Ne avrebbe cambiato la sua situazione.

Non aveva scampo.

Fissò Kaiba pallido, immobile.

 

Voleva davvero...?

 

Le mani del marito si posarono sulle sue braccia e lui sussultò fissandolo con occhi enormi, liquidi.

 

Voleva davvero...?

 

Seto sospirò, piano e gli porse un sorriso, morbido, dolce, per una volta senza traccia di scherno.

“Non aver paura...” soffiò “...sarò gentile”

Come rassicurazione non era molto ma Yugi le si aggrappò disperatamente annuendo piano, stringendo le labbra tremanti tra i denti.

 

Stava per mettersi a piangere.

 

Sentiva gli occhi pungere e il respiro premere in gola per spezzarsi.

Seto gli passò una mano tra i capelli (**), con dolcezza e si chinò leggermente, sollevandolo di peso, per poi coprire i pochi passi che li separavano dal  grande letto matrimoniale e adagiarvi sopra lo sposo con delicatezza.

 

continua...

 

 

(*) lo so, lo so... è assolutamente impossibile... :p

(**) lo so, lo so... sempre più impossibile... :ppp

 

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