T.a.p 7 Back to Original Back to Home
"Non posso capire...”
Lucas Streight
Ellen sospirò erano passati quasi due mesi ma non avevano saputo più niente di loro. Ogni tanto si ritrovava con Lucas e Alissia per parlarne. Chissà che cosa era accaduto a Deran e Lien. E a Marc. Chissà se stavano bene. Erano domande alle quali non avevano risposta e probabilmente non l’avrebbero avuta mai. Alissia si rifiutava di sentir parlare dell’argomento con quei toni cupi, diceva che dovevano essere sicuramente vivi da qualche parte e prima o poi sarebbero tornati. La squadra di pallacanestro si era sciolta dopo quanto era successo.
Ellen sospirò di nuovo appollaiata sul muretto
sdrucito di casa sua. Lucas era in ritardo.
“Come stai
oggi?” gli chiese Greg con un sorriso particolarmente soddisfatto quel mattino,
Deran distolse lo sguardo e l’angelo rise. “Non vuoi ancora cedere? Ma guardati
sei un groviglio di cavi!” Deran non si mosse e il ragazzo sospirò con aria
melodrammatica. “E sì che sto facendo di tutto per esserti amico. Oggi ti ho
persino portato un regalo!” esclamò facendo poi segno ad uno dei suoi uomini che
si trovava vicino alla porta. Questo annuì e aprì l’uscio. Un altro uomo spinse
dentro la stanza un ragazzo castano che portava una benda rossa sugli occhi.
Deran impallidì violentemente, era Lucas! L’uomo della T.E.C. spinse il ragazzo
fino a Greg e poi gli tolse la benda. Lucas scosse il capo confuso . “Benvenuto”
gli disse con falsa cortesia Greg, il ragazzo si voltò versò di lui vedendolo
solo in quel momento e con lui l’enorme capsula alle spalle dell’angelo e il suo
contenuto. “Deran….” Mormorò cinereo cadendo in ginocchio per lo shock. L’uomo
che l’aveva accompagnato nella stanza lo costrinse malamente ad alzarsi
afferrandolo per i capelli, Deran si contorse nella sua prigione. “Ti da
fastidio?” gli chiese Greg notando con soddisfazione la rabbia negli occhi di
Deran. Allungò la mano sotto la giacca e ne estrasse un lungo pugnale con il
quale si avvicinò minacciosamente a Lucas. Il ragazzo cominciò a tremare e Deran
posò le mani sul vetro impotente. Greg posò la lama contro la guancia del
ragazzo e si voltò sorridendo verso Deran “Sta a guardare” disse affondando
lentamente la lama. Lucas gridò cercando di liberarsi dalla presa ferrea dei
suoi aguzzini prima di accasciarsi in avanti. Greg ritrasse la lama sporca di
sangue e si voltò verso Deran che aveva abbassato il capo impotente. “Allora
Deran che ne dici di collaborare adesso o devo ridurre il tuo amico a fettine.”
No. Non
avrebbe dovuto farlo. Era disposto a sopportare qualsiasi sofferenza. Era
disposto a farsi macellare da quegli uomini giorno dopo giorno, ma non dovevano
toccare i suoi amici. No quello no. Raccolse tutta la sua energia, raccolse
tutta la sua rabbia.
Il sangue
all’interno dei tubi cominciò a ribollire mentre il battito cardiaco aumentava.
Lo schermo dell’enorme computer ancora collegato a lui cominciò a lampeggiare in
modo frenetico mentre sul video frammenti di ricordi si susseguivano in fretta.
“Sistema in sovraccarico!” avvertì uno degli scienziati davanti all’enorme
macchina, la luce calò, mentre i neon che illuminavano la stanza saltavano uno
ad uno creando una pioggia di frammenti di vetro. Quando Deran alzò il capo i
suo occhi erano due polle di luce d’argento. Gli uomini che reggevano Lucas
sussultarono facendo un passo indietro. “Adesso basta!” tuonò la voce
metallica dell’Arcangelo ripetuta mille e mille volte da tutti gli altoparlanti
della base, mentre il vetro della capsula cominciava a creparsi minacciosamente.
Greg sorrise “Su che cosa stai aspettando, perdi il controllo, liberati dalla
tua prigione, distruggi tutto!” lo incitò con un sorriso sempre più aperto
“Uccidici tutti e poi riduci in cenere questo assurdo pianeta” rise. “Ma pensaci
perché se lo facessi ora anche i tuoi cari amici morirebbero” Deran strinse la
mascella. Se fosse esploso in quel momento non sarebbe rimasto niente, niente di
niente. E allora a che cosa sarebbe servito? Non poteva farlo.
L’Arcangelo sussultò. Rinunciava. Rinunciava alla sua unica possibilità di
salvezza per non sacrificare quell’inutile essere umano. Sceglieva consciamente
di soffrire, di prolungare la sua agonia eppure… che cos’era quella sensazione
di calore che sentiva provenire da Deran, cos’era quella assurda, piccola
felicità che il ragazzo provava dalla semplice consapevolezza di non ferire chi
amava… L’Arcangelo tremò comprendendo per la prima volta.
Deran
chiuse gli occhi e si arrese, doveva fare quello che volevano loro. Greg sorrise
quando lo schermo del computer si spense avvolgendo la sala nella semi oscurità.
“Saggia decisione” disse soddisfatto. “Trovate una stanza per il nostro ospite”
disse rivolto ai suoi uomini pallidi in volto “Starà con noi per un po’” disse
con un sorriso rivolto a Deran “E medicategli quella guancia sta sporcando tutto
il pavimento.”
“Hai
corso un bel rischio” commentò una voce “Il suo potere va oltre ogni
nostra aspettativa” commentò un'altra voce preoccupata “Ma lui non ne è
ancora cosciente” spiegò Greg tranquillamente “Ha ancora paura di usare il suo
potenziale” “E’ un gioco pericoloso, potremmo rischiare addirittura la
scomparsa del genere umano. Non vogliamo certo questo” disse il presidente
“Faremo attenzione signore” mormorò Greg “Bene a presto”. Lo schermo del
Pc si spense e il contatto venne interrotto. Il consiglio era rimasto molto
impressionato dalla dimostrazione di forza dell’Arcangelo, era riuscito persino
a sopraffare il loro sofisticatissimo sistema informatico, il professore aveva
fatto davvero un capolavoro, aveva creato una macchina in grado di evolversi. Le
potenzialità di un essere simile erano davvero pari a quelle di una creatura
celeste. Sorrise, erano degli sciocchi, non sarebbero mai riusciti ad eguagliare
Deran, ormai era ad un punto tale della sua evoluzione in cui non era più
possibile, il suo potere andava persino oltre i calcoli dello stesso Omar, e
ormai era totalmente privo di controllo. La scomparsa del genere umano avevano
detto. Greg sorrise soddisfatto uscendo dalla stanza del consiglio.
Chissà se
potevano sentirlo, chissà se Lien utilizzava ancora il piccolo walcman che le
aveva regalato il professore. Era un’idea assurda che gli era venuta durante la
notte. Chissà se avrebbe funzionato? Non avrebbe voluto chiamarli, non voleva
rischiare che facessero loro del male ma adesso che avevano catturato Lucas…
quanto meno doveva provare, loro sarebbero riusciti a salvarlo.
Lucas si
svegliò lentamente da quello strano torpore in cui era caduto. Aprì gli occhi e
si guardò intorno confuso, uno sguardo alla stanza e il dolore alla guancia gli
confermarono che non si trattava di un incubo. Una delle pareti della sua cella
era costituito da un pannello di vetro che dava sull’enorme laboratorio in fondo
al quale poteva vedere la capsula che conteneva Deran, o meglio ciò che ne
restava. Distolse lo sguardo incapace di sopportare quel macabro spettacolo, chi
era quella gente e che cosa avevano fatto a Deran? Lo avevano chiamato
Arcangelo, ma che cosa volevano dire. Si costrinse a spostare lo sguardo sulla
capsula e serrò la mascella per trattenere un conato di vomito. Deran aveva gli
occhi aperti e il suo cuore pulsava ma non poteva essere vivo, nessuno poteva
sopravvivere in quello stato. “Blocco numero due in fase di collegamento meno
trentadue secondi all’attivazione” disse la voce di una donna tramite uno
degli altoparlanti. Lucas vide i vari medici affaccendarsi per il laboratorio.
Erano tutti molto pallidi ed evitavano con cura di volgere lo sguardo verso la
capsula. Poco dopo Lucas ne capì anche il motivo. “Meno tre, due, uno…”
scandì fredda la voce. Deran mosse il capo lentamente e Lucas sussultò, era
cosciente! Lo schermo del computer che occupava un’intera parete della sala
lampeggiò mentre appariva la scritta Esperimento numero 214: resistenza al
freddo. Il liquido all’interno della capsula prese a bollire mentre sullo
schermo del pc compariva un termometro che ne registrava la temperatura, -10
c, -45 c, -90 c, …. una spia prese a lampeggiare mentre una serie di
dati scorrevano su un lato del monitor, battito cardiaco, pressione tutti i
valori stavano diminuendo. “Lo stanno uccidendo” mormorò Lucas incapace di
credere a quanto stava vedendo, dentro la capsula Deran tremava, persino da
quella distanza poteva vedere le sue convulsioni nel liquido ambrato. “Meno
quattordici secondi al collasso del sistema” “Fermatevi vi prego!” gridò
Lucas battendo i pugni contro il vetro. Ma nessuno gli badò.
Lien sospirò concentrandosi maggiormente sul computer. Respingere l’attacco degli angeli li aveva sfiancati ed avevano consumato le loro energie rimanenti girando in vano in lungo e in largo alla ricerca di qualche traccia, ma il servizio segreto della T.E.C. ci sapeva fare. Brand era quasi impazzito. Aveva continuato a cercare anche quando Lien e Roxane si erano arrese davanti all’assoluta mancanza d’indizi. Non mangiava, non dormiva, era diventato sempre più debole giorno dopo giorno finché Roxane non gli aveva urlato in faccia che così non aiutava nessuno, tanto meno Deran. E Brand aveva pianto. Lien ne era rimasta sconvolta. Non l’aveva mai visto piangere. Da quando lo aveva conosciuto l’aveva sempre visto con il sorriso sulle labbra, non si arrendeva mai, non perdeva fiducia neanche nelle situazioni più disperate, era sempre così pratico, calmo e forte. Nei momenti difficili non perdeva mai il sangue freddo. Solo quando aveva visto Roxane consolare il ragazzo biondo scosso da violenti singhiozzi, Lien aveva capito quanto Brand amasse Deran. Da quel giorno Brand si era ripreso anche se nei suoi occhi si era spenta la luce. Brand scosse il capo “Sono già passati due mesi potrebbe essergli successo qualsiasi cosa” mormorò affranto “Smettila!” esclamò Lien passeggiando nervosamente avanti e indietro nell’ampio salotto della stanza d’hotel. Non sopportava di avere perso così. Si sedette sul letto massaggiandosi le tempie, scostò la valigia che aveva preparato in fretta e furia quando erano partiti e notò la spia del walcman lampeggiare. Buttò l’oggetto di lato con rabbia, l’ultima cosa che aveva voglia di fare era ascoltare il commento sul traffico di qualche camionista. Non sapeva nemmeno perché si era portata appresso quello stupido oggetto. La spia lampeggiò ancora e poi si spense. Lien sbuffò e tornò a spostare la sua attenzione fuori della finestra, Deran poteva essere dovunque. La spia riprese a lampeggiare e Lien l’osservò sorpresa, era strano sembrava che avesse captato un’onda particolarmente nitida. Prese il walkman e mise le cuffie, rimase delusa quando avvertì solo una debole serie di ticchettii. “Ti pare questo il momento Lien?” le chiese Roxane seccata. “E’ strano non ho mai sentito una cosa simile” disse corrucciata. Roxane scosse le spalle con noncuranza. “Abbiamo altro a cui pensare ora” disse tornando ad esaminare la cartina che Brand aveva steso sul tavolo. Lien corrugò la fronte ascoltando con più attenzione, sembrava un codice ripetuto, anzi una parola, no due. Prestò maggiore attenzione e cominciò a decifrare. Sussultò quando capì. Butch mangia? Ripeteva in continuazione attraverso il codice morse il messaggio. “E’ Deran!” esclamò attirando immediatamente la loro attenzione. “Ne sei sicura?” chiese Brand incapace di sperare in un tale miracolo. Lien fece loro sentire il messaggio. “E’ lui!” esclamò Roxane illuminandosi, “Riesci a rintracciare la traccia?” le chiese con il cuore in gola. Lien cominciò a calcolare in fretta seguendo le indicazioni del portatile. “Qui!” esclamò puntando il dito sulla cartina. “Non c’è un minuto da perdere!” esclamò Brand alzandosi in fretta.
“Come può
esserci riuscito?” si chiese Roxane mentre sfrecciavano a tutta velocità
sull’autostrada, “Non lo so” mormorò Brand “Ma ultimamente stava affinando le
sue capacità con una velocità impressionante” commentò, Roxane annuì ricordando
con che facilità Deran aveva richiamato le ali il giorno del rapimento. “Diventa
sempre più potente” mormorò Lien. Brand annuì pigiando sull’acceleratore.
Qualcuno
bussò alla porta della stanza dell’albergo nella quale Armon aveva sistemato le
sue sofisticate apparecchiature, uno scienziato stava controllando tutta una
serie di dati. “Secondo i nostri informatori le attività sospette sono in questi
tre luoghi” disse indicando tre punti rossi sul monitor del suo Pc a cristalli
liquidi, “Escludi pure questo” disse Armon indicando uno dei punti sulla mappa
“Si tratta di una raffineria di droga che teniamo sotto controllo da tempo”, lo
scienziato escluse il punto indicatogli da Armon, “Ci divideremo in due squadre,
una si dirigerà alla fabbrica abbandonata qui” disse Armon indicando il punto “e
l’altra all’impianto idrico in disuso qui” disse indicando l’altro punto. E così
alla fine avrebbero fermato la T.E.C. e avrebbero preso l’Arcangelo. Restava
l’incognita dei tre Angeli che erano sicuramente sulle tracce del ragazzo.
“L’operazione avrà inizio a mezzanotte precisa” stabilì e i suoi uomini
annuirono. Finalmente la T.E.C. avrebbe subito un duro colpo, questa volta
nessuno gli avrebbe tolto la promozione.
Raian si
fermò all’incrocio osservando scocciato il semaforo rosso, era al punto di
partenza, sia gli uomini della T.E.C sia i tre misteriosi ragazzi erano
scomparsi senza lasciare traccia. Il cellulare prese a suonare e lui gli lanciò
un’occhiata carica d’odio gli mancava solo di sentire il suo capo. Era da un
bel po’ che non mandava un articolo al giornale, poco gli importava di essere
licenziato se non fosse che avrebbe perso i vantaggi di cui come giornalista
godeva per fare domande a destra e a manca. “Che c’è?” chiese dunque malamente
al suo interlocutore “Il ragazzo, il ragazzo si trova a Port Hiland, alla
vecchia fabbrica Chimex” gli disse una voce sussurrante, balbettando. “Vi prego
venite a portarlo via non posso più vederlo soffrire così!” “Chi parla?” chiese
Raian con le mani che gli tremavano per l’emozione “Non c’è tempo! Usate il
vecchio condotto dell’acqua sul lato destro” il suo interlocutore riagganciò
bruscamente e Raian rimase a fissare il telefono sorpreso. Poteva trattarsi di
uno stupido scherzo, ma se qualcuno avesse trovato il suo biglietto da visita
nella giacca di Deran…. Sarebbe stata una coincidenza assurda… ma… Poco male
doveva come minimo tentare.
Trovare la
fabbrica non fu difficile, individuare il passaggio suggeritoli dal suo
misterioso informatore fu invece molto più difficile, sulle carte catastali il
condotto non era segnato, probabilmente era stato costruito abusivamente
dall’azienda chimica per scaricare nel vicino fiume le acque inquinate. La
fabbrica sembrava totalmente abbandonata ma l’occhio attento di Raian scoprì
piccoli segni della presenza di attività, le tracce di pneumatici sul fango, un
portello d’entrata che aveva lasciato un solco sulla polvere quando era stato
aperto, il cancello poi sembrava troppo solido per avere dieci anni.
“E’ questo
il posto?” mormorò Brand osservando la grande fabbrica circondata da alti
reticolati attraversati dall’alta tensione. Era impaziente. Riusciva a malapena
a trattenersi dal correre come un pazzo verso l’entrata principale, ma così
facendo avrebbe soltanto peggiorato la situazione. Strinse i pugni con forza
imponendosi di calmarsi. Lien annuì, “Deran dovrebbe essere nei laboratori
sotterranei. Il problema è come introdurci lì dentro senza attirare
l’attenzione” mormorò preoccupata Lien. Il computer emise un debole bip e Lien
si voltò a fissarlo sorpresa “C’è qualcun’ altro che sta tentando d’introdursi
nella fabbrica” “Com’è possibile?” Lien spostò il campo d’azione della
telecamera “E’ quel giornalista!” esclamò sorpresa “Come ha fatto ad arrivare
fino a qui?” “Non lo so” mormorò Lien sorpresa “Ma è riuscito a passare oltre il
cancello senza far suonare l’allarme” “Deve avere un informatore all’interno
della T.E.C.” congetturò Roxane “Seguiamolo!”
“Accidenti!” esclamò Raian osservandolo i massi che ostruivano il passaggio al
condotto. “Serve aiuto?” Raian sussultò puntando contro di loro la pistola,
tuttavia quando riconobbe la ragazza abbassò l’arma. “Siete voi? Allora il mio
informatore diceva la verità è qui che lo tengono!” esclamò felice. “Come hai
fatto a trovarlo” gli chiese Brand sorpreso, “Uno degli uomini della T.E.C. o
forse uno degli scienziati loro prigionieri deve aver trovato il biglietto da
visita che avevo lasciato a Deran e mi ha chiamato spiegandomi cosa fare per
arrivare a lui” “E una volta che l’hai trovato che cosa ne volevi fare?” Raian
scosse le spalle “Lui non m’interessa io voglio solo fare sapere al mondo cosa
sta facendo questa gente. Perché non mi aiutate?” chiese “Io avrò il mio
articolo in esclusiva e voi riavrete i vostri amici” propose, Brand corrugò la
fronte “Come amici?” “Non leggete i giornali?” gli chiese Raian con un sorriso
ironico “Tre settimane fa quel ragazzo, Lucas Streight, è scomparso senza
lasciare traccia. Sono sicuro che sono stati loro. La T.E.C usa sempre gli
stessi metodi per convincere i suoi collaboratori” “Bastardi!” esclamò Lien,
impallidendo preoccupata. Dovevano fidarsi del giornalista, Raian sapeva dove
passare per non farsi scoprire e loro avevano la forza necessaria per liberare
Deran e Lucas, se non avessero agito insieme avrebbero fallito.
Passarono per il vecchio condotto di scarico per le acque usate nel processo di lavorazione. Lien arricciò il naso “Bel posticino” commentò osservando un ratto masticare qualcosa. Attraversarono le lunghe condotte camminando chini, erano abbastanza ampie da non costringerli ad avanzare a quattro zampe ma non potevano nemmeno stare eretti. Non era certo un percorso agevole e prima di trovare la botola che portava ai piani superiori si erano coperti di fango. “Facciamo molta attenzione ora” mormorò Brand e gli altri annuirono, Roxane chiuse gli occhi e dal palmo della sua mano fuoriuscì quella strana arma che Raian aveva già visto il giorno della festa, anche lui estrasse la pistola, finché non avessero dovuto combattere con gli angeli, come li chiamava Lien, quella sarebbe stata più che sufficiente. Come era previsto dalle indicazioni del suo misterioso informatore sbucarono in un piccolo corridoio che passava per i laboratori secondari, al momento in disuso. “Fin qui tutto bene” mormorò Raian guardandosi intorno, Brand indicò loro una porta “Di là” sussurrò “Sembra una sala riunioni” mormorò Roxane guardandosi attorno e notando alcuni camici appesi ad un attaccapanni. Lien sussultò violentemente attirando la loro attenzione sulla cartellina che aveva raccolto da un tavolino. “Che cosa c’è?” chiese Raian vedendo la ragazza tremare violentemente. Roxane prese la cartella dalle mani della sorella e impallidì “E’ l’elenco degli esperimenti che hanno fatto su Deran” mormorò con un filo di voce, Brand scorse la lista mentre il suo voltò diveniva sempre più paonazzo, Raian strinse i pugni fino a farsi male “Pagheranno anche questa” mormorò estraendo una piccola macchina fotografica e scattando diverse foto del documento. “Sta arrivando qualcuno!” li avvertì Lien, si affrettarono a posizionarsi ai due lati della porta, Brand concentrò la sua energia e aprì le dita della mano pronto a colpire. Ma quando la porta si aprì si fermò. Dopo quanto aveva appena letto avrebbe colpito lo scienziato dal camice bianco senza pietà se non fosse stato per il fatto che l’uomo stava piangendo. Lien chiuse la porta alle sue spalle e il dottore lì fissò con gli occhi spalancati, aprì la bocca per chiamare aiuto ma poi la richiuse. “Siete venuti a portarlo via?” chiese con voce stanca “Sì” gli rispose semplicemente Roxane e il medico annuì “Nel corridoio ci sono tre uomini armati e nel laboratorio ce ne sono altri sette e Marc” Lien pronunciò un insulto che fece arrossire Raian. “Perché ci aiuta?” gli chiese Brand sospettoso, il medico scosse il capo coprendosi il volto con le mani “Loro hanno la mia bambina e io non posso disubbidire ai loro ordini, ma non voglio più…” la voce gli s’incrinò e lo scienziato s’interruppe scuotendo il capo affranto. “Andiamo” disse Roxane aprendo la porta, Raian si avvicinò al medico e lo atterrò con un pugno. “Perché l’hai fatto?” esclamò Lien furiosa “Perché quando arriveranno gli uomini della T.E.C. potrà dire di aver tentato di fermarci” le rispose e lei arrossì “Mi spiace” mormorò ma lui le sorrise “Andiamo Deran ci aspetta”.
Come aveva
detto loro lo scienziato nel corridoio che portava al laboratorio principale
c’erano degli uomini armati. “Io ne vede solo due” commentò Brand, “Non possiamo
stare qui ad aspettare che spunti il terzo” commentò Raian. “Permetti?” chiese
Roxane facendosi avanti “prego fai pure” le rispose Brand con un inchino
facendosi da parte. Il lanciafiamme ruggì avvolgendo il corridoio e facendo
volare via le due guardie di cui rimase ben poco. “Accidenti!” esclamò Raian
senza fiato “Muoviamoci!” disse Brand dirigendosi verso la porta del
laboratorio. Nella sala Marc e i soldati furono presi alla sprovvista. Il
lanciafiamme di Roxane creò non poca confusione mentre Brand si lanciò
direttamente contro Marc scagliando scariche elettriche dalle mani protese. La
sua potenza notevolmente aumentata dalla rabbia. Lien e Raian si ripararono
dietro un tavolo in metallo mentre i proiettili volavano sopra la loro testa,
Raian fece capolino dalla loro barricata improvvisata e sparò “Dobbiamo
sbrigarci o ci ritroveremo circondati!” esclamò Lien guardandosi attorno alla
ricerca di Deran “Dev’essere nell’altra sala” mormorò Raian indicandole una
porta dietro le spalle di Marc. Uno dei soldati riuscì ad azionare l’allarme e
il suono della sirena squarciò l’aria con il suo lamento “L’allarme farà
accorrere gli altri” “Cerchiamo di chiudere la porta!” suggerì.
Lucas fu
svegliato dal suono lancinante della sirena. Nella stanza accanto si avvertivano
suoni di spari. Gli scienziati stavano fuggendo da un’uscita laterale
spaventati. Vide un uomo della T.E.C affannarsi sulla console del pc, sullo
schermo apparve per un attimo una parola e poi dal soffitto dei pesanti muri di
ferro scesero gemendo per rinchiudere la zona in cui stava Deran, l’uomo
estrasse la pistola e si sparò.
“Dov’è Deran?” chiese Brand schivando con abilità una scarica elettrica, Marc si lanciò verso l’alto con un abile piroetta, “Dove voi non potete prenderlo!” esclamò con un sorriso crudele “Quando è scattato l’allarme la stanza è stata blindata è assolutamente impossibile accedervi se non si conosce la password!” Brand sorrise parando un colpo del suo avversario e cercando di colpirlo contemporaneamente con un pugno “Allora vorrà dire che dovrò costringerti a dirmi qual è la parola chiave” Marc rise balzando con abilità sui tavoli del laboratorio, “L’unica persona che la conosce è morta!” prese un ampolla e la lanciò contro Brand, l’acido cadde a terra consumando il pavimento di marmo.
In lontananza si sentì un boato e degli spari “Che cavolo sta succedendo fuori!” esclamò Raian, Lien estrasse dalla tasca un piccolo monitor collegato alla telecamera che dava all’esterno, Raian riconobbe l’uomo vestito di nero e sorrise “Una volta tanto quell’imbecille di Armon è utile” disse. “Roxane!” la chiamò Lien indicandole un’enorme schedario di ferro vicino alla porta, lo spostò con un calcio e la sorella alzò il lanciafiamme e saldò il tutto impedendo a chiunque l’accesso nella stanza. Marc concentrò la sua volontà al massimo, doveva assolutamente impedire loro di prendere l’Arcangelo, se solo Greg e Elisabeth fossero stati lì. E invece il consiglio li aveva mandati in missione chissà dove. Brand si scagliò di lato, non poteva uccidere l’Angelo, se l’avesse fatto non sarebbero mai riusciti ad avere la password per liberare Deran, quell’attimo di esitazione gli fu fatale “Brand attento!” gridò Lien vedendo Marc tendere la sua mano, Raian alzò la pistola e sparò colpendolo al braccio, il colpo lanciato dal ragazzo perse il controllo schivando il petto di Brand ma colpendolo al braccio. Brand chiuse la mano sul braccio ferito, mentre il sangue gli colava tra le dita. “Sei finito!” tuonò Marc raccogliendo la sua energia, Roxane alzò il lanciafiamme e sparò i due colpi s’incontrarono esplodendo a mezz’aria. Marc aveva il fiatone ormai per la fatica. “Dicci la password e ti risparmieremo la vita” gli disse Roxane ma Marc sorrise “L’Arcangelo servirà la T.E.C.” gridò lanciandosi contro di lei, a Roxane non restò altro che sparare, il colpo di Marc era troppo debole fu deviato e il ragazzo venne distrutto con un boato. Finalmente nella stanza distrutta cadde il silenzio, erano tutti piuttosto affaticati ma erano ancora vivi. Quando finalmente ebbero accesso all’altra stanza la trovarono vuota a parte per il cadavere dell’uomo che aveva rinchiuso Deran nella camera blindata. Trovarono il pannello di controllo e Roxane lo fissò impotente “Come facciamo ora?” chiese osservando la parete blindata “Anche usando la nostra energia residua non riusciremo a buttarla giù” “Maledizione non può finire così!” esclamò Brand, Deran era lì a pochi passi da loro. “Lucas!” esclamò Lien attirando la loro attenzione. Gli fece segno di allontanarsi dalla vetrata e con un abile volteggio arrivò a lui e la distrusse. “Stai bene” gli chiese preoccupata vedendolo pallido e notando la cicatrice sulla sua guancia. Il ragazzo annuì. “Deran..” mormorò indicandole le mura blindate. Lien abbassò il capo “Non abbiamo la password” mormorò affranta “Password?” le chiese lui stupito e poi il suo volto s’illuminò, la parola che aveva visto sullo schermo! “Erase” disse e Lien lo fissò stupita. “La password è Cancellazione!” Lien balzò giù dalla stanza avvicinandosi alla console mentre Raian aiutava il ragazzo a scendere. Lo schermo del terminale lampeggiò confermando l’accesso. “Sì!” esclamò Roxane abbracciando felice Lucas che arrossì. Rimasero immobile mentre le pareti blindate tornavano al loro posto scorrendo verso l’alto. Lo spettacolo che si presentò ai loro occhi era raccapricciante. Raian dovette portarsi una mano alla bocca per impedirsi di vomitare. Il ragazzo galleggiava nel liquido ambrato, le braccia e le gambe erano cosparse di lividi e tagli da cui numerosi cavi fuoriuscivano per collegarsi all’enorme computer che monitorava le funzioni vitali dell’Arcangelo. Lien nascose il capo nel petto della sorella con un grido di dolore. “Maledetti!” mormorò Brand incapace di trattenere le lacrime, Deran voltò lentamente il capo posando uno sguardo disperato su di loro “Mio Dio è cosciente!” esclamò Raian impallidendo, strinse la macchina fotografica che aveva in tasca, fotografò il computer e il resto del laboratorio, strinse i denti e infine fotografò la capsula nella quale galleggiava Deran. “Tiriamolo fuori di lì” mormorò intanto Brand, lo sguardo freddo come il ghiaccio. Roxane annuì e dopo aver affidato Lien scossa dai singhiozzi a Lucas si affrettò ad aiutare Brand. Deran seguì con lo sguardo i due avvicinarsi alla macchina, Brand si guardò attorno cercando di capirne il funzionamento, Omar gli aveva insegnato come maneggiare aggeggi come quelli ma non aveva mai fatto una prova pratica. Sospirò doveva tentare, azionò una leva e poi un’altra, il liquido che conteneva Deran prese a ribollire “Brand” mormorò preoccupata Roxane vedendo Deran accasciarsi in avanti, Brand strinse i denti cercando di ricordare gli insegnamenti dello scienziato e infine trovò la serie di comandi giusti, una dopo l’altra le sonde si ritirarono fuoriuscendo dalla pelle e liberandolo. Roxane si affrettò ad aprire la capsula facendone fuoriuscire il liquido, Deran tossì trovandosi improvvisamente a respirare aria. La ragazza lo sostenne delicatamente tra le braccia, Lien che nel frattempo si era riscossa si avvicinò e le tese con mani tremanti un camice bianco che aveva recuperato nella sala e che Roxane usò per avvolgere il ragazzo che non aveva niente addosso e che ora tremava violentemente. Deran mosse la bocca come se volesse parlare, ma non gli uscì alcun suono. Brand gli accarezzò con delicatezza il capo, “Va tutto bene.” Disse prendendolo in braccio, Deran chiuse gli occhi stringendo debolmente tra le mani la camicia del compagno e le sue labbra si tesero in un fragile sorriso. Ora che i cavi non ne impedivano più l’azione l’A.S. stava ripristinando lentamente la carne del petto e l’osso del teschio. “Da che parte usciamo?” chiese Raian guardandosi attorno, fuori nel corridoio si sentivano rumori di lotta, la polizia speciale e gli Uomini della T.E.C. stavano combattendo quindi era da escludere di tornare indietro per la strada che avevano fatto all’andata anche perché non sarebbero riusciti a portare fuori Deran per il cunicolo delle acque di scarico. “Gli scienziati sono andati da quella parte” disse Lucas indicando loro una porticina nascosta. La porta sbarrata cedette nella sala attigua e gli uomini del corpo speciale fecero il loro ingresso nella stanza ad armi spinate.
Roxane si portò in avanti tenendoli sotto il tiro del lanciafiamme.
“Abbassa quell’arma Angelo” commentò la fredda voce di Armon facendosi avanti ad un suo gesto gli uomini della scorta abbassarono le loro armi. L’agente osservò la stanza distrutta e infine il suo sguardo si posò su Deran svenuto tra le braccia di Brand, il camice bianco impregnato di sangue.
“E così alla fine lo abbiamo trovato” mormorò
osservando il giovane con un velo di tristezza, fece cenno a uno dei suoi uomini
che sparì oltre la porta per tornare subito dopo seguito da altri due uomini con
una barella. “Lasciatevi aiutare” Roxane non si mosse e Armon le sorrise “Capisco la vostra
diffidenza ma il ragazzo ha bisogno
di cure e in fretta. E poi anche
voi avete bisogno di riposo, vi assicuro che non gli sarà fatto alcun male.”
Disse, Roxane lanciò uno sguardo preoccupato a Lien che era ferita a una gamba e
al volto cinereo di Deran, anche Brand era esausto e Lucas si reggeva a malapena
in piedi. Brand annuì con la testa e la ragazza fece scomparire l’arma. Anche
volendo non sarebbero comunque riusciti a fuggire. Deran fu caricato sulla
barella e portato a bordo del grande furgone nero del corpo speciale seguito da
Brand, mentre Lien, Roxane e Lucas salivano a bordo di una grossa auto scura.
Raian rimase immobile a guardare il corpo speciale sgomberare il campo, “Non
possiamo lasciarti quella” gli disse Armon avvicinandoglisi e indicandogli la
macchina fotografica e il giornalista annuì “Non mi arrenderò” disse comunque e
Armon gli sorrise “Me l’ero immaginato.” Commentò salendo su una delle berline
nere che partì seguita dai furgoni che portavano gli altri uomini, mentre un
piccolo distaccamento di agenti si dava da fare per incendiare la fabbrica in
modo da coprire le prove di quello che era successo.
“Maledizione!” tuonò Elisabeth battendo il pugno sul tavolo “Calmati” mormorò
tranquillamente Greg “Hanno portato via l’arcangelo e tutta la sezione di Port
Hilan è stata eliminata, ci sono sfuggiti persino gli scienziati!” esclamò la
ragazza furiosa “Siamo riusciti a salvare i dati, non ci servono più” le disse
lui tranquillamente “Ma non sono completi e non siamo nemmeno sicuri che siano
esatti” protestò lei ma Greg le sorrise accarezzandole una guancia “Basteranno”
mormorò.
Deran
dormì per la gran parte del viaggio era continuamente stanco tanto che riusciva
a malapena ad aprire gli occhi, d’altro canto sembrava poco cosciente di quello
che gli accadeva intorno tanto da preoccupare i tre. “Sembra sotto shock”
mormorò Lien guardando il ragazzo che osservava senza vederle le montagne al di
là della finestra della sua stanza. Le cicatrici erano scomparse in fretta dal
suo corpo grazie alle cure dei dottori e all’opera dell’AS ma erano altre le
ferite che li preoccupavano. “Ha subito un trauma notevole” mormorò Roxane. “C’è
anche la possibilità che non riesca a riprendersi” mormorò il medico del corpo
speciale che aveva curato le loro ferite e che aveva medicato Deran, Lien
sussultò “Vuol dire che potrebbe rimanere così?” chiese preoccupata, Brand
scosse il capo “Si riprenderà” mormorò, doveva riprendersi o non se lo sarebbe
mai perdonato.
Era buio
quando si svegliò, si guardò attorno studiando la stanza in cui l’avevano messo
i tre angeli. Anche senza aprire la finestra per controllare i suoi sensori
analizzarono la composizione dell’aria e dopo un breve calcolo del tempo che
avevano impiegato per giungere fin lì e dei vaghi ricordi di Deran seppe con
certezza dove si trovavano. Si alzò è andò allo specchio, finalmente era libero,
libero da quel liquido che gli impediva di agire. Osservò il proprio volto
pallido nello specchio. Anche se le ferite si erano rimarginate Deran stava
morendo. Lo sentiva spegnersi giorno dopo giorno dentro di sé, senza che nessuno
potesse fare nulla per aiutarlo. Aveva sofferto troppo e non solo fisicamente.
La sua anima si era incrinata e presto si sarebbe definitivamente spezzata.
Sorrise dolcemente all’immagine che gli rifletteva lo specchio e tese una mano
per accarezzare il volto del ragazzo che vi vedeva riflesso. Lui, quel semplice
essere umano che lo portava dentro di sé gli aveva insegnato qualcosa che
nessuna macchina, nessuna scienza avrebbe mai potuto trasmettergli. Per
questo io ti proteggerò un’ultima volta e presto Deran non soffrirai più,
mormorò l’Arcangelo.
La base
del corpo speciale sorgeva in una piccola valle di montagna sulle rive di un
lago artificiale che forniva energia elettrica a tutto lo stabile, qui avevano
potuto riposare e riprendere le forze. “Sono passate già tre settimane”, mormorò
Roxane lanciando uno sguardo a Deran che steso su un piccolo sdraio riposava con
gli occhi chiusi, Brand seduto accanto a lui gli stava leggendo un libro
dall’aspetto imponente. “Che stai leggendo?” gli chiese lei piantando il naso
nel libro che Brand aveva aperto davanti, sbuffò quando vide che si trattava di
un classico della letteratura orientale. “Ma non ti stanchi proprio mai di
studiare?” esclamò ma Brand fece spallucce “Mi serve per impegnare il tempo”
Roxane sbuffò “Proprio non ti capisco. Sei laureato in neurologia, in chimica
applicata, hai quasi terminato il master in legge e adesso ti metti a studiare
letteratura” Brand le sorrise “Mi piace fare l’intellettuale” sospirò
rattristandosi “e poi così ho l’impressione di stargli vicino”. Deran gemette
distraendoli entrambi. Roxane si alzò e gli andò accanto “Ha di nuovo gl’incubi”
mormorò accarezzandogli il capo per tranquillizzarlo, Deran sussultò e Brand lo
strinse tra le braccia, il ragazzo si calmò soltanto quando poté stringere la
mano di Brand. “Credi che si riprenderà mai?” gli chiese Roxane che lo fissava
con uno sguardo carico di preoccupazione. “Non lo so” mormorò Brand scuotendo il
capo.
Dolore
ancora dolore. Disperazione soltanto disperazione. Basta! Vi prego basta! Non
voglio più soffrire, non voglio più sentire. Smettetela! “Deran…” Deran
aprì lentamente gli occhi emergendo da quel mare di sofferenza, era in un luogo
che conosceva, quella stanza bianca i cui confini sfumavano nel nulla,
quell’aria densa e allo stesso tempo leggera nella quale poteva galleggiare, “Deran…”
alzò il capo per incontrare lo sguardo grigio dell’Arcangelo “Sono così stanco”
mormorò mentre alcune lacrime gli scivolavano lungo le guance e lui annuì
venendogli incontro, le sue ali erano così belle e candide, quella luce dorata
era così dolce. “Accetta la mia forza” gli disse tenendolo stretto a sé e
chiudendo le grandi ali attorno a lui, Deran chiuse gli occhi e d’un tratto
avvertì tutte le paure, tutti i dolori abbandonarlo, sorrise felice e
l’Arcangelo prese a cantare una dolce lenta melodia, “Porta la mia luce,
prendi la mia vita, che la mia forza sia la tua pace” mormorava
l’Arcangelo.
Deran aprì lentamente gli occhi e si guardò attorno confuso. Brand dormiva su una poltrona poco lontano dal suo letto. Si portò una mano alla testa, qualcosa era cambiato, avvertiva tutte le conoscenze dell’Arcangelo, tese la mano che fu avvolta dalle fiamme scure, ma per la prima volta seppe di poterle controllare a proprio piacimento. L’arcangelo aveva annientato la propria coscienza per dargli modo di salvarsi, perché altrimenti il conflitto tra la macchina e l’uomo avrebbe finito col distruggerlo. Aveva sacrificato sé stesso per permettergli di sopravvivere e ora che erano una cosa sola avvertiva anche tutti i suoi ricordi, tutte le volte che l'Arcangelo aveva preso il sopravvento e aveva ucciso per difenderlo, finché non aveva capito che questo lo faceva soffrire. Finché non aveva capito davvero. Si passò una mano tra i capelli, si sentiva diverso, più fragile e più forte allo stesso tempo. Scivolò fuori dal letto scoprendo che seppure con difficoltà riusciva a stare in piedi, andò fino alla grande specchiera e tese una mano verso la propria immagine riflessa. “Grazie” mormorò.