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"Io soltanto sarò l’artefice del mio destino"

                                             Lien Heinzer

 

“Hai impegni per domani sera?” Gli chiese il venerdì seguente Marc, Deran scosse il capo e Marc annuì soddisfatto. “Allora sei ufficialmente invitato al mio compleanno” esclamò “Ho prenotato un tavolo al Blu River” disse e vedendo che Deran restava perplesso aggiunse “E’ una discoteca” “Oh” mormorò Deran. “Non mi dire che non sei mai andato in discoteca?” chiese incredulo Marc a voce un po’ troppo alta attirando gli sguardi curiosi dei compagni di classe, Deran arrossì “Bhe….” Mormorò a disagio “Dobbiamo assolutamente rimediare a questa mancanza ti pare?” chiese Lucas con un sorriso rivolto a Marc che annuì, “Ma io…” cominciò a protestare Deran “Niente ma!” disse Marc mettendogli davanti un foglietto di carta plasticata “Questa è la tessera per l’ingresso, ci saranno i ragazzi della squadra e naturalmente anche, Ellen e Alissia, anche Lien mi ha detto che forse verrà!” Deran la prese non senza qualche riserva. 

Quel pomeriggio chiese a Brand se fosse mai stato in discoteca. Il ragazzo biondo sorrise “Sì, quand’ero più giovane ” disse e poi notando lo sguardo perplesso del ragazzo sorrise “Non sei mai stato in una discoteca?” Deran scosse il capo “Marc festeggerà il suo compleanno  al Blu River” spiegò mostrandogli la tessera. Brand annuì “Hai qualcosa di adatto?” gli chiese “Io non sono molto aggiornato sulle ultime novità in fatto di moda ma sono sicuro che Roxane ti potrà aiutare” E così Deran andò a bussare alla porta delle ragazze. Lien era uscita con Alissia e Ellen per fare acquisti e la cosa lo riempì di sollievo. Si sentiva sempre un po’ a disagio con la sua seria compagna di classe. “Basteranno dei pantaloni scuri e una camicia bianca o anche nera, o anche una maglietta attillata” disse studiandolo con aria critica Deran arrossì e lei scoppiò a ridere “E cerca di rilassarti o le ragazze ti mangeranno in un sol boccone.” Deran tornò in camera sua con i consigli di Roxane che gli ronzavano in testa, quella cosa della discoteca lo metteva sempre più a disagio, non gli piaceva l’idea di essere circondato da tante persone tutte in una volta, ma non voleva nemmeno ferire Marc con un rifiuto e poi era curioso di vedere una di queste famose discoteche. 

Giunsero dinanzi al grande edificio un po’ in anticipo, Brand che li aveva accompagnati con la sua fiammante auto sportiva lanciò un occhiata ai ragazzi in attesa d’entrare vicino al grande portone dipinto di un blu elettrico su cui spuntavano a chiare lettere il nome della discoteca all’aperto. Lien con un semplice abitino nero e i capelli lunghi sciolti scese per prima dall’auto attirando su di sé non pochi sguardi, la ragazza tuttavia sembrava perfettamente a suo agio, Deran invidiò profondamente la sua sicurezza mentre la seguiva verso l’entrata. Entrarono da un passaggio laterale riservato a chi aveva prenotato un tavolo. La prima cosa che lo colpì fu la musica, era assordante, si chiese com’era possibile portare avanti una conversazione in un caos simile e si affrettò a seguire Lien per timore di perderla tra la folla che fluiva per il giardino tra le varie piste. Trovarono il tavolo prenotato da Marc con relativa facilità, mancavano soltanto Ellen e il fratello che avevano avvertito sarebbero arrivati un po’ più tardi. Il tavolo proprio al lato della pista consentiva un ottima visuale sui ragazzi che si scatenavano ballando. Lucas appollaiato sullo schienale del divanetto imbottito studiava la folla cercando qualche bella ragazza da abbordare. “Allora che ne pensi?” gli gridò Marc “Serata ricca!” esclamò il ragazzo soddisfatto. Deran sorrise guardando l’amico fare lo stupido con alcune ragazze più grandi di lui. Ellen e il fratello giunsero poco più tardi, il secondo era accompagnato dalla sua ragazza, una bella castana che salutò Marc e Lucas come se li conoscesse già da tempo e gli fu presentata come Cristina. Le ragazze andarono in pista a ballare e Deran seguì Marc e Lucas nel loro giro di ‘perlustrazione’. Quando tornarono al loro tavolo fu loro servito da bere. Deran osservò il liquido scuro con una punta di diffidenza. “E’ Racady” gli disse con un sorriso Marc “Coca-cola e brandy mescolati” gli spiegò, Deran l’assaggiò, aveva un buon gusto. Il liquido ambrato sembrava poi avere lo strano potere di rilassarlo, ne bevve un altro sorso più a suo agio. “Scusa hai da accendere?” gli chiese una voce comparendo al suo fianco. Deran si voltò verso la nuova venuta, una ragazza bionda con una minigonna bianca e un top nero. Lui scosse il capo “Mi spiace” disse “Non fumo” lei gli sorrise “Pazienza” disse riponendo la sigaretta nella borsetta “Io mi chiamo Laura” disse tendendogli la mano “Deran” rispose lui prendendola. “Non ti avevo mai visto da queste parti” commentò lei tanto per cominciare la conversazione “Mi sono trasferito da poco” le spiegò lui, lei annuì comprensiva. Era un po’ difficile parlare urlandosi così nelle orecchie così lei suggerì di spostarsi in un luogo meno caotico. Deran le fece strada fin ad una parte del giardino dove si poteva passeggiare senza avere il rombo delle casse direttamente nelle orecchie. Si sedettero su un muretto “Qui è decisamente meglio” commentò Deran, lei annuì “Cominciava a venirmi mal di gola” commentò con un sorriso, era più carina quando sorrideva, sembrava che quel semplice gesto avesse lo strano potere di allontanare i segni della fine. Lei vide il suo sguardo e allungò il capo verso di lui sfiorandogli le labbra con le proprie. S’immobilizzò quando lui si ritrasse “Hai già una ragazza?” gli chiese lei preoccupata. Deran cercava di pensare in fretta anche se non gli era tanto facile nella situazione in cui si trovava. Cosa doveva dirle? Non voleva ferirla ma non poteva nemmeno dirle la verità. Si era ritratto perché, nel momento in cui si erano toccati, l’aveva vista accartocciarsi e ridursi in cenere e poi non riusciva a pensare a lei come una possibile compagna, arrossì rendendosi conto che stava di nuovo pensando a Brand. “Io sono già innamorato di qualcuno.” Disse rendendosi conto solo nel momento in cui pronunciava quelle parole di quanto fossero vere “Mi dispiace” mormorò, lei lo fissò confusa ma si sforzò di sorridere. Restarono comunque a parlare per un po’ e quando lei tornò dalle sue amiche gli lasciò il numero del cellulare, “Se ti serve un’amica..” gli disse con un’alzata di spalle “E buona fortuna per il tuo amore!”. Deran cercò di tornare al tavolo, la discoteca non era enorme ma risultava difficile muoversi in quella calca. Era così attento a schivare alcune ragazze che ballavano dimenandosi che non si accorse dei ragazzi fermi accanto al bar finché non urtò casualmente uno di loro. Il bicchiere che il ragazzo aveva in mano si rovesciò sporcando la camicia bianca. “Accidenti!” esclamò il ragazzo con voce impastata “Mi dispiace” mormorò mortificato Deran, era già la seconda volta che si scusava quella sera, stava diventando un vizio. Il ragazzo però non sembrava propenso ad accettare le sue scuse. “Senti un po’ moccioso, guarda come hai ridotto la mia camicia!” inveì afferrandolo per la camicia. Era troppo. Era stanco, la musica gli pulsava nel cervello troppo alta anche per i suoi sensi annebbiati e un feroce mal di testa lo stava infastidendo ormai da parecchi minuti. La sua capacità di controllo era arrivata al limite. Afferrò la mano del suo aguzzino e strinse finché il ragazzo fu costretto a lasciare la presa con un gemito di dolore. Quel ragazzino aveva una forza inaudita, pensò Rodan, davanti a lui gli occhi del ragazzo passarono dal caldo color dorato ad un glaciale grigio argento. C’era qualcosa di terrificante nella totale assenza di emozioni di quegli occhi chiari, fece un passo in dietro, terrorizzato dalla luce assassina del suo sguardo e poi senza pensarci due volte si volse e fuggì.

L’Arcangelo lo guardò allontanarsi ponderando l’idea di seguirlo ma infondo quell’uomo non era più una minaccia per Deran e il ragazzo aveva bisogno di sedersi, il liquore gli aveva dato alla testa. 

Raggiunse gli altri poco dopo e il resto della serata proseguì senza incidenti anche se Deran preferì non dare corda ad altre ragazze. Brand andò a prenderli verso le tre. Quando giunsero a casa Deran si lasciò cadere su una delle sedie della cucina sorseggiando un po’ di the freddo. “Allora come andata?” gli chiese Brand osservandolo incuriosito. Deran arrossì ma se ne uscì solo con un “Bha!” e Brand lo lasciò stare. Avrebbe dovuto dirgli quello che aveva scoperto, lo fissò mentre rimetteva nel frigo il the. Si sentiva nervoso, presto sarebbe stato tempo di coricarsi. Dormivano insieme da quando quella sera Deran aveva scoperto la sua vera identità. Si erano scambiati baci e qualche carezza ma non si erano mai spinti più in là, nonostante Deran leggesse chiaramente lo sforzo che Brand faceva di volta in volta per fermarsi prima di spingersi troppo oltre. Ma quella sera, se lo avesse toccato Deran gli avrebbe chiesto di non fermarsi. Arrossì quando si accorse che Brand lo stava fissando, “Che cosa c’è?” gli chiese dolcemente avvicinandosi a lui, Deran era abituato a sentire il suo cuore saltargli in petto ogni volta che il ragazzo biondo gli si avvicinava con quello sguardo violetto carico di desiderio, ma quella sera faceva addirittura fatica a respirare. “Bra..Brand” balbettò ma non era una protesta era una richiesta. Brand lo attirò a sé con un gemito e soffocò le sue parole con un bacio. Deran socchiuse le labbra per lasciarsi invadere dal calore del compagno. Quando Brand lo lasciò andare Deran era senza fiato, si accorse che aveva cinto il collo del ragazzo con le braccia e arrossì, ma Brand non gli permise di scostarsi “Deran ” mormorò con voce rauca una domanda esplicita negli occhi resi scuri dalla passione. Deran strinse di più le braccia intorno a lui e chiudendo gli occhi si lasciò trasportare in camera da letto.  Brand lo depositò con delicatezza sul copriletto accarezzando con uno sguardo bruciante il corpo del ragazzo disteso, la camicia di seta leggermente aperta sulla pelle candida. Lo desiderava da impazzire ma non voleva rovinare il loro rapporto per la fretta di soddisfare i suoi bisogni, anche se diventava sempre più difficile tenere le mani lontano dal suo corpo, anche se doveva fare degli sforzi enormi per fermarsi quando cominciavano a baciarsi. Continuava a ripetersi che era troppo presto che Deran aveva già tanti problemi senza che ci si mettesse anche lui. Ma se ora Deran gli avesse detto di no probabilmente avrebbe dovuto passare la notte sotto una doccia gelata per cancellare l’immagine che aveva davanti in quel momento. Era così bello e sensuale eppure così fragile allo stesso tempo. Aveva sofferto così tanto e lui avrebbe fatto qualsiasi cosa per impedire che succedesse ancora. Ma Deran non lo allontanò e non gli chiese di andarsene, tese le braccia verso di lui, le guance soffuse da un rossore affascinante. Brand gli accarezzò con gentilezza il volto sorridendogli con tenerezza prima di stendersi accanto a lui e cominciare a baciarlo, Deran si lasciò accarezzare il volto da quella bocca famelica mentre le mani di Brand gli sbottonavano la camicia leggere come farfalle. Brand scostò i lembi di seta scura facendo scorrere le labbra sulla pelle candida del petto. Quanto aveva desiderato assaggiare il suo sapore in quel modo, lo sentì inarcarsi sotto di se quando gli accarezzò un capezzolo con la lingua. I gemiti che uscivano dalle sue labbra erano come un incantesimo che lo spingevano a chiedergli sempre di più. Si mise su di lui strofinando i fianchi contro i suoi per fargli sentire quanto anche lui lo desiderasse. Tornò a baciargli le labbra, disegnando i contorni di quella bocca che sognava ogni notte, Deran si aggrappò alle spalle del compagno quando avvertì la sua mano scendere lentamente verso il basso tra le sue gambe. Gli infilò le mani sotto la maglia desiderando di poter toccare la sua pelle abbronzata e Brand l’aiutò a farsela sfilare facendola finire ai piedi del letto. Rimase per alcuni secondi così immobile davanti a lui, assaporando la carezza ingenua e provocante del ragazzo, Deran fece scivolare le mani sul suo petto fino a posare la destra sul suo cuore, ne avvertiva il violento pulsare. Brand trattenne il fiato quando Deran passò il palmo della mano su un capezzolo quasi con curiosità, gemette e Deran ripeté la carezza affascinato dall’effetto che aveva sul suo compagno. Brand gli chiuse la bocca con la propria facendolo rotolare sotto di sé e sfilandogli del tutto la camicia che finì in un mucchietto informe accanto alla maglia. “Bra…Brand, io non ho mai…” balbettò Deran quando sentì le sue mani sbottonargli i pantaloni attillati. “Ssst” mormorò Brand, facendoglieli scivolare lungo le gambe insieme ai boxer “Non ti farò male” lo rassicurò tempestandogli il volto di baci leggeri. Deran sollevò i fianchi cercando il calore del corpo dell’altro contro il suo ma Brand si scostò scivolando giù dal letto, il ragazzo lo fissò confuso, spaventato. Brand si tolse gli ultimi vestiti a sua volta prima di tornare accanto a lui. Deran riusciva a malapena a controllare il battito martellante del suo cuore mentre guardava quel bellissimo corpo statuario tornare verso di lui. Gli sfuggì un sussulto quando Brand gli accarezzò il membro teso non più protetto dal tessuto dei pantaloni. Allargò le gambe per permettergli di accarezzarlo più a fondo e lo sentì gemere di piacere quando tornò ad accarezzargli la schiena. Brand soffocò i gemiti del ragazzo che rischiavano di fargli perdere definitivamente il controllo con un bacio che lasciò entrambi senza fiato prima di cominciare a tracciare una scia di fuoco sul suo petto e poi lentamente sempre più giù. Voleva lasciargli tutto il tempo necessario. Deran gridò quando avvertì quelle labbra calde chiudersi attorno a lui, si aggrappò disperatamente alle lenzuola incapace di pensare a nient’altro che non fossero quelle onde violente di piacere e calore che gli scivolavano su tutto il corpo sempre più in fretta, sempre più intense, Brand lo sentì tremare contro di lui e strinse con forza le labbra accarezzandolo con la punta della lingua, Deran si aggrappò alle sue spalle venendo con un ultimo sussulto.

Emerse lentamente dal torpore avvertendo il bacio leggero di Brand sulla pelle congestionata del viso, “Deran” lo chiamò con dolcezza e il ragazzo aprì gli occhi dorati lentamente, allungando le mani per affondarle nei suoi capelli sciolti  sul suo petto, Brand chinò il capo per sfiorargli le labbra gonfie e Deran gli sorrise, un sorriso dolcissimo che gli brillava negli occhi e che gli bloccò il respiro in gola. Deran richiuse gli occhi e Brand rimase ad osservarlo riposare accanto a se. Gli accarezzò dolcemente i capelli scuri scostando alcune ciocche nere e umide dalla sua fronte, Deran si mosse nel sonno rannicchiandosi contro di lui con un sospiro e Brand lo strinse a sé “Ormai sono perduto…”. 

Deran emerse lentamente dalla superficie vellutata del suo sogno avvertendo il calore rassicurante di quel corpo accanto al suo. Brand il capo appoggiato alla mano lo osservava con un sorriso malizioso sul volto angoloso. “Buon giorno” lo salutò con un mormorio e Deran arrossì non fidandosi della sua voce. Brand chinò il capo e gli posò un bacio sulle labbra, lui allungò le braccia e lo strinse a sé facendoli restare entrambi senza fiato per il contatto dei corpi nudi sotto le lenzuola. Fecero colazione insieme solo molto più tardi, o meglio si può dire che pranzarono data l’ora, e passarono la domenica in casa. 

 

Come aveva previsto Oscar, Brand l’aveva chiuso fuori di casa. “Prima o poi doveva succedere” commentò Deran a voce alta. Brand continuava a ripetere che gli avrebbe fatto una copia delle chiavi di casa ma viveva lì da quasi tre settimane e puntualmente Brand se ne dimenticava e alla fine lo aveva chiuso fuori. Deran fissò l’uscio chiuso vagliando le varie possibilità. Poteva scendere al piano di sotto e chiedere ospitalità alle ragazze o poteva rimanere lì ed aspettare Brand ma erano solo le due e chissà a che ora sarebbe tornato. A scuola c’erano il consiglio dei professori e Brand quella mattina lo aveva avvertito che sarebbe tornato tardi. Deran si appoggiò alla porta di casa riflettendo. Gli sembrava che fossero passati secoli da quando era arrivato in quella piccola cittadina con il suo umore nero e il suo carico di incubi e ora… Era passato molto tempo dall’ultima volta che aveva sognato l’angelo bianco. Da quando Brand l’aveva fatto dormire per la prima volta nel suo letto. Arrossì ripensando alle ultime tre settimane durante le quali aveva dormito decisamente poco. Si era quasi soffocato quando pochi giorni prima Marc gli aveva fatto notare che il loro supplente di diritto doveva avere una vita notturna molto intensa a giudicare dalle occhiaie che aveva ultimamente. “Si sarà trovato una ragazza focosa!” aveva commentato Lucas e Deran non aveva potuto fare a meno di diventare scarlatto fino alla radice dei capelli, l’avevano preso in giro per il suo imbarazzo, se solo avessero saputo! Faceva sempre più a fatica a non finire casualmente dalle parti della sala professori. Poggiò la cartella all’uscio e sospirò guardando di nuovo l’orologio, certo che per essere una guardia del corpo non era un gran che. Aspettò quasi per un ora poi scarabocchiò un messaggio su un foglio strappato dall’agenda e se ne andò a fare quattro passi. Era una bella giornata e perso nei suoi pensieri Deran percorse molta strada, finendo per ritrovarsi davanti alla casa dell’assistente sociale, non era più tornato lì dal giorno dell’incidente, Marc gli aveva detto che al telegiornale la casa sembrava crollata, in effetti a vederla da fuori l’intera parete della sua stanza era distrutta o bruciata. Non si era aspettato che la casa avesse subito dei simili danni. Si guardò intorno, ormai era tardi ed era meglio rientrare altrimenti Brand si sarebbe arrabbiato. Fu allora che notò l’auto scura che veniva verso di lui a tutta velocità quando poi notò che entrambi gli uomini nell’automobile portavano un completo scuro e gli occhiali da sole cominciò a correre. I suoi sospetti ricevettero conferma quando avvertì il primo colpo di pistola fischiare accanto a lui. Imboccò la stradina che portava al cantiere, ben sapendo che non sarebbero riusciti a passarci con la grossa automobile. Sentì le ruote stridere e le portiere sbattere, non avevano intenzione di lasciarlo fuggire. S’introdusse nel cantiere e cominciò ad arrampicarsi tra le travi e i gradini di cemento salendo sempre più in alto, un colpo fischiò proprio accanto a lui colpendo il muro. “Certo non fanno nulla per risultare simpatici” Si disse cercando freneticamente di farsi strada tra i detriti.

La luce lo colpì in pieno volto era arrivato all’ultimo piano non aveva più via d’uscita.

“Non vogliamo farti del male ragazzo” esclamò uno dei due facendosi avanti con la pistola in pugno, Deran guardò di sotto erano almeno centocinquanta metri, non poteva andare oltre. “Vieni con noi senza fare storie” disse l’altro tenendo il fucile puntato verso di lui, strano ora che li aveva davanti notava un velo di timore sui loro volti, avevano paura. Quella rivelazione lo colpì come uno schiaffo. Persino quei sicari avevano paura di lui.

Lascia che io ti protegga Deran…  

Il ragazzo sussultò portandosi una mano alla testa, la voce dell’Arcangelo…. Aveva quasi dimenticato con quanta prepotenza poteva avvertirla dentro di sé. I suoni attorno a lui sfumarono coperti dallo stridio di infiniti invisibili ingranaggi, aveva caldo, ogni sua più piccola particella sembrava bruciare, sentì gli uomini della T.E.C sussultare e ritrarsi di fronte al fuoco scuro che lo circondava. Fu assalito dalla nausea e provava una violenta sensazione di repulsione verso tutto quanto aveva intorno, si sentiva come un falco in gabbia, gridò di rabbia e di dolore scuotendo il capo con forza per allontanare la sensazione di malessere, non doveva farlo ma non riusciva a trattenersi, il cemento sotto di lui prese a fondere mentre le pesanti travi di ferro si piegavano pericolosamente.

 Deran non avere paura…

“Vieni con noi ragazzo è per il tuo bene” disse ancora l’uomo vestito di nero, la sua voce tremava e Deran sorrise, il suo compagno alzò il fucile preso dal panico e sparò. Deran guardò il proiettile venire verso di lui come si osserva un insetto fastidioso, la pallottola si disintegrò tra le fiamme prima di poterlo toccare. Deran avanzò verso di loro gli occhi divenuti grigi come il ghiaccio. “Sciocchi” mormorò con quella terrificante, inumana voce metallica. L’uomo che aveva sparato tese di nuovo la sua arma cinereo in volto. Deran fece un altro passo verso di lui mentre l’intero palazzo gemeva sotto il suo peso contorcendosi in agonia mentre fondeva tra le fiamme scure. Non ebbe il tempo di sparare di nuovo l’Arcangelo tese la mano destra e l’uomo fu avvolto dalle fiamme. Il suo compagno rimase immobile a fissarlo bruciare e consumarsi fino a che non rimase che un mucchietto di cenere e una macchia scura. L’Arcangelo spostò il suo sguardo privo d’emozione sull’agente rimasto, questi lo fissava con occhi folli di terrore, “Pietà” mormorò cadendo in ginocchio davanti a lui, “Pietà?” chiese l’Arcangelo con un sorriso terribile “Quante volte LUI ha chiesto pietà, quante volte avrebbe preferito la morte all’esistenza che gli avete dato” l’uomo ormai in preda a un tremore incontrollabile lo fissò incapace di muoversi mentre l’Arcangelo avanzava verso di lui, “Sarò misericordioso uomo ti concederò più di quello che voi avete lasciato a Deran e a me” Tese la mano e la posò sul volto dell’agente della T.E.C avvolgendolo nel fuoco, l’uomo si dimenò urlando per il dolore “Assaggia il mio dolore mortale, ogni volta che respiro, ogni volta che ogni singola cellula del mio corpo pulsa, il suo dolore è cento volte tanto” Gli occhi dell’Arcangelo divennero due polle di luce e quel che rimaneva dell’uomo della T.E.C scomparve disintegrandosi. “E ora toccherà a tutti gli altri, distruggerò tutti coloro che ti faranno soffrire”. Il palazzo gemette piegandosi pericolosamente su di un lato, il metallo ormai in gran parte fuso non riusciva più a sostenere l’edificio, alcune pietre rotolarono spargendo la cenere nell’aria attorno a lui. Cenere, ancora cenere, desiderava soltanto non dover più soffrire.

Se tutto il mondo fosse cenere….

Insinuò quella voce lontana. Deran si riscosse violentemente spalancando gli occhi, “Mio Dio che cosa ho fatto?” mormorò senza fiato osservando le due macchie scure a pochi metri da lui. Il palazzo cigolò facendogli perdere l’equilibrio quando le sue dita sfiorarono il cemento appiccicoso Deran si ritrasse violentemente mentre un conato di vomito gli toglieva quasi il respiro, doveva andare via, voleva andare il più lontano possibile. Con un sinistro scricchiolio anche l’ultima trave cedette e l’intero palazzo prese a crollare su se stesso, stava cadendo. Deran… di nuovo quella voce, no, non voleva che accadesse di nuovo, doveva mantenere il controllo. Un arcangelo può assumere qualsiasi forma espandendo l’AS, si ricordò d’un tratto. Chiuse gli occhi e concentrò tutta la sua volontà cercando di ignorare la paura che gli attanagliava il petto e di arginare al tempo stesso la crescente energia distruttiva che gli pulsava nelle vene, nella mente una sola immagine quella dell’angelo bianco del suo sogno. Avvertì un violento dolore alla schiena accompagnato dal rumore della stoffa strappata, gridò inarcandosi mentre gli si lacerava la schiena e poi le vide, le piume bianche macchiate di sangue volteggiare attorno a lui. Aprì gli occhi solo per accorgersi di quanto era ormai vicino al suolo, con uno sforzo immane sbatte le grandi ali bianche frenando la caduta ma allargando le ferite causate dalla fuoriuscita delle scapole, con un altro doloroso colpo d’ali riprese quota. Strinse i denti, la schiena gli faceva un male pazzesco, aveva la vista annebbiata e i sensi confusi, dietro di lui l’intero palazzo crollò con un boato. Prese quota cercando di portarsi fuori vista e si diresse verso la casa di Brand. Pensare a lui era l’unico modo che aveva di combattere il dolore sfiancante e l’ancor più pericoloso sinistro suono metallico che stava ricominciando nella sua testa. Lo sforzo era tale che riusciva a malapena a respirare, vedere gli diventava sempre più difficile come pure mantenere un’andatura regolare. Riconobbe il palazzo di Brand, fortunatamente non c’era nessuno in giro, cercò di planare verso il prato sul retro degli appartamenti, mancavano una decina di metri al suolo ma ormai era così stanco, avvertì una violenta fitta al petto e si portò una mano al cuore, smise semplicemente di lottare lasciandosi cadere al suolo.

 

continua....                                                                                                                 

 

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