Vampire Kiss 7                 Back to Original  Back to Home

“Perchè....?”

La voce di Kei era poco più di un lieve sussurro.

“Perchè?!” ripetè strattonando con rabbia le manette di metallo, ottenendo semplicemente di ferirsi i polsi.

Finalmente... finalmente aveva trovato una casa, una famiglia... qualcuno da amare.

Non poteva, non voleva accettare che fosse stata solo una breve parentesi.

 

Un sogno.

 

“Perchè!” gridò con rabbia, stringendo le palpebre nel disperato tentativo di trattenere le lacrime, non voleva dare quella soddisfazione al fratello.

Non lo avrebbe visto piangere.

Non glielo avrebbe permesso.

 

“Vuoi sapere perchè sono venuto a prendere il mio adorato fratellino?” gli chiese dolcemente Mark “Non è forse il dovere di ogni fratello maggiore preoccuparsi per i più piccoli?” chiese sinuoso allungando una mano per sfiorargli una coscia.

“Smettila!” gridò Kei ritraendosi di scatto.

Non voleva essere toccato da lui.

Quella era la stessa mano con cui aveva sparato ad Eric.

La stessa mano che, in un secondo, aveva infranto la sua vita.

Come stava l’altro prescelto?

Respirava a fatica quando Mark l’aveva trascinato fuori di casa.

 

E se fosse morto?

 

Non se lo sarebbe mai perdonato.

Sarebbe stata colpa sua.

Soltanto colpa sua...

 

“Non te n’è mai fregato niente di me..” disse cercando disperatamente di tenere ferma la voce “...e adesso piombi in casa sparando come un pazzo! Che cazzo ti passava per la testa?” gridò inferocito, scuotendo la portiera così forte, nel tentativo di liberasi, da far ondeggiare l’auto.

“Piombo in... casa?” chiese Mark indurendo la voce nel sottolineare l’ultima parola, allontanando per un momento gli occhi dalla strada per puntarli sul ragazzo sconvolto “....la consideri già casa tua?” chiese malevolo.

Kei si morse le labbra, spaventato dallo sguardo feroce del fratello.

Deglutì cercando di mantenere la calma, di trattenere gli insulti e la rabbia.

 

Era presto.

Ancora troppo presto.

Quante ore mancavano al tramonto?

 

Mikael sarebbe andato a prenderlo.

 

Lo sapeva.

Ma sarebbe arrivato in tempo?

Mark sembrava aver perso la ragione.

 

“Perchè?” domandò nuovamente, sperando di spostare il discorso su un terreno più sicuro.

Costringerlo a parlare era l’unica cosa che poteva fare, per il momento.

“Che domande?” ridacchiò il moro “E’ semplice no?” disse divertito “Voglio una parte della torta!”

“Non.. non.. capisco..” ammise Kei che tutto si aspettava tranne una simile risposta.

L’altro gli regalò un sorriso melifluo “Se fai la puttana a me va bene... è il mestiere di famiglia no?” disse divertito, ignorando il suo sguardo assassino “E sono sicuro che hai un talento particolare nello farti sbattere..” mormorò ridacchiando, allungando nuovamente la mano per accarezzargli la coscia.

Kei rabbrividì cercando di rannicchiarsi contro la portiera “...ma voglio una parte dei guadagni..” spiegò il moro riportando la mano sulla leva del cambio, “...me la devi non credi? Ti ho mantenuto fino ad ora senza riceverne niente in cambio!”

“Vuoi... vuoi ricattare Mikael?” chiese incredulo il ragazzo, cominciando a comprendere.

“Si chiama Mikael?” domandò con indifferenza Mark, fermando la macchina di fianco ad un vecchio magazzino, apparentemente in disuso mentre Kei si guardava forsennatamente attorno.

Non dovevano essere troppo lontani dalla villa ma non aveva mai visto quel posto.

Non c’erano che  vecchi edifici pericolanti, la strada d’asfalto nero, era un unica linea scura tra la decadenza, lunghi fasci d’erba giallastra e secca imperversavano negli angoli laddove piccole crepe avevano spezzato il cemento.

Un container, ormai così arrugginito da rendere impossibile la lettura dello slogan pubblicitario che campeggiava sulla sua fiancata, era stato abbandonato contro un capannone.

Un cartello stradale pendeva dal suo supporto metallico cigolando sinistramente come il cadavere di un impiccato dimenticato sul suo albero.

Sembrava non esserci anima viva per chilometri, notò disperatamente.

 

“Robert mi ha assicurato che basta un tuo schiocco di dita per farlo correre come un cagnolino..” mormorò suadente Mark, riportando l’attenzione del ragazzo su di se, mentre si allungava verso di lui, ridacchiando quando lo vide ritrarsi contro la portiera chiusa “Pensa un po’ che è stato licenziato per colpa tua!” sussurrò abbandonando il sorriso per afferrarlo saldamente per i cappelli, strattonandolo dolorosamente contro di se.

Kei si morse le labbra nervosamente, il volto a pochi centimetri da quello del fratello che lo fissava con occhi brucianti.

 

Mikael aveva davvero licenziato Robert!

Si era completamente dimenticato del suo incontro con lui... la dichiarazione del vampiro lo aveva reso così felice da cancellare ogni altra cosa.

 

Ora sapeva chi aveva informato Mark.

 

Il moro lo lasciò bruscamente e fece in fretta il giro dell’auto per farlo scendere mentre Kei lo seguiva con lo sguardo, il cuore stretto in gola, impedendogli quasi di respirare.

 

Doveva pensare.

Pensare ad un modo per fuggire.

E in fretta!

 

Mark armeggiò con le sue manette, per staccarlo dalla portiera dell’auto e il ragazzo, che era rimasto immobile fino a quel momento, s’irrigidì.

 

Se fosse riuscito a spingere indietro Mark nel momento in cui apriva le manette...

 

La serratura scattò e Kei si gettò con tutto il suo peso verso il fratello.

Preso alla sprovvista l’uomo ricadde indietro sul cemento mentre Kei si lanciava lungo la strada che avevano appena percorso con la macchina.

Correva con il cuore che gli martellava in gola spingendo il corpo stanco alla massima velocità che potesse consentirgli.

 

Doveva allontanarsi da lì.

 

Ma dove poteva andare?

Quella era una zona praticamente deserta.

Attorno alla strada asfaltata non c’erano che fabbriche abbandonate e vecchi rottami.

Gridare aiuto non sarebbe servito.

Doveva trovare un posto dove nascondersi...

 

Se solo avesse potuto trovare un posto in cui nascondersi...

 

I pensieri si infransero insieme al suo respiro quando venne gettato a terra.

Sbatte violentemente contro l’asfalto nero, cominciando a scalciare ancor prima di riuscire ad aprire gli occhi, ignorando le lucine che danzavano dietro le sue palpebre e il dolore che gli si irradiava per le braccia con cui aveva tentato di attutire la caduta.

“Piccolo bastardo!” ringhiò Mark afferrandolo per i capelli, torcendogli dolorosamente il capo all’indietro.

“Volevi svignartela eh?” disse afferrandolo con forza per tirarselo contro, immobilizzandolo, e Kei ebbe la fugace visione del labbro sanguinante del fratello prima che questi alzasse il pugno.

Un momento dopo fu soltanto buio.

 

 

Il prescelto aprì a fatica gli occhi, stordito.

Gli faceva male la testa.

Cercò di mettersi seduto ma si accorse di avere le mani nuovamente legate.

Torse il collo cercando di guardarsi attorno.

Lo avevano gettato su un vecchio materasso appoggiato ad una parete lurida, le manette che gli serravano nuovamente i polsi, questa volta strette intorno a un grosso tubo di metallo.

“La principessa si è svegliata..” mormorò una voce conosciuta, precedendo una figura scura che si fece avanti nella luce polverosa che scendeva in spessi fasci dalle enormi finestre, in gran parte rotte.

“Do..dove siamo?” ansimò, la gola riarsa dalla polvere e dalla corsa infruttuosa.

“Un vecchio magazzino del padre di Robert...” disse con una scossa di spalle Mark avvicinandoglisi “..non era saggio portarti a casa mia e poi..” i suoi occhi scintillarono e Kei sentì una goccia di sudore gelido scivolargli lungo la schiena.

“Vedi.. visto che lo hai fatto licenziare...” insinuò il moro spingendolo contro il muro scrostato “Giustamente Robert vorrebbe un piccolo risarcimento..” sussurrò “...così finchè aspettiamo che il tuo ‘padrone’ si procuri i soldi noi tre potremmo divertirci insieme..” lo informò, facendogli scivolare una mano tra le gambe.

Kei sbarrò gli occhi schizzando indietro, cercando una via di fuga ma Mark rise sommessamente afferrandolo per una caviglia e ritirandolo sul materasso “Su.. su non fare la verginella spaventata adesso..” lo sfottè “Non vorrai farmi credere che non te l’ha mai messo nel culo, vero?” insinuò cominciando a slacciargli i pantaloni.

“Lasciami!” gracchiò il ragazzo con voce intrisa di terrore riprendendo a scalciare con furia.

 

In quel momento il portone scorrevole del magazzino si aprì con un forte sferragliamento e la luce del giorno invase la sala ingombra di vecchie lamiere, accecandoli.

 

Per un folle momento Kei pensò che la sagoma scura, stagliata contro la desolazione della zona industriale fosse quella di Mikeal.

Ma l’uomo entrò nel magazzino richiudendosi la porta alle spalle e Kei si accorse con terrore che era Robert.

Il viso del cameriere si tese in un largo, maligno sorriso, quando lo scorse.

“Chi si rivede..” miagolò avvicinandosi.

Kei si impose di non tremare mentre osservava il suo sguardo scivolare voglioso sui suoi pantaloni aperti.

“Fuori non si vede nessuno..” disse sbrigativamente il cameriere, voltandosi verso Mark “Hai lasciato la lettera con la somma e l’indirizzo a cui consegnarcela?” chiese.

“L’ho mollata sul tavolino d’ingresso prima d’incontrare lui e quegl’altri..” annuì suo fratello.

“Bene..” disse soddisfatto Robert “Quindi non ci resta che aspettare che facciano su i soldi e andarli a ritirare stasera, al molo...” disse allegramente “E nel frattempo...” mormorò tornando a puntare lo sguardo su Kei “..potremo giocare un po’...” sussurrò suadente allunando una mano per sfiorargli il volto.

Il ragazzo si volse di scatto cercando di morderlo e l’uomo ritirò le dita scoccandogli un occhiata di paterno rimprovero “Non ti conviene farci arrabbiare sai?” gli fece dolcemente notare “Mancano ancora molto ore all’appuntamento...” gli disse con un cenno vago verso i finestroni rotti da cui pioveva la calda luce dorata del giorno “...se fai il bravo queste ore potrebbero anche essere piacevoli..” insinuò.

“Mi fai schifo!” gli gridò contro Kei, inferocito, sputandogli in viso.

 

Non aveva nessuna intenzione di cedere.

Non a loro.

Non si sarebbe piegato.

 

A costo di spezzarsi.

 

“Piccolo bastardo!” ringhiò suo fratello raccogliendo da terra un vecchio straccio impolverato e ficcandogliendo in bocca.

Kei cercò di opporgli resistenza, trattenendo la tosse e i conati di vomito quando la stoffa lurida gli premette contro la gola, rischiando di soffocarlo.

“Così va molto meglio..” si complimentò contento, Robert, prima di allungare le mani e cominciare a slacciargli la camicia.

Kei li fissò terrorizzato, cercando di tirare le manette, forsennatamente, senza risultato.

 

Non poteva succedere davvero.

Non così.

 

Lanciò un’occhiata disperata alla finestra ma il sole era ancora lì, alto e lucente.

 

“Bene..  bene..” sussurrò Mark infilando una mano in tasca per estrarne un lungo coltello “Ora vedi di fare il bravo fratellino...” disse tagliando i polsini della sua camicia per riuscire a toglierlela senza doverlo slegare.

Kei respirava affannosamente cercando di trattenere le lacrime che gli bagnavano gli occhi, gli insulti soffocati dal fazzoletto che Mark gli aveva cacciato in gola.

Tremava ormai in maniera incontrollata quando i due ebbero finito di fare a brandelli i suoi vestiti lasciandolo nudo sul materasso impolverato.

“Non fare così tesoro..” sussurrò Mark sfiorandogli le cosce con mani avide mentre Robert già si chinava a leccargli il petto “Vedrai che ti faremo godere di più di quel tizio..” sussurrò affondando le dita tra le sue gambe.

Kei si agitò disperatamente cercando di staccarsi da loro, di non lasciarsi toccare ma senza molto successo, i movimenti impossibilitati dalle manette, le gambe bloccate sotto il corpo del fratello.

Mark prese a masturbarlo mentre Robert si slacciava i pantaloni e le lacrime cominciavano a rigargli il volto senza che nemmeno se ne rendersse conto, il viso girato, per non vedere.

Nella mente un solo, disperato, pensiero:

 

“Mikael..”

 

Ripeteva quel nome dentro di se come un mantra, quasi potesse dargli la forza di sopportare quello che gli stavano facendo, chiamandolo quasi potesse vederlo arrivare da un momento all’altro seppure la luce, crudele, continuava a ferirgli le palpebre, malignamente calda nell’infrangere le sue speranze.

Mark gli infilò l’indice tra i glutei e il ragazzo si tese disperatamente.

 

Non voleva che succedesse.

 

Si agitò ancora, un ultimo tentativo disperato di allontanarsi dalle loro mani, facendo ridere i due.

“Vedrai come godrai adesso...” sussurrò Robert mentre Mark si spostava per permettere all’amico di posizionandosi tra le sue gambe.

Kei sentì il fratello mettersi al suo fianco, cominciando anch’egli ad armeggiare con i propri pantaloni, mentre Robert premeva il sesso contro il suo ventre.

Strinse disperatamente gli occhi preparandosi al dolore, chiamando, un’ultima volta, in silenzio, il nome del suo compagno.

 

Fu allora...

..nel momento in cui Robert gli serrò le cosce tra le mani spingendo indietro il bacino per penetrarlo con un’unica spinta violenta...

In quel preciso istante...

 

 

...con un boato terrificante l’intera parete d’ingresso esplose.

 

 

Le vecchie lamiere si piegarono con gemiti agonizzanti mentre vetri infranti saettavano, tagliando l’aria polverosa, e le macerie piovevano ovunque come grossa neve nera.

“Che diamine...?!” ansimò Mark incredulo e Kei sbarrò gli occhi, incapace di credere a ciò che vedeva.

 

Tra la polvere volteggiante, tra quello che restava della parete del magazzino, si stagliava la figura maestosa del suo compagno, gli occhi rossi, due polle di fuoco scarlatto, incandescenti tra il vorticare dell’aria scura attorno a lui.

 

Voi...”

 

La voce  del vampiro risuonò disumana nel magazzino vuoto mentr’egli faceva un passo avanti.

Kei lo fissava gelato.

Seppure sapeva che la sua collera non era puntata contro di lui non potè trattenersi dallo ritrarsi.

 

Quando aveva svegliato Mikael nella cappella il vampiro gli aveva fatto paura.

Ora... ora non riusciva nemmeno a riconoscerlo.

 

Quello non era Mikael.

Era un demone assetato di sangue.

Una creatura terrificante la cui ira faceva tremare l’intero stabile.

 

La furia assassina che lampeggiava negli occhi dell’albino si liberò in un grido mostruoso, un ruggito animale, feroce, mentre egli schizzava in avanti, scivolando nell’aria qualche centimetro da terra, con le fauci spalancate.

 

Robert non ebbe nemmeno il tempo di muoversi, Mikael gli fu addosso in un secondo, tendendo una mano in avanti, scagliando il suo potere contro di lui.

L’aria divenne una lama di luce incandescente e, con un suono secco, la testa del cameriere si staccò dal corpo rotolando a terra, mentre il sangue schizzava tutt’attorno a loro, tingendo le pareti del magazzino di rosso.

Mark gridò, cinereo, folle di paura, balzando in piedi, la pistola stretta disperatamente in entrambe le mani, cominciando a sparare all’impazzata.

 

Ma i proiettili colpirono solo fumo e polvere.

 

Mikael si era già smaterializzato per riemergere dal pavimento, alle sue spalle.

Il moro ebbe appena il tempo di volgere il viso e sgranare gli occhi ritrovandosi a sprofondare in quelle iridi carminio prima che la mano candida del vampiro gli trapassasse il costato, spuntandogli dalla schiena, serrata su una massa di sangue lucente, pulsante.

Kei fissò incredulo il cuore del fratello, tra le dita pallide, grondanti di sangue, prima che il vampiro con un ghigno maligno, serrasse la presa, stritolandolo.

Carne e sangue dardeggiarono nell’aria mentre il grido di Mark si esauriva in un rantolo gorgogliante.

 

 

E così..

                    ...com’era cominciato...

                                                                    ...in pochi istanti tutto finì.

 

 

Kei si guardò attorno, sconvolto.

Vide la testa di Robert osservarlo, con ancora  un espressione di incredula sorpresa stampata sul viso, vide il corpo di Mark accasciarsi all’indietro, cadere con un tonfo viscido tra il lago scarlatto che si era formato sotto di lui e poi vide il suo amante... il suo compagno... osservarlo.

 

Gli occhi scarlatti, scintillanti di ferocia nel viso regale, lunare, macchiato della linfa vitale dei suoi carcerieri, i capelli candidi che gli fluttuavano attorno al volto sospinti dalle spirali di vento che lo tenevano sollevato da terra, la giacca nera che gli volteggiava alle spalle come un ampio mantello di tenebra, appesantito dal sangue che l’aveva dipinto di rosso e che continuava a colare, denso, da esso.

 

Quello era il vero Mikael.

Il vampiro.

 

Kei...” la sua voce risuonò inumana e al contempo magnificamente melodiosa mentre gli si avvicinava.

Il ragazzo rimase immobile a fissarlo, con il cuore che gli pulsava in gola mentre Mikael si chinava su di lui.

Lo osservò ipnotizzato allungare la mano insanguinata per sfilargli delicatamente lo straccio dalla bocca.

“Andiamo a casa...” mormorò il vampiro aprendo le manette con un lieve sciocco delle dita e Kei lo fissò stregato, immobile per un lungo momento, le pupille dilatate, il viso bagnato di pianto e polvere prima di allungare entrambe le braccia in una muta, disperata richiesta.

In silenzio Mikael lo attrasse a se e il ragazzo si rannicchiò tra le sue braccia, serrando gli occhi con forza.

 

Di quello che accadde dopo ebbe solo un ricordo vago.

 

Era svenuto, forse.

Ricordava che Mikael lo aveva preso in braccio e poi... se n’erano andati.. volando.. forse.. almeno gli era sembrato.

Si risvegliò appena quando sentì la porta di casa che si spalancava e la voce di Giulia che chiamava Sergeil.

Avvertiva dei movimenti attorno a lui, dei passi affrettati, delle voci confuse.

“L’hai trovato..” mormorò qualcuno e lui riconobbe con sollievo la voce di Eric.

“Per l’amor del cielo Mikael mettilo giù..” ansimò Sergeil che sembrava mortalmente preoccupato.

Si sentì deporre da qualche parte, su un divano probabilmente, e poi avvertì il tocco delicato di Giulia che lo ripuliva con un fazzolettino bagnato, mentre lo rassicurava che tutto era finito.

Le parole gli giungevano da una distanza infinita.

La sua coscienza scivolava  di nuovo, pericolosamente lontano.

Socchiuse le palpebre cercando il compagno e vide Mikael a pochi passi da lui, fissarlo con sguardo vacuo, il respiro pesante.

Un momento più tardi il mondo tornò a tingersi di nero mentre dietro le palpebre aveva la fugace visione del compagno che si accasciava in avanti e del grido terrorizzato di Sergeil.

 

 

Si svegliò al tramonto trovando il vampiro biondo seduto accanto a lui.

Lo avevano messo a letto, di nuovo.

“Come stai?” gli chiese dolcemente, Sergeil.

Kei emise un tremulo sospiro cercando di mettersi seduto mentre i ricordi tornavano dolorosamente vividi.

“Li ha.. uccisi...” ansimò piano cercando di rammentare.

“Lo immaginavo...” sussurrò il biondo “Quando Giulia è venuta a chiamarci, nella cripta, per riferirci cos’era successo... per tutti gli dei... non lo avevo mai visto davvero arrabbiato...” mormorò con un brivido “... è piombato in casa, ha usato un incantesimo per curare la ferita di Eric e poi e saettato via... non ho fatto nemmeno in tempo a chiamarlo..” mormorò incredulo “...io riuscivo a malapena reggermi in piedi e lui è semplicemente scomparso...”

“Credevo che perdeste i vostri poteri di giorno..” mormorò Kei con voce debole.

“No..” negò Sergeil “...diventiamo mortali ma conserviamo le nostre facoltà anche se, la maggior parte di noi è così debole che ci è impossibile usarle...” specificò.

“Anche perchè..” mormorò Sergeil “...è pericoloso... molto pericoloso..”

E d’un tratto Kei ricordò il resto.

Sergeil che chiedeva al padre di metterlo giù, lo sguardo vuoto, il respiro ansante dell’amante.

 

Mikael che si accasciava a terra.

 

“Mikael!” ansimò fissando Sergeil con gli occhi sbarrati.

E se qualcuno dei colpi di Mark fosse andato a segno?

Gli era parso che il vampiro li avesse schivati ma se invece.. se invece lo avevano preso?

Se Mikael era...

 

“Sta bene..” lo rassicurò il biondo, in fretta, vedendo il panico lampeggiare nel suo sguardo.

Kei sospirò violentemente, portandosi una mano al petto per massaggiare il cuore.

 

Gli batteva così forte da fare male.

 

Ma se era vivo.. perchè non era lì.

Il sole era tramontato.

Sergeil era lì, accanto a lui...

 

“Dov’è...?” chiese nuovamente spaventato.

Il vampiro sfuggì il suo sguardo e il ragazzo sentì distintamente il suo stomaco torcersi.

“DOV’E’?!” ansimò.

“Ecco...” mormorò Sergeil “..lui..” cominciò, a disagio.

“Hai detto che sta bene!” lo accusò Kei preoccupato.

“Sì però..” il vampiro sembrava non trovare le parole “Vedi Kei, ha dovuto usare quasi tutto il suo potere per riuscire a seguire il tuo richiamo e poi per liberarti...” mormorò.

“Che.. che cosa stai cercando di dirmi...?”

 

E se lo sforzo avesse esaurito le energie del vampiro?

 

“Sta dormendo..” mormorò Sergeil facendogli gelare il sangue nelle vene “Dovrà dormire per un po’...”  

“Per.. quanto..?” chiese Kei con voce rauca, la gola improvvisamente secca.

Il biondo sospirò e si arrese “Non lo so..” ammise.

“Non lo sai?!” urlò Kei, pallido.

“Potrebbe dover riposare solo qualche giorno o dover dormire per anni..” mormorò  il biondo “...non ne ho idea...”

“Posso.. posso vederlo..” chiese il ragazzo, con voce tremante.

Sergeil si morse le labbra a disagio “Non so se sarebbe d’accordo ma immagino di non potertelo impedire..” sussurrò.

 

Kei fu velocissimo a vestirsi e a seguire l’altro in giardino.

Aveva lo stomaco serrato in una presa gelida e il respiro affrettato.

Mikael non poteva dormire per anni!

Non poteva...

 

Scese nella cripta lentamente lasciandosi Sergeil alle spalle per avvicinarsi al letto dell’amante.

Quello che vide gli tolse il fiato.

Ora sapeva come aveva fatto Sergeil a capire che Mikael aveva esaurito tutta la sua energia.

Nel grande giaciglio dalle lenzuola scure riposava un angioletto dall’aria esausta, i capelli candidi gli piovevano sul viso infantile.

 

Era Mikael.

 

Ma il Mikael del quadro.

 

Doveva davvero aver dato fondo ad ogni energia per essere costretto a sciogliere l’incantesimo di crescita.

Il prescelto si sedette sul letto e allungò una mano per accarezzargli i capelli, dolcemente.

Il vampiro emise un flebile sospiro ma non si svegliò e Kei rimase a fissarlo in silenzio, a lungo, finchè Sergeil non gli sfiorò la spalla e lo costrinse a tornare in casa per mangiare qualcosa.

 

E i giorni passarono, trascinandosi uno dopo l’altro con  lentezza esasperante.

Ogni notte Kei andava alla cripta ad osservare il sonno del suo compagno.

Provò anche a chiamarlo qualche volta ma non ottenne risposta.

Sergeil continuava a ripetere che presto si sarebbe rimesso ma le settimane passavano e Kei si sentiva come un drogato a cui non veniva fornita la sua dose.

Stava impazzendo.

Non faceva che pensare a lui, a quello che era successo da quella prima notte in cui si erano incontrati a quel giorno, che sembrava ormai lontano secoli in cui Mark e Robert erano morti.

 

Ne aveva parlato con Sergeil.

 

Sapere che Mikael era un vampiro, fargli bere il suo sangue.. quello era un conto.

Vederlo in tutta la sua terribile potenza... era un altro.

“Lo odi per quello che ha fatto?” gli aveva chiesto il biondo.

Kei sospirò ripensando al loro dialogo.

 

No, non lo odiava.

Ma aveva avuto paura.

Paura di lui.

 

Si amavano, avrebbe dovuto essere certo che Mikael non gli avrebbe mai fatto del male e di conseguenza non provare timore... invece era rimasto atterrito dalla sua furia.

Sergeil aveva riso sommessamente “Chiunque si sarebbe spaventato..” lo aveva rassicurato dolcemente “..quando di sveglierà ne parlerete e vedrai che si chiarirà tutto..” gli aveva detto.

“Quando si sveglierà..” ripetè tra se e se Kei osservando il sole tingere di rosso e oro il cielo.

 

Un altro tramonto.

 

Un’altra notte che scivolava silenziosa ad avvolgerli.

Sbuffò avviandosi a passo lento verso il piano inferiore.

Sarebbe andato a trovarlo, come al solito, magari gli avrebbe parlato della sua giornata e poi.. avrebbe trovato un modo di far passare il tempo... almeno sperava.

Scese nel salone d’ingresso passandosi una mano tra i capelli arruffati e stava per allungare la mano ed aprire la porta che dava sul giardino quando questa si spalancò e lui si ritrovò davanti Sergeil.

“Ah..ciao..” disse mesto ricacciando indietro il cuore che gli era salito in gola.

Per un momento aveva sperato...

 

Sembra depresso..” mormorò una voce profonda, lievemente divertita.

 

Kei sbarrò gli occhi mentre Sergeil si spostava dalla soglia, con un sorriso sul volto pallido.

“L’hai lasciato da solo troppo a lungo..” mormorò “Sembrava un cagnolino abbandonato Mikael davvero..” ridacchiò rivolto al padre, in piedi, dietro di lui.

 

“Mi... mikael..” ansimò Kei incredulo, incapace persino di muoversi.

Era di nuovo lui, così come lo aveva incontrato la prima volta, la pelle un po’ più pallida forse ma gli occhi carminio scintillanti come non mai.

Il vampiro gli sorrise dolcemente e gli tese le braccia “Ciao Kei..” mormorò dolcemente e con un grido di pura gioia il ragazzo gli si getto tra le braccia, singhiozzando senza ritegno.

 

Adesso sì... era di nuovo a casa.

 

fine...

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