Oh my God!! 7                                  Back to Original  Back to Home

 

“Buongiorno” lo salutò Valery con un sorriso sedendosi accanto a lui.

Raily le ricambiò il sorriso mentre sfogliava svogliatamente il libro di matematica. Doveva fare degli esercizi per la quarta ora che la sera precedente non aveva nemmeno guardato. Chiuse il libro decidendo che comunque non aveva ne la voglia ne il tempo di mettersi a farli in quel momento.

“Sefire che classe frequenta?” chiese invece a Valery.

“Lui ha due anni più di noi è nella terza F” gli spiegò la ragazzina cominciando a porre i libri sul banco.

“Davvero? Non sembra più grande” commentò tranquillamente Raily sollevando un sopracciglio nel notare l’astuccetto rosa della ragazza pieno di pastelli colorati e pennarelli ma senza nemmeno una penna.

“Valery!!!” I pensieri del moro furono bruscamente interrotti dalla voce di Cleo che si dirigeva a passo di marcia verso di loro.

La ragazza si fermò proprio davanti al banco di Valery con le mani sui fianchi e sguardo trovo.

“Che c’è?” le chiese lei, leggermente preoccupata dal quel suo strano atteggiamento.

“TU!” sbottò Cleo puntandole un dito sotto il naso. “Mi hanno detto che quell’uomo biondo in seconda fila, alla riunione dei genitori, era tuo padre è vero?” chiese serissima.

Valery la fissò sorpresa “Sì perché?” chiese perplessa e Cleo sgranò gli occhioni castani arrossendo.

“Come perché? E me lo chiedi anche!!” disse con un sospiro mentre gli occhi si accendevano di lucine colorate.

Raily le fissò sorpreso prima di cominciare a ridacchiare.

“E’ una maledizione!!” borbottò Valery mentre la compagna di classe sospirava persa in chissà quali fantasie su SUO padre.

 

“Sei pensieroso?” Sefire voltò il capo sorridendo leggermente alla sua compagna di banco. Una ragazza con uno sbarazzino caschetto di capelli castani che gli era subito risultata simpatica.

Angela aveva detto di chiamarsi.

“Sai i miei genitori hanno una passione per gli angeli” gli aveva spiegato con un sorriso quando si era presentata.

“Stavo solo pensando.” disse scrollando leggermente le spalle.

“Pene d’amore?” gli chiese lei con un sorriso birichino e Sefire non potè fare a meno di sussultare, arrossendo.

“Dai sfogati!” disse la ragazza in vena di confidenze “Chi è lei? E’ una che hai lasciato alla vecchia scuola?” gli chiese curiosa.

“Lei?” mormorò perplesso il ragazzo prima di rendersi conto di quello che comportava per l’umana quell’affermazione. La ragazza infatti lo fissò stupita per un secondo prima che il suo sorriso diventasse ancora più luminoso.

“Wow!!! Non mi dire che è un lui!!!” disse entusiasta.

Sefire la fissò interdetto, ma da dove saltava fuori quella pazza?

“Daiiiiiii ti prego raccontami! Ti prometto che sarò muta come una tomba.”

Il ragazzo la fissò poco convinto e la sua espressione  doveva essere alquanto loquace perchè Angela tornò improvvisamente seria. “A parte gli scherzi Sefire se ti va di parlarne io non sono un’esperta in materia ma sfogarsi fa sempre bene...”  mormorò posandogli una mano sul braccio, l’angelo la fissò in silenzio per alcuni minuti prima di sorridere. “Ti ringrazio” mormorò.

 

“Uff... il prof ci ha riempito di compiti” borbottò Valery camminando verso casa accanto a Raily e ad Sefire.

Quel giorno avevano deciso di tornare a casa a piedi dato che Zenan  era stato trattenuto a lavoro. Le strade erano deserte e l’aria era abbastanza calda. Nonostante fosse ormai settembre inoltrato il mare poco lontano mitigava il clima della piccola cittadina. “Perché non ti fermi a casa nostra Raily potremmo fare gli esercizi di mate insieme” gli disse Valery con un sorriso e il moretto annuì felice, non se la sentiva proprio di tornare in quell’enorme casa vuota.

Stavano giusto passando oltre il cancello di Villa Fisher per dirigersi verso la casa di Valery quando un uomo in completo grigio si fece avanti. Appoggiato ad una lunga berlina scura un’altro uomo, vestito allo stesso modo, stava osservando la scena.

“Signor Fisher?” chiamò il primo, avvicinandosi ai tre ragazzi.

Raily lo fissò sorpreso “Sì?” chiese squadrando l’energumeno.

“Mi manda suo padre.” disse la guardia freddamente.

Raily alzò un sopraciglio sorpreso, mentre le parole del padre gli tornavano alla mente. Quelle dovevano essere le guardie del corpo. Rovistò nella cartella estraendone le chiavi di casa.

“Ecco...” disse porgendole all’uomo in completo scuro. “Voi entrate pure io rincaserò più tardi...” disse voltandogli le spalle per andarsene.

“Mi dispiace ma suo padre ci ha chiesto di accompagnarla da lui.” disse l’uomo afferrando il ragazzo per un braccio. Raily lo fissò perplesso mentre nella sua testa qualcosa gli gridava di non fidarsi.

Lanciò un’occhiata sospettosa ai due uomini.

In effetti era presto, secondo suo padre le guardie del corpo sarebbero arrivate nel pomeriggio e non per l’ora di pranzo. Inoltre non gli risultava proprio di dover andare con loro da qualche parte. Cercò di liberare il braccio dalla presa dell’uomo ma questi non lo lasciò andare.

Il sangue prese a vorticargli nelle vene in fretta.

“Voi non siete uomini di mio padre!!! Sefire, Valery andate via!” gridò cercando di liberarsi mentre l’uomo in grigio ormai scoperto lo afferrava per trattenerlo con forza. Valery e Sefire che avevano seguito la scena allibiti  sussultarono quando l’altro sicario estrasse una pistola puntandola contro di loro.

“Voi non andate da nessuna parte!” disse minaccioso, avvicinandosi.

Sefire tuttavia si era già mosso.

Con agilità felina colpì l’uomo, con un calcio degno di un maestro di karatè, alla mano, facendogli cadere la pistola.

“Valery va a cercare aiuto!” gridò lanciandosi contro il killer ormai disarmato, il suo compagno che aveva seguito la scena stupito si lasciò sfuggire un grido quando Raily gli addentò con forza il braccio.

Il grido tuttavia distrasse anche l’angelo che fu scagliato indietro da un pugno, cadendo dolorosamente a terra accanto a Valery che si affrettò a gettarsi sulla pistola e a lanciarla oltre l’alto muro che delimitava il confine di villa Fisher, in modo da renderla irraggiungibile.

“Maledette pest...” il primo uomo aveva infilato una mano sotto la giacca per sfoderare la propria arma ma non aveva fatto in tempo a completare la frase che era caduto a terra privo di sensi.

Dietro di lui, comparso da chi sa dove, un uomo alto quasi due metri dalla pelle brunita sorrideva tranquillamente.

L’enorme pugno che aveva steso il rapitore ancora chiuso.

“Zio Victor!!!” esclamò Valery sorpresa.

Il Dio della Forza sorrise rassicurante avvicinandosi con passo tranquillo ai tre ragazzi “Tutto bene?” chiese a Sefire che si stava massaggiando la guancia dolorante.

Aveva il labbro inferiore spaccato, un rivolo leggero di sangue aveva sporcato il mento del giovane angelo che tuttavia gli sorrise. “Sì, tutto bene” borbottò alzandosi aiutato da Valery.

Il rumore delle gomme che stridevano sull’asfalto fece voltare il Dio.

L’altro uomo in grigio, visto ormai fallito il suo piano, aveva caricato il compagno svenuto sull’auto partendo poi a razzo.

Victor ponderò per un momento l’idea di fermarli, avrebbe potuto bloccare la macchina con una mano sola ma decise di lasciarli andare, per il momento era meglio sincerarsi che i ragazzi stessero bene e riportarli a casa sani e salvi.

Chiamò mentalmente Zenaniesh avvertendolo di quanto era accaduto.

<CHE COSA??> tuonò, il solitamente tranquillo, Dio della Sapienza nelle sua testa.

<Tranquillo stanno tutti bene li riporto a casa io...> lo rassicurò Victor <Va bene allora io vi aspetto lì> gli rispose l’altro chiudendo la conversazione.

Il gigante sospirò mentre faceva accomodare i tre ragazzi, ancora alquanto scossi, nella sua enorme berlina.

Adesso doveva parlare anche con Allan, apprensivo com’era sarebbe andato sicuramente in escandescenze.

Sospirò di nuovo preparandosi ad essere assordato prima di allungare il proprio pensiero alla ricerca di quello del Dio dell’Amore, ma rimase perplesso.

Allan aveva schermato i suoi pensieri.

Non lo aveva mai fatto da quando lo conosceva.

Che fosse accaduto qualcosa?

Scosse le spalle con indifferenza, ormai erano a pochi metri da casa Godman, avrebbe parlato con Allan quando lo avesse visto.

 

Zenan comparve direttamente in salotto guardandosi attorno nella casa silenziosa.

Victor non era, evidentemente, ancora arrivato.

“Allan” chiamò guardandosi attorno, stupendosi invece di non vedere nemmeno il Dio dell’Amore.

Che fosse tornato nel dominio Celeste?

No, avvertiva la sua presenza, però...

Sentì il suono dei suoi passi e si voltò per incontrare lo sguardo del Dio dell’Amore che scendeva le scale silenziosamente e non potè fare a meno di sollevare un sopracciglio, sorpreso, nel notare la strana espressione dell’amico.

“Che cosa...?” chiese stupito ma l’arrivo di Victor gli impedì di porre la domanda.

 

Non appena Zenan vide il livido sul volto del suo amato dimenticò comunque tutto il resto, diventando pallido come uno straccio mentre i suoi occhi si riducevano a due fessure argentee.

Chi è stato?” scandì con voce spaventosamente bassa.

Victor sollevò un sopracciglio sorpreso mentre Allan accompagnava il figlio e Raily in cucina per sentire la loro versione della storia ed evitare che notassero il fumo scuro che cominciava sfrigolare intorno alla figura del Dio della Sapienza.

Anche il Dio della Forza li seguì mentre Zenan trascinava il suo pupillo in bagno per curargli il taglio.

Fece sedere il giovane angelo su un alto sgabello mentre armeggiava con cotone  e disinfettante.

Avrebbe potuto sanare la ferita con un gesto della mano ma poi Valery e Raily si sarebbero insospettiti.

Intrise dunque il cotone nel disinfettante prima di avvicinarsi al ragazzo e cominciare a pulire la piccola ferita.

Sefire che era rimasto immobile con le mani in grembo arrossì nell’avvertire il tocco delicato di quelle dita sulle proprie labbra, il bruciore provocato dal disinfettante tuttavia lo distrasse subito facendogli sfuggire un “brucia!” appena sussurrato.

Zenan gli sorrise dolcemente “Su, su non fare il bambino adesso.” lo rimproverò bonariamente ricevendo in cambio un’occhiata torva, “Ma brucia!” protestò.

“Vediamo che cosa posso fare allora...” gli sussurrò il Dio della Sapienza avvicinando il volto a quello del ragazzo, la bocca a pochi centimetri dalle sue labbra.

Sefire sbarrò gli occhi incredulo, il suo ultimo respiro mozzato in gola, immobile mentre nella sua mente mille campanelli suonavano impazziti.

Che cosa voleva fare Zenan?

E se lo avesse baciato?

Ma cosa gli veniva in mente?

Sì ma se l’avesse fatto?

Lui come avrebbe reagito?

Si sarebbe lasciato baciare?

Zenan avvicinò la bocca alla sua e Sefire chiuse gli occhi aspettando di avvertire il contatto con quelle labbra calde.  Chissà che effetto gli avrebbe fatto... il suo primo bacio.

 

Il Dio della Sapienza soffiò delicatamente sopra la ferita.

 

“Va meglio così?” Sefire spalancò gli occhi incredulo mentre un rossore violento gli si diffondeva su tutto il viso.

 

Non voleva baciarlo!!!

 

Zenan non aveva nessuna intenzione di baciarlo!

Aveva semplicemente soffiato sulla ferita per alleviare il bruciore.

 

Si sentì morire mentre la vergogna per i suoi pensieri e la delusione gli pungevano gli occhi chiari minacciando di trasformarsi in lacrime.

 

Com’era stato stupido!

 

E poi lui... lui aveva davvero desiderato...

 

“Sefire va tutto bene?” gli chiese gentilmente il Dio scrutando il giovane volto sconvolto.

Il ragazzo si morse le labbra nervosamente sfuggendo il suo sguardo e saltando giù dallo sgabello.

“A...adesso sto bene” balbettò voltandogli le spalle “E’ meglio se torniamo di là” e Zenan lo guardò allontanarsi lasciando andare l’aria che aveva trattenuto.

Sarebbe stato così facile, così semplice baciarlo.

Era così vicino, dannatamente vicino!

E quando aveva chiuso gli occhi... sembrava quasi gli si stesse concedendo...

Fantasie... fantasie dettate da un desiderio sempre più difficile da tenere a bada.

Avrebbe chiesto consiglio ad Allan.

Così si sarebbe fatto spiegare anche che cosa gli era accaduto.

 

Allhanirayas osservò il giovane angelo arrivare in cucina con il labbro medicato e lo sguardo ferito.

Che cavolo aveva combinato Zenan?

Aveva avuto un’occasione d’oro possibile che l’avesse sprecata?

Lo sguardo corrucciato dell’amico lo fece sospirare.

Evidentemente le cose non erano andate come avrebbero dovuto.

E ora c’era il problema di Raily.

Non se la sentiva di rimandare a casa il ragazzino con l’eventualità che quella gentaglia tornasse a farsi rivedere e poi a quel punto un ospite in più non avrebbe cambiato di molto la situazione.

Victor si sarebbe comunque fermato da loro come faceva sempre. Stavano giusto discutendo della possibilità di far trasferire lì il ragazzo quando giunse Zenan.

“Qui saresti al sicuro.” Cercava di convincerlo Victor ma il ragazzo scosse la testa.

“Metterei in pericolo anche voi ed è l’ultima cosa che voglio!” mormorò lanciando uno sguardo preoccupato al labbro tagliato di Sefire.

“Non dire sciocchezze noi non corriamo nessun rischio.” lo rimbrottò Victor.

“Io sono d’accordo con loro Ray” gli assicurò Valery “Qui ci sarebbe Victor a proteggerti.” Spiegò.

“Ma....” protestò il ragazzo ancora indeciso.

“Niente ma!” mise fine alla discussione Allan decidendo anche per lui.

“Chiama tuo padre e avvertilo che ti trasferirai da noi. Mancano solo due settimane alle elezioni quando la situazione si sarà normalizzata potrai tornare a casa tua.” Disse deciso.

Raily lo fissò ancora per qualche secondo prima di annuire “Va bene..” mormorò mentre un piccolo sorriso gli incurvava le labbra.

“Vieni!” gli disse Valery accompagnandolo in salotto, da dove avrebbe potuto telefonare.

“Così non sarà a rischio anche Valery?” chiese Sefire ma Zenan scosse il capo.

“Con quattro dei a sorvegliarlo?” mormorò ironico.

Victor e Sefire lo fissarono sorpresi per un momento.

“Come quattro?” chiese il Dio della Forza dando voce anche ai pensieri dell’angelo.

Allan scosse le spalle.

“Clhavishineriyas è di sopra” mormorò senza rendersi conto di aver usato il nome completo del Sovrano dalle Due Maschere.

Sefire rimase gelato sul posto mentre la consapevolezza di che cosa significava quel nome gli attraversava il cervello.

 

Clhavishineriyas......

il Dio della Vita e della Morte.....

il Sovrano dalle Due Maschere.....

 

Possibile che non se ne fosse reso conto???

 

Ora comprendeva molte cose.

La sua aura, non l’aveva percepita, certo, ma non perchè fosse inesistente...

Lui aveva salvato Valery, lui era l’unico che avrebbe potuto farlo, le aveva restituito la vita che il veleno le stava sottraendo.

 

Strinse le braccia intorno al corpo mentre un tremito incontrollabile lo scuoteva.

“Santo cielo....” mormorò sconvolto.

E lui che aveva pensato di sorvegliarlo... di lottare con lui per Allan...

 

“Qu....quel Clhavishineriyas?!?!” chiese mortalmente pallido Victor.

Allan annui scuotendo le spalle. “Sì quel Clhavishineriyas.” specificò.

“Ma... ma è solo una leggenda!!!” esclamò Victoroght cercando di forzare la sua mente a credere ad una notizia simile.

 

Leggenda?” chiese una voce profonda, dalla porta facendoli sussultare tutti e quattro.

 

Sefire si nascose dietro il suo Signore, aggrappandosi ad un braccio di quest’ultimo che dimenticò improvvisamente Clavis nell’avvertire il giovane angelo stringersi in quella maniera a lui.

Victor fissò invece il moro squadrandolo da capo a piedi cercando qualcosa, probabilmente una coda, delle ali o delle corna, a giudicare dai suoi occhi sospettosi.

Tuttavia non ebbe modo di parlare perchè il ritorno di Valery e Raily nella stanza glielo impedì.

“Mio padre ha acconsentit...” Raily si bloccò a metà frase spalancando gli occhi, fissando il dio dai lunghi capelli scuri.

Boccheggiò un paio di volte senza riuscire a parlare mentre Valery lo fissava sorpresa.

“Vi conoscete?” chiese all’amico mentre il Dio moro porgeva un sorriso leggermente sinistro al ragazzo dagli occhi spalancanti.

“In un certo senso..” mormorò tranquillamente Clavis.

Valery era sempre più confusa mentre Raily sembrava semplicemente gelato, troppo concentrato nello sforzo di respirare per capire altro.

“Anche tu sei stato curato dal dottore?” gli chiese innocentemente la ragazza in cerca di una soluzione plausibile.

Raily si riscosse di colpo fissando prima Valery poi il moro che, dietro gli occhiali a specchio, ancora lo stava fissando, imponendosi di mantenere la calma.

Quell’uomo dinanzi a lui non poteva essere la Morte!

Era assurdo.

Eppure....

Gli abiti comuni che indossava non riuscivano a sminuire la sua figura altera.

Gli occhiali neri non riuscivano a nascondere del tutto quegli occhi vitrei.

Per quanto assurdo...

Per quanto assolutamente impossibile....

...era certo che la sua visione e quell’uomo erano la stessa cosa.

 

Valery viveva nella stessa casa con la Morte in persona e non lo sapeva?

 

Sussultò rammentando che proprio quando aveva deciso di togliersi la vita quella figura spettrale, prima, e Valery e Sefire dopo, erano giunti a fermarlo.

Era sicuro che se avesse chiesto perchè erano andati da lui, proprio quella sera, avrebbe scoperto che era stato quell’uomo a mandarli.

E dopo...

Dopo che se n’erano andati, l’aveva visto con quel lungo abito bianco.

Allora il buio era diventato luce attorno a lui e la morte...vita.

Gli aveva dato un’altra possibilità.

Quel mattino aveva pensato che si sentiva rinato.

Forse lo era davvero.

La Morte gli aveva dato un’altra Vita.

Ricambiò il sorriso di quell’uomo spettrale.

“In un certo senso...” sussurrò, ripetendo le sue stesse parole.

L’aria tornò immediatamente più rilassata e Raily notò distintamente che il padre di Valery e quello che gli era stato presentato come il precettore di Sefire, tiravano un sospiro di sollievo.

Dunque quei due sapevano.

Sefire e l’uomo che l’aveva salvato, poi, fissavano Clavis con timore.

Lanciò un’occhiata a Valery che sembrava l’unica assolutamente tranquilla.

Ma con chi diavolo viveva?!?!

 

Fu Sefire a rispondere a quella sua domanda poco più tardi.

Approfittando del fatto che Valery era stata letteralmente trascinata dal padre al piano superiore, per sistemare la stanza che gli avrebbero riservato, aveva afferrato l’angelo per un braccio chiedendo spiegazioni.

Dopo un rapido scambio di sguardi con il suo precettore e un cenno affermativo del capo di quest’ultimo, Sefire l’aveva accompagnato in un’altra stanza, facendo ben attenzione a non passare accanto a Clavis che si era limitato a sollevare un sopracciglio divertito da quel comportamento, senza dire nulla.

 

“Lui... lui è davvero....?” chiese Raily non appena furono soli.

Sefire annuì “Lui è Clhavishineriyas, il Dio della Vita e della Morte, il più antico e potente tra noi esseri celesti” mormorò, cercando di assorbire lui stesso quella notizia incredibile.

Aveva sempre creduto che fosse solo una leggenda.

Un’antica, incredibile, leggenda.

“Santo cielo...” ansimò Raily, prima di spalancare gli occhi incredulo “Come sarebbe a dire NOI?!” chiese “Anche tu sei un dio?!”

Sefire arrossì affrettandosi a scuotere la testa “No, io sono solo un Angelo della Musica”.

Raily lo fissò in silenzio per un secondo prima di emettere una risatina decisamente isterica.

“Ah, ah, ah... lui... lui è soltanto... un angelo... ah, ah... MA TI PARE NORMALE!!!!” tuonò, scaldandosi.

“Shhh!! Non urlare!” lo rimproverò Sefire.

“Ok, manteniamo la calma...” disse il moro, facendo un profondo respiro prima di lasciarsi cadere sul divano.

“Allora riassumiamo, qui vivono il Dio della Vita e della Morte, un angelo...e poi gli altri chi sono?” chiese ironico.

“Bhe Allan è Allhanirayas il Dio dell’Amore, Zenan è Zenaniesh, il Dio della Sapienza e Victor è Victoroght il Dio della Forza.”

Raily lo fissò a bocca aperta senza riuscire a pensare niente di coerente.

In quella casa vivevano quattro dei e un angelo?

“Oh mio Dio....” sussurrò incredulo.

Sefire gli sorrise innocentemente “A quale ti riferisci?”

 

...

 

“Devi parlare con tua figlia, se ci attaccheranno in casa saremo costretti ad usare i nostri poteri.”

Allan sospirò “Lo so” mormorò intrecciando le dita abbronzate con quelle del dio seduto accanto a lui, sulla grande altalena.

Clavis gli sorrise dolcemente osservando la sua aria corrucciata.

“Sono sicuro che la prenderà meglio di quello che credi...” lo rassicurò osservando il cielo notturno, tempestato di stelle, da dietro le lenti scure dei suoi occhiali.

Allan lo osservò per un lungo istante prima di seguire un impulso improvviso e allungare una mano sfilandogli le lenti scure, non avevano più avuto modo di parlare da quella mattina.

“Che cosa fai!?” protestò Clavis affrettandosi ad abbassare le palpebre per impedire alla maschera di scivolare sul suo viso.

“Mi piacerebbe guardarti negli occhi Clhavishineriyas...” sussurrò il biondo.

Il Dio della Vita emise un flebile sospiro appoggiando la schiena contro l’altalena.

“E’ la prima volta che usi il mio nome completo da quando siamo qui.” gli fece notare quasi distrattamente.

Allan scosse le spalle “Non mi piace, appartiene ad una persona che non si lascia amare...” sussurrò.

Clavis si alzò silenziosamente, andando ad appoggiarsi alla balaustra che separava la veranda dal giardino.

L’aria notturna gli accarezzò gentilmente il volto e dalle labbra sottili gli fuoriuscì un lento respiro.

“Perchè credi di poter amare Clavis?” sussurrò “E se non fosse che un’altra maschera?” chiese con voce atona.

Allan gli si avvicinò cingendogli la vita con entrambe le braccia.

“Gli occhi sono lo specchio dell’anima Clhavishineriyas, lasciami guardare nei tuoi e poi risponderò alla tua domanda.” sussurrò accarezzandogli dolcemente il lobo dell’orecchio con le labbra.

“Hai già visto i miei occhi Allan e non v’era nulla.” mormorò il dio scuotendo il capo per allontanare quel tocco caldo e intimo.

Allan lo strinse a se, costringendolo a voltarsi verso di lui.

“Ho visto gli occhi della Morte non i tuoi.” Sussurrò tristemente.

Il moro scosse il capo con forza divincolandosi dal suo abbraccio “Io sono la Morte, Allhanirayas” sussurrò.

“Ma sei anche la Vita!!” gli ricordò Allan con rabbia, non riusciva a sopportare quel modo che aveva di rinchiudersi nel lato oscuro e freddo del suo potere.

Clavis gli sorrise ironicamente “Vita e Morte...” mormorò, richiamando il suo potere “...non sono così dissimili una dall’altra....”

La sua figura s’accese di luce, il buio si sfaldò attorno a lui in eleganti arabeschi mentre i lunghi capelli neri gli si scioglievano alle spalle.

La brezza serale glieli allargò come un manto di luce alle spalle mentre i pallidi raggi lunari li accendevano di mille riverberi argentei.

La lunga tunica pallida scivolò sul suo corpo tornito volteggiando attorno ai suoi piedi come neve incontaminata.

Allan osservò immobile Clavis indossare le vesti della Vita, i lunghi capelli candidi rifrangevano la luce stellare tramutandola in mille scintille dalle sfumature impossibili, la pelle chiara, trasparente e liscia, porcellana finissima su cui si disegnavano perfette le labbra sottili, di un tenue azzurro, e le lunghe ciglia, delicate pennellate più scure sul marmo bianco.

Lentamente esse si sollevarono velando lo sguardo profondo del Dio della Vita, sotto la pelle candida spiraleggiarono silenziose lacrime argentee ad incatenare nuovamente il loro Signore.

Allhanirayas emise un flebile ansito nel fissare quegli occhi viola screziati di blu ed argento.

Vitrei.

Vuoti.

Due specchi infranti.

Schegge lucenti appuntite come pugnali.

Sentì la propria anima chiamare quella del suo compagno e non ottenere risposta.

Il dolore che giunse con la consapevolezza fu terribile.

La Vita come la Morte non aveva sentimenti, non aveva volontà.

Nonostante il cosmo intero cantasse la sua gioia attorno a loro nel poter abbeverarsi a quella luce primordiale, pura e splendente, nonostante tra l’erba i fiori sbocciassero allungando le loro corolle colorate nell’aria scura attingendo luce e calore da quella stella che si era accesa dinanzi a lui, nonostante sentisse il suo potere crescere e nutrirsi della sua forza, l’angelo, come il demone, non aveva anima.

Allan allungò una mano poggiandola delicatamente sulla guancia gelida del Dio.

“Vita e Morte...” sussurrò questi fissandolo con indifferenza e Allhanirayas tremò sotto quella assoluta mancanza di emozione nella sua voce, nel suo sguardo.

Un abisso viola dai contorni sfaccettati quali quelli di un diamante, la stessa splendida, terribile, innaturale, freddezza.

Una pietra bellissima.

Perfetta.

 

Ma pur sempre pietra.

 

Ritrasse la mano portandosela al petto, stringendola contro i propri abiti per scaldarla, quasi temesse che un contatto prolungato risucchiasse anche la sua, di anima.

“Guardami..” sussurrò Clhavishineriyas con voce melodiosa e spettrale “...questo è colui che chiamano il Sovrano dalle Due Maschere...” sussurrò il Dio allargando le braccia, sembravano quasi due ali tanto le maniche della sua veste erano ampie e candide.

Clhavishineriyas scosse il capo facendo ondeggiare il lungo manto lucente, spezzando il buio un’ultima volta prima di prendere nuovamente le sue sembianze umane.

I fiori che tanto velocemente erano cresciuti si afflosciarono su se stessi, appassendo improvvisamente, nel ritrovarsi privi della loro fonte di calore, il buio li avvolse come una cappa pesante, più cupa e spessa, la luce stellare parve pallida e insignificante ora che gli occhi avevano potuto abbeverarsi della sua.

Clavis raccolse i propri occhiali, mettendoli.

“Solo questo Allan...” sussurrò “...due Maschere. Sotto di esse non vi è niente.”

Disse glaciale prima di scendere in giardino e scomparire tra le maglie di quella notte improvvisamente cupa.

Allan tese una mano verso di lui, facendo pochi passi sull’erba umida prima di fermarsi.

Anche se l’avesse raggiunto, che cosa gli avrebbe detto?

Si accasciò sulle ginocchia, abbassando il capo sconfitto.

 

Possibile?

Possibile che non ci fosse davvero niente?

Possibile che non gli fosse concesso di amare?

Di amarlo?

 

Una lacrima rovente scivolò sul suo volto infrangendosi sui petali sfaldati di una piccola margherita nata e morta nell’arco di un'istante.

 

 

continua....                                                                                       

 

 

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