Non aprite quella porta 1                                                            Back to Original  Back to Home

Disclaimer: i personaggi di questa fic sono miei ^.^ La storia invece è liberamente ispirata (ok... ok... termine artistico per dire che ho scopiazzato) da Sukisyo.

 

 

Il Saint James Collage giaceva silenzioso nell’abbraccio della notte, un insieme di costruzioni austere ma funzionali, circondate da un grande parco all’inglese in cui viottoli e sentieri s’intrecciavano in una sinuosa geometria. Un poco in disparte rispetto al complesso principale, il grande edificio che ospitava i dormitori degli alunni riposava rigido, una figura pallida tra la vaga foschia di quella sera particolarmente spettrale.

Nessuna luce ad illuminare la notte, la luna, soltanto un vago riflesso sfocato, si era negata dietro a strati e strati di umide nubi lanuginose.

Nessun suono a disturbare la pace gelida del luogo, la lieve brezza, che aveva fatto danzare le foglie durante il giorno, sembrava essersi anch’essa coricata, tra le canne che circondavano le immobili acque del lago, un occhio nero, liquido e vuoto, sbarrato sul cielo invisibile.

 

Una sola, fievole, speranza, in quell’abissale oscurità, splendeva coraggiosamente: la fiamma di una piccola candela, ormai prossima a spirare le sue ultime scintille, posta sul davanzale della stanza 377.

 

“Ti amo... ti amerò per sempre.”

 

Un unico, debole, sussurro, una promessa rigata di lacrime, a sfidare il silenzio.

E poi di nuovo il buio, di nuovo il nulla, immoto, totale, definitivo.

 

La candelina regalò il suo ultimo bacio agli amanti, abbracciati nel letto sfatto, sfiorando con tremula riverenza i loro corpi allacciati e poi morì, lasciando che la sua anima salisse al cielo scuro con un rivolo di fumo e un sospiro affranto.

 

...

 

“Che stanza ti hanno assegnato?”

David finì di scorrere il grande tabellone bianco, appeso nell’affollato e chiassoso atrio del Saint James prima di voltarsi verso Jonathan, suo migliore amico nonché cugino.

Era colpa sua se si ritrovava in quella scuola unicamente maschile praticamente fuori dal mondo.

Il Saint Jeames College era rinomato per il suo prestigio e per l’altissima preparazione dei suoi insegnati, così aveva pomposamente dichiarato sua zia quando aveva sancito che avrebbero frequentato quell’istituto superiore.

Ma David sapeva bene qual’era lo scopo di Margareth.

Nonostante la sua giovane età Jonathan non faceva che rincorrere le ragazze senza impegnarsi in nessun’altra attività per cui la donna aveva deciso di spedirlo dove non sarebbe incorso in tentazione.

Quello che non capiva David era perchè ci fosse dovuto finire anche lui!

Sua madre tuttavia era stata così entusiasta all’idea e il suo patrigno così felice di liberarsi di lui che non c’era stato verso di opporsi.

Il ragazzo sbuffò passandosi una mano tra i riccioli castano chiaro, respingendo una ciocca che gli era scivolata dispettosa ad accarezzargli il naso.

“Vediamo...” mormorò scorrendo con gli occhi azzurri le lunghe liste di nomi, per sincerarsi di aver visto giusto.

 “La mia stanza è la 377” disse voltandosi verso il cugino.

 

Il silenzio cadde assoluto.

 

A parte le matricole che, come lui, si guardavano attorno perplesse, gli studenti dal secondo anno in su, e persino un paio di professori che passavano di lì, si voltarono a fissarlo.

 

“Sembra che abbiamo trovato il primo dei due...” mormorò qualcuno, con fare concitato e come se quel bisbiglio avesse dato il via libera a tutti gli altri il brusio si moltiplicò dilagando come uno sciame di vespe tra i presenti.

 

“Carl e Tomas si sono diplomati l’anno scorso era ovvio che ci sarebbero state delle nuove vittime quest’anno...”

“Ci sarà da divertirsi...”

“Il giornale scolastico ritornerà a vendere parecchio...”

“E il Professor Oliver avrà di nuovo il suo bel da fare...”

 

David si guardava attorno senza capire.

Che cosa stava succedendo?

Sembrava che tutti sapessero qualcosa che lui ignorava.

Qualcosa che, a giudicare dalle occhiate che si posavano su di lui con frequente intermittenza, doveva riguardarlo da vicino.

“Che diamine...” mormorò ma non ebbe modo di terminare la frase che fu accecato dal lampo di un flash.

“Benvenuto al Saint James Collage!” gli sorrise un bel ragazzo biondo, di poco più alto di lui, che portava sul colletto della giacca le quattro stanghette dorate che lo contraddistinguevano come uno studente del quarto anno, emergendo con un sorriso radioso da dietro una mastodontica macchina fotografica.

“Io sono Kei Tsuki, il fotografo del giornale scolastico!!” disse tendendogli una mano, stringendo la sua con enfasi “E tu sei...?” chiese piantandogli gli occhi verdi in volto.

“Da... David Weiss” mormorò il ragazzo, confuso.

“David Weiss...” ripetè il biondo, annuendo soddisfatto, “Proprio come dice il registro” mormorò gettando un occhiata al grande cartellone “Ti attendevamo tutti con molta ansia, sai?!” esclamò mettendogli un braccio intorno alle spalle avvicinando il volto al suo, con fare da cospiratore “E dimmi David...” mormorò “...sei gay?”

“Co..cosa?!” balbettò colto in contropiede il brunetto “No! Come ti salta in mente?!” esclamò riprendendosi in fretta, il viso in fiamme per l’imbarazzo, notando come, tutti i presenti, stessero seguendo il loro scambio di battute con interesse.

 

“Ha detto di no...” ridacchiò qualcuno.

“Sì ‘adesso’  ma aspetta un anno...” sentenziò qualcun’altro alle sue spalle.

“Gli dai un anno?” chiese un altra voce.

 

David si voltò inviperito notando un capannello di persone poco lontano.

Il ragazzo al centro, un moro che portava la divisa del terzo anno, teneva un taccuino e una penna tra le mani.

“Ma l’hai visto?!” chiese un ragazzo tarchiato.

“Io dico tre mesi!” sancì uno studente alto e magro appoggiandosi alla spalla del moro, che appuntò prontamente sul libricino.

“Io dico che ci vuole di più, almeno cinque” ribattè un altro.

“Allora Jonson dice cinque mesi...” segnò il moro “Tu Smith che ne pensi?” chiese voltandosi verso un biondino che non aveva ancora parlato.

“Prima di puntare voglio vedere l’altro...” rispose questi con una scossa di spalle.

 

David li fissava a bocca aperta, troppo incredulo persino per arrabbiarsi: stavano... scommettendo?

 

“Kei!”

Il grido attirò la sua attenzione, come quella di gran parte dei presenti, su uno studente biondo, copia identica di quello di fronte a lui, che stava entrando nel salone tenendo sotto braccio un ragazzo straniero.

Almeno David presunse che fosse straniero a giudicare dai suoi capelli nero corvino, che cadevano in fiamme spettinate ad accarezzargli la fronte, sfiorandogli gli occhi dorati, dal taglio orientale, in cui brillava una luce perplessa.

“Rei! Guarda, ne ho trovato uno!” gridò Kei, salutando con un allegro sventolio del braccio il gemello, indicandogli David.

“E io ho trovato l’altro!!” gioì l’interpellato catalizzando immediatamente la curiosità degli studenti sul ragazzo al suo fianco.

Kei sollevò prontamente la macchina fotografica immortalando nella pellicola l’espressione confusa del nuovo venuto.

“Ethan Sharin!” lo presentò Rei, al gemello.

Il fotografo annuì prima di indicargli il moretto “E lui è David Weiss”

“La coppia della 377!” esclamò Rei soddisfatto.

“Un bel sorriso per la stampa!” gioì Kei assestando un sonoro spintone a David.

Il ragazzo perse l’equilibrio finendo tra le braccia del moro che, per puro istinto, lo afferrò al volo impedendogli di cadere.

Il flash li immortalò abbracciati prima che i due avessero il tempo di staccarsi.

“Insomma mi volete dire che diamine sta succedendo?!” ringhiò David, fulminando il fotografo con lo sguardo, ringraziando distrattamente Ethan per l’aiuto ma affrettandosi ad allontanarsi da lui.

“Trattate così tutti i nuovi venuti?” chiese questi più divertito che arrabbiato, rivelando una voce morbida, quasi sensuale, dallo strano accento.

I gemelli si scambiarono uno sguardo complice.

“Non tutti.” disse il primo “Solo quelli che occuperanno la stanza 377!!” terminò il secondo.

E vedendo che i due sembravano sempre più spiazzati ghignarono all’unisono: “Venite vi spieghiamo come stanno le cose!”

 

...

 

La sede del club di giornalismo era una grande stanza tappezzata di poster, fotografie e, ovviamente, ritagli di giornale.

La confusione regnava sovrana ma Kei e Rei riuscirono a trovare un angolo accessibile, zizzagando tra pile di libri e riviste dall’equilibrio precario, e liberarono due sedie per far accomodare gli ospiti andando poi ad appollaiarsi uno accanto all’altro su una scrivania che sgombrarono dalle carte semplicemente gettandole a terra.

David li fissava spazientito e nervoso, alla sua confusione andava aggiungendosi il fatto che non riusciva più a capire quale fosse Kei e quale fosse Rei, erano identici.

“Dovete sapere...” cominciò uno dei due “...che in questa scuola è successo un fatto terribile, cinquanta anni fa.” disse con il tono di chi si appresta a raccontare una storia dell’orrore.

“A quel tempo giunse al Saint Jeames un ragazzo francese di nome Jean Renoir”  continuò l’altro “Era un ragazzino bellissimo, con un viso da angioletto, i capelli biondo cenere e due grandi occhi azzurri”

Il gemello annuì con foga “Era così carino che molti s’infatuarono di lui!”

“Aspetta!” lo interruppe David “Vuoi... vuoi... dire altri studenti?! Maschi?!?!” ansimò incredulo.

Kei, o Rei, il ragazzo non avrebbe saputo dirlo, annuì con condiscendenza “Questa è una scuola maschile David, e siamo piuttosto isolati dal resto del mondo... non è così strano che succedano cose di questo genere!”

David lo fissò tra l’incredulo e l’allibito ma tenne per se ogni ulteriore osservazione deciso a conoscere il resto della storia prima.

“Fatto fu che invece Jean s’innamorò del suo professore di lettere: Drake Trenan” riprese l’altro “E tanto fece che dopo due anni di ‘caccia’ riuscì infine a conquistare il cuore del suo insegnante.”

“Tuttavia la loro era una storia d’amore illegale...” sospirò Kei “...e, inevitabilmente, vennero scoperti. Uno degli spasimanti respinti da Jean lo aveva visto rubare una bacio al professor Drake e aveva fatto arrivare la notizia alle autorità. Vedete Jean era ancora minorenne, inoltre i suoi genitori erano molto, molto potenti. Scoppiò il pandemonio! Che un professore avesse ‘approfittato’ di uno studente era un crimine gravissimo e le autorità del tempo, per compiacere i signori Renoir, e per cancellare l’onta che Trenan aveva gettato sul buon nome della scuola, decisero di ricorrere ad una soluzione drastica: il professor Drake venne condannato a morte.”

“A morte?!” esclamò Ethan incredulo.

Rei annuì “Ma un amico di Drake era nella polizia e riuscì ad avvertire il professore prima che i gendarmi giungessero a scuola per arrestarlo. Avrebbe potuto tentare la fuga...” sospirò il fotografo “Ma non sarebbe andato lontano. La notizia aveva fatto scalpore, la sua foto era su tutti i giornali.”

“Non si sa esattamente cosa successe quella notte ma quando la polizia arrivò trovò i  corpi dei due amanti nel letto della stanza 377, la camera di Jean.” mormorò Rei.

“Allora, gli studenti particolarmente facoltosi potevano averne una tutta per loro...” spiegò Kei, fermando il fratello.

“Comunque...” continuò l’altro senza dar peso all’interruzione “I giornali dissero che Drake aveva ucciso Jean perchè folle d’amore per lui. Da quello che abbiamo potuto dedurre noi invece Jean e Drake decisero che quella camera, che era stata teatro del loro amore proibito, sarebbe stata anche la custode delle loro anime” sussurrò “Morirono uno tra le braccia dell’altro, legandosi per sempre, così che nessuno avrebbe più potuto separarli.”  

Il biondo passò lo sguardo sui suoi due interlocutori, restando in silenzio per un lungo momento, permettendo loro di digerire la storia.

“La stanza rimase sigillata per diversi anni ma poi, come accade spesso, un nuovo preside, più pratico degli altri, decise che era assurdo sprecare una così bella camera e la fece riaprire. Fu allora che cominciò a succedere...” riprese facendosi volutamente misterioso.

“Succedere... cosa?” chiese David, nervoso.

Kei ghignò “Chi viene assegnato alla 377 s’innamora del suo compagno!”

“Coooosa?!” esclamarono in coro i due.

Rei annuì con il capo “Pare che le anime di Jean e Drake siano rimaste in qualche modo legate a quella camera e usino i corpi dei suoi occupanti per amarsi.”

“Che razza di assurdità!” esclamò David balzando in piedi.

Kei sorrise “Fanno tutti così all’inizio...” disse rivolto al fratello.

Rei annuì “Credetemi è inevitabile! In qualche modo i fantasmi di Drake e Jean manipolano l’estrazione dei nomi, per l’assegnazione delle stanze, mettendo nella 377 due anime destinate ad amarsi così come lo erano le loro.” spiegò “E voi...” disse passando lo sguardo da uno all’altro “Siete la nostra nuova coppia ufficiale!” trillò.

“Non intendo ascoltare queste stupidaggini un minuto di più!” sbottò David imbarazzato ed arrabbiato.

“Sono d’accordo...” mormorò Ethan, con una scrollata di spalle “E’ una storia carina ma davvero troppo fantasiosa perchè qualcuno possa crederci...” disse con tranquillità, alzandosi per raggiungere a sua volta la porta.

I due lasciarono la stanza scegliendo direzioni opposte, senza nemmeno guardarsi, mentre Rei e Kei si scambiavano un ghigno.

“Vanno già d’amore e d’accordo!!” ridacchiò il primo.

“Non vedo l’ora che cominci!” esclamò Kei aprendo un cassetto per munirsi di altri rullini.

 

...

 

David trasportò il proprio bagaglio fino alla famigerata stanza 377, seguito dagli sguardi curiosi di tutta la scuola.

“A quanto pare qui le notizie volano...” ringhiò tra sè e sè giungendo di fronte alla porta di legno scuro su cui spiccava la targhetta d’ottone con il numero assegnatogli.

Non era diversa dalla porta della 376 e tanto meno da quella della 378.

Sospirò e scosse il capo aprendo l’uscio, trovandosi di fronte, come d’altronde si era aspettato, ad una stanza come tutte le altre.

Due letti singoli erano appoggiati ai due muri lunghi della camera, dirimpetto alla porta si apriva una finestra che dava sul placido lago, illuminato dal sole, e sul parco sottostante. Accanto ad ognuno dei letti era stato posto un piccolo comodino munito di lampada e sveglia, ai piedi del letto, due grossi comò per i vestiti.

Per studiare invece avrebbero dovuto recarsi nella grande biblioteca al piano terra del complesso principale o nella sala da lettura, adiacente alla mensa, nell’edificio che ospitava i laboratori scientifici.

I bagni erano in fondo al corridoio ed erano in comune per ogni piano.

Ethan che stava già disfacendo il suo bagaglio, si limitò a sollevare il capo dalla grossa valigia, rivolgendogli un lieve cenno di saluto, prima di ritornare alla sua attività e David decise di fare lo stesso, accantonando quell’assurda storia dei fantasmi.

 

...

 

Purtroppo per lui, tutti gli studenti del Saint Jeams sembravano invece decisi a godersi la succulenta novità.

Persino Jonathan, lo guardò in modo strano, quella sera a cena, quando David gli di sedette di fronte.

“Allora?” chiese dopo pochi istanti, attendendo appena che il cugino avesse il tempo di dare una forchettata al suo pollo arrosto.

“Allora cosa?” chiese il ragazzo perplesso.

“Oh dai! Lo sai!” esclamò l’altro facendoglisi più vicino, con aria da cospiratore.

“No, non lo so!” ringhiò David “Che diamine vuoi!?”

“Com’è lui?” chiese Jonathan curioso “Ho sentito dire che viene dall’India”

David sbatté le palpebre un paio di volte, incredulo “E che ne so!” sbottò “Ci ho scambiato appena due parole!”

“Quindi non è successo niente?” chiese l’altro con tono quasi deluso.

“NO!” urlò, incredulo, abbassando la voce non appena si accorse che tutti si erano voltati a fissarlo.

“E non succederà niente nemmeno in seguito!” ringhiò prendendo a feroci forchettate la sua cena.

 

...

 

David si coricò tardi, dopo aver passato un inutile serata in biblioteca.

Trovò Ethan già profondamente addormentato nel proprio letto e si concesse di far scivolare lo sguardo sulla sua figura.

Aveva un corpo sottile ma atletico e abbronzato.

I capelli neri gli cadevano in affilate ciocche seriche sul volto dai lineamenti di una strana, esotica, delicatezza.

Probabilmente si poteva affermare che era bello.

Anche se si trattava di una bellezza particolare, felina, che aveva un che di teneramente arruffato e pericolosamente selvatico al contempo.

Niente a che vedere con i suoi lineamenti classici e la sua faccia da bravo ragazzo.

David scosse il capo con forza e si affrettò ad infilarsi sotto le coperte.

Si era forse bevuto il cervello?!

Si stava lasciando influenzare dai discorsi degli altri!

A lui non interessavano i maschi.

E tanto meno gli interessava il suo compagno di stanza!!

 

...

 

Ethan emise un lieve mugolio e sollevò le braccia per stringerle intorno al corpo sopra il suo.

Un soffice gemito gli accarezzò una guancia e un paio di labbra vellutate sfiorarono le sue.

Seguendo l’istinto il moro allungò la lingua, violandole con dolcezza, approfondendo il bacio, strappando un sospiro felice al proprio compagno.

“Drake...” ansimò David strofinando i fianchi contro i suoi, alla ricerca di un contatto intimo.

“Shh... Jean piano...” lo blandì dolcemente il moro cercandogli di nuovo le labbra, sfiorandogliele con una serie di piccoli baci, mentre gli accarezzava dolcemente la schiena.

David si tese per lui, con un ansimo e... urtò inavvertitamente la sveglia sul comodino che cadde a terra con un tonfo.

 

Sussultarono entrambi.

 

David piantò gli occhi azzurri, sbarrati, in quelli dorati, altrettanto sbarrati, di Ethan prima che entrambi scattassero indietro con un grido.

“Che c**o stavi facendo!” ansimò David, stringendosi contro la maglia del pigiama.

“Io?!” tuonò Ethan “TU ti sei infilato nel MIO letto!” gli fece giustamente notare.

I due si fronteggiarono in silenzio, il fiato corto per la rabbia e per le sensazioni che si erano regalati l’un l’altro, increduli e turbati, ma non ebbero modo di pensare a nulla che la porta si spalancò di scatto e un flash li investì, illuminando a giorno la stanza.

“Lo sapevo che valeva la pena fare la posta davanti alla porta della vostra camera!” disse felice Kei.

David lo fissò incredulo mentre Ethan scattava in piedi come un fulmine “Dammi quella macchina!” ringhiò ma Kei se la svignò alla velocità della luce e il moro rinunciò all’inseguimento quando si accorse che il corridoio pullulava di curiosi.

Ritornò in fretta in camera sbattendo la porta in faccia ai ragazzi che si stavano accalcando in corridoio, per vedere che cosa succedeva, prima di chiuderla a chiave e appoggiarvisi contro con un sospiro.

“Anskat!” sbottò, in quella che David presunse essere la sua lingua natale, prima di sollevare il viso per affondare lo sguardo d’ambra nel suo.

“Senti...” cominciò prendendo un lungo respiro per calmarsi “...non è colpa tua.” mormorò “Tanto quanto non è colpa mia...” borbottò “Torniamo a letto e cerchiamo di dormire, temo che domani ci aspetterà una brutta giornata”

David annuì con il capo, troppo sconvolto per parlare, scivolando giù dal suo letto per raggiungere il proprio e infilarsi sotto le coperte, le guance in fiamme.

Si coprì fino alle orecchie con le lenzuola, imponendosi di non pensare assolutamente a quanto era appena avvenuto.

Aveva baciato un ragazzo.

Il suo primo bacio... ad un maschio!

Con un gemito David affondò il capo nel cuscino e pregò di morire soffocato.

 

...

 

Non fu un bel buongiorno.

La sveglia li buttò giù dal letto con il suo trillo infernale e i due si trovarono a fronteggiarsi per un momento, in silenzio.

“Nemmeno tu hai dormito gran che...” mormorò David notando le occhiaie sotto gli occhi dorati del compagno di stanza.

“Già...” borbottò il moro uscendo da sotto le coperte e David distolse lo sguardo, arrossendo, nel notare che indossava solo i pantaloni del pigiama.

La notte prima aveva passato le mani su quei muscoli che ora si offrivano alla carezza del sole.

Si chiese se anche Ethan rammentasse quanto era avvenuto tra loro.

Lui... lui... si era strusciato contro il suo inguine.

La sola idea lo riempiva di vergogna scaldandogli le guance d’imbarazzo.

Era stato tormentato per tutta la notte dal ricordo della sua pelle sotto le mani, del tocco gentile, sensuale e riverente, della sua lingua nella propria bocca.

Insomma... si erano baciati.

Baciati!

Gli girava la testa.

 

...

 

La giornata non era cominciata bene e stava proseguendo peggio.

Il loro ingresso in mensa scatenò una serie di bisbigli e occhiate che David si sforzò di ignorare senza molto successo mentre Ethan lo superava per raggiungere un tavolo appartato e consumare la colazione in solitudine.

David invece raggiunse Jonathan che lo stava aspettando con evidente trepidazione.

“Non mi chiedere niente!” gli ingiunse non appena si accorse che il suo migliore amico stava per aprire bocca.

“Volevo solo sapere se è vero?!” protestò il biondo.

“Se è vero cosa?” borbottò David sorseggiando con gratitudine il caffè.

“Questo!” esclamò Jonathan piazzandogli sotto il naso una copia di quello che doveva essere il giornale scolastico.

David rischiò seriamente di soffocare.

In copertina campeggiavano lui e Ethan così come li aveva immortalati Kei solo qualche ora prima, arruffati, con le guance in fiamme, i pigiami spiegazzati... nello stesso letto.

“La stanza 377 colpisce ancora!” campeggiava a lettere cubitali sopra la fotografia.

Poco più sotto era riportata la leggenda così come Rei l’aveva raccontata loro, una specie di bollettino su quanto ci avessero messo i precedenti occupanti della camera 377 a dichiararsi e due brevi profili, uno a fianco all’altro, sotto due piccole foto delle loro facce.

David scoprì che la madre di Ethan era indiana e suo padre inglese prima di scorrere velocemente il resto dell’articolo notando con allarme che la maggior parte delle coppie si era formata dopo solo quattro-cinque mesi, solo Carl e Tomas avevano impiegato ben due anni prima di arrendersi.

“Oddio...” gemette stringendo tra le mani il giornale mentre un atroce sospetto si faceva strada nella sua mente, si voltò lentamente, pregando disperatamente di essersi sbagliato ma ciò che più temeva trovò concreta realizzazione sotto i suoi occhi: tutti gli studenti sembravano avere una copia del Saint Jamens Journal.

“Oddio...”  pigolò affondando il volto incandescente tra le mani.

 

...

 

David si diresse mogio mogio in classe scoprendo con suo enorme disappunto che Ethan era stato assegnato alla sua stessa aula.

Il brunetto incontrò il suo sguardo sopra le teste dei compagni di classe ma lo distolse in fretta quando notò che tutti li stavano osservando, aspettandosi evidentemente che succedesse qualcosa di eclatante.

Anche il loro insegnante di lettere rivolse loro un occhiata attenta prima di cominciare la sua lezione.

“Weiss, Sharin”, li chiamò quando suonò la campanella che segnalava l’intervallo per il pranzo, “venite con me un momento” disse facendo loro segno di seguirlo.

“Questa è l’infermeria” spiegò dopo averli accompagnati attraverso i corridoi fino ad un ala un po’ più isolata dell’edificio scolastico, sollevando una mano per bussare.

Dall’interno giunse un trambusto violento, qualcosa andò in frantumi sonoramente, seguito da un imprecazione colorita.

Il professor Oliver Quins sollevò gli occhi al cielo mentre la porta si apriva e un uomo dall’aria scarmigliata porgeva loro un luminoso sorriso.

“Stavi di nuovo dormendo durante l’orario di lavoro?” lo rimproverò Quins

“Chi io?” chiese l’altro passandosi le mani tra i scarmigliati capelli rossi per dar loro una veloce sistemata “Assolutamente no!” negò con aria oltraggiata, affrettandosi a tirare la tenda che separava la zona dei letti per i pazienti dallo studio, senza riuscire tuttavia a nascondere che, uno dei giacigli, era sfatto.

“Oh ma voi siete... loro!” disse invece fissando i due ragazzi, afferrando una copia del giornale scolastico per additare la fotografia.

David arrossì violentemente e Ethan sbuffò massaggiandosi le tempie, contrariato.

“Ho qui quello che vi serve!” sentenziò il medico voltandosi per frugare tra i cassetti della sua scrivania “Ecco!” esclamò mettendo una scatolina nelle mani di David “Non fatevi problemi se ve ne servono degli altri, sono a vostra disposizione!” disse con un ampio sorriso mentre il ragazzo abbassava lo sguardo sulla confezione blu, perplesso.

“Pre..pre...preservativi?!” ansimò mentre il suo viso diventava incandescente.

Anche Ethan sgranò gli occhi mentre le sue guance si tingevano di rosso.

“Mattew!” protestò Oliver incredulo “Non è per quello che te li ho portarti!” ringhiò.

“Ah no?” chiese stupito il medico.

“NO!” tuonò l’insegnante di lettere prima di fare un lungo sospiro per cercare di recuperare la calma “Pensavo che potessi dar loro un leggero sonnifero in modo che dormano la notte” spiegò.

David si volse a fissare l’uomo con occhi lucenti decidendo immediatamente che sarebbe stato il suo insegnante preferito.

“Oh...” borbottò il medico, deluso “...tu sei contro l’amore” pigolò riprendendo a cercare tra i cassetti.

L’insegnante sbuffò “Sono contro gli studenti che dormono in classe!” sentenziò.

Mattews scosse il capo, mogio, ma consegnò ai due alcune bustine di sonnifero “Non esagerate con questa roba...” borbottò “...e sappiate comunque che non funzionerà” ghignò.

“Che significa?” chiese perplesso Ethan.

Il medico scosse il capo “Da quando lavoro qui ne ho viste di tutti i colori per fermare Drake e Jean e credetemi... l’unica cosa che vi serve veramente sono quelli!” disse indicando la scatola di preservativi.

 

...

 

Nonostante le parole del medico David trangugiò il sonnifero con la soddisfatta convinzione di aver trovato la soluzione a tutti i suoi problemi.

Regalò un sorriso e un “Buona notte!” a Ethan che a sua volta beveva il sonnifero e si coricò soddisfatto sotto le coperte.

 

...

 

“Drake...”

David scosse delicatamente il compagno senza ottenere risposta.

“Drake...?”  lo chiamò piano accarezzandogli il viso con dolcezza “Non lasciarmi solo Drake...” sussurrò con voce rotta “Non posso stare senza di te...” mormorò scostando le coperte, stendendoglisi a fianco.

“Drake...” singhiozzò piano, affondando il viso contro la sua spalla.

“Non ti lascerò solo piccolo...” mormorò dolcemente Ethan sollevando una mano per passarla sulle guance bagnate di lacrime del compagno.

“Drake!” esclamò David, sollevando il viso di scatto, un sorriso splendente come il sorgere del sole ad illuminargli il volto “Mi ero spaventato!!” mormorò allungandosi per baciargli le labbra.

Ethan ricambiò il bacio passandogli dolcemente le dita tra i riccioli castani.

“Te l’ho promesso Jean, ricordi?” gli sussurrò dolcemente, cullandolo tra le proprie braccia.

“Sì...” soffiò David accocolandoglisi contro “Insieme...” mormorò stancamente.

“Per sempre.” completò per lui Ethan stringendolo protettivamente a sè.

 

...

 

La sveglia trillava fastidiosa ma David non aveva voglia di allungarsi per spegnerla.

Si sentiva bene.

Bene come forse non si era mai sentito in vita sua.

Così in pace, così al sicuro.

Strofinò delicatamente la guancia contro il cuscino, ispirandone il lieve profumo di pino e questi mugolò piano mentre un paio di braccia lo stringevano dolcemente a se.

 

Da quando il suo cuscino mugolava?

 

Il brunetto sussultò violentemente scostandosi di scatto, con gli occhi sbarrati, ritrovandosi a fissare il viso di Ethan, a pochi centimetri dal suo, mentre questi socchiudeva piano le palpebre per spostare lo sguardo dorato su di lui.

E, per un momento, David dimenticò tutto nel notare l’aria spersa che il suo compagno aveva al risveglio, ritrovandosi ad allungare istintivamente una mano per scostargli una ciocca scura che gli era scivolata sulla fronte, prima di trasalire, incredulo.

Che diamine gli era saltato in mente?!

“Da..david?!” ansimò Ethan sbarrando gli occhi, improvvisamente desto e consapevole della loro posizione.

Il ragazzo balzò indietro cadendo dal letto “Di nuovo... è successo di nuovo...” sussultò coprendosi il volto con le mani.

Ethan allungò il braccio zittendo la sveglia, prima di scivolare giù dal letto a sua volta ed avvicinarsi al compagno di stanza, sconvolto, a terra.

“David...” cominciò piano, senza sapere bene nemmeno lui che cosa voleva dirgli.

“No!” lo fermò l’altro “Non permetterò che questa cosa succeda ancora!” ringhiò e infilandosi in fretta i vestiti uscì di corsa dalla loro stanza lasciando Ethan a fissarlo con un espressione indecifrabile sul volto.

 

...

 

Se la stanza era maledetta bastava cambiare stanza!!

“Perchè non ci ho pensato subito?” borbottò tra sè e sè David dirigendosi verso l’ufficio del preside.

Non era poi così difficile, infondo.

Non aveva nessuna intenzione di ritrovarsi nuovamente in una situazione imbarazzante come quella della notte prima.

 

“Tutte le stanze sono già assegnate”

 

David fissò con occhi sgranati il direttore del Saint James.

“Non è possibile!” esclamò.

“Mi spiace” mormorò l’uomo.

“Va bene anche uno sgabuzzino!” protestò David disperato “Dormirò in biblioteca!”

Ma il preside scosse ostinatamente il capo “Mi dispiace ma non posso permettere che uno dei miei studenti dorma in biblioteca” sentenziò.

 

...

 

“Non posso permettere che uno dei miei studenti dorma in biblioteca...” lo scimmiottò tra sè e sè David andando verso la propria classe con l’umore sotto le scarpe.

“Però può permettere che dorma con Ethan!” sbottò cupo.

“Dormite già insieme?! Wow è un record!” esclamò una voce conosciuta facendogli fare un salto di due metri.

“Kei!” ansimò portandosi le mani al cuore.

“Sono Rei...” lo corresse il biondino.

“Ah... scusa... Rei allora... non spaventarmi più così!” sbottò.

“Guarda che io ti ho chiamato sei tu che eri tutto perso a borbottare da solo!” gli fece notare.

“Scusa...” ripetè David cupo.

“Vanno così male le cose?” gli chiese l’altro osservandolo con attenzione.

David scosse il capo piano “No comment...” mormorò ricordando che i due gemelli lavoravano per il giornale scolastico.

Rei ridacchiò “Come vuoi” esclamò scuotendo le spalle “Ma accetta un consiglio: arrenditi! Sarai molto più felice. Non ho mai visto una coppia affiatata come Carl e Tomas.”

“Carl e Tomas?” chiese perplesso il ragazzo.

“I precedenti occupanti della 377, si sono diplomati l’anno scorso” spiegò “Non l’avresti mai detto, erano diversi come il giorno e la notte e all’inizio litigavano in continuazione, si sono mandati in infermeria reciprocamente non so quante volte!!” rise ricordando “Ma quando alla fine si sono dichiarati...” sospirò scuotendo il capo “Si comprendevano al volo. Sembravano quasi telepatici! E non c’era verso di tenerli distanti uno dall’altro. Credo che vivano insieme adesso” mormorò con un nota d’invidia nella voce e David lo fissò sorpreso.

“Ti piacciono i ragazzi?” chiese colto improvvisamente da quel sospetto.

Si aspettava un diniego ma Rei annuì tranquillamente, senza imbarazzo “Avevo avvicinato Ethan perchè è proprio il mio tipo” gli rivelò con un ghigno “Ma quando mi ha detto il suo nome ho accantonato ogni speranza” borbottò guadagnandosi un occhiata incredula.

“Ti piace Ethan?!” domandò David avvertendo un inspiegabile fitta di rabbia.

“Non puoi negare che sia un gran bel ragazzo, con quell’aria da gattino selvatico poi...”  gli occhi verdi gli scintillarono di malizia “Viene voglia di metterlo sotto per sentirlo miagolare...”

“Rei!” tuonò David con gli occhi sbarrati, rosso come un peperone.

L’altro lo fissò sorridendo sornione prima di scuotere le spalle con indifferenza “Magari la vostra sarà la prima coppia che smentisce la tradizione della 377 così lui me lo prenderò io!” esclamò salutandolo con una mano nel entrare nella propria classe.

David fissò sconvolto la porta che si chiudeva alle spalle del biondo chiedendosi perchè, tutto d’un tratto avesse una gran voglia di togliergli dalla faccia quel suo sorriso sfrontato... magari a suon di pugni!

 

...

 

David aveva passato tutta la lezione a chiedersi se era il caso di mettere in guardia Ethan dimenticandosi il suo proposito di cambiare stanza almeno finchè non incrociò il medico in mensa.

“Allora hanno funzionato i sonniferi?” gli chiese l’uomo con un ghigno.

“Perfettamente!” rispose il moro, mentendo spudoratamente, mentre un illuminazione gli saettava nello sguardo.

L’infermeria!

Perchè non ci aveva pensato prima.

Li c’erano anche i letti.

Avrebbe dormito benissimo e senza rischi.

Bastava che si portasse appresso una sveglia per ricordarsi di andarsene prima che arrivasse qualcuno!

Confortato dal suo piano David uscì fischiettando dalla mensa.

 

...

 

Il moretto attese che fosse abbastanza tardi da non rischiare d’incontrare qualcuno in giro e, munito di pigiama e sveglia, scivolò per i corridoi del dormitorio, uscì dall’edificio ed entrò in quello scolastico dirigendosi verso l’infermeria.

Schivò abilmente un paio di bidelli e raggiunse l’obbiettivo.

Ghignò soddisfatto nel sfilarsi la divisa e infilarsi il pigiama prima di scivolare sotto le lenzuola bianche.

Il letto non era comodo come quello del dormitorio e faceva un po’ freddo ma non rischiava assalti notturni.

“Magnifico!” esclamò tra sè e sè affondando il viso nel cuscino.

Con un sorriso soddisfatto si addormentò.

 

...

 

I bidelli lo avevano chiuso fuori.

David imprecò piano guardandosi attorno.

A piedi nudi, sull’erba umida, fece il giro del dormitorio sollevando lo sguardo verso il terzo piano, laddove una finestra uguale alle altre, buia come le altre, custodiva il suo amante.

“Maledetto ragazzino cocciuto!” ringhiò tra sè e sè.

Le porte del dormitorio erano state chiuse per cui l’unica maniera che aveva per raggiungere Drake era arrampicarsi.

“Spero per te che tu sia una persona agile!” borbottò adocchiando la grondaia che passava proprio accanto alla finestra della loro camera.

“Arrivo Drake, aspettami...” disse prima di arrotolarsi le maniche del pigiama e, fatto perno sul primo di una serie di ganci che ancoravano la grondaia all’edificio di pietra, cominciò la scalata.

Imponendosi di non guardare di sotto giunse miracolosamente illeso fino alla finestra scoprendo però che non era così vicina come credeva.

“Me**a!” ringhiò allungando un braccio nel vuoto per raggiungere il davanzale.

La sua mano scivolò sul marmo reso viscido dall’umidità notturna ma il ragazzo non si diede per vinto, provando nuovamente.

Le sue dita trovarono finalmente un appiglio e David stava quasi per lasciarsi andare ad un’esclamazione di sollievo quando il suo piede destro scivolò sul ferro, facendogli bruscamente perdere l’appoggio.

Il metallo gli tagliò la pianta delicata facendolo sussultare, riportandolo bruscamente al presente.

 

Solo la sua prontezza di riflessi gli permise di non cadere.

 

Era appeso con una sola mano al balcone della loro camera ad almeno dodici metri d’altezza.

“Oddio...” ansimò guadandosi attorno con occhi terrorizzati.

 

Quell’idiota di un fantasma!

Possibile che fosse riuscito ad usarlo anche se non dormiva nella camera?

E come cavolo gli era venuto in mente di arrampicarsi sulla facciata esterna dell’edificio!

Rischiava l’osso del collo!

Certo lui era già morto...

 

Stringendo i denti e pregando tutti i santi del paradiso David cercò a tentoni un appiglio per i piedi senza tuttavia riuscire a trovarlo.

Sentendo le dita perdere lentamente ma inesorabilmente la presa e gli occhi riempirglisi di lacrime per la paura  abbandonò ogni ritegno e cominciò a chiamare Ethan con quanto fiato aveva in gola.

Alcune finestre di accesero qua e là come grandi occhi quadrati nella facciata bianca prima che anche quella sopra di lui si illuminasse e il moro facesse capolino sbiancando un secondo più tardi.

“David! Che diamine fai lì!” ansimò allungando le braccia per afferrarlo proprio nel momento in cui le dita del ragazzo scivolavano sul marmo viscido.

Dimostrando di possedere una forza notevole, Ethan lo prese per il polso, sbilanciandosi pericolosamente verso il vuoto, per issarlo poi contro il balcone. Il moretto riuscì a fare perno contro la parete e a spingersi verso di lui cadendogli addosso, finalmente al sicuro nella loro camera, prima che qualcun altro mettesse la testa fuori e vedesse che cosa stava succedendo.

Troppo scosso dalla paura per pensare ad altro David si strinse al compagno tremando come una foglia cominciando a singhiozzare senza riuscire a fermarsi.

“Hey...hey... calma...” cercò di tranquillizzarlo il moro, accarezzandogli piano la schiena, in imbarazzo.

“Cre... credevo che sarei caduto... credevo che...” ansimò David tra le sue braccia.

“Va tutto bene... sei al sicuro adesso.” lo calmò dolcemente Ethan stringendolo a se.

David annuì piano cercando di trarre qualche respiro tremante, senza tuttavia aver il coraggio di staccarsi da lui.

Per un momento... per un momento aveva creduto davvero che sarebbe morto.

Le sue dita avevano perso la presa e lui si era sentito precipitare.

Ma poi la mano di Ethan l’aveva afferrato.

 

L’aveva afferrato lanciandosi fuori dalla finestra rischiando di cadere a sua volta...

 

David sollevò lentamente il capo dalla sua spalla trovandosi a fissare il suo volto preoccupato.

“Stai meglio?” gli chiese il moro, piano.

Il ragazzo annuì accettando il suo aiuto per alzarsi.

Aveva però dimenticato la sua ferita che si fece prontamente ricordare quando David appoggiò a terra il piede.

“Che cos’hai?” mormorò Ethan quando lo sentì sussultare violentemente tra le braccia.

“C**o! Ma tu sanguini!” esclamò preoccupato accompagnandolo fino al letto per poi inginocchiarglisi davanti e prendergli delicatamente la caviglia tra le mani.

David arrossì cercando di allontanarlo “Non è niente...” mormorò.

“Stai sanguinando!” ripeté il moro esaminandogli il piede, prima di alzarsi e avvicinarsi alla porta per aprire la cassetta del pronto soccorso appesa al muro.

Ne estrasse disinfettante e garze procedendo a pulire la ferita come meglio poteva prima di fasciargliela con cura.

“Ecco..” mormorò a lavoro ultimato sollevando il viso per fissare il compagno “...ma domani è meglio se ti fai vedere in infermeria”

David si limitò ad annuire, a capo chino.

 

Era rimasto stranamente in silenzio durante tutta la medicazione e il moro cominciava di nuovo a impensierirsi.

 

“Adesso mi dici che diamine stavi combinando?” gli chiese “Stavi cercando di ammazzarti!?”

“Stavo cercando di venire da te!” esplose il ragazzo sollevando il capo per piantargli gli occhi liquidi in volto.

Ethan sussultò fissandolo stupito e David allungò una mano per passargliela delicatamente tra i capelli scuri mentre l’altro lo fissava immobile, con gli occhi sgranati.

“Perchè devo essere sempre io a cercarti Drake?” gli soffiò allungando il viso verso il suo.

“Da...david?” balbettò Ethan pallido come uno straccio.

“E’ svenuto...” mormorò il brunetto “La stanchezza... o forse lo shock...” spiegò con una scossa di spalle “Io sono Jean” disse porgendogli un morbido sorriso.

Il moro lo fissò incredulo prima di ansimare un: “Oh ca**o!”

Ci fu un momento di silenzio e poi il ragazzo trasse un lungo sospiro: “In tutti questi anni non hai ancora imparato ad essere paziente, Jean?” mormorò dolcemente “Adesso è svenuto anche lui” borbottò.

David mise il broncio fissandolo cupo “Drake ho aspettato per tutti i tre mesi delle vacanze estive!!” protestò  “E ora che potevamo stare di nuovo insieme questo qui...” disse battendosi un colpetto sul petto “...fa di tutto per separarci!!”.

Ethan scosse il capo rassegnato “Hai fatto una cosa davvero avventata stasera, Jean” lo rimproverò serio “E voglio che tu mi prometta che non metterai mai più in pericolo la vita del tuo ospite”

“Ma ha tentato di dividerci!” protestò David.

Ethan sospirò prendendo il ragazzo tra le braccia “Piccolo mio...” mormorò “...mi ami troppo, lo sai?” soffiò dolcemente.

David lo strinse a sè affondando il capo nella sua spalla.

“Anche quella notte...” mormorò piano Ethan con voce improvvisamente spessa ma David sollevò il capo di scatto chiudendogli la bocca con la propria, impedendogli di continuare la frase.

“Non provare neanche a dirlo!” esclamò fissandolo torvo “Non avrei potuto vivere senza di te!! C**o Drake! Come potevi solo pensare che sarei stato a guardare mentre ti giustiziavano!” sussurrò con voce tremante prendendogli il volto con entrambe le mani.

Ethan inspirò piano, stringendolo nuovamente a se, appoggiando la fronte contro la sua spalla “Quando sono venuto a dirti addio e ti ho trovato con la fiala di veleno in mano, già mezza vuota...” sospirò contro il tessuto del suo pigiama “Ho pensato che sarei stato dannato per l’eternità per quello che ti avevo fatto”

David gli passò dolcemente le mani tra i capelli, lentamente, prima di costringerlo a sollevare il volto.

“Facciamo l’amore...” lo supplicò.

“Loro non sono ancora pronti piccolo...” mormorò Ethan accarezzandogli dolcemente il viso e David sbuffò, seccato.

“Non me ne importa niente!” sentenziò con fare infantile ma Drake ridacchiò stringendolo a sè.

“Non è vero” mormorò “E abbiamo promesso...” lo rimproverò dolcemente.

Il moretto sospirò stiracchiandosi voluttuosamente “E va bene, va bene... l’hai sempre vinta tu.” borbottò stendendosi sul letto, tendendogli le braccia “Almeno dormi con me?” supplicò con voce improvvisamente fragile.

Ethan si stese al suo fianco attirandolo a se “Ti amo Jean, lo sai?” gli soffiò sulle labbra.

“Lo so..” mormorò il moretto porgendogli un timido sorriso “Non lascerai che ci separino, vero?”

“Non mi separerebbero da te nemmeno uccidendomi!” scherzò Ethan prima di chinarsi sulle sue labbra.

David gli cinse le spalle con le braccia e le loro bocche si unirono in un lento, morbido, bacio.

“Buona notte amore mio...” mormorò Ethan accarezzandogli la schiena.

“Buona notte tesoro” fuseggiò David, intrecciando le gambe con le sue, appoggiandogli il capo contro la spalla, con un languido sospiro.

 

...

 

“David...”

Il ragazzo mugolò qualcosa stringendosi di più alla fonte di quel piacevole calore.

“David... per favore lasciami andare...” mormorò una voce accanto a lui, imbarazzata.

Il moretto socchiuse le palpebre specchiandosi negli occhi dorati del compagno prima di rendersi conto che lo teneva stretto contro di lui, le braccia attorno alla sua vita, le gambe intrecciate alle sue.

“Oh cielo!” ansimò lasciandolo andare di scatto mentre i ricordi della sera prima tornavano prepotentemente a farsi largo nella sua mente.

Ethan scivolò fuori dal letto velocemente affrettandosi ad aprire l’armadio.

David lo osservò perplesso trarne il necessario per la doccia prima che il suo compagno di stanza si eclissasse alla velocità della luce, senza neanche una parola.

 

Che cosa gli era preso tutto d’un tratto?

Perchè era scappato in quel modo?

Certo si erano trovati in una situazione davvero imbarazzante ma non era la prima volta e il moretto solitamente si comportava con molta più calma.

 

E poi perchè gli importava?

 

Ma soprattutto... perchè si sentiva vagamente ferito?

 

“Oh! Non ci voglio pensare!” ringhiò affondando il viso nel cuscino.

 

Sapeva di pino.

Il profumo di Ethan.

Era un buon profumo...

 

“Ma che diamine mi prende!” ansimò scagliando il cuscino attraverso la stanza, balzando in piedi deciso a cambiarsi, a scendere per fare colazione e cancellare dalla sua mente quell’ennesima nottata disastrosa.

Tuttavia non appena mise piede a terra l’arto ferito protestò e David non potè impedirsi di abbassare lo sguardo per osservare la fasciatura bianca.

Gli tornarono alla mente gli avvenimenti della sera e si ritrovò a pensare che il suo ricordo più nitido non era il dolore provocato dalla ferita, ne il terrore cieco di cadere, o la certezza, che l’aveva sfiorato per un momento, che sarebbe morto.

No, la cosa che rammentava con più chiarezza era la presa salda di Ethan sul suo polso.

Si avvicinò alla finestra e guardò giù, rabbrividendo.

Era un bel salto.

Eppure il suo compagno di stanza si era sporto nel vuoto per prendere lui.

“Poteva lasciarci la pelle con me...” mormorò piano stringendosi le braccia introno al corpo.

“Avrà agito d’istinto...” si disse cocciutamente, voltando la schiena alla finestra per fissare la porta chiusa oltre la quale il suo salvatore era scomparso.

Chissà che cosa aveva fatto per farlo scappare in quel modo...

“Basta! Basta! Basta!” ringhiò e afferrata la divisa di ricambio cominciò a vestirsi in fretta.

 

...

 

Ethan raggiunse il grande locale che fungeva da bagno ringraziando silenziosamente il suo angelo custode quando lo trovò praticamente deserto.

Buttato l’accappatoio su uno degli appendiabiti appositi si sfilò pantaloni e boxer e si affrettò ad infilarsi sotto il getto gelido della doccia.

Sperava disperatamente che David non se ne fosse accorto.

Quando si era svegliato aveva trovato il compagno di classe strettamente abbracciato a lui.

Per un momento aveva pensato di allontanarsi ma poi, per una qualche malsana curiosità si era messo ad osservarlo.

Aveva un’espressione così dolce quando dormiva.

Per non parlare della fiducia con cui si accoccolava contro di lui.

Senza sapere perchè Ethan aveva allungato una mano per sfiorargli una guancia accarezzandogli poi le labbra, delicatamente, e quando David le aveva istintivamente socchiuse per lui, strofinandosi contro il suo petto, il suo cervello era andato in tilt.

Si era ritrovato dolorosamente conscio delle loro gambe intrecciate, terribilmente consapevole delle loro labbra così vicine e non aveva potuto fare a meno di ricordare quando quelle stesse labbra avevano sussurrato con tanta passione: “Facciamo l’amore...”

Prima che potesse impedirselo Ethan si era trovato eccitato.

Dannatamente eccitato.

Aveva cercato disperatamente di svegliare David, di allontanarlo da sè, con il risultato che il ragazzo, nell’incoscienza del sonno, si era strofinato contro i suoi fianchi mandando scariche elettriche lungo tutta la sua schiena.

E Ethan aveva capito che c’erano due sole opzioni per lui... o scappava o lo rovesciava sul materasso e sperava che l’altro si bevesse che non era lui ma il fantasma di Drake quello che stava cercando di violentarlo!

“Me**a! Me**a! Me**a!” imprecò sollevando il viso per offrirlo all’acqua gelida.

David era stato fin troppo chiaro su quel punto.

La sola idea sembrava sconvolgerlo completamente.

Ed Ethan si era ben guardato dal dirgli che lui, invece, ci avrebbe fatto più che un pensierino.

D’altronde lui era gay e David era dannatamente attraente.

“Consigli?” chiese al silenzio intorno a lui.

Naturalmente Drake non gli rispose.

Non che se lo fosse aspettato in effetti.

Si chiese come avrebbe dovuto comportarsi da quel momento in poi: la situazione si stava dannatamente complicando.

 

continua...

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