Star 4                        Back to Original  Back to Home

La moto sfrecciava a velocità sostenuta sulla strada deserta.

Un lungo manto di notte squarciato solo dal faro che fendeva le tenebre seguendo i movimenti quasi violenti con cui il guidatore solitario costringeva il veicolo, per affrontare le poche curve della larga strada costiera.

Una rabbia cieca in ogni suo movimento, una furia sfogata sull’acceleratore.

Continuò così con l’unico desiderio di allontanarsi di lasciarsi alle spalle tutto...

Quel ragazzino che gli faceva perdere la testa, di cui non capiva il comportamento....

Perchè, perchè, perchè!!!

La moto gridò sotto di lui all’ennesima accelerata mentre il contagiri sbatteva furiosamente nel cruscotto.

Stava andando forte, dannatamente forte.

Non aveva mai spinto la moto a tanto ma aveva disperatamente bisogno dell’aria fredda che gli schiaffeggiava il viso non protetto dalla visiera del casco, rimasta sollevata.

La camicia gli sventolava alle spalle come un corto mantello candido spargendo baluginii presto inghiottiti dal buio circostante mentre i lampioni illuminavano il suo volto alternativamente.

Luce.... buio....

Luce.... buio....

Come il ticchettio di un orologio....

Come lo stato in cui lo aveva scaraventato Andrew....

Prima credeva di capire..... e poi sprofondava nel caos...

 

Corse così senza metà finchè le braccia già stanche per la lotta non cominciarono a dolergli costringendolo a rallentare l’andatura, per non perdere il controllo della moto, finche si fermò accanto ad un marciapiede.

Tolse il casco liberando i capelli corvini e scuotendo il capo per permettere alla brezza marina di scompigliarglieli.

Sospirò respirandola a pieni polmoni, aveva un profumo che aveva dimenticato...

Era tanto... tantissimo tempo che non andava in spiaggia di notte....

Da quando Karl....

Allontanò quel pensiero scuotendo la testa.

Si tolse le scarpe e lentamente avanzò nella sabbia fresca prima di sedersi a gambe incrociate ad osservare l’oceano.

Allora solo, allora si concesse un lungo sospiro lasciando che scivolasse fuori dai suoi polmoni perdendosi nel suono della risacca.

Che cosa doveva fare?

Quella domanda gli vorticava nel cervello incessantemente in mezzo a milioni di altre che saettavano talmente in fretta tra i suoi pensieri da non permettergli di leggerle.

Ma il silenzio non era mai stato il suo elemento, aveva bisogno di sfogarsi, di parlare con qualcuno che ragionasse a mente fredda sulla cosa....

Prese il cellulare dalla tasca del giubotto e l’osservò cupo indeciso sul da farsi.

Il vento leggero spinse indietro alcune ciocche scure e lui si strinse nel giubotto chiudendo gli occhi...

 “Karl... anche lui mi ha preso in giro....” mormorò a voce alta.... tre anni, erano passati tre lunghissimi anni, eppure bruciava ancora nel suo cuore quel taglio profondo.

“Forse non sono più capace di amare.... forse semplicemente lui si è portato via il mio cuore insieme alla mia innocenza...”

No, non voleva pensarci.

Si era già lasciato condizionare fin troppo da lui, non avrebbe commesso lo stesso errore due volte!!!

Osservò di nuovo il cellulare prima di cercare in rubrica il numero di cui aveva bisogno.

Il telefono squillò cinque volte prima che dall’altra parte una voce conosciuta borbottasse “Chi diavolo rompe a quest’ora??!!!”

Dilan sorrise immaginando suo padre emergere dalle lenzuola con il cordless precariamente appoggiato ad una spalla mentre cercava di non cadere dal letto.

“Ciao papà” mormorò Dj.

“Dilan!!!” trillò la voce del genitore improvvisamente sveglio perdendo tutta l’ostilità che aveva solo pochi minuti prima. “Tesoro erano due settimane che non ti facevi sentire!!!” lo rimproverò bonariamente. Dilan annuì “Scusami sono stato occupato” mormorò prima di aggiungere “Salutami Mark” quando riconobbe una voce maschile borbottare in sottofondo.

Dall’altra parte del filo sentì suo padre riferire e poco dopo una voce alquanto assonnata mormorare “Ciao Dilan”

Il ragazzo rise “Che ore sono lì?” chiese.

“Le otto” borbottò Mark cupo.

“E voi due siete a letto su, su pelandroni in piedi!!” disse loro il ragazzo ben sapendo che quei due non si sarebbero alzati se non a pomeriggio inoltrato.

“Dilan ti faccio notare che è Sabato!” esclamò suo padre rimpossessandosi del telefono.

“E allora? Motivo in più per alzarsi presto e produrre no?” lo stuzzicò con un sorriso che l’altro non poteva vedere. “Senti chi parla quello che prima di mezzo giorno non si alza nemmeno con le cannonate!!” borbottò suo padre cupo prima di tornare serio. “Senti tesoro perchè  mi hai chiamato qualcosa non va?” gli chiese Jean Reight leggermente preoccupato, non era normale che suo figlio lo chiamasse a quell’ora. Dilan sospirò “Sì e no...” borbottò.

“Luisa sta bene?” chiese subito preoccupato l’uomo.

Dilan si affrettò a rassicurarlo.

“Mamma sta benissimo non preoccuparti è lanciatissima nel suo nuovo lavoro” lo informò ottenendo un sospiro di sollievo in risposta.

“Allora di che si tratta?” chiese ancora suo padre perplesso.

“Problemi di cuore?” s’intromise Mark rubando il cordless al compagno.

Dilan sospirò lasciandosi sfuggire un flebile “già...”

“Aspetta ti metto in viva voce così quest’elemento la smette di buttarsi di traverso al letto per rubarmi il telefono” gli disse suo padre mentre lo sentiva armeggiare con l’oggetto in questione. Sentì un piccolo scattò e poi entrambe le voci dei due uomini discutere per alcuni momenti.

“Ieri sera non ti dava fastidio se ti stavo steso sopra” commentò una voce profonda che riconobbe come quella di Mark “Ma è una posizione scomoda per parlare” gli rispose a tono suo padre.

“Ieri sera parlavi un sacco...” fece malizioso il primo “Anche se non erano delle frasi compiute....”

Dilan se lo immaginò sorridere maliziosamente mentre suo padre lo fronteggiava tra l’arrabbiato e il divertito.

“Non lo definirei proprio parlare” lo sentì infatti commentare.

“Usavi la bocca no?” sussurrò Mark e Dilan avvertì distintamente un gemito sfuggire dalle labbra di suo padre segno che il compagno non si stava limitando ad una schermaglia vocale....

“HEYYYY!!!!” Tuonò Dilan interrompendoli, stavano pericolosamente degenerando e se non li avesse fermati quei due con tutta probabilità si sarebbero completamente dimenticati di lui.

“Oh scusa tesoro” mormorò suo padre e Dilan sospirò.

“Sei un depravato papà” Sentì il genitore ridere e Mark sospirare.

“Tuo figlio ha ragione non dovresti parlare di queste cose davanti a lui” commentò con tono di critica.

“Guarda che Dilan non è più innocente da un pezzo...” gli fece notare candidamente Jean.

”PAPA’!!!!!!” Sbottò Dj arrossendo e ringraziando che i due non potevano vederlo.

“Oh scusa tesoro. Allora qual’è il problema?” chiese cercando di ritornare al motivo della telefonata.

“Lui mi odia” mormorò Dilan con un sospiro cupo.

“Brutta faccenda” borbottò Mark

“Grazie” disse Dj con una smorfia.

Lo sapeva anche lui che non era una bella faccenda se no non sarebbe stato lì, seduto su una spiaggia deserta al telefono con due pazzi....

“Aspetta un attimo tesoro perchè dici che ti odia?” gli chiese suo padre alquanto stupito.

“Bhe  all’inizio non sembrava che mi odiasse anzi mi ha pure baciato...” “Oh,oh, ragazzo intraprendente” Dilan sbuffò ignorando il commento di Mark.

“Non ci sono più i ragazzini di una volta...” disse suo padre con tono di esagerato rimpianto.

“Bhe giusto vedi un po’ tuo figlio...” annuì Mark.

“HEYYY!!!” protestò nuovamente l’interpellato.

Farsi ascoltare da quei due maniaci era sempre un’impresa.

“Bhe e poi che è successo ti ha beccato mentre ti facevi un’altro?” gli chiese come se fosse la cosa più normale del mondo Mark.

“Ma nooo!!!”” protestò Dj prima di prendere un respiro profondo per calmarsi e cominciare a raccontare.

Quando nominò Leonard tuttavia venne nuovamente interrotto.

“Aspetta e questo Leonard chi è?” gli chiese suo padre.

“Un fotografo...” disse Dilan quasi distrattamente.

“Che TIPO di fotografo???” chiese subito in apprensione il genitore.

“Non quel TIPO di fotografo!!” esclamò offeso Dilan.

“Con te non si sa mai...” borbottò suo padre. “Ma insomma!!!” “Senti sei tu quello che ho beccato a far l’amore nella mia macchina con il figliastro di Mark no?” si giustificò suo padre.

“Eravamo ubriachi” borbottò Dilan arrossendo suo malgrado.

“Con il mio figliastro???” chiese Mark che evidentemente non era stato informato della cosa.

“Hemmm.... ecco....” cercò di spiegare Dilan.

“Ma sei stato qui solo due settimane!!! Come diamine hai fatto a....” protestò il compagno di suo padre.

“Eravamo sbronzi...” borbottò Dilan “Adesso capisco perchè c’è rimasto così male quando sei partito.” Sbottò Mark incredulo.

“Gli mancava il tuo ca...” “PAPAAAAAAAAAAAA’!!!!” gridò Dilan nella cornetta.

“Hey piano vuoi farci diventare sordi!! Non siamo ancora così vecchi da dover perdere l’udito!”

“Tu smettila di mettermi in imbarazzo...” lo rimproverò Dilan.

“Comunque tornando a questo Leonard mi spieghi un po’ che c’entra?” gli chiese suo padre mentre in sottofondo Mark continuava a borbottare qualcosa sul fatto che John, sembrava tanto santo e invece se la faceva nelle macchine altrui con il figlio del suo compagno.

“Bhe lui è innamorato di me” mormorò Dj cercando di spiegare la situazione abbastanza complicata.

“E ti pareva...” commentò suo padre con un sospiro.

“Invidioso eh?” lo stuzzicò Mark.

“Hey guarda che la sua bellezza l’ha presa tutta da me” lo rimbrottò Jean.

“Sì, sì come no” borbottò Mark.

“Stai insinuando che sono brutto” chiese suo padre dimentico ancora una volta del figlio.

Dilan sospirò passandosi una mano sul viso mentre aspettava che i due finissero di beccarsi a vicenda.

“Sto dicendo solo che tuo figlio è meglio” commentò Mark candidamente.

“Tsè!” sbottò suo padre “Ignorando questo cafone tesoro, toglimi una curiosità questo fotografo quanti anni ha?” chiese sospetto.

“Quasi trenta” disse Dilan allontanando il cellulare dall’orecchio appena in tempo.

“CHE COSAAAAA???” fu infatti la prevedibile reazione di suo padre.

“Lurido pedofilo pervertito....” cominciò ad inveire agitandosi.

“Papà ho 18 anni non sono un bambino” cercò di calmarlo Dilan ben sapendo quanto suo padre odiasse vederlo con uomini più grandi di lui, dopo Karl era comprensibile d’altro canto che si comportasse così... 

“Appunto avete 10 anni di differenza....”gli fece notare suo padre per nulla rabbonito.

“Su su ...” cercò di calmarlo Mark “...continua il tuo racconto tesoro” lo incitò questi e Dilan sollevò gli occhi al cielo riprendendo a parlare.

Quando spiegò che aveva posato per una nota ditta di occhiali da sole i due emisero un fischio di apprezzamento. “Cavoli lo dicevo io che avresti potuto sfondare nel mondo della moda” commentò Mark.

“Già quel servizio che facesti con Karl...” suo padre si interruppe di colpo “Scusa tesoro...” Dilan scosse il capo, sembrava che quella sera il discorso dovesse inevitabilmente cadere su di lui.

“Tranquillo ormai è acqua passata e non è successo niente di così drammatico” mormorò.

Mark rise cercando di alleggerire l’atmosfera. “Sai con tutta probabilità anche lui vedrà le tue foto chissà che non si roda d’invidia” Dilan sorrise più apertamente “Non mi dispiacerebbe affatto” commentò.

“Comunque tornando a questo Leonard ed ad Andrew il tutto si riduce semplicemente ad una domanda. Chi ti piace dei due?” gli chiese suo padre.

Dilan sospirò.

Sempre quella dannata, fottutissima domanda!!!

Come se la risposta fosse stata facile!!

“E come faccio a saperlo?” chiese Dilan.

“Bhe dovresti provare a passare un po’ di tempo con tutti e due e decidere con chi stai meglio” gli spiegò suo padre. Dilan sospirò di nuovo. “Dici?” “Ma certo quando mai uno Reight si è arreso prima di provare!!” lo rimproverò.

Dilan sorrise “Hai ragione papà” mormorò.

“Io ho sempre ragione” si vantò tutto orgoglioso Jean.

“Questa poi...” commentò Mark “Sentì un po’ vuoi che ti metta le mani addosso tu??” minacciò cupo il genitore.

“Oh sì non mi dispiacerebbe affatto..” mormorò Mark con voce maliziosa...

Dilan rise “E’ meglio che vi lasci non vorrei dovervi ascoltare” mormorò.

“Buona notte tesoro” salutò suo padre.

“Buona notte” lo salutò Mark.

“Buona notte, fate i bravi” disse sorridendo mentre si apprestava a chiudere la comunicazione, sentì suo padre borbottare qualcosa sui giovani d’oggi mentre Mark rideva.

Riattaccò prima di alzarsi, spolverandosi la sabbia dai pantaloni.

Doveva decidere chi dei due.

Bhe dato che era meglio lasciare Andrew nel suo brodo per un po’ forse era il caso di chiamare Leonard.

Lanciò uno sguardo al display luminoso del cellulare.

Le due.

Chissà se il fotografo era ancora sveglio.

Compose il numero e dopo pochi secondi gli rispose Leonard.

“Di un po’ viaggi con il telefono incollato all’orecchio” gli chiese Dilan sorpreso da tanta rapidità.

Il fotografo rise “No avevo appena terminato una telefonata quando è squillato di nuovo. Che ci fai ancora in piedi a quest’ora dovresti già essere a letto!”

Dilan sorrise malignamente “Ma non ho nessuno che mi fa compagnia...” mormorò con tono suadente.

“Che...che co..co...sa??” boccheggiò Leonard preso completamente in contro piede.

“Dai Leonard stavo scherzando non farti venire strane idee!” lo rimbrottò.

“Cavolo Dilan sono un uomo maturo vuoi farmi morire d’infarto? Stavo già per ordinare all’autista di far girare la macchina!!!” gli fece notare Leonard.

“Ne sono lusingato” mormorò Dilan. “Senti hai da fare domani?” chiese riportando il discorso sui giusti binari.

“Niente di importante”disse il fotografo.

“Ti andrebbe di uscire con me allora?” “Ma certo che domande fai!!!” esclamò l’altro felicissimo.

“Come mai questa proposta?” chiese invece.

“Ho bisogno di staccare la spina per un po’” gli spiegò Dj con una scrollata di spalle.

“Hmmm ho capito... e dove vorresti andare?”

Dilan scosse le spalle “Non so...” non ci aveva pensato in effetti.

“Senti domani ho un servizio fotografico alle 11 sul monte *** non sarà una cosa lunga e potrei rimandarlo ma potremo cogliere l’occasione per farci una passeggiata tra i boschi, tra l’altro ho un cottage da quelle parti. Che dici ti va?”

“E io mi dovrei fidare ad andare per boschi con il lupo cattivo in persona” lo canzonò allegramente il ragazzo.

“Moi?” chiese il francese con innocenza.

“Va bene, va bene vada per la montagna” accettò Dilan ridendo.

“A che ora?” “Passo a prenderti alle sette. Ci vogliono tre ore per arrivare lì” Dilan emise un gemito di frustazione calcolando le poche ore di sonno che gli rimanevano.

“Su, su poi dormire in macchina se vuoi.” Gli garantì Leonard comprendendo i suoi dubbi.

“Ok allora ci vediamo domani” mormorò Dj.

“A domani tesoro” mormorò l’altro prima di riattaccare.

Dilan si diresse verso la moto e rimessosi il casco riprese la strada di casa.

 

Sua madre lo buttò, letteralmente, giù dal letto alle sei e mezza.

La sera prima quando era rientrato l’aveva trovata alzata mentre rifiniva le ultime tavole che avrebbe dovuto consegnare il lunedì seguente e le aveva comunicato l’intenzione di fare quella gita con Leonard chiedendole di svegliarlo caso mai non avesse sentito la sveglia e lei aveva preso con molto zelo le sue parole.

Nonostante il risveglio brusco Dilan ebbe il tempo di prepararsi e rinfrescarsi abbastanza da arrivare quasi sveglio alla macchina del fotografo. Una volta seduto accanto a lui però non potè trattenersi dallo sbadigliare.

“La mia compagnia è così noiosa” scherzò Leonard mentre dava l’ordine all’autista di partire.

Dilan scosse la testa cercando di snebbiare la mente. “Scusa è che ho dormito si e no quattro ore” mormorò.

Leonard gli sorrise dolcemente, era tenero con i capelli neri arruffati e gli occhi verdi annebbiati dalla stanchezza.

Dimostrava improvvisamente tutta la sua giovane età.

Assolutamente splendido.

Sensuale ed innocente allo stesso tempo.

Se solo la sua macchina fotografica non fosse stata nel bagagliaio con il resto dell’attrezzatura!!

“Puoi dormire qui” gli disse scuotendo le spalle mentre cercava di allontanare i pensieri improvvisamente poco casti che la sua mente gli stava proponendo.

Chissà se anche appena sveglio dopo una notte passata a fare l’amore avrebbe avuto quell’espressione adorabile.

“Non mi salterai addosso appena chiudo gli occhi?” mormorò Dilan che tuttavia faceva visibilmente fatica a stare sveglio.

Leonard rise divertito “No promesso! Parola di boy scout” giurò alzando la mano destra e posandosi la sinistra sul cuore.

“Tu hai fatto il boy scout?” gli chiese sorpreso Dilan al che Leonard gli regalò il suo miglior sorriso assassino. “No” mormorò.

Il ragazzo sospirò “Sono troppo stanco, dovrò fidarmi...” borbottò appoggiando il capo al sedile e chiudendo gli occhi. Leonard gli cinse la vita con un braccia e Dilan poggiò il capo contro la sua spalla con un sospiro.

“Vedi te ne approfitti subito” mormorò a mezza voce mentre già scivolava nel sonno.

Leonard lo strinse delicatamente a se scoccandogli un bacio sulla tempia. “Ti sveglio quando arriviamo” gli disse ma il ragazzo già dormiva.

 

Il servizio fotografico non durò molto, dopo di che Leonard si fece accompagnare dall’autista fino ad una piccola baita di sua proprietà.

“Ben venuto nella tana del lupo” gli disse facendolo entrare con un esagerato inchino.

Il posto profumava di resina e violette.

Grandi finestre illuminavano il piccolo ingresso che dava su un ampio salotto e da lì alla cucina e all’unica camera da letto. Nel salotto un’enorme camino faceva bella mostra di se, davanti ad esso un folto tappeto su cui erano sparsi dei cuscini attirò l’attenzione del ragazzo.

“Dì la verità ci porti i tuoi amichetti qui” mormorò lanciando un’occhiata al piccolo tavolinetto di vetro poco lontano dal camino su cui faceva bella mostra di se diverse bottiglie di liquore.

Leonard gli sorrise “No, per la verità non ci è mai venuto nessuno a parte me ovviamente. Questo è il mio piccolo antro oscuro” Dilan lo fissò sorpreso e Leonard gli sorrise di rimando accarezzandogli il volto con una mano prima di accompagnarlo in cucina.

“Vieni ci prepariamo un paio di panini e poi ti farò vedere il mio sentiero preferito.”

Dilan annuì seguendolo nell’attrezzato cucinino di legno.

Prepararono i panini e degli zaini leggeri prima di inoltrarsi tra i grandi alberi verdi. L’aria era frizzante ma il sole splendeva nel cielo terso mitigando l’effetto dell’altezza.

“E’ un posto bellissimo” mormorò Dilan osservandosi attorno con occhi scintillanti. Il suono di uno scatto lo fece voltare stupito. Leonard gli sorrise mentre riabbassava la macchina fotografica.

“I tuoi occhi hanno lo stesso colore delle foglie di betulla” mormorò Leonard prendendone una per accostargliela al volto.

“Come siamo poetici” mormorò Dilan mentre con delicatezza il francese faceva scivolare la foglia lungo la sua guancia. “Se fossi una donna ti scambierei per una ninfa dei boschi sai?” mormorò Leonard rapito dal contrasto del verde smeraldino sulla pelle dorata del ragazzo. Dilan gli sorrise dolcemente strappandogli il fiato dai polmoni.

“La mia virtù sarebbe seriamente in pericolo con te allora” commentò il ragazzo.

Leonard gli sorrise lasciando cadere la foglia.

“Sì, probabilmente sì” mormorò chinando il viso su di lui per sfiorargli delicatamente le labbra con le proprie.

Le toccò un paio di volte in una carezza così delicata da essere appena percettibile prima di allontanarsi.

“Su è meglio incamminarci ora” mormorò tendendo una mano verso di lui per aiutarlo ad alzarsi. Dilan la prese tirandosi in piedi e spazzolandosi i pantaloni dall’erba e dai sassolini che vi erano rimasti attaccati.

 

Immersi nella natura e nella limpida aria montana il tempo passò in fretta mentre dialogavano del più e del meno. Mangiarono i loro panini seduti su un masso prima di riprendere a camminare. Si allontanarono così tanto che era ormai piuttosto tardi quando tornarono allo chalet.

 

“Ho bisogno di una doccia” borbottò Dilan togliendosi lo zaino e posandolo in un angolo.

Leonard gli sorrise comprensivo. “Il bagno e la porta in fondo. Puoi usare uno dei miei accappatoi”

Dilan annui “Dj” lo richiamò il francese mentre si allontanava. “Perchè non resti qui sta notte?” gli propose.

In effetti era molto tardi ed affrontare così la strada del ritorno poteva risultare pericoloso, però dopo quel bacio che si erano scambiati nel bosco.

Bhe bacio, infondo Leonard l’aveva appena sfiorato però... però aveva provato quella sensazione che credeva di aver dimenticato.

Dilan corrugò la fronte e l’uomo si affrettò ad alzare le mani.

“Niente secondi fini, cena con me e domani mattina ti riporto a casa” il ragazzo lo fissò corrucciato per alcuni minuti. Si fidava di Leonard il problema era che non si fidava di se stesso....

Scosse il capo per allontanare quel pensiero prima di accettare.  “Avverto mia madre” mormorò.

 

Luisa gli fece il terzo grado facendogli quasi esaurire il credito telefonico con le sue raccomandazioni prima di concedergli il permesso di rimanere fuori quella notte.

Cenarono sul tappeto mentre la fredda aria notturna veniva riscaldata e riempita dell’intimo crepitio del fuoco acceso nel grande caminetto mentre le ombre prodotte dalle fiamme ondeggiavano su di loro avvolgendoli.

“Si sta veramente bene” mormorò Dilan seduto a gambe incrociate sull’ampio tappeto, la schiena appoggiata ai cuscini. Leonard raccolse i piatti vuoti tornando poco dopo con un dolce al limone.

“Ti tratti bene eh? Di un po’ non è che hai pianificato tutto vero?” gli chiese Dilan sospetto.

“Perchè sarebbe la prima volta che non sei tu a dirigere il gioco” gli chiese Leonard porgendogli il dolce.

Dilan scosse il capo “No, non sarebbe la prima volta....” mormorò e qualcosa nel suo tono spinse Leonard a fissarlo sorpreso ma Dj scosse una mano in un gesto strano dicendogli di lasciar stare e nonostante la curiosità il francese accantonò l’argomento.

“Comunque no...” mormorò Leonard.

“No cosa??’” chiese Dilan perplesso.

“Non ho pianificato tutto” mormorò il fotografo scuotendo le spalle.

Dilan gli sorrise prima di lasciarsi sfuggire un mormorio di approvazione nel gustare il dolce.

“Delizioso” commentò.

Il francese sorrise mentre anche lui si dedicava alla sua fetta di torta. Finirono di mangiare in silenzio. Ma stranamente Dj si sentiva perfettamente a suo agio anche in quel silenzio. Leonard era un compagno piacevole e allegro, inoltre aveva messo in chiaro i suoi sentimenti da subito e nonostante ciò non pretendeva nulla da lui.

“Ti sei sporcato” commentò il fotografo distraendolo dalle sue elucubrazioni Dj sollevò il capo sorpreso.

“Qui” gli indicò l’uomo.

Provò a pulirsi peggiorando la situazione e Leonard non potè fare a meno di ridere.

“Sei peggio di un bambino” commentò prendendo un’altro tovagliolino di carta.

“Sei tu che non sai dare le indicazioni” borbottò Dilan.

“Vuoi sempre l’ultima parola eh?” gli chiese il francese allungando la mano per passargli il tovagliolo sulle labbra. “Ecco” mormorò mentre il sorriso che aveva aleggiato sul suo volto scompariva.

Dilan sollevò il capo incontrando i suoi occhi, la mano del francese ancora appoggiata sulle sue labbra.

“Non guardarmi così...” mormorò roco l’uomo.

“Così come...?” sussurrò Dilan.

Leonard abbassò il capo verso di lui “Con quell’aria innocente” sussurrò ad un soffio dalle sue labbra.

“Io non sono innocente” mormorò Dilan allungando il viso verso di lui.

Le loro labbra si sfiorarono delicatamente una volta, poi un’altra prima che Leonard allungasse le braccia per cingergli la vita e attirarlo a se infilando finalmente la lingua nella bocca socchiusa del ragazzo.

Dilan allungò le braccia cingendogli il collo mentre reclinava il capo di lato per permettere all’uomo di approfondire il bacio. Quella mossa tuttavia finì per sbilanciarli facendoli scivolare sui cuscini.

Dilan si ritrovò disteso sotto il fotografo, i cuscini disordinatamente sparsi attorno a lui mentre la sua lingua affondava nella sua bocca con ritmo ipnotico. Avvertì vagamente una delle lunghe mani dell’artista scivolare lungo il suo fianco e poi giù, accarezzandogli la gambe, per risalire lentamente com’era scesa, percorrendo lo stesso percorso che aveva fatto all’esterno, all’interno della coscia. Dilan ansimò sotto di lui quando quella mano curiosa giunse infine a sfiorare il suo sesso racchiuso tra i jeans. Leonard staccò la bocca da lui fissandolo con occhi brucianti di desiderio. Dilan rimase immobile sotto di lui le braccia ancora allacciate al suo collo ricambiando quello sguardo di fuoco senza altrettanta sicurezza.

Desiderava... Desiderava disperatamente fare l’amore con lui.

Le sue carezze lo avevano fatto eccitare come non gli era mai capitato e quel bacio che si erano appena scambiati lo aveva lasciato ansimante come dopo una seduta di palestra.

Ma... fare l’amore con lui sarebbe stato come ingannarlo, illuderlo.

Lui non l’amava o meglio non era sicuro di amarlo....

I dubbi che gli tormentavano l’anima dovevano essere ben chiari sul suo volto perchè Leonard gli sorrise dolcemente accarezzandogli il volto con delicatezza.

“Dilan se devi fermarmi fallo adesso perchè se continuiamo così fra poco non risponderò più di me...” mormorò l’uomo con voce roca.

Dilan sospirò voltando il capo di lato per sfuggire il suo sguardo.

Non sapeva che cosa fare....

Leonard sospirò decidendo anche per lui scostandosi di lato per mettersi seduto accanto a lui.

“Non ti voglio così Dilan... non con tutti questi dubbi” mormorò.

Il ragazzo si mise a sedere fissandosi le mani.

“Mi dispiace” sussurrò piano.

Leonard scosse il capo avvicinandogli e cingendogli la vita con un braccio.

Dilan posò il capo sulla sua spalla con un sospiro. “Sto bene con te...” mormorò con gli occhi chiusi.

“Ma?” gli chiese il fotografo.

“Ma sono confuso.” Borbottò Dilan.

Leoanrd gli sorrise mettendogli due dita sotto il mento e costringendolo ad alzare la testa per fissarlo negli occhi.

“Dì la verità hai litigato con quell’Andrew vero?” gli chiese.

Dj arrossì prima di annuire.

Senza sapere come si ritrovò a raccontare proprio al francese dei suoi problemi con il compagno di classe. Leonard ascoltò tutto il discorso in silenzio la fronte corrugata.

“A me sembra che lui sia convinto di sapere qualcosa su di te...” mormorò cercando di interpretare il comportamento del ragazzo.

Dilan sollevò il capo sorpreso.

“Ma cosa?” Leonard scosse il capo “Questo non lo so forse dovresti chiedere direttamente a lui.”

Mormorò scuotendo le spalle prima di tornare a fissarlo.

Dilan si sentì rimescolare sotto quello sguardo diventato improvvisamente intenso. “E di me che cosa mi dici?” gli chiese Leonard.

Dilan sospirò decidendo che doveva essere onesto con lui.

“Ti desidero, ti stimo, sto bene con te.... però...”

“però...?” gli chiese l’uomo con il cuore in gola.

“..tu gli assomigli terribilmente...” mormorò il ragazzo sfuggendo il suo sguardo per la seconda volta.

Leonard corrugò la fronte preoccupato avvertendo il dolore contenuto in quelle parole.

“A chi assomiglio Dilan?” gli chiese stranito.

“Tu... assomigli a..... Karl....

 

Andrew si svegliò il giorno dopo con un grosso mal di testa.

Si guardò confuso nella propria stanza avvertendo sul volto la fastidiosa sensazione della pelle che tirava per le lacrime che si erano asciugate su di essa.

Indossava ancora i vestiti della notte precedente, ormai irrimediabilmente stropicciati, poteva ancora sentire il profumo...

Il suo profumo sul proprio corpo...

Ora ricordava....

Dj.

Dj era andato a casa sua e gli aveva fatto gli auguri....

Lo aveva baciato....

Accarezzato....

Avevano quasi fatto l’amore sul divano....

Ed era stato bellissimo se non fosse stato per la consapevolezza che lui era lì per lavoro...

O almeno così aveva creduto....

“Il regalo di Sasha.”

Lo sguardo gli cadde sul pacchetto appoggiato sulla sua scrivania. La carta rossa ancora intatta il fiocco che penzolava scompostamente dal mobile mentre il piccolo bigliettino bianco attaccato ad esso faceva bella mostra di se.

Un equivoco, era stato tutto uno stramaledettissimo equivoco.

Però se Dilan non era lì perchè era stato pagato da Sasha perchè era venuto? E come aveva fatto a sapere che il giorno prima era il suo compleanno e ancora perchè....

Perchè l’aveva baciato..... toccato.....

Tutte quelle domande gli stavano facendo scoppiare la testa. Si portò una mano al capo massaggiandosi le tempie con una smorfia. Si sentiva a pezzi.

“Hey sei sveglio?” mormorò dolcemente una voce conosciuta. Andrew si voltò sorpreso arrossendo quando vide Ryo, i capelli scarmigliati, i vestiti arruffati, emergere con uno sbadiglio e un gemito da una poltroncina posta accanto all’armadio.

“Se...sei rimasto qui tutta la notte?” gli chiese stupito il ragazzo osservando le occhiaie dell’amico. Ryo gli sorrise sedendosi sul letto accanto a lui.

“Non mi sono fidato a lasciarti da solo dopo quello che è successo.” Lo sguardo del giocatore di Rugby si incupì mentre Andrew scuoteva il capo sconsolato.

Ryo e Dj avevano fatto a pugni per causa sua...

Sua e della sua stupidità.

“Non... non è come credi...” mormorò mentre la voce gli si spezzava e una lacrima traditrice gli scivolava lungo la guancia.

Aveva combinato un disastro....

Ora aveva davvero compromesso la seppur esegua possibilità che aveva con Dj.

Non solo Ryo aveva rischiato di farsi male per colpa sua.

Avevano messo a soqquadro mezzo salotto...

Gli sfuggì un singhiozzo e Ryo lo abbracciò stringendolo dolcemente a se.

“Non fare così Andy” gli sussurrò cullandolo piano mentre il ragazzo tra le sue braccia si lasciava andare ad un  pianto liberatorio.

“Io.... io...” cercava di spiegarsi tra le lacrime lottando con i respiri spezzati che gli impedivano di pronunciare una frase intera.

“Sta tranquillo tesoro non permetterò più a quel bastardo di avvicinarsi a te. Nessuno ti farà del male Andrew.” Gli promise facendogli sollevare il viso ed asciugandogli le lacrime con le mani.

“Non piangere amore mio...” mormorò piano.

Andrew sussultò sollevando lo sguardo e incontrando due serissimi occhi scuri. “Ryo...” mormorò sorpreso.

Il vicino di casa gli regalò un triste sorriso. “Non è decisamente il momento adatto per dirtelo però....” sospirò scuotendo il capo. “Io ti amo Andrew. Ti amo disperatamente da tanto, tantissimo, tempo...”

Andrew scosse il capo incredulo. “Io... io non...” non sapeva cosa dire.

Non se n’era mai accorto.

Possibile che non si fosse mai reso conto di quale sentimento l’amico provasse per lui?

Eppure ora glielo leggeva così chiaramente negli occhi.

Ryo gli sorrise dolcemente chinando il capo per sfiorargli le labbra in un bacio leggero, così delicato da essere quasi casto.

“Non vuoi che sia io a proteggerti?” gli chiese piano la voce profonda leggermente roca, incrinata.

Andrew allungò una mano quasi con meraviglia raccogliendo una singola lacrima sfuggita al ferreo controllo del ragazzo più grande.

“Ryo.....” sussurrò Andrew piano. Il ragazzo moro chiuse gli occhi con un gemito mentre ascoltava quella voce amata pronunciare con tanta dolcezza il suo nome. Senza fermarsi a riflettere chinò nuovamente il capo su di lui accarezzando quelle labbra a lungo desiderate con la lingua, facendogliela scivolare sopra delicatamente finchè Andrew non socchiuse bocca per lui con un piccolo gemito quasi disperato.

 

continua....                                                                                   

 

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