Oh my God!! 13                                Back to Original  Back to Home

 

“Co... cosa?” ansimò piano Zenan, incredulo.

“Riesco a vederti...” a malapena un sussurro leggero quello del ragazzo, la voce resa flebile dalla sorpresa.

Il Dio della Sapienza gli si avvicinò esitante, osservando quegli occhi azzurri seguire ogni suo movimento con attenzione.

 

La mente del dio lavorava velocemente.

 

Sefire riusciva a vederlo.

Riusciva a vederlo davvero!

 

Ma non era possibile.

Solo Clhavishineriyas stesso avrebbe potuto restituire la vista all’angelo.

 

Ma il Sovrano dalle Due Maschere era morto.

 

Doveva essere morto.

 

Non poteva essere sopravvissuto.

Era certo che Clavis non avrebbe nuovamente incatenato la sua anima tra Vita e Morte.

Aveva visto la rabbia e il dolore quando se n’era andato da casa Godman.

Aveva ritrovato i suoi sentimenti e non li avrebbe rinnegati di nuovo.

Piuttosto si sarebbe lasciato scindere.

 

Ed era quello che doveva essere successo.

 

Aveva sentito l’esplosione con cui si era spento.

Tutto il Dominio Celeste aveva tremato sotto l’onda d’urto della detonazione.

Quindi Vita e Morte erano riuscite a liberarsi dalle sue catene.

 

Ma allora perchè Sefire aveva riacquisito la vista?

Possibile che Clhavishineriyas fosse riuscito a dominarle?

Una volta libere?

Era impensabile!

Assurdo!

 

No.

Non era nemmeno concepibile.

 

“Zenan...” la voce di Victor lo costrinse a voltarsi  per guardare l’amico.

“...possibile che...?” sussurrò questi spostando lo sguardo sull’ampollina dorata, posata accanto al letto, al centro del comodino.

 

Il Dio della Forza pareva avere i suoi stessi dubbi.

 

Allan ce l’aveva fatta?

Era riuscito a salvare Clavis?

A fargli trovare dentro di se una forza superiore a quella di Vita e Morte?

Esisteva davvero un potere simile?

 

Non ebbe nemmeno il tempo di finire quel pensiero che con un esplosione lucente, la piccola ampolla finì in mille frammenti di vetro, liberando la fine polvere dorata che custodiva.

 

“Ma cosa!?” esclamò Sefire balzando in piedi.

La nuvoletta brillante volò velocemente verso il soffitto, il sospiro leggero della brezza, ancora fredda ma carica dell’inebriante profumo della terra, scivolò nella stanza entrando dalle grandi finestre divelte, accarezzando i loro volti, sparpagliando con un ultimo scintillio la luce.

 

“Papà...” ansimò Valery balzando in piedi e correndo fuori della stanza.

“Valery aspetta!” gridò Raily seguendola mentre anche Zenan Victor e Sefire le andavano dietro.

Seguendo l’istinto Valery svoltò velocemente per i corridoi fino a trovare una porta che conduceva sul grande piazzale antistante il maniero.

Sbucò, correndo, nello spiazzo prima di fermarsi di botto, incredula.

 

Uno strano silenzio permeava la valle.

Dopo tanto rumore.

Dopo tanto dolore.

 

Solo silenzio.

 

Soffuso, come pulviscolo leggero.

Evanescente, come quella luce che, debolmente, cominciava a filtrare tra le maglie delle nubi scure.

Il vento era un soffio leggero, poco più di un sussurro esitante come se, anch’egli, fosse timoroso di turbare quella quiete immota, irreale.

L’erba ondeggiava sotto la sua carezza tramutandosi in una ipnotica distesa di lievi onde smeraldo che si increspavano piano, senza un rumore.

Ovatta leggera, lo stormire dolce delle fronde, che accarezzavano lievi l’aria, con le foglie bagnate, restituendole la pioggia.

 

Zenan si guardò attorno confuso.

Sperduto.

Riconoscendo sul volto degli altri la stessa espressione spaurita.

 

Si sentiva un neonato che apriva per la prima volta gli occhi sul mondo.

Tremante e meravigliato di fronte all’azzurro e al verde della valle mentre le nubi si sfaldavano piano lasciando che la luce scivolasse nell’aria limpida.

 

Fu allora che cominciò a capire...

 

Quando il primo raggio di sole riuscì a districarsi tra le maglie delle coltri che si ritiravano in silenzio.

La luce tagliò l’azzurro smerigliandosi in miriadi di colori tra le infinite, minuscole, goccioline, che l’aria ancora tratteneva.

Pallido quanto un’illusione, effimero e delicato come il più bello dei sogni, l’arcobaleno si tese nell’aria azzurra tingendola di luci iridescenti, congiungendo cielo e terra.

Un’utopia che portava i colori della speranza, una realtà che nasceva dal bacio di due antitesi.

Sole e Pioggia, fuse, insieme, avevano generato quell’arco lucente che portava in se tutte le sfumature dell’universo.

 

I crateri aperti dai fulmini raccolsero l’acqua piovana tramutandosi in scintillanti specchi che riflettevano i nuovi colori del cielo mentre ogni piccola goccia si tramutava in una gemma scintillante accendendo l’erba, gli alberi, i fiori, di una luce candida.

Magnifica.

 

Pura.

 

Uno dopo l’altro, come piccoli angeli dalle ali lucenti, raggio dopo raggio, i fasci solari baciarono la terra, bagnandola con il loro calore spiegando le loro ali scintillanti.

Un falco spiccò il volo lanciando il suo grido di gioia mentre gli scoiattoli emergevano dalle piccole tane annusando l’aria con i nasini curiosi, passandosi velocemente le zampette tra la coda vaporosa, leggermente umida.

Gli usignoli si alzarono in volo, saettando tra i raggi del sole, rincorrendo la brezza profumata che faceva ondeggiare l’erba smeraldina.

Tra quei fili di seta cangiante, lentamente, uno dopo l’altro, i fiori schiusero le loro corolle accogliendo il sole con un sorriso colorato mentre le farfalle sbattevano le ali leggere, librandosi libere.

L’aria limpida riempì i loro polmoni con il suo profumo inebriante mentre uno dopo l’altro gli abitanti del dominio celeste uscivano dalle loro dimore a passi incerti, esitanti, di fronte a tanta paradisiaca meraviglia.

 

Il mondo attorno a loro aveva ripreso a respirare, dopo tanto dolore, con rinnovata forza, eppure... più lentamente.

 

Non c’era più affanno.

Non c’era più paura.

 

Soltanto una rinnovata, depurata, armonia.

Una limpida pace fatta di luminosa gioia.

 

Ogni respiro riempiva l’anima di luce.

Ogni suono si tramutava in musica.

Ogni cosa, dal sassolino all’enorme palazzo, ogni essere, dal coniglietto al Dio che immobile osservava la scena, senza fiato, acquistava nuova, candida, bellezza.

 

Era come...

 

 

....Rinascere....

 

 

“Non può essere...” ansimò Zenan eppure egli stesso non credeva alla sue parole.

Ciò che aveva dinanzi...

Ciò che gli gridava la sua anima...

 

Impossibile, urlava il cervello.

Realtà, rispondeva il cuore.

 

Di fonte a loro, un raggio di sole più luminoso degli altri condensò la sua luce schiudendola in scintillanti petali luminosi permettendogli di scorgere una figura ben nota.

 

“Papà...” mormorò Valery con le lacrime agli occhi mentre osservava il volto del genitore tendersi in un vittorioso sorriso.

“Non... non è possibile...” ansimò Victor senza fiato.

 

Ma le sue parole vennero presto smentite.

Allhanirayas si scostò leggermente tendendo una mano accanto a se, in attesa.

 

 

E tutto il dominio celeste tremò nel sentirlo arrivare.

 

 

Lo stormire delle fronde si alzò glorioso, un canto antico e dimenticato, che scivolò nell’aria profumata di pioggia accendendola di luce.

 

Una mano candida, elegante, si posò su quella dorata, tesa ad accoglierlo.

 

L’aree ebbe un palpito allargandosi intorno a lui in un’onda di pura forza.

Un potenza primordiale e devastante, che li avvolgeva nel suo piacevole abbraccio, che scaldava la loro anima con la sua luce.

Perchè del suo vivere si nutriva il loro.

 

Il vento fece danzare i lunghi capelli neri allargandoli attorno alla sua figura in un manto notturno, scintillante di stelle.

Lunghe ombre azzurre rincorsero le sorelle argentee generate dalle ciocche candide come neve che striavano quell’universo nero.

 

Luce nelle Tenebre.

 

La lunga veste di seta bianca volteggiò attorno alla sua figura maestosa come grandi ali, candide, accecanti.

Vuoto assoluto in cui le linee nere di eleganti arabeschi tracciavano disegni arcani creando forme sempre nuove, inafferrabili.

 

Caos nel Nulla.

 

Clavis prese la mano del compagno lasciando che gli occhi viola scivolassero sulla valle e sui suoi immobili, increduli, abitanti.

 

In quelle iridi incredibili...

 

La Fine e l’Inizio finalmente unite in un cerchio perfetto.

 

 

Vita e Morte.

Fuse.

Insieme.

 

 

“Mio dio...” ansimò Zenan crollando sulle ginocchia, incredulo.

 

L’impossibile si era tramutato in realtà.

 

Ogni regola infranta.

Ogni divieto svanito.

Ogni limite.... distrutto.

 

Clavis aveva fuso Vita e Morte e le aveva dominate.

 

E mentre tutto il mondo celeste cadeva in ginocchio di fronte a lui, Zenan si accorse che ora, quegli occhi viola erano aperti ma che nessun segno tagliava la sua pelle pallida.

 

Le linee delle Maschera scomparse... per sempre.

 

...

 

Clavis osservò perplesso le lunghe ciocche bianche che striavano i capelli neri, passandovi piano una mano pallida.

“Già avevi dei capelli strani...” sussurrò Allan abbracciandolo da dietro, osservando le loro figure, unite, nel grande specchio che dominava un angolo di quella camera familiare.

Era la sua.

Zenan gliela riservava ogni volta che andava a trovarlo e decideva di fermarsi a dormire da lui per qualche giorno.

Vi aveva portato Clavis per avere un attimo di pace prima di affrontare il Consiglio dei Dieci.

Immaginava di dover rispondere a molte domande.

Ben che non era sicuro di sapere che cos’era realmente successo.

Ricordava il potere di Clhavishineriyas che implodeva, ricordava di aver sentito l’aura enorme, devastante di Vita e Morte liberarsi.

La loro potenza era davvero qualcosa di indicibile e al di fuori di qualsiasi canone o legge.

Aveva a malapena avuto il tempo di avvertire la loro essenza che aveva perso i sensi.

 

Credeva di essere morto.

 

E invece si era svegliato.

Dopo un tempo che non avrebbe potuto quantificare, con Clhavishineriyas svenuto, tra le braccia.

Svenuto, ma vivo!

 

Gli era bastato uno sguardo per capire.

 

E quando Clavis aveva socchiuso le palpebre salutandolo con un debole “ciao” gli occhi viola fissi nei suoi, limpidi, liberi, aveva sentito il cuore scoppiare di gioia.

Nessuna linea aveva deturpato la pelle candida di quel viso androgino.

Nessuna Maschera aveva incatenato quell’anima innocente e pura che gli aveva sorriso debolmente prima di cercare le sue labbra con le proprie.

 

“Come stai?” gli chiese, ritornando al presente, scostando delicatamente una ciocca candida che era scivolata a velargli lo sguardo viola.

Clavis scosse le spalle “Non lo so ancora...” ammise.

Il biondo ridacchiò divertito “Di certo questa cosa ha avuto effetti devastanti su tutti gli altri...” disse allegro stringendolo a se.

Clavis sbuffò voltandosi nel suo abbraccio per posare il capo sulla sua spalla lasciando che il compagno gli accarezzasse dolcemente la schiena.

“Prima mi evitavano adesso svengono...” sbottò ricordando la ‘strage’ che aveva fatto non appena aveva cercato di avvicinarsi a Zenan ed agli altri.

Il Dio dell’Amore ridacchiò, ancora, rammentando a sua volta la scena.

“Non è divertente Allan!” protestò il moro sollevando il capo per lanciargli uno sguardo imbronciato.

Allhanirayas tuttavia non gli rispose allungando invece una mano per sfiorargli la guancia candida.

“Posso finalmente guardati negli occhi...” sussurrò abbassandosi a sfiorargli le labbra con le sue.

Clavis sospirò lasciandosi andare a quel bacio leggero, una carezza dolce sulle sue labbra, prima di regalargli un sorriso.

“E’ merito tuo...” gli ricordò ma Allan scosse il capo intrecciando le dita con le sue.

“Io ti ho mostrato solo il modo, il resto l’hai fatto da solo...” mormorò prima di sorridergli nuovamente “...sai se mi fermo a pensare a quello che hai fatto... accidenti dovresti spaventarmi a morte!” borbottò tra il serio e il faceto.

“Eh no, non ti ci mettere anche tu!” sbottò il moro contrariato.

Allan scosse le spalle con indifferenza stringendolo a se.

 

Gli sembrava ancora impossibile.

Nonostante lui stesso fosse stato la chiave per la vittoria ancora non credeva che Clavis avesse avuto davvero una forza simile.

Se si fermava a pensarci sarebbe svenuto volentieri anche lui.

 

Sorrise tra se e se riportando lo sguardo sul compagno “Allora dimmi Clavis, qual’è la prima cosa che vuoi fare adesso che sei libero?” chiese.

Il dio moro inclinò la testa di lato riflettendo per alcuni secondi, pensieroso.

 

Voglio fare l’amore con te.” decise dopo quella breve meditazione, esponendogli quella decisione con innocenza devastante.

 

Allan boccheggiò come un pesce fuor d’acqua mentre Clavis si voltava a fissare il cielo azzurro, fuori dalla grande finestra, lo sguardo lontano, perso nei suoi pensieri.

 

“Voglio vederti venire, sopra di me...” sussurrò mandando in completo black out la mente del Dio dell’Amore.

“L’altra volta non ho potuto guardarti...”, mormorò il Sovrano della Morte inconsapevole dell’effetto che avevano le sue parole sul compagno, “...ho dovuto tenere gli occhi chiusi per non liberare il mio potere...” ricordò, arrossendo lievemente, prima di voltarsi nuovamente  a guardarlo.

“Allan ti senti male?” chiese preoccupato, vedendo gli occhi sgranati dell’amante e notando che respirava in maniera piuttosto difficoltosa.

 

“Ma... ma come fai ad uscirtene con una cosa così... così...” ansimò questi cercando disperatamente di mettere in fila parole che dessero un senso coerente ai suoi pensieri.

“Non vuoi?” si preoccupò il dio moro, reclinando il capo di lato, fissandolo con quello sguardo assolutamente limpido.

Allan boccheggiò, ancora, incredulo.

“No!!” esclamò “Cioè sì! Voglio, voglio eccome!” si corresse, al settimo cielo.

Non ebbe tuttavia  modo di dire altro che un paio di colpi decisi li avvertirono dell’arrivo di Zenan, nella stanza.

 

“Allan il consiglio è riunito e ti sta aspettando...” disse il Dio della Sapienza, lanciando uno sguardo timoroso a Clavis che scosse le spalle, scivolando fuori dall’abbraccio del compagno per dirigersi verso la grande finestra.

 

“Che aspetti!”  sbottò Allan contrariato lanciando un’occhiata alle ampie spalle dell’amante.

“Allan abbiamo bisogno di parlare!” disse serio il Dio della Sapienza, fissandolo con sguardo contrariato.

“Zenan tu sei un mio caro amico ma se non te ne vai alla velocità della luce giuro che ti strangolo!” ringhiò in tutta risposta il Dio dell’Amore.

“Allhanirayas non farli attendere...” lo blandì Clavis con un sorriso tranquillo.

“Ma... ma...” protestò il biondo sull’orlo delle lacrime.

“Niente ‘ma’!” lo rimproverò Zenan e, preso l’amico per la veste, cominciò a trascinarlo verso la sala del consiglio mentre questi lo malediva in tutte le lingue che conosceva.

 

E non erano poche!

 

 

continua.....

                                                                            

 

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