Oh my God!! 10                                 Back to Original  Back to Home

 

Allan ebbe a malapena il tempo di staccarsi dalle labbra dell’amico prima che tutta la parete che dava sul giardino svanisse, tramutandosi in cenere.

Sefire fu letteralmente scagliato tra le braccia di Zenan che fu scaraventato a sua volta, a terra, dall’onda d’urto mentre il divano, il tavolino di cristallo, il televisore e quant’altro si trovava tra Clavis e il Dio dell’Amore veniva disintegrato dall’ira cieca del moro.

“Cla... Clavis...” tentò di fermarlo Allan ma non ebbe modo di dire nulla che si ritrovò sbattuto contro la parete alle sue spalle, l’unica del salotto ancora in piedi, le dita candide del Sovrano dalle Due Maschere che gli serravano la gola in una presa ferrea, tenendolo premuto contro il muro, sollevato di alcuni centimetri da terra.

“Tu...” ringhiò con voce spaventosamente bassa e sibilante Clhavishineriyas mentre gli occhiali sul suo volto esplodevano con uno scricchiolio vitreo, liberando gli occhi viola e il loro potere.

Allan boccheggiò ritrovandosi a fissare quei due diamanti screziati di tenebra, le pupille sottili, affilate come lame aguzze.

Doveva cercare un modo per spiegargli.

E doveva farlo dannatamente alla svelta!

 

La sua mente per un momento gli fece notare che quella era una scenata di gelosia.

Una scenata in piena regola!

Clavis era geloso di lui!

 

Avrebbe fatto i salti di gioia se solo la sua prospettiva di vita non si stesse drasticamente riducendo a pochi secondi.

Richiamando disperatamente le poche forze che aveva sollevò le mani e le appoggiò su quelle del dio furioso.

“Calmati...” ansimò piano “...lascia che ti spieghi”.

“Non toccarmi!!” sibilò il moro mentre sul volto candido le linee nere della maschera si allungavano a ghermire la sua pelle perfetta, tracciando spire spezzate.

“Mi fai schifo!” sussurrò con disprezzo scagliando il biondo lontano, come se si trattasse di una bambola priva di peso.

“Aspetta maledizione Clavis! Lascia che ti spieghi!” ansimò Allan, cercando con qualche difficoltà di rimettersi in piedi.

 

Gli occhi del Dio della Vita e della Morte si fissarono su di lui, gelidi.

 

Due oceani di rabbia candida.

Laghi di azzurra disperazione.

Lame violacee di furore.

Neri abissi di delusione.

E acuminate schegge d’ira argentea.

 

Quelle iridi magnifiche non erano più semplici specchi vuoti.

C’era un’anima in essi.

 

Un’anima oscura e pallida la contempo.

Finalmente libera.

 

“Smettila!” gridò Clavis, strappandolo bruscamente dalla sua contemplazione.

La sua voce schioccò alterata, irriconoscibile, nella stanza divelta, squassata dal potere che ruggiva attorno a lui, privo di controllo, spazzando le macerie, riempiendo l’aria di scariche elettriche, impazzite.

Le linee sul suo volto austero si contorsero senza trovare pace, spezzandosi instabili, mentre la sua figura prendeva a scintillare pericolosamente.

E c’era qualcosa di diverso e terribile, in quei simboli, ora neri ora argentei, che agonizzavano senza pace sotto la pelle chiara del dio.

Qualcosa di... sbagliato.

 

“Clavis ascoltami!” il grido del biondo si perse nella rabbia degli elementi che si erano concentrati attorno al corpo dell’amante, gli occhi viola scintillanti, luminosi, due polle di luce elettrica in cui andavano esplodendo fiamme azzurre e fuochi argentei.

La maschera si contrasse, selvaggiamente, deformando il volto del dio in qualcosa di orribile e magnifico al contempo.

“Clavis!” gridò Allan, balzando in avanti, sfidando la forza di quell’energia priva di controllo.

 

C’era qualcosa di sbagliato.

Di profondamente sbagliato in ciò che stava accadendo dinanzi a lui.

 

Clhavishineriyas si portò le mani a coprirsi il volto sfigurato crollando in avanti, con un gemito straziato.

I capelli neri fluttuarono selvaggiamente attorno alla sua figura piegata, nell’aria furente, striandosi di chiocce candide, mentre la veste cambiava furiosamente colore passando dal nero al bianco, dal bianco al nero, senza sosta.

 

“Allan ha perso il controllo, fermalo!!” il grido angosciato di Zenan giunse troppo tardi.

 

Il Sovrano dalle Due Maschere si piegò in due stringendosi le braccia intorno al corpo lanciando un grido inumano.

Terribile.

Il verso di una belva impazzita.

La sua veste si squarciò rivelando il corpo candido del dio e Allan boccheggiò incredulo, incapace di muoversi, di pensare.

 

Le linee della Maschera...

 

Le linee stavano scivolando giù, lungo il collo di Clhavishineriyas, allungandosi sul suo petto, tagliando la pelle chiara, artigliando la sua carne nel segnarla con il loro disegno impazzito, ricoprendo velocemente tutto il suo corpo candido.

Il Dio della Morte si chiuse a riccio su se stesso mentre il suo potere collassava con una violenta detonazione che rase al suolo l’intera abitazione, scagliandoli lontano.

 

“No, no, no!” gridò Allan riemergendo a fatica dalle macerie, raccogliendo in fretta il suo potere e teletrasportandosi nella dimensione divina.

Non poteva averlo trovato solo per perderlo così!

Non aveva senso!

Si rimaterializzò alle soglie di Morvit, ancora incerto sul da farsi quando un suono cupo gli gelò il sangue nelle vene.

 

Sollevò il capo di scatto, osservando incredulo il cielo del Dominio Celeste.

Pioveva.

Pioveva a dirotto!!

Un lampo squarciò il cielo nero come la pece, il rombo del tuono che ne seguì fece tremare il suolo.

 

“Allhanirayas!” Zenanhash comparve al suo fianco con Sefire prima di impallidire brutalmente nell’alzare il viso verso la volta solitamente sempre illuminata da un sole scintillante.

“Santo cielo...” ansimò portandosi una mano a trattenere le ampie pieghe della sua veste da cerimonia, attirando Sefire a se, con l’altra, per proteggerlo da quell’ira innaturale.

 

Stava davvero succedendo ciò che temeva?

Ma non era possibile?

Non doveva essere possibile?

Allan non poteva essersi spinto così a fondo.

 

“Devo parlare con lui!” mormorò il Dio dell’Amore cercando di scorgere le possenti linee del castello, sulla cima dell’alto monte scuro.

“Non ti ascolterà mai!” gli fece notare Zenan, costretto a gridare per sovrastare il frastuono del cielo.

Un altra saetta squarciò le coltri nere mentre quella tenebra densa, sferzata a tratti dalla luce elettrica del temporale, sembrava calare inesorabile.

Un manto, buio, pesante, che soffocava la luce e toglieva il respiro mentre la pioggia continuava a inzuppare i loro abiti e il vento li schiaffeggiava con disprezzo.

La loro discussione fu interrotta da sette fasci di luce colorata che materializzarono altrettante persone.

 

Isabhellerien la magnifica Signora della Bellezza si portò una mano a trattenere la massa di riccioli biondi “Ma cosa...?” ansimò spaventata.

“I miei figli...” sussurrò con voce spezzata Laebell, Dea della Natura, osservando gli alberi bruciati dalla furia dei fulmini, gli occhi azzurri lucidi di lacrime.  

Gabryl le mise dolcemente un braccio attorno alla vita attirandola a se “Puniremo il colpevole!” la rassicurò decisa, la spada che la contraddistingueva come la Protettrice della Giustizia, stretta nella mano dorata.

“Per...perchè sta succedendo tutto questo?” pigolò il piccolo Lilirias, il giovane Dio della Gioia, aggrappandosi alle voluminose vesti di Ferieeen.

La Dea della Fortuna tuttavia scosse il capo senza riuscire a dire nulla, incredula quanto gli altri.

“Allhanirayas che diamine sta succedendo!” tuonò Ascarot, Custode della Clessidra del Tempo, con voce cupa e velatamente accusatoria.

“Ascarot...” lo rimproverò dolcemente Plesea, Dea della Pace, prima di volgersi verso il dio dell’amore “...sono sicura che c’è una spiegazione a tutto ciò...”.

“Ho trovato la casa distrutta!” esclamò Victor comparendo in mezzo agli altri improvvisamente, senza dare tempo alla dea di terminare la frase.

 

“Ecco... adesso siamo al completo..” mormorò Allan rassegnato, d’altronde non poteva davvero sperare che gli altri Dei Superiori non si accorgessero di ciò che stava succedendo.

 

“Piove!” ansimò il Dio della Forza osservando il cielo nero come la pece.

“Ma che cosa è successo!?” chiese senza fiato, guardandosi attorno incredulo, prima di spostare lo sguardo su Allan e Zenan.

Allhanirayas sospirò passandosi una mano tra i capelli chiari.

 

“Diciamo che c’è stato un piccolo incidente...” mormorò.

 

Alle sue spalle una saetta viola si abbatté sugli alberi poco lontani riducendoli in un minuscolo mucchietto di cenere che il vento sparse velocemente, mulinando nell’ampio cratere fumante, lasciato dalla detonazione del fulmine.

 

“E tu questo lo chiami ‘un piccolo incidente’?” gli chiese ironico Ascarot, mentre Laebell nascondeva il volto contro la spalla della Dea della Giustizia per non vedere e Lilirias si aggrappava disperatamente alle vesti di  Ferieeen, sbirciando con timore il cielo inferocito.

“Cerchiamo di mantenere la calma... prima di tutto dobbiamo scoprire chi è il fautore di questo disastro!” mormorò Plesea cercando di fare mente locale.

“Clhavishineriyas...” spiegò con un sospiro Zenan.

“St...stai scherzando vero?” soffiò incredula Isabhellerien con una vocina spaurita che poco si addiceva alla sua aria da regina.

“Ma Clhavishineriyas è solo una leggenda!” protestò convinta Ferieeen.

“Una leggenda piuttosto arrabbiata...” borbottò Zenan.

“A... aspetta un minuto...” ansimò Laebell “...vuoi dire che esiste davvero?” chiese pallidissima.

“Esiste” fu la pacata risposta del Dio dell’Amore.

“E... e voi l’avete fatto arrabbiare?!?” gridò Gabryl sperando di aver capito male.

Allan annuì colpevole e Victor si lasciò cadere a terra “Fantastico...” ansimò.

“E posso sapere almeno per quale motivo il nostro mondo verrà distrutto?” chiese Ascarot cupo.

“Non credo che ci distruggerà... L’avrebbe fatto quando ha trovato me e Allan a baciarci...” mormorò Zenan scuotendo il capo, trattenendo Sefire tra le sue braccia quando lo sentì cercare di divincolarsi al ricordo di quella scena.

“Alt! Alt! Fatemi un riassunto mi manca qualcosa!” chiese il Dio della Forza, perplesso.

“Come mai vi baciavate?” chiese interessata Isabhellerien.

“Che è successo, avete avuto un ritorno di fiamma?” ipotizzò Victor incerto.

“Ritorno di fiamma?” ripetè confuso Sefire voltandosi verso il suo signore.

Zenanhash sospirò passandosi una mano tra i capelli bagnati “Io e Allan siamo stati amanti per qualche anno, un paio di secoli prima che tu venissi alla luce.” gli spiegò il dio.

“A.. amanti?” balbettò il giovane angelo passando lo sguardo sorpreso da uno all’altro.

Allan annuì confermando “Non è durata molto, ci trovavamo meglio come amici che come innamorati...” disse sorridendo al ricordo.

Zenan annuì veementemente “Allan sa essere insopportabile...” borbottò con voce falsamente burbera.

“Tzè ha parlato lui...” gli rispose a tono il Dio dell’Amore “Comunque no, non era un ritorno di fiamma...” aggiunse riportando il discorso sui binari prestabiliti.

“Ma se non era un ritorno di fiamma perchè l’hai baciato?” chiese Ferieeen cercando disperatamente di capirci qualcosa.

“Cercavo di aiutare quei due deficienti!!” sbottò Allan cupo indicando l’amico e il suo protetto.

L’angelo arrossì brutalmente “Eh noi?” chiese voltandosi per fissare Zenan, sentendosi improvvisamente piccolo, piccolo, e indifeso sotto lo sguardo dei dieci dei superiori.

Il dio della Sapienza sospirò piano “Bhe Sefire vedi io...” mormorò incerto.

Scosse il capo e allungò le mani per prendere nelle sue quelle del ragazzo “...io ti amo!” sussurrò raccogliendo il coraggio.

“Ohhh che bello!!” battè le mani felice il giovane Dio della Gioia, dimentico per un momento del disastro che si stava abbattendo sul Dominio Celeste.

“Tu.. tu...” ansimò l’angelo incredulo sbarrando gli occhi mentre gli altri seguivano la scena in silenzio.

“Sefire capisco che tu possa aver bisogno di tempmph!” le ultime parole del dio vennero soffocate dalle labbra del ragazzo che gli si era buttato tra le braccia.

Zenan impiegò dieci secondi per riprendersi dalla sorpresa e comprendere il significato di quel gesto, dopo di che allacciò saldamente le braccia intorno alla vita dell’angelo stringendolo a se, affondando la lingua nella bocca del ragazzo.

“Accidenti...” mormorò Victor sorpreso di vedere con quanta passione il suo, solitamente così compassato e tranquillo amico, baciava Sefire.

Ascarot tossicchiò imbarazzato mentre Isabhellerien  sorrideva divertita.

L’angelo si staccò con le guance in fiamme dal suo maestro affondando nelle iridi argento del suo signore prima di mormorare un flebile “Anch’io ti amo..:”

“Quanto sono carini!” si entusiasmò la Dea della Bellezza.

“Era ora che qualcuno punzecchiasse il maestro!!” disse soddisfatto il piccolo Lilirias.

“Ma... ma mi hai chiesto se trovavo bello Clavis?” mormorò perplesso Zenan senza far caso ai commenti degli altri dei presenti.

L’angelo annuì abbassando il capo “Volevo capire se... sì se ti piacevano i maschi o le femmine e Angela...”

“Angela?” l’interruppe Zenan, che non riusciva a seguire il filo logico di quella spiegazione mormorata a malapena.

“La mia compagna di classe...” gli spiegò Sefire tornando a guardarlo negli occhi “...la ragazza con cui mi ha visto Raily...” aggiunse “...le ho chiesto un consiglio su come comportarmi con... te...” confessò imbarazzato.

Zenan scosse il capo incredulo stringendolo dolcemente a se “E io che credevo che ti fossi innamorato di Clhavishineriyas...” sussurrò.

Sefire spalancò gli occhi con un brivido.

“Clavis?!” esclamò tremando “No, no!” disse convintissimo prima di volgersi verso il Dio dell’Amore.

“E poi Clavis sta con Allan!!” spiegò come se fosse una cosa risaputa.

 

“CHHHEEEEEEE????” esplosero in coro Victor, Lilirias, Isabhellerien e Ferieeen con gli occhi fuori dalle orbite.

“Allan che hai fatto?” ansimò Zenan incredulo.

 

Non poteva essersi davvero innamorato del Sovrano delle Due Maschere.

Non doveva!

Era assurdo.

Proibito.

 

E molto, molto pericoloso...

 

“Sentite non è una cosa che ho potuto controllare!!” sbottò il biondo arrossendo.

Victor boccheggiò incredulo.

“Tu... tu ti sei innamorato del Dio della Vita e della Morte?!?” chiese Laebell senza fiato, incredula.

“Aspetta un attimo ma allora...” cominciò a riflettere Plesea parlando a voce alta “Clhavishineriyas ti ha visto baciare Zenanhash e si è arrabbiato...” mormorò perplessa.

“Arrabbiato è un eufemismo...” borbottò cupa Gabryl.

“...questo vuol dire...” continuò la Dea della Pace ignorandola “...che è... geloso?” concluse spalancando gli blu.

“Ma è impossibile!” sbottò Ascarot “Tutti sanno che il Sovrano dalle Due Maschere non ha sentimenti!”

“Ti sbagli!” mormorò Allan “E’ solo che nessuno gli ha mai insegnato ad usarli!”

“Sì ma da qui a dire che si può innamorare..:” mormorò Isabhellerien perplessa.

“Abbiamo fatto l’amore.” fu la calma risposta di Allhanirayas.

 

Troppo tardi.

 

Quelle parole lampeggiarono nel cervello di Zenan con la stessa veemenza di uno dei fulmini che si accanivano sul loro mondo, distruggendolo.

 

“St... stai scherzando spero...” ansimò il Custode del Tempo, pallido come un cencio.

Allan semplicemente scosse il capo.

“Allan ti rendi conto di che cosa hai fatto?” chiese Zenan, incredulo “C’era un motivo per cui gli era stato impedito di provare emozioni!” tuonò.

 

Il Dio dell’amore sussultò “Un... motivo?” sussurrò.

Zenan esplose in un imprecazione che fece arrossire i dieci Dei prima di cominciare a passeggiare avanti e indietro.

“Non capisci?” chiese passandosi le mani tra i capelli.

“Come può il dominatore di Vita e Morte avere dei sentimenti?” esclamò “Ti rendi conto di che cosa vorrebbe dire questo?”  chiese.

“Lui deve esercitare un controllo ferreo su se stesso! Non può permettersi di provare nulla! Solo così può avere la forza e la concentrazione necessaria per tenere separate le due metà!!”  spiegò.

“A... aspetta...” balbettò Allan “Quello che è successo a casa...?” chiese incredulo.

Zenan annuì, cupo come l’amico non l’aveva visto mai.

“Si stanno fondendo.” Mormorò strappando il respiro ai presenti.

 

Luce...

..e..

...Tenebra.

 

Caos...

..e..

...Nulla.

 

Vita...

..e..

...Morte.

 

Come potevano fondersi due forze totalmente opposte?

Come potevano mescolarsi, se una era la negazione dell’altra.

 

E soprattutto... che cosa sarebbe nato dalla loro unione?

 

“Dobbiamo calmarlo prima che succeda l’irreparabile...” mormorò Plesea cupa.

“Brava e come!?” chiese Isabhellerien passandosi una mano tra i riccioli biondi.

“Bhe se tutta questa confusione è nata da un malinteso basterà spiegargli come stanno le cose, no?” chiese la dea della natura.

“Non mi ascolterà mai...” mormorò Allan passandosi stancamente una mano sul volto.

“E non ascolterà nemmeno Zenan...” mormorò Ascarot cupo.

“Ma forse ascolterà uno di noi...” sussurrò Gabryl pensierosa.

“Raggiungiamo il castello una volta lì decideremo il da farsi” propose Zenan.

“Temo che non ci resti molto tempo...” sussurrò ricordando le linee che ricoprivano interamente il corpo di Clavis.

 

...

 

Siamo giunti al castello dopo lunghe ore di cammino.

La pioggia ci ha inzuppati fino al midollo, il vento ci ha scherniti con rabbia, i fulmini ci hanno minacciati più volte cadendo sempre più vicini ma siamo infine giunti sulla sommità di questo monte scuro, guidati da Allan che già conosceva il percorso.

Però Zenan e gli altri non sono riusciti ad entrare nella dimora di Clavis.

Sembra che abbia eretto una barriera magica intorno al castello.

 

E’ incredibile.

 

Ho visto i dieci dei superiori richiamare tutto il loro potere.

Ho sentito le loro aure divenire enormi, scintillanti.

Ho trattenuto il respiro quando hanno teso insieme le loro mani.

 

Eppure la barriera non ha ceduto.

 

Ha concesso loro solo una minuscola crepa.

Troppo stretta per l’aura di un dio.

Ma non per un angelo.

 

Zenan li ha sfidati tutti rifiutandosi di lasciarmi andare ma alla fine io stesso gli ho chiesto di accollarmi questo peso.

Tutto ciò è accaduto solo perchè Allan ha voluto aiutarmi.

Devo trovare il modo di sedare la rabbia di Clavis.

Devo trovare il modo di fargli capire ciò che prova.

Se ritrova il suo sangue freddo potrà richiamare il suo potere e scinderlo nuovamente.

Mi chiedo che cosa accadrà poi, però.

Vieteranno ad Allan di amarlo?

E Clavis?

Tornerà a rinchiudersi tra queste mura per dimenticare l’anima che ha scoperto di possedere?

 

Un tuono fa tremare la mura del castello.

Il corridoio e un lungo tunnel buio illuminato di tanto in tanto dalla luce che esplode dietro le finestre accecandomi per poi riscaraventarmi nell’oscurità.

Il legno delle finestre ansima, scricchiola.

Sembra che debba cedere da un momento all’altro sotto i colpi violenti del cielo.

Stringo le ali al corpo e accelero il passo.

Sono bagnato fradicio e rischio di scivolare sul lucido marmo ogni due passi.

Non posso nemmeno usare un incantesimo per asciugarmi.

Qui la magia di un Dio quale Allan fatica a liberarsi, figurarsi la mia!

Ho paura.

Una paura tremenda.

Clavis mi è apparso terribile nei suoi abiti umani tra le mura della casa di Allan.

Non oso pensare a come può essere qui.

 

Nella sua dimora.

 

La porta della sala del trono è enorme e massiccia.

Così grande che nella semioscurità la sua estremità superiore sprofonda nelle tenebre senza permettermi di vederla bene.

Appoggio le dita sull’enorme maniglia intarsiata e trattengo il fiato per un lungo momento prima d’abbassarla.

 

Pezzi di vetro.

 

Sul pavimento di marmo candido migliaia di minuscoli, acuminati, frammenti di vetro.

Sottili lame scintillanti che catturano l’ira violacea dei fulmini tramutandola in migliaia di piccole anime trasparenti nell’aria silente.

Schegge impazzite di luce elettrica che schizzano sui muri della sala del trono schiantandosi contro la nuda roccia quando il cielo si spezza con un grido di feroce agonia vomitando luce e dolore.

Ghermiscono la tenebra affondando le loro pugnalate candide nel manto di liquida oscurità che insieme alla pioggia scivola lungo le pareti fredde.

Non c’è una finestra integra in tutta la sala e i mie sandali producono un sinistro scricchiolio mentre avanzo piano, incerto, tra i cocci e le macerie.

C’è un trono al centro di questa stanza.

Un trono enorme, di pietra lucida.

Levigata.

Pallida.

 

E su di esso...

 

C’è una figura.

 

So che è lui.

Anche se non riesco a vederlo.

 

Le ombre lo avvolgono amorevoli quasi volessero proteggerlo.

La luce, il vento, la pioggia, che infuriano azzannandosi come belve impazzite in questa stanza divelta, danzano attorno a lui senza tuttavia sfiorarlo.

 

“Cla... clavis...”

La mia voce suona come il pigolio di un uccellino spaventato.

 

E’ esattamente così che mi sento.

Un uccellino, tremante.

Al cospetto di un drago.

 

Antico.

Silente.

Maestoso.

 

Terribile.

 

Lui non appartiene al nostro tempo.

Non appartiene alla nostra razza.

 

E’ un esemplare unico.

Qualcosa di troppo potente per venire alla luce, segregato nelle sale vuote di questo castello, nell’attesa interminabile che fossimo pronti a capire, con la certezza che non lo saremo stati mai.

 

“Hinare leveen sii Moree...”

 

Il suo sussurro scivola nell’aria zittendo improvvisamente il frastuono dei tuoni.

Il vento trattiene il fiato bruscamente e la pioggia sussulta, cadendo a terra in frammenti di ghiaccio tra le schegge di vetro.

Sento distintamente la sabbia smettere di scorrere nella Grande Clessidra.

 

“Che.. che cosa...?” ansimo senza capire.

Non conosco quella lingua.

Eppure Zenan me ne ha insegnate a migliaia.

 

“Les... Moree en sii yanee Hinare...”

 

La sua voce è bassa, grave e dolorosa.

Non capisco che cosa sta dicendo ma sembra... sembra una condanna!

Vorrei riuscire a vederlo.

Vorrei potermi avvicinare ma non riesco a muovermi.

Posso semplicemente restare qui gelato dalla sua voce solenne mentre trattengo il fiato.

Nemmeno il suono del mio respiro turba più questo irreale, immoto, silenzio.

Nessun rumore.

Nessun palpito.

Persino il battito del mio cuore... persino lui... tace riverente.

 

E io muoio.

Muoio eppure sono vivo.

 

Tutto questo non ha senso.

Come posso essere vivo e morto contemporaneamente?

 

L’inizio conduce alla fine....” la sua voce vibra attraverso la stanza scivolando nell’aria immota.

 

Un suono così limpido e puro.

Primordiale.

In questo silenzio che sembra trascinare dentro di se ogni cosa.

 

“Ma... la fine è solo un nuovo inizio...” sussurra di nuovo, traducendo per me.

 

Non capisco.

Non riesco a capire.

 

“Che cosa vuoi Sefire..?” mormora con voce stanca, roca.

Sembra così... debole.

Che sta succedendo?!

 

Il rombo del tuono mi riscuote bruscamente facendomi sussultare.

Il tempo è tornato a scorrere.

Riesco di nuovo a respirare.

Il mio cuore batte di nuovo.

 

Che cosa ha fatto?

Sono tornato in vita?

O forse non sono mai morto?

Eppure il mio cuore era fermo ne ho l’assoluta certezza.

Tutto questo non ha alcun senso.

 

“C’è... c’è stato un equivoco...” mormoro a fatica cercando le parole migliori per spiegarli.

Deve capire.

Deve placare la sua collera.

Anche se ora... ora non sembra arrabbiato ma solo stanco.

 

“Lo so...” è la sua quieta risposta.

 

Sono talmente basito che per un momento non dico nulla.

“Co... come lo sai!” esclamo risvegliandomi bruscamente dal torpore.

“Il vento mi ha portato le vostre parole... prima... nella radura...” mormora e la sua voce mi raggiunge a fatica quasi provenisse da una distanza enorme.

“Clavis...?” lo chiamo perplesso.

Ho l’impressione che stia succedendo qualcosa qui, sotto i miei occhi, ma non riesco a capire cosa.

La tenebra mi separa da lui, impedendomi di vederlo.

Di capire.

Ora che i suoi occhi non sono più specchi vuoti so che se potessi vederlo comprenderei, ma lui si ostina a bloccarmi qui.

Come vorrei che Zenan fosse con me ora!

Lui saprebbe spiegarmi!

Saprebbe dirmi che cosa fare!!

 

“A...allora perchè non vai da lui e non rimettete le cose a posto...” propongo incerto.

“Non posso...”  la sua voce è strana.

“Come non puoi... tu puoi tutto!” esclamo piccato.

Insomma lui è il Signore Supremo no?

Dalla tenebra sento provenire una bassa, debole, risata.

“Sono andato troppo oltre...”

La sua voce è fredda eppure non c’è l’indifferenza che vorrebbe metterci.

“Sono stati rotti sigilli che non dovevano essere spezzati...”

 

Non capisco.

Continuo a non capire maledizione!!

“Che stai dicendo?” mormorò senza rendermi conto di dare voce alla mia frustrazione.

 

“Sto morendo...”

 

Le sue parole sono fredde e quiete.

“Co...cosa?” ansimo, incredulo.

Non ha senso!!

“Tu non poi morire! TU sei la Morte!” esplodo.

 

 

Un lungo silenzio fece eco alle sue parole tanto che Sefire si chiese se lui era ancora lì, oltre quel buio insondabile.

Poi un nuovo suono, un sussurro leggero, delicato.

Il fruscio di una veste.

Il tintinnio dei frammenti di vetro sotto il suo passo lento.

 

Lascia che ti mostri... che cosa sono io...” sussurrò Clhavishineriyas emergendo dalle tenebre.

 

 

 

continua....                                                                                       

 

 

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