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"Chiedo perdono a Dio perché ho peccato, ho dato vita alla morte e

l'ho abbandonata nel mondo"                                 Omar Heinz

 

 

 

“Che noia” mormorò Alissia sospirando e scarabocchiando distrattamente il diario dell’amica seduta accanto a lei, “Il prof oggi è più barboso del solito, almeno avessimo anche noi quello schianto del supplente di diritto che ha la quinta C” borbottò.

“Signorina Lanscap c’è qualcosa che non va?” Alissia arrossì.

“Non niente professore”, l’insegnante le lanciò un’occhiata di ammonimento prima di tornare a spiegare e Lucas le sorrise dal banco poco dietro il suo “Ti ha beccato stavolta” la punzecchiò ricevendo in cambio uno sguardo furente. Il ragazzo sorrise più apertamente e stava per fare un’altra battuta quando bussarono alla porta interrompendo la lezione e attirando l’attenzione degli studenti.

Il preside entrò borbottando e i ragazzi si affrettarono ad alzarsi in piedi. Poco dietro di lui un ragazzo dai capelli neri come la pece fece il suo ingresso in classe rimanendo immobile ad osservare con freddezza gli altri studenti mentre il preside parlottava un attimo con il professore di scienze. “Vi presento Deran Recard” annunciò il preside “Da oggi frequenterà la vostra classe”. 

Ellen corrugò la fronte “Strano che si trasferisca qui a metà anno” mormorò “Che t’importa!” esclamò Alissia arrossendo “E’ uno schianto!” Ellen sospirò, Alissia era proprio incorreggibile, il suo carattere leggero era ben conosciuto dall’amica. Però doveva ammettere che non aveva tutti i torti, quei glaciali occhi dorati avevano qualcosa innaturale e terribile profondamente affascinante.  “Puoi sederti lì accanto a Marc Stendard” disse intanto il professore di scienze indicando un banco libero, fece una smorfia “Cerca di non farti influenzare troppo da lui” commentò suscitando qualche commento dalle prime file e alcune risate. Deran si diresse obbedientemente a sedere ignorando le occhiate curiose dei suoi nuovi compagni. Marc gli lanciò uno sguardo dubbioso, non sembrava un tipo divertente con quell’espressione seria e lontana, ma forse era solo un modo per nascondere l’imbarazzo. Il preside se ne andò e il professore, un uomo alto e sottile con un paio di occhiali quadrati in pendio sul naso gli rivolse la sua attenzione. “Bene Recard temo che non riuscirò a fare lezione finché non avrai soddisfatto almeno un po’ della curiosità della classe.” Gli sorrise ma Deran rimase impassibile e distratto come se non si trovasse nemmeno lì. “Dunque dicci ti sei trasferito qui con la tua famiglia?” gli chiese l’insegnante riuscendo finalmente ad ottenere la sua attenzione. Per una frazione di secondo, Ellen lesse in quegli occhi screziati di luce una disperazione e un dolore che la lasciarono senza fiato, poi il ragazzo strinse la mascella rialzando quel muro invalicabile che aveva posto tra se e tutti gli altri. Deran puntò lo sguardo sul professore con una freddezza che congelò l’aria quanto le parole che pronunciò poco dopo. “Entrambi i miei genitori sono morti dieci anni fa.” Rispose serafico, il professore sussultò mentre nell’aula calava un silenzio imbarazzato. “Mi… mi dispiace” mormorò cercando confusamente di correggere la propria gaff, Deran fece spallucce “Tutti dobbiamo morire” commentò come se la cosa non gl’importasse affatto. Il professore di scienze balbettò qualcosa confuso dalla crudeltà dimostrata da quel ragazzino dal volto pallido e poi riprese a spiegare voltandogli le spalle. Marc lanciò un occhiata al suo nuovo compagno di banco che ora sembrava nuovamente perso nei suoi pensieri, gli sembrava quasi di sentire il freddo di quel muro di ghiaccio che Deran aveva eretto attorno a sé.

 

Quando suonò la campanella che segnava l’inizio dell’intervallo Deran si mosse in fretta uscendo dalla classe prima che a qualcuno dei suoi nuovi compagni venisse in mente di fermarlo. Perché avrebbe dovuto sprecare tempo per fare amicizia? Tra un paio di mesi si sarebbe trasferito nuovamente, una nuova città, una nuova scuola. Chissà perché quel ricco signore che l’aveva affidato all’associazione privata per la tutela degli orfani aveva chiesto alla sua tutrice che  cambiassero città almeno una volta ogni sei mesi. Sospirò appoggiando la schiena al muro in un angolo del cortile dove poteva osservare senza essere osservato. Avrebbe aspettato che ci fosse stata meno confusione e poi se la sarebbe filata dal cancello sul retro, non aveva proprio voglia di fare altre tre ore di lezione. “Sai quel tuo atteggiamento da persona superiore potrebbe procurarti parecchi guai” Deran si voltò verso il ragazzo che aveva parlato, era più alto di lui e aveva i capelli castani pettinati in modo da far sembrare la sua testa quella di un istrice, accanto a lui c’era il suo compagno di banco. “Ti presento Lucas” disse Marc indicandogli il ragazzo castano, Deran si spostò e si diresse verso il salone principale passando accanto a loro senza degnarli di uno sguardo “Hei ti pare il modo di comportarti!” esclamò Marc afferrandolo per un braccio, lo sguardo che gli rivolse Deran era talmente minaccioso che Marc si affrettò a lasciarlo andare facendo un passo indietro.

 

Era cresciuto. Brand rimase immobile ad osservare il ragazzo dalla finestra della biblioteca. Sembrava ancora più solo e lontano adesso, pensò ammirando la sua figura sottile, sembrava così fragile. Appoggiò una mano sottile al vetro della finestra desiderando di poterlo toccare, avrebbe voluto cancellare le rughe dalla sua fronte, sciogliere dolcemente quella freddezza, cancellare i suoi ricordi. Brand staccò lentamente la mano dal vetro della finestra con un sospiro. Si allontanò dalla vetrata tornando ai temi di diritto che doveva correggere. “Buon giorno professore!” lo salutò allegramente la vecchia bibliotecaria della scuola comparendo da dietro uno degli scaffali, Brand le sorrise cordiale spingendo indietro i lisci capelli biondi e legandoli in una piccola treccia improvvisata. Alcune studentesse entrarono in quel momento e arrossirono appena lo scorsero, lanciandogli sorrisi ammiccanti. Brand rispose ai loro saluti e alle loro domande con cortesia mentre la bibliotecaria alza gli occhi al cielo. “Ha fatto ancora colpo” gli disse facendogli l’occhiolino con malizia quando le ragazze si allontanarono parlottando tra loro. Brand sospirò “Finirò con ricevere un altro rimprovero dal preside” borbottò togliendo i leggeri occhiali da vista dal naso. “Il problema è che lei non assomiglia per niente ad un insegnante” cercò di consolarlo lei esaminandolo involontariamente dalla testa ai piedi. I lisci capelli biondo cenere, i grandi occhi viola, il fisico asciutto e muscoloso, in effetti il supplente di diritto sembrava appena uscito da una rivista di alta moda, era logico che tutte le ragazze della scuola sbavassero per lui! Brand sospirò di nuovo stiracchiandosi come un gatto e raccolse i compiti sparsi sul tavolo “Devo tornare in classe” borbottò e anche France si trovò a desiderare ad avere trent’anni di meno guardandolo mentre si allontanava per il corridoio seguito da una serie di sguardi adoranti.

 

Deran tornò verso la sua classe così perso nei suoi pensieri che non si accorse dell’uomo che usciva dalla sala professori se non quando ci finì addosso. Sarebbe caduto se l’altro non l’avesse sorretto. Deran alzò il capo per scusarsi ma non riuscì a proferire parola. Un profumo, un leggero profumo spezziato e due occhi color lavanda gli intorpidirono i sensi cancellando tutti i suoi pensieri. Dove, dove li aveva già visti? Brand rimase in silenzio ad osservare la confusione tra le sfaccettature di quegli occhi dorati. Era davvero cresciuto. Si rese conto che lo stava tenendo stretto un po’ più del necessario e si affrettò a lasciarlo andare. “Tutto bene?” gli chiese con voce leggermente arrochita. Deran annuì riscuotendosi d’un tratto. Che cavolo gli era preso! Imbambolarsi così davanti ad uno sconosciuto. Eppure nel momento in cui quelle braccia si erano chiuse attorno a lui per sorreggerlo si era sentito…. al sicuro. Si accorse che il biondo lo stava fissando aspettando una risposta e arrossì annuendo in fretta, la campanella suonò dandogli una scusa per allontanarsi.

 

Tornò in classe e si appollaiò rassegnato sul suo banco, ormai aveva perso l’occasione di filarsela.

Ascoltò distrattamente il professore di matematica e non degnò nemmeno di uno sguardo quello di lettere, ne l’uno ne l’altro comunque gli chiesero nulla. Deran si chiese se il professore di scienze non li avesse avvertiti di farsi i fatti loro e sperò di sì. L’ultima ora era quella di educazione fisica, l’omone grande e grosso come un orso che era il loro insegnante, lanciò un occhiata al nuovo arrivato studiandone la magrezza, “Fumi?” gli chiese notando la pelle pallida e quando ricevette un segno di diniego in risposta scosse le spalle “E’ già qualcosa.” Commentò. “Voglio proprio vedere quanto riesce a stare impassibile” sussurrò Marc a Lucas facendogli un cenno verso il campo da pallavolo dove le ragazze della loro classe e quelle della quarta B si stavano scaldando. “Ci stanno guardando!” commentò Alissia rivolta all’amica, Ellen lanciò un occhiata di soppiatto ai ragazzi, “Stanno guardando te”  le disse di rimando, “E’ impossibile ignorarti” commentò con un velo di sarcasmo riferendosi all’attillata maglietta rossa che l’amica aveva indossato e che le metteva in risalto il seno prosperoso.  Alissia sbuffò “Però lui non ci guarda!” commentò seccata, la professoressa richiamò la loro attenzione e Ellen si risparmiò i commenti.

Il professore di educazione fisica li divise in due gruppi e li spedì sul campo da basket, dato che Deran non aveva la tuta si sedette in panchina e rimase a guardare distrattamente i giocatori in campo. Quel Lucas era bravo e sfruttava appieno la sua altezza mentre Marc era molto veloce. “Hai mai giocato a pallacanestro?” gli chiese il professore in piedi accanto alla panchina. “No” gli rispose il ragazzo secco “Dovresti provare, praticare uno sport è un buon metodo per sfogare lo stress e  dimenticare le proprie preoccupazioni.” Deran si voltò a fissarlo stupito e l’insegnante fece spallucce, “Dovresti provare” ripeté portandosi poi il fischietto alle labbra per segnalare il fallo di uno dei ragazzi, Deran l’osservò dirigersi verso il centro del campo e si chiese se fare sport gli sarebbe servito a dimenticare, sorrise, no niente sarebbe servito. “Attenzione!” Deran si riscosse violentemente dai suoi pensieri, nell’adiacente campo da pallavolo una biondina aveva colpito con eccessiva violenza la palla che ora fischiava dritta verso il suo volto. Deran agì senza pensare, tese il braccio e afferrò la palla con la mano destra bloccandone la corsa con una presa ferrea, quando chiuse le dita intorno alla palla di cuoio questa esplose con uno scoppiò stritolata tra le sue dita. Marc lo fissò a bocca aperta “Accidenti!” esclamò senza fiato. Come se quella esclamazione avesse riscosso il ragazzo, Deran si affrettò a lasciar cadere ciò che restava del pallone. “Sono mortificata!” esclamò la biondina andando a raggiungerlo “Non ti sei fatto male, vero?” gli chiese preoccupata sventolando le lunghe ciglia, “No” mormorò Deran cercando di mascherare il disagio. “Meno male!” esclamò lei con un sorriso radioso “Io sono Elisabeth” disse tendendogli la mano, Deran la strinse controvoglia, li stavano guardando tutti e lui detestava essere al centro dell’attenzione. Non notò la luce soddisfatta che balenò per un attimo negli occhi blu di lei. Elisabeth lo salutò sventolando la mano e ritornò al campo di pallavolo dove le sue compagne la stavano aspettando. “Accidenti che fortuna!” esclamò Marc “Quella palla non poteva volare da questa parte?” “L’ha fatto apposta” commentò Lucas osservando con più attenzione la bionda “Vuoi dire che gli ha tirato la palla addosso apposta per avere una scusa per presentarsi?” gli chiese Marc allibito, Lucas fece spallucce “E’ quello che ho visto io” commentò. Marc sospirò con fare melodrammatico “Che cos’ha lui che io non ho?” domandò. “Tu non saresti riuscito a prenderla” gli rispose Lucas serio e Marc annuì “Hai ragione” disse spostando lo sguardo su quel che restava del robusto pallone di cuoio, “Mi domando come abbia fatto a fermare un siluro simile con una sola mano” disse spostando lo sguardo sul nuovo arrivato. Nel momento in cui aveva afferrato la palla gli era sembrato che gli occhi del ragazzo fossero passati dal caldo color dorato ad un metallico grigio argento, ma era successo così in fretta che non ne era sicuro. 

“Forse ho visto solo quello che volevo vedere” mormorò “Come?” chiese Lucas fissandolo sorpreso “Niente, niente!” si affrettò a  dire Marc con un sorriso. Il professore fischiò “Bhe vi siete addormentati muovetevi!” tuonò e i ragazzi ripresero a giocare la loro partita. Deran passò tra gli studenti che uscivano dal cancello di scuola parlando allegramente tra loro, una ragazza lo indicò alle sue amiche che cominciarono a ridacchiare quando lui fu loro

accanto. “Che razza di galline” mormorò tra sé il ragazzo ignorando i loro sguardi. Era iscritto a quella scuola già da tre giorni. Ne aveva saltati due ed il terzo aveva litigato con uno dei suoi  insegnanti. D'altronde che cosa ci si poteva aspettare da un monnellaccio cresciuto senza genitori come lui? Così aveva detto l’assistente sociale quando il preside l’aveva fatta chiamare perché il ragazzo saltava le lezioni. Deran strinse la mascella ignorando tutto e tutti attorno

a lui, non aveva voglia di tornare a casa. Si indirizzò invece verso la zona industriale camminando tra le alte palazzine in costruzione, osservando distrattamente gli operai al lavoro. Quella era la zona più malfamata della città ed era pericoloso aggirarcisi ma poco gli importava . A lui importava poco di tutto, persino di vivere. ‘Gli uomini sono inutili insetti che si affannano verso una fine inevitabile’ così aveva scritto nel tema in classe, quella mattina, provocando l’ira del professore. Deran aveva ascoltato i suoi commenti in silenzio fissando con ironia quell’uomo di mezza età parlare dell’importanza dei sogni e delle speranze nel futuro, che speranze poteva avere un professoruncolo di provincia che lavora in una scuola pubblica, con uno stipendio da fame e  una moglie nevrotica? Forse aveva esagerato a provocarlo  in  quel modo, ripensò tra sé ricordando il volto paonazzo di rabbia del professore, ma non aveva potuto farne a meno. Sin da quando era nato tutto attorno a lui gli era apparso in rovina, quando osservava un edificio vedeva solo macerie, gli uomini che camminavano per strada accanto a lui, i suoi stessi compagni di scuola, gli apparivano come piccoli scarafaggi frenetici, esseri inutili e fragili su cui notava tutti i segni della morte imminente; persino sul volto della più bella delle donne poteva notare le piccole rughe, le piccole crepe della pelle che indicavano la fine vicina. Tutto attorno a lui era morte. Lui era la morte. I suoi genitori avevano invano tentato di curarlo da quella sua ossessione, con il passare del tempo avevano cominciato persino a temerlo, i più illustri psicologi avevano perso i gangheri di fronte al freddo, silenzioso sdegno con cui il ragazzo trattava la vita. Un rombo lontano preannunciò l’avvicinarsi del temporale, Deran alzò il capo e fissò il cielo scuro e minaccioso così consono al suo umore, quando le prime gocce caddero scivolandogli lungo il volto riprese a muoversi senza meta per le vie della città. “Hei guarda chi si vede?” commentò Marc fermando lo scooter ammaccato e accostandosi al marciapiede “Abiti da queste parti?” chiese. “No” disse Deran senza fermarsi “Socievole come al solito” commentò il ragazzo riaccostandoglisi “Che divertimento ci trovi a tenere lontano la gente in questo modo?” “E tu che divertimento ci trovi a cercare per forza di piacermi?” Marc sorrise “Mi ricordi il me stesso di un paio di anni fa.” gli rispose il ragazzo con un misto tra un sorriso di derisione e di simpatia stampato sul volto, era difficile capire se stesse dicendo sul serio o se stesse soltanto scherzando. “Quando i miei si sono separati  e sono andato a vivere con mia madre mi comportavo esattamente come fai tu ora” spiegò scuotendo il capo. Deran si fermò a fissare il ragazzo mentre la pioggia tutt’attorno a loro attutiva i suoni e i contorni delle cose, “Sei fradicio” commentò Marc con un sorriso, Deran scosse il capo, aveva ragione era bagnato fino al midollo, anche lui però si stava inzuppando a parlare così sotto la pioggia “Dai salta su, ti offro un caffè” gli disse Marc, battendo un colpetto sulla sella del motorino dietro di sé. Deran rimase immobile per un attimo e Marc temette che avrebbe rifiutato ma poi con un’alzata di spalle Deran mise la cartella a tracolla montò in sella. La casa di Marc non era molto distante ma erano entrambi fradici quando ci arrivarono. “Mia madre è al lavoro quindi non c’è nessuno in casa” gli disse Marc aprendo la porta della piccola casa nella quale abitava. Visto che Deran non sembrava comunque in vena di confidenze Marc decise di non insistere. Gli portò un’asciugamano perché si asciugasse alla bell’e meglio e mise la sua giacca ad asciugare su un termosifone. Preparò il caffè per entrambi e si lanciò in un lungo monologo finendo per raccontargli molto di sé. Deran sembrava non ascoltare nemmeno la maggior parte delle sue chiacchiere ma Marc lo vide rilassarsi gradatamente finendo per abbassare le proprie difese. Quando Marc gli propose una partita alla playstation Deran fece addirittura un mezzo sorrise nell’ammettere di non averci mai giocato. Passarono tutto il pomeriggio in casa sul divano, uno a fianco dell’altro scontrandosi sul monitor mentre fuori diluviava. Deran si accorse dell’ora tarda soltanto quando rincasò la madre di Marc. “Devo andare ora” disse alzandosi arrossendo per l’imbarazzo, “Vuoi che ti accompagni?” gli chiese Marc osservando le nuvole scure, anche se aveva smesso di piovere nulla dava ad intendere che non avrebbe ricominciato. Deran scosse la testa “Preferisco andare a piedi” disse “Come vuoi ma prendi almeno questo” disse Marc porgendoli un ombrello colorato, Deran lo prese e uscì in silenzio, Marc lo osservò dirigersi verso la strada e fece per rientrare quando la sua voce lo richiamò “Grazie” disse soltanto Deran, così piano che Marc lo indovinò dal movimento delle sue labbra più che sentirlo, affrettandosi poi ad incamminarsi verso casa. “Prego” mormorò Marc sorridendo tra sé mentre tornava sui suoi passi. 

Il giorno seguente Deran restituì l’ombrello al compagno di banco, nonostante non parlasse certo più di prima Marc avvertì un cambiamento nel ragazzo che sembrava più a suo agio, almeno con lui, e alla fine Deran stabilì una specie di tregua anche con Lucas, il miglior amico di Marc, che essendo l’elemento più polemico della classe l’aveva preso subito in simpatia quando aveva litigato con il professore di lettere e poi, Deran non riusciva a spiegarsi ancora come c’erano riusciti, era entrato a far parte della squadra di pallacanestro.

“Perché non ti unisci alla nostra squadra?” gli aveva chiesto una mattina Marc quando Deran lo aveva interrogato sulla sacca da ginnastica che si portava appresso. “Vedi l’orgoglio di questa scuola è la squadra di pallavolo” gli aveva spiegato Lucas “L’anno scorso si sono qualificate seconde al torneo interscolastico regionale.” Aveva aggiunto Marc “La squadra di pallacanestro invece non è un gran che, anche se noi abbiamo fatto di tutto per qualificarci, l’anno scorso non abbiamo passato nemmeno le eliminatorie” Lucas aveva sbuffato “Il nostro capitano è molto bravo, io me la cavo e quest’anno abbiamo anche Marc ma il resto della squadra è un po’ scalcinato, per lo più sono ragazzi di terza” Deran aveva provato a declinare l’invito .

“Non ho mai giocato a pallacanestro e a dir la verità l’idea non mi alletta” borbottò. Marc sorrise “Ma sì dai prova, magari ti piace, ci servirebbe uno con la tua forza” Deran arrossì ricordando la scena di alcuni giorni prima. Non era stato lui a prendere la palla. “Non lo so” bofonchiò a disagio, “Bhe che ti costa, fermati oggi pomeriggio e vedi se ti può interessare, no? Tanto a casa non hai niente da fare” Deran rimaneva scettico ma alla fine accettò di fermarsi quanto meno per vedere uno degli allenamenti. Giunse in palestra prima di Marc e Lucas che erano andati a cambiarsi e vi trovò un paio di ragazzi che si allenavano a canestro e l'insegnante di educazione fisica che era anche il coach della squadra. “Buongiorno” lo salutò facendogli cenno di venire avanti “sei venuto ad iscriverti?” Deran corrugò la fronte “Forse” mormorò. L’uomo annuì soddisfatto. “Hei Jack vieni abbiamo un nuovo adepto!” disse richiamando l’attenzione di uno dei due giocatori, un ragazzo alto e muscoloso con un volto marmoreo ma due simpatici occhi castani. “Piacere Jack Kieler, sono il capitano della squadra” disse tendendogli la mano “Deran Recard” gli rispose il ragazzo stringendogliela. In quel momento giunsero anche Marc e Lucas insieme ad altri tre ragazzi più giovani. “Siete in ritardo” commentò Jack lanciando un occhiata all’orologio, Lucas sorrise “Chiediamo umilmente perdono!” disse con aria fintamente contrita, il mister gli lanciò un occhiataccia e Jack alzò gli occhi al cielo. “Cominciate a correre!” esclamò il professore e i ragazzi partirono di corsa. Anche Deran si unì a loro durante gli esercizi di riscaldamento, quando tuttavia i ragazzi cominciarono a provare passaggi e canestri Jack lo prese in disparte per insegnargli i fondamentali. “Vedi devi tenere le mani così” gli disse indicandogli la posizione corretta. Il ragazzo annuì provando a ripetere il gesto del capitano, non sembrava difficile. Tuttavia la palla mancò di parecchio il canestro. Jack gli rimostrò la posizione e la seconda volta andò meglio, almeno colpì il tabellone. Alla fine dell’allenamento era stanco ma abbastanza soddisfatto. In fondo si era anche divertito. “Allora” gli chiese Marc mentre si incamminavano verso casa “Non è male” commentò il ragazzo senza sbilanciarsi. Marc gli aveva sorriso “Gli allenamenti sono tutti i martedì e i venerdì, cerca di non dimenticartene.” Gli aveva detto e Deran non se l’era dimenticato. Anzi aveva cominciato a divertirsi. Per la prima volta in vita sua si era sentito parte di un gruppo, di una squadra. Era una bella sensazione. 

Stava parlando proprio degli allenamenti quando Lien, una ragazza alta e slanciata che fungeva da rappresentante della classe con Lucas, giunse in aula con un foglio tra le mani. “Un attimo di silenzio per favore!” esordì la ragazza, non aveva parlato forte ma si zittirono tutti per sentire cosa aveva da dire, Lucas che era entrato dopo di lei andò a sedersi accanto a Marc borbottando. La ragazza si era posta davanti alla cattedra e aspettò che i suoi compagni facessero silenzio prima di parlare. “Tra due settimane la nostra classe e la quarta B parteciperanno ad una visita studio di due giorni al parco nazionale del SilverLand.” Vi fu un boato di gioia degli studenti. Lucas emise un debole “Bha” e Marc lo fissò sorpreso “Che cosa c’è che non va?” chiese, di solito l’amico faceva i salti di gioia alla più piccola occasione per saltare le lezioni, andare in gita poi proprio con la classe di Elisabeth avrebbe dovuto renderlo euforico. “Aspetta di sentire il resto” borbottò. Lien aspettò che si calmassero prima di proseguire. “Il professore di scienze farà passare una circolare da far firmare a casa e vi dirà a quanto ammonta la quota d’iscrizione, ci accompagneranno inoltre il professor Betran” vi fu un mugolio di protesta tra gli studenti che conoscevano la serietà dell’insegnante di matematica “e dal professor North”. Questa volta il grido di gioia venne solo dalle ragazze. La capo classe appoggiò la circolare che aveva ricevuto dal preside sulla cattedra e fu subito circondata dalle compagne. Deran osservò la ragazza dai capelli neri sorridere annuendo alle domande di Alissia e le altre che sembravano particolarmente eccitate. “Che cos’ha questo professor North di speciale?” chiese stupito a Marc. Fu Lucas a rispondergli con uno sbuffo seccato “Il professor Brand North..” disse imitando il tono mieloso delle ragazze “..ha 25 anni ed è bello come un divo” Marc rise scuotendo il capo, ecco perché Lucas era così arrabbiato! “Si è laureato l’anno scorso e adesso sta frequentando un master di legge all’università cittadina. Quando il professore di diritto della sezione C si è ammalato il preside che conosceva il rettore ha chiesto al ragazzo se era interessato al posto di supplente fino alla fine dell’anno.” Gli spiegò Marc “L’ha fatto per risparmiare” commentò cupo Lucas. Sospirò di nuovo. “Le ragazze non faranno altro che parlare di lui per tutto il tempo e noi non avremo speranze!” borbottò ancora di cattivo umore. 

Deran aveva accettato seppur con qualche riserva di partecipare alla gita scolastica. Ottenere il permesso dall’assistente sociale fu facilissimo dato che la donna sembrava non vedere l’ora di liberarsi di lui. E così Deran si ritrovò due settimane più tardi con una leggera sacca sulla spalla destra ad aspettare l’autobus che li avrebbe portati fino al rifugio di montagna in cui avrebbero alloggiato per una notte, insieme ad un’altra quarantina di studenti. “Guarda arriva!”

mormorò una ragazza accanto a loro con un sospiro. “Cavoli quant’è bello!” esclamò la sua amica arrossendo. Lucas borbottò qualcosa d’indefinito e Deran si voltò per vedere questo famoso professor North. Lui. Non avrebbe mai immaginato che fosse un professore. L’oggetto di tutte quelle attenzioni intanto era stato avvicinato dal professore di scienze e ascoltava i suoi discorsi con un sorriso tranquillo. Come sembrava insignificante e pallido il loro insegnante a fianco al ragazzo biondo. Deran strinse la mascella riscuotendosi. Che cavolo gli era preso! Si stava comportando come quelle ragazzine, ci mancava solo che cominciasse a sospirare. Borbottò qualcosa tra sé, buttando la borsa con poca grazia tra le altre già accatastate nel bagagliaio dell’autobus.

 

 

continua....                                                                                                                       

 

 

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