Oh my God!! 17                                 Back to Original  Back to Home

 

Allan sorseggiò la sua seconda tazza di caffè cercando di reprimere uno sbadiglio.

Erano tornati dal Broken verso le quattro del mattino ma almeno avevano trovato le informazioni che cercavano.

Presto Raily non avrebbe più avuto di che preoccuparsi.

L’ingresso di uno, stranamente, arruffato Zenan lo distrasse dia suoi pensieri e il caffè bollente rischiò seriamente di andargli di traverso quando il suo sguardo si posò sul collo dell’amico.

“Zenan!” esclamò ridendo sommessamente “Non credi che cominciare con il sadomaso sia un po’ troppo per il piccolo Sefire?” gli chiese divertito.

Il dio della Sapienza lo fissò perplesso ed Allan gli sfiorò con le dita la base della gola su cui spiccava, poco sopra il colletto candido della camicia, un segno rosso.

“Cos’è un morso o un succhiotto?” cinguettò con una luce sorniona negli occhi verdi.

Zenan arrossì portandosi velocemente la mano alla parte lesa, richiamando il suo potere per celare ad occhi indiscreti il marchio che Sefire gli aveva lasciato solo la sera prima, giusto qualche secondo prima che Valery e Raily piombassero nella cucina, freschi e riposati, seguiti da un assonnato Victor.

Allan trattenne ogni ulteriore commento cominciando a servire la colazione alla figlia limitandosi ad un’occhiata maliziosa quando anche Sefire si unì a loro con l’aria stanca ma un’espressione la cui unica definizione accettabile era: beata.

Nascose un sorriso dietro il suo caffè, divertito.

I due sembravano aver risolto i loro problemi senza che ci fosse bisogno di aiuto esterno.

Ne era felice, Zenan aveva bisogno di un compagno e Sefire era la persona adatta a scioglierlo un po’.

Sbirciò di sottecchi anche gli altri, controllando la situazione come una chioccia avrebbe vegliato sui suoi pulcini, decidendo che sembrava finalmente tutto in ordine.

Sefire e Zenan avevano risolto i loro problemi, Valery e Raily avevano stretto una bella amicizia ed erano sereni nonostante la situazione, Clavis dormiva nel loro letto, i poliziotti ancora non si erano alzati a disturbate quella loro allegra quiete familiare.

Allan emise un sospiro soddisfatto che tuttavia si spezzò a metà un secondo più tardi.

 

Aveva visto un film horror, molto tempo prima, dove, l’ignaro protagonista di turno, veniva terrorizzato da una vocina bassa, sussurrante e falsamente mielosa, che pronunciava sinistramente il suo nome per annunciargli che era giunta l’ora di morire.

L’attore che interpretava la Morte in quel film si era probabilmente impegnato molto per far sì che la sua voce assumesse il più possibile un tono spettrale e sinistro in modo da far saltare sulla sedia lo spettatore e chissà quante volte aveva dovuto ripetere quella stessa battuta prima di ottenere un risultato vagamente accettabile.

Clhavishineriyas tuttavia, che della Morte era il Dominatore e l’Essenza, non dovette fare nessuno sforzo per far sì che il suo, terrificantemente dolcissimo: “Allaaaaaaaan...”, strisciasse tra loro come un alito gelido.

 

Nella cucina cadde un profondo, inquietante, silenzio.

 

Per un momento, nessuno si mosse, il respiro bloccato in gola, i corpi immobili, congelati nella posizione in cui quella voce li aveva colti.

Poi Victor balzò in piedi, visibilmente pallido e con un: “Mi sono ricordato che devo essere a scuola prima oggi!” scomparve... letteralmente.

Zenan infilò protettivamente un braccio intorno alla vita del suo compagno prima di fissare Valery e Raily.

“Che ne dite se facciamo colazione al bar stamattina?” propose un po’ troppo in fretta.

Valery era già sulla porta che dava all’esterno, Raily, al suo fianco, aveva prontamente raccolto cartelle e giacche, una mano già serrata sulla maniglia.

“Andiamo?” disse impaziente mentre il dio e l’angelo si affrettavano a raggiungerli.

Un istante più tardi Allan sentì le gomme del fuori strada di Zenan, stridere sull’asfalto, a causa della sua brusca partenza a razzo.

 

Nel momento in cui Clavis giunse in cucina, pochi secondi dopo essersi fatto preannunciare da quel suo, quanto mai spaventoso, tono, la stanza era deserta.

 

Il dio dell’Amore non ebbe nemmeno il tempo di proferire un debole: “Vigliacchi...” che si ritrovò a dover fronteggiare due occhi viola in cui lampeggiavano fulmini di collera argentea.

Il biondo signore di Amhor riassunse mentalmente tutto quello che aveva fatto nelle ultime ventiquattro ore alla ricerca di qualcosa che avesse potuto in qualche modo irritare il suo letale compagno in quella maniera senza tuttavia riuscire a trovare nulla.

Lo aveva lasciato che dormiva tranquillamente, prima di andare al Broken, e quando era tornato lo aveva trovato ugualmente addormentato, nel loro letto.

Il moro si era mosso solo quando lui si era infilato tra le coperte, per accoccolarglisi contro, con un sospiro soddisfatto.

 

Allora perchè, ora, aveva l’impressione di essere in pericolo?

 

“Che... che cosa ho fatto?” balbettò cercando di non indietreggiare quando l’altro gli si avvicinò.

“Non ti viene in mente niente?” chiese falsamente suadente Clavis facendo un altro passo verso di lui.

Allan scosse il capo serrando le labbra quando, a quel suo gesto, scorse una vena pulsare sulla fronte candida del suo amante.

“Ricordi quel giorno, a Morvit...” lo aiutò il moro piantandogli in volto le iridi viola.

“Ce...certo...” assentì Allan perplesso.

“Ricordi il tuo discorso con i Dieci ai piedi della mia dimora?” insinuò ancora il signore della Morte con quella voce che diventava sempre più bassa e pericolosa.

“Sì... sì...” balbettò il dio dell’Amore senza capire dove voleva arrivare l’altro “...Sefire ci ha riferito che tu avevi sentito tutto...” mormorò cercando freneticamente di ricordare.

“Non proprio tutto...” lo corresse il moro bloccandolo tra se e la credenza “...soltanto fino alla dichiarazione di Sefire...” precisò “...dopo ho smesso di ascoltare... sai com’è in quel momento avevo altro a cui pensare!” gli ricordò, con gelida ironia.

“E... e... allora?” chiese Allan che ancora non riusciva a capire quale fosse il problema.

“Si dà il caso che io abbia saputo che cosa tu abbia detto dopo...” ringhiò il moro, la cui rabbia sembrava direttamente proporzionale al tempo che il biondo stava impiegando per capire.

“Cosa ho detto?” domandò l’altro, ormai in balia del compagno.

“Tu...” sibilò il sovrano di Morvit “...hai detto a tutto il Consiglio Celeste che abbiamo fatto l’amore!” tuonò Clavis, l’aria che crepitava attorno a lui e un lieve rossore a colorargli le guance candide.

Allan sbarrò gli occhi ricordando. “Oh... quello...” disse commettendo il terrificante errore di rilassarsi.

“Sì QUELLO!” esplose il moro facendolo sussultare “Si dà il caso che QUELLI fossero affari privati!”

“Tesoro calmati...” cercò di blandirlo Allan posandogli le mani sulle braccia “...io volevo solo far capire loro che tra noi c’era qualcosa di diverso da un’infatuazione.” borbottò.

“E non potevi trovare un’altro modo!?” ringhiò il dio della Vita sottraendosi al suo tocco per allontanarsi di qualche passo, voltandogli le spalle.

“Ho parlato senza pensare...” cercò di giustificarsi Allan.

“Fai troppe cose senza pensare!” sbottò Clavis girandosi nuovamente verso di lui con uno scatto nervoso.

“Hey adesso non generalizzare!” protestò vivacemente il biondo.

“Vogliamo parlare del bacio a Zenan?” gli ricordò melifluo l’altro.

Allan aprì bocca per palare e poi la richiuse.

 

Non aveva tutti i torti.

 

Il moro sospirò e scosse il capo passandosi una mano tra i capelli, tornati uniformemente neri a beneficio dei due poliziotti che vivevano con loro.

“D’altronde...” sospirò “...anche quando hai rinunciato ai tuoi poteri per regredire al rango di angelo probabilmente hai agito senza riflettere...” mormorò quasi tra sè.

Il dio dell’Amore gli sorrise, avvicinandoglisi per cingergli la vita con le braccia e il moro lo lasciò fare, appoggiando la schiena al suo petto.

“Posso innamorarmi di qualcun’altro?” gli chiese piano Clavis, posando una mano candida su quella dorata che gli accarezzava il ventre.

Allan ridacchiò, stringendolo più forte a sè “No, mi dispiace, non puoi scegliere chi amare...” gli sussurrò all’orecchio e Clavis sospirò voltando un poco il viso verso il suo. “Tu mi farai impazzire...” predisse.

“Spero di no...” mormorò Allan sfiorandogli una guancia con le labbra.

“E sono stato anche caldamente messo in guardia da tutto il Consiglio in proposito” borbottò ricordando la ramanzina che aveva ricevuto al suo ritorno da Morvit.

Il moro sbuffò e il dio dell’Amore gli accarezzò il collo con le labbra, scostandogli i lunghi capelli di tenebra con dita leggere.

“Ti ha fatto davvero arrabbiare così tanto?” chiese dopo un momento di silenzio, tornando serio.

Clavis gli nascose il volto, lievemente arrossato, “Avrei preferito che non lo dicessi così...” borbottò piano.

“Cercherò di essere più riservato...” promise Allan dolcemente prima che nei suoi occhi si accendesse una luce birichina “Dammi il tempo di convocare uno dei miei cherubini...” mormorò.

L’altro lo fissò sorpreso “Per fare cosa?”

“Per togliere i cartelli che ho fatto appendere per tutto il dominio celeste!” gli rivelò il biondo con un sorriso impudente.

Clavis sbattè le palpebre un paio di volte, incredulo, prima che le iridi viola gli si tingessero di rosso.

“Tu!” sibilò voltandosi di scatto nel suo abbraccio sollevando una mano attorno alla quale già scintillavano piccole folgori elettriche.

“Stavo scherzando!” gridò Allan evitando un fulmine per un soffio “Non hai il senso dell’umorismo!” disse abbassandosi di scatto per evitare una saetta che disintegrò la credenza dietro di lui.

“Tu non fare scherzi di questo tipo!” sbottò il dio furente.

Allan rise smaterializzandosi per comparire a pochi centimetri dal suo naso e, prima che l’altro avesse modo di fare alcunchè, lo afferrò per la vita e gli chiuse la bocca con la sua.

Clavis lottò con lui per qualche minuto prima che la loro schermaglia si trasformasse in un bacio appassionato che li lasciò ansimanti, appoggiati contro il muro della cucina.

“Mi piace questo modo di calmarti...” mormorò con voce roca il biondo ricostruendo la credenza con un gesto distratto della mano, prima di chinarsi nuovamente sulle labbra del compagno.

Clavis gli mugolò un insulto contro le labbra facendogli però scivolare le braccia intorno alla vita “Mi vendicherò in qualche modo” promise.

“Non vedo l’ora...” gli soffiò sulle labbra il dio dell’Amore cercandogli di nuovo la bocca con la propria, spingendo il compagno contro la parete.

Il moro gemette sommessamente lasciandosi andare al bacio dell’amante ritrovandosi nuovamente a perdersi in quel calore che lo aveva riportato alla Vita.

 

“Ah-hemm...”

 

Allan sussultò staccandosi dal compagno voltandosi a fronteggiare il nuovo venuto.

Era stato così preso da Clavis che non l’aveva nemmeno sentito arrivare.

L’aria leggermente confusa del moro gli fece intuire che anche l’altro era stato così ‘distratto’ da non avvertire la presenza del detective almeno finchè questo non aveva provveduto a farsi notare.

“Buongiorno...” mormorò lievemente imbarazzato Mark, guardandosi attorno “Che fine hanno fatto tutti gli altri?” chiese.

“Scappati.” borbottò Allan con una scrollata di spalle “Il suo collega?” domandò a sua volta, spostando una sedia per far accomodare il suo amante, allungandogli una tazza di caffè.

Mark ridacchiò, divertito “Ha mandato me in avan scoperta!” rivelò.

Clavis sbuffò prima di portare una ciocca scura dietro l’orecchio e sollevare la tazza che Allan gli aveva porto per annusarne il liquido scuro, arricciando il naso subito dopo, allontanandola da sè.

Allan sorrise nel notarlo e si avvicinò al fornello prendendo un pentolino di metallo “Prova questo...” mormorò dolcemente, versandogli il cioccolato in un’altra tazza.

Clavis lo avvicinò alle labbra con sospetto, soffiando il vapore prima di assaggiare il liquido denso.

“Sembra gelato bollente...” commentò perplesso, ignorando il loro spettatore.

“Hai assaggiato il gelato?” chiese il biondo, sorpreso.

Clavis annuì con un gesto vago tornando a sorseggiare la bevanda.

Mark li osservava perplesso.

“Non ha mai bevuto una cioccolata calda?” chiese mentre nei suoi occhi si accendeva una luce astuta “Dove viveva prima non l’avevano?” insinuò.

Il moro gli lanciò un’occhiata distratta prima di scuotere le spalle con indifferenza “Dove vivevo prima non avevo niente.” mormorò tranquillamente.

“Non doveva essere un bel posto.” commentò la voce fredda di John, giunto in quel momento in cucina, piantandogli gli occhi indagatori in volto.

Clavis lo fissò per un lungo momento senza rispondere e, sebbene non ci fosse nessuna minaccia particolare nelle sue iridi viola, il poliziotto non riuscì a sostenerne lo sguardo che per pochi istanti prima di essere costretto ad abbassare il proprio.

 

...

 

La brusca fuga del mattino aveva impedito a Zenan ed Allan di parlare per cui i due decisero di rincasare per pranzo in modo da decidere come muoversi.

 

Zenan aprì la porta d’ingresso dopo aver sondato l’atmosfera con un incantesimo.

Trovò i due poliziotti seduti sotto la veranda a fissare il giardino con sguardo vacuo.

“Così possiamo parlare tranquillamente...” spiegò il biondo venendogli incontro, notando la sua occhiata perplessa.

“Clhavishineriyas?” gli chiese allora, guardandosi intorno.

Allan sorrise dolcemente prima di indicargli il salotto, portandosi un dito alle labbra segnalandogli di fare silenzio.

Il dio moro era seduto su una poltrona, il capo reclinato di lato, un volume dell’enciclopedia illustrata abbandonata in grembo, profondamente addormentato.

“Andiamo in cucina...” mormorò piano Allan, scostando con delicatezza una lunga ciocca scura che era scivolata sul volto rilassato del compagno, prima di raccogliere il plaid, abbandonato sul divano, e coprire con tenerezza l’amante.

 

“Vedo che non ti ha annullato nonostante tutto.” scherzò Zenan aiutando l’amico ad apparecchiare il tavolo.

“Ci ha provato in effetti...” ridacchiò Allan “...ma il mio immenso fascino è riuscito a soggiogarlo ancora una volta!”

Il dio della Sapienza sbuffò scuotendo il capo, divertito, prima di tornare serio.

“Cerca di non tirare troppo la corda con lui...” lo ammonì.

“Lo so, lo so...” borbottò il biondo “Allora che cosa facciamo con quei tizi?” mormorò cambiando volutamente discorso.

Il dio della Sapienza si lasciò cadere su una sedia con un sospiro “Adesso che sappiamo chi è il nostro nemico dovremmo trovare il modo di far sì che gli umani sistemino la cosa tra loro” ragionò “Non è bene per noi intrometterci troppo.”

Allan annuì portandosi dietro l’orecchio un ricciolo biondo “Ma come?” 

“Mi viene in mente un modo solo.” mormorò Zenan cupo “Lasciamo che rapiscano Raily.”

“Zenan...” cominciò Allan perplesso.

Il dio della Sapienza sollevò una mano per bloccare le sue obiezioni “Non piace nemmeno a me.” ammise “Ma è la soluzione più rapida. Se la polizia trova in casa loro il figlio di Fisher non avranno scusanti ne possibilità di fuga. Ce li toglieremo dai piedi una volta per tutte” mormorò.

Allan si massaggiò una tempia, pensieroso.

L’idea non gli andava ma Zenan aveva ragione.

“Dobbiamo parlarne con i ragazzi” mormorò  ancora titubante.

“Non correranno rischi.” cercò di convincerlo l’altro.

“Non è comunque una bella esperienza per dei ragazzini” sbottò Allan cupo.

“Se aspettiamo che sia “La Muerte” a fare la prima mossa potrebbero volerci settimane se non mesi...” sbottò e Allan annuì conscio che l’amico aveva ragione.

Non poteva trascinare quella situazione all’infinito.

Avrebbe finito con sfibrarli e magari a spingerli a commettere qualche disattenzione.

Inoltre avrebbe preferito concludere la faccenda il prima possibile per un altro motivo.

“La Muerte” era il nome che la famiglia mafiosa Randell aveva scelto per sé e i suoi affiliati.

Erano potenti, organizzati e tenaci.

Ma non era quello che preoccupava maggiormente il biondo.

Ciò che gli dava maggiormente da pensare era l’idea che Clavis scoprisse come si facevano chiamare i loro antagonisti.

Nell’ambiente malavitoso erano piuttosto conosciuti e molto temuti anche in virtù di quel loro autoproclamarsi come i “dispensatori del sonno eterno”.

Non era certo che il reale detentore di quel titolo l’avrebbe presa con diplomazia e aveva già avuto modo di vedere che cosa era in grado di fare il suo amante se irritato.

Anche per degli dei quali erano loro sarebbe stato difficile cancellare dalla memoria di milioni di persone uno spettacolo quale Clavis aveva scatenato a Morvit senza contare che la Terra poteva risultare incredibilmente fragile.

Non c’era molta scelta.

Sospirò passandosi una mano tra i capelli biondi “E sia...” mormorò.

 

...

 

Quel pomeriggio, seduti in salotto, i due detective nuovamente assopiti con un incantesimo, Zenan espose dettagliatamente il loro piano agli altri e Raily risultò meno reticente di quello che Allan temeva.

Il biondo continuò comunque a fornirgli una serie di rassicurazioni interminabili a cui il ragazzo prestò relativa attenzione.

“In ogni momento, comunque, possiamo venire a prendervi se le cose dovessero mettersi male” aggiunse Zenan lanciando un occhiata a Sefire che non sembrava affatto preoccupato.

L’angelo gli porse un sorriso luminoso e per un momento il signore di Saphe perse il filo del discorso prima di riscuotersi e fissare gli amici raccolti attorno al tavolino di vetro.

“Obiezioni? Dubbi?” chiese.

 

Nessuno sembrò avere niente da dire.

 

“Quando lo facciamo?” domandò Raily che sembrava impaziente di mettere in pratica la cosa.

Allan non riusciva a capire se il ragazzo aveva una vena d’incoscienza, se semplicemente non vedeva l’ora di poter finalmente camminare tranquillo per strada o se avesse una cieca fiducia in loro, tuttavia quel comportamento lo sconcertava un po’.

“Ci serve qualche giorno per portare la polizia sulla pista giusta...” mormorò pensieroso Zenan “Non vogliamo che, saputo del rapimento, comincino a setacciare tutta la città, devono puntare dritti sulla famiglia Randell” spiegò.

“Che ne dite di venerdì?” propose Valery “Le attività del nostro club finiscono un po’ più tardi, vuol dire che usciremo da scuola quando non ci sarà quasi più nessuno in giro.” spiegò.

“Usciremo?” chiese perplesso Allan.

“Bhe anch’io faccio parte del club di teatro...” mormorò Valery fissando il padre con innocenza.

“Aspetta un momento!” esclamò il biondo balzando in piedi “Tu non fai parte del piano!”

“Ma sembrerà strano se Raily va in giro da solo! Stiamo sempre insieme!!” obbiettò Valery con un improvviso rossore sulle guance.

Raily le lanciò un’occhiata di sottecchi che la ragazzina ricambiò mentre Allan passava lo sguardo incredulo da uno all’altro.

“Mi sono perso qualcosa?” ringhiò piantando gli occhi verdi in volto al ragazzo che si fece improvvisamente più piccolo sulla poltrona.

“Ah ecco noi... io... cioè...” cominciò.

“Papà!” esclamò Valery balzando in piedi con le mani sui fianchi “Tu davvero sei l’ultimo che può parlare!” lo fronteggiò.

“Come ti permetti signorina!” tuonò lui accalorandosi.

“Signor Godman guardi che noi...” cercò d’intromettersi Raily.

“Tu sta zitto!” esclamarono padre e figlia, in perfetta sincronia, prima di tornare a fronteggiarsi.

“Sei troppo giovane per queste cose!” ringhiò Allan.

“Ho quindici anni!” protestò Valery alzando la voce.

“Appunto!” esclamò il dio.

“Forse sarebbe il caso di lasciarli soli...” borbottò Victor.

“Direi di sì” concordò Zenan alzandosi seguito da Sefire.

 

Padre e figlia stavano continuando a gridare uno contro l’altro senza degnarli di uno sguardo.

 

“Che succede?” mormorò Clavis, coprendo uno sbadiglio con la lunga mano affusolata, facendo fare un balzo ai tre esseri celesti.

Con tutta quella confusione non avevano sentito il tintinnio della campanellina che solitamente annunciava l’arrivo del dio della Morte.

“Un litigio tra padre e figlia” mormorò Sefire, ripresosi per primo “A quanto pare in tutta questa confusione nessuno si è accorto che Valery e Raily escono insieme” ridacchiò.

“Non usciamo insieme...” pigolò il moretto che osservava l’amica fronteggiare il padre senza timore nonostante l’aura dorata che cominciava a lampeggiargli tutt’intorno “E’ solo che abbiamo scoperto che stiamo bene insieme..” mormorò arrossendo.

“E fanno tutto questo baccano per così poco?” chiese perplesso Clavis.

Zenan ridacchiò “Allan sa essere terribilmente protettivo!!”

“Hmm...” mormorò il moro fissando i due che se ne stavano dicendo di tutti i colori “Fanno comunque troppo rumore...” mormorò massaggiandosi una tempia prima di aggirare il divano per avvicinarsi al biondo.

“Io non lo farei...” cercò di metterlo in guardia Sefire ma il dio della Vita era già arrivato accanto al compagno.

“Allan...” lo chiamò tranquillamente.

“Che cosa vuoi!?” ringhiò il biondo, fissandolo con occhi furenti.

Il signore di Morvit inarcò un sopracciglio.

 

Era la prima volta da quando lo conosceva che Allan si rivolgeva a lui in malo modo.

 

La cosa non gli piaceva.

Non gli piaceva per niente.

 

“Comunque sia non ho tempo adesso!” disse il biondo tornando a fronteggiare la figlia che lo fissava con occhi furenti e le mani sui fianchi.

 

E lo stava anche ignorando.

Clavis strinse la mascella mentre nello sguardo gli saettavano pericolose luci argentee.

 

“Mi sembra che stiate esagerando...” disse cercando di mantenere la calma, passando lo sguardo tra i due “Tu non sei forse il dio dell’Amore?” gli ricordò.

“Stanne fuori Clavis! Non sono affari che ti riguardano!” tuonò Allan cupo “Sono questioni di famiglia!” ringhiò.

 

Sefire sussultò e Zenan impallidì.

Il biondo tuttavia, troppo preso dalla discussione con la figlia, non sembrava essersi reso conto della portata di ciò che aveva detto.

 

Gli occhi del dio della Vita e della Morte erano due lastre di ghiaccio.

 

“Bene... se la metti su questo piano” sibilò “C’è qualcosa che dovresti sapere...”

“Qualunque cosa sia può aspettare Clavis!” tuonò l'altro e stava già per voltargli le spalle per l’ennesima volta quando il moro allungò il viso e gli sussurrò qualcosa all’orecchio.

 

E il dio di Amhor si paralizzò incredulo.

Il volto cinereo, gli occhi sgranati, la bocca spalancata per pronunciare una frase che non ricordava più.

 

La sua mente era totalmente bianca.

Un mare candido in cui fiammeggiava a lettere cubitali quello che Clavis gli aveva appena sussurrato all’orecchio.

 

“Tu... COSA?!” ansimò voltandosi verso il moro, incredulo.

“Non te n’eri accorto?” gli chiese dolcemente Clavis, ogni traccia della collera provata fino a pochi istanti prima, scomparsa, nel notare come il suo amante stesse tremando, da testa a piedi.

Allan aprì e richiuse la bocca un paio di volte incapace di parlare, incapace di pensare.

“Papà?” lo chiamò Valery preoccupata.

“Un... un... un...” ansimava Allan incapace di connettere.

Clavis gli sorrise accondiscendente “Non farti venire un infarto.” mormorò con gentilezza.

“Papà stai bene?” ripetè Valery dimentica della rabbia, troppo preoccupata per la reazione del padre.

“Un...” ansimò Allan per l’ultima volta poi i suoi occhi rotearono all’indietro e il dio perse i sensi con un rantolo.

“Papà!” esclamò pallida Valery cercando di sorreggerlo, prontamente aiutata da Raily.

“Oh non ti preoccupare si rimetterà presto...” mormorò tranquillamente il moro, con un sorriso soddisfatto, osservando i due che lo adagiavano sul divano “...e adesso che è tornata la pace, se non vi dispiace, io tornerei a dormire” mormorò con calma stiracchiandosi pigramente, prima di svanire con uno sbadiglio.

“Ma che cosa gli ha detto?” ansimò Sefire passando lo sguardo basito da Allan, svenuto sul divano, a Zenan come se si aspettasse che lui avesse tutte le risposte.

Il dio della Sapienza tuttavia scosse il capo, perplesso “Non lo so...” ammise “...e temo di non volerlo sapere!” mormorò piano.

 

continua....                                        

                                              

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