Ciak, si gira! 2                                 Back to Original  Back to Home

 

“Quel lurido bastardo, figlio di puttana!” Rei lasciò cadere lo zaino a terra, sprofondando nella poltrona del salotto mentre la sua coinquilina emergeva dalla cucina per fissarlo perplessa.

Era raro sentire il piccolo Rei proferire parole tanto pesanti.

“Che è successo?” chiese preoccupata.

“Sono appena stato da quell’idiota del mio agente!” spiegò torvo, il ragazzo “E, non solo sembra che sia incapace di trovarmi una parte qualsiasi per le prossime settimane...” ringhiò “...ma pare addirittura che il regista, stanotte, si sia sognato di tagliare la scena del mio ballo attorno al fuoco, dal film!” esclamò.

“Che cosa?” chiese lei stupita “E come mai!?”

Rei affondò il volto tra le mani, con un gemito.

Aveva un sospetto, un terribile sospetto.

“Logan...” sussurrò.

“Logan Pierce?” chiese la moretta sedendoglisi accanto.

La sera precedente Rei era tornato a casa troppo tardi e non aveva voluto svegliare l’amica. Quel mattino, poi, era uscito prestissimo, dopo aver passato una notte praticamente insonne. Elisabeth dunque non era ancora a conoscenza delle ultime, incredibili, novità.

Il rossino annuì fissandola “Ieri sera mi ha riaccompagnato a casa...” iniziò interrotto immediatamente dal gridolino felice della brunetta.

“E gli hai chiesto l’autografo per me?! L’hai fotografato?!” chiese felice.

“No...” sbottò il ragazzo cupo.

“Ma perchè?” s’infervorò immediatamente la sua coinquilina, guardandolo con la sua migliore aria accusatoria.

Fu davvero troppo per la pazienza ormai, fin troppo provata, del ragazzo: “Perchè ero troppo impegnato a tenere la sua lingua fuori dalla mia bocca!” esplose.

“Co... cosa...?” ansimò lei incredula “Logan Pierce ti ha baciato!?” esultò.

Rei la fissò allibito “Non è stata una bella cosa sai...” borbottò cupo, scacciando con nervosismo la vocina nella sua mente che aveva gridato: bugiardo!

Era stato bello invece.

Dannatamente bello.

Quando aveva smesso di opporgli resistenza e Logan aveva cominciato ad accarezzargli la lingua con la sua, guidandolo in un’esperta danza sensuale, aveva sentito ogni fibra del suo corpo tendersi, ogni sua cellula rispondergli.

“E non è tutto!” gracchiò, interrompendo i propri pensieri, cercando di riportarli su binari sicuri “Mi ha chiesto di... andare a letto con lui!” sputò.

“Vuoi dire che è gay!” ansimò Elisabeth pallida, finalmente comportandosi come Rei si aspettava che facesse.

“Bisessuale...” borbottò il rossino, cupo.

“Ah... meno male!” sospirò lei ritrovando il sorriso radioso di pochi istanti prima mentre l’amico la fissava con gli occhi fuori dalle orbite.

“Ma hai sentito quello che ti ho detto?!” chiese basito.

“Cero che ho sentito!” protestò la mora “L’uomo più desiderato sulla faccia della terra non solo ti ha riaccompagnato a casa in macchina ma ti ha pure baciato e vuole fare l’amore con te...” si lasciò scappare un lungo sospiro “...come sei fortunato...”

“Io non sono gay!” sbottò lui, infervorandosi.

“Su questo ho sempre avuto dei dubbi...” interloquì Elisabeth, fissandolo seria “...vivi con una donna splendida come me e non hai allungato le mani nemmeno una volta...” mormorò incrociando le braccia sul petto con aria offesa.

“Ma tu... Tu sei mia amica!” protestò debolmente Rei, incapace di credere all’assurdità di quella conversazione.

“E le altre?” insinuò lei piantandogli gli occhi castani in viso.

Il ragazzo retrocesse nella poltrona, spaventato dallo sguardo dell’altra.

Ci mancava solo che gli puntasse una lampada in faccia e gli sarebbe sembrato di essere ad un interrogatorio della polizia!

“Quali altre?” chiese esasperato, cercando di riprendere il controllo della situazione.

“Appunto!” trillo la ragazza, vittoriosa, puntandogli l’indice sotto il naso “Rei Asaki, hai vent’anni, sei bello, fai l’attore e scommetto che le proposte non ti mancano ma non sei mai uscito con una ragazza da quando ti conosco!” sentenziò.

Il rossino la fissò sorpreso prima di corrugare la fronte “Non ho tempo per le ragazze...” borbottò piano, quasi stesse cercando di convincersene a sua volta, ed Elisabeth gli sorrise, dolcemente, prima di accomodarsi sul bracciolo della poltrona e passargli una mano tra i serici capelli rossi “Ma ci hai mai pensato seriamente?” gli chiese con tono gentile, quasi materno.

“Anche se non mi interesso alle ragazze non vuol dire che mi piacciano gli uomini!” sbottò Rei piccato, dopo un momento di silenzio un po’ troppo lungo.

In effetti... perchè non gli interessavano le ragazze?

Davvero non aveva il tempo di pensarci o più semplicemente non aveva mai voluto pensarci?

“E anche se mi piacessero gli uomini quello di Logan è un ricatto!” disse, maledicendosi un secondo più tardi, per quella frase.

Che diamine significava ‘anche se mi piacessero gli uomini’?

A lui non piacevano gli uomini.

Punto e basta!

“Pensi che sia stato lui a chiedere di tagliare la tua scena? E a far si che tu non possa trovare lavoro?” disse lei facendosi pensierosa, strappandolo a quei pensieri che si stavano indirizzando verso sentieri pericolosi.

“Non è difficile immaginare che usando la sua influenza nel mondo del cinema abbia fatto saltare tutti i tuoi ingaggi così da costringerti ad accettare le sue avance...” continuò Elisabeth ignara delle elucubrazioni mentali dell’altro, fissandolo seria per un momento, prima che un sorriso le si allargasse sul viso e gli occhi le si accendessero di lucine: “Non è magnifico? Sembra uno di quei romanzi rosa che mi piacciono da impazzire!” esclamò.

“Elisabeth!” protestò il ragazzo.

“Scusa, scusa..” disse lei sollevando le mani in segno di resa.

“Che cosa devo fare...?” mormorò abbacchiato il rossino, passandosi le mani tra i capelli.

La ragazza sospirò facendosi pensierosa “Scarti a priori l’idea di andarci a letto?” chiese, ricevendo in cambio un’occhiata assassina “Ok... ok... scartiamola a priori...” si corresse subito “L’unica cosa che puoi fare è aspettare... magari un lavoro arriverà.”

 

Ma il lavoro non arrivò.

Erano passate quasi due settimane e il pagamento dell’affitto incombeva sulla testa di Rei come la famosa spada di Damocle.

Aveva bisogno di un lavoro.

Uno qualsiasi!

O avrebbe dovuto trovarsi un posto come cameriere in qualche bar per sbarcare il lunario.

Stava sottolineando annunci sul giornale, riverso a metà sulla sua poltrona preferita quando il suo agente chiamò per informarlo che era riuscito a procurargli un invito per una delle tante feste che il famoso regista Richard Reynold teneva a casa sua.

Non era un lavoro ma gli apriva davanti un infinito ventaglio di possibilità.

A quel genere di eventi partecipavano attori, registi, produttori, sceneggiatori, e lui aveva tutto da guadagnare e niente da perdere.

Se poi fosse riuscito a parlare con il padrone di casa...

Per un momento soltanto Rei si chiese come mai, un signor nessuno, quale lui era, aveva ottenuto un invito ad una festa tanto esclusiva ma l’entusiasmo aveva spazzato in fretta quella domanda lasciandola senza risposta.

 

La villa di Richard Reynold era gigantesca.

Anche se la parola ‘gigantesca’ ancora non rendeva l’idea.

L’enorme abitazione sorgeva sulla cima ad una collinetta circondata da alberi e da un imponente recinzione in muratura volta a tenere lontani paparazzi e curiosi.

Il suo taxi impiegò quasi dieci minuti per percorrere il viale che, dal cancello principale, portava all’ampia piazzola, dinanzi all’ingresso, dove facevano già mostra di se limosine e sfavillanti auto da corsa.

Rei scese dalla vettura gialla e pagò la corsa prima di sistemarsi nervosamente i pantaloni.

Dopo aver rovesciato il suo armadio, per ben due volte, e aver tormentato Elisabeth per un’ora e mezza, aveva optato per un paio di pantaloni di pelle nera e una maglia sintetica, senza maniche, anch’essa nera, sul cui fianco sinistro s’inerpicava un drago cinese, bianco.

Al collo un laccio di cuoio bianco su cui era infilato un occhio di gatto e al polso destro uno spesso bracciale completavano il suo abbigliamento.

Il ragazzo ricontrollò di essere in ordine e poi prese un paio di respiri osservando l’incombente sagoma della villa, illuminata a giorno, prima di salire la scalinata dirigendosi verso la musica e il vociare che provenivano dall’interno.

Come gli aveva raccomandato il suo agente cercò di mescolarsi alla folla gironzolando con un calice di champagne, che aveva prontamente preso dal vassoio di uno zelante cameriere, cercando di scorgere qualche volto familiare.

Riconobbe un’attrice famosa, inguainata in uno scintillante abito rosso fuoco, che teneva le redini di una conversazione alquanto frivola, a giudicare dalle sue risatine, con un uomo dall’aria ricca, e il regista del suo film che parlava con un paio di attori di sitcom.

Gironzolava curioso, da qualche minuto, sorseggiando distrattamente il vino, quando il suo sguardo riconobbe una sagoma familiare: Logan.

Avrebbe dovuto sospettare che ci sarebbe stato anche lui, d’altronde era risaputo che Reynold era stato uno dei primi registi con cui Logan aveva lavorato, quando quest’ultimo aveva ancora, solo, dodici anni.

Strinse le dita intorno allo stelo del proprio bicchiere osservandolo avanzare con l’eleganza regale di una pantera tra gli scarafaggi mentre la moltitudine di attricette più o meno svestite, che non mancava mai a quel genere di festa, lo seguiva con occhi lucenti.

Qualcuna si azzardò addirittura ad avvicinarlo sbattendo le ciglia con aria invitante o sporgendosi in avanti per mettergli sotto il naso la scollatura abissale ma il divo pareva indifferente alle loro avance, porgeva qualche sorriso, tanto affascinante quanto palesemente falso, e poi si allontanava lasciandosi dietro una scia di sospiri.

Rei storse le labbra in una smorfia disgustata e decise di uscire nell’ampio giardino a prendere una bocca d’aria prima che tutta quell’adulazione lo soffocasse.

La piscina, enorme come tutto il resto, scintillava d’azzurro sotto la luce dei lampioncini, alcuni invitati vi sguazzavano già, muniti di costumi tanto sgargianti quanto microscopici mentre, alla sua estremità, dove era stato allestito un coreografico bar a forma d’isoletta, due ragazze prosperose stavano facendo volare bicchieri e bottiglie per i loro ospiti.

Anche lì la folla era notevole.

Sembrava che fosse presente mezza Hollywood.

Lo stomaco del ragazzo emise un brontolio e Rei decise di aggirare un paio di ragazzi atletici, impegnati in una discussione accesa sul riconoscimento dei diritti degli stantmen,  per puntare verso uno dei tanti tavoli del buffet tra cui i camerieri zizzagavano come api operose, rimpinguando l’enorme esposizione di cibarie colorate e assicurandosi che nessuno avesse il bicchiere vuoto.

Studiò la situazione per un momento prima di munirsi di piattino, così come facevano gli altri, e cominciare a deporvi sopra tartine e stuzzichini.

 

“Se mangi tutta quella roba ingrasserai...”

 

Quel sussurrò gli sfiorò l’orecchio scatenandogli un piccolo brivido lungo la schiena.

Avrebbe riconosciuto ovunque quella voce profonda e sensuale.

Si volse di scatto, rischiando di rovesciare il prezioso contenuto del suo piatto, per fulminare Logan con lo sguardo.

“Oh il micetto ha sguainato gli artigli...” mormorò l’attore senza impressionarsi, facendo scorrere gli occhi su tutta la sua figura, dai capelli rossi, pettinati in modo da cadergli in ciocche scomposte sulla fronte, alle scarpe scure.

Rei aprì bocca per mandarlo al diavolo ma poi ricordò dove si trovava e gli porse un sorriso di granito “Non hai nessun altro da importunare stasera?” chiese gelido “Mi sembrava di aver visto uno sciame di ochette desiderose di avere la tua attenzione, di là...” disse sprezzante.

Ma il suo commento non ebbe l’effetto desiderato, invece di irritarsi Logan sollevò un sopracciglio e le sue labbra si tesero in un lento ghigno predatore, troppo soddisfatto per i gusti del rossino.

“Cos’è una scenata di gelosia?” mormorò il moro posandogli una mano sul fianco, facendola scorrere con lenta indulgenza lungo il profilo del drago.

Rei si morse le labbra per non lasciarsi sfuggire un ansito traditore che gli era salito dal petto, stringendo il piatto con forza, rischiando quasi di romperlo, mentre s’imponeva di non tremare sotto la carezza leggera, ma fin troppo sensuale e intima, di quelle dita candide.

“Ti piacerebbe...” ringhiò cercando disperatamente di riguadagnare terreno.

“Non è l’unica cosa che mi piacerebbe...” mormorò il moro con voce morbida facendolo arrossire violentemente.

“Ti ho già detto che non verrò a letto con te solo perchè puoi agevolarmi la carriera, bastardo!” gli sibilò il ragazzo dimenticando dei suoi buoni propositi sul non insultarlo apertamente.

“Il fatto che tu non sia il solito attoruncolo, disposto a vendersi per una parte, non fa diminuire il tuo fascino... anzi...” fu la risposta spiazzante del moro.

Rei aprì bocca per ribattere ma la richiuse senza dire nulla, interdetto dal suo sguardo serio e dal lieve sorriso che gl’incurvava le labbra.

Niente a che vedere con la smorfia falsa e costruita che il divo aveva riservato alle ragazze, prima.

Quello era un sorriso autentico, divertito, provocante, malizioso.

E Rei si ritrovò a subirne il fascino, fissandolo confuso per un lungo momento.

Logan scosse il capo, sfiorandogli con tenerezza una guancia “Pensaci, ok?” si chinò a sussurrargli, prima di allontanarsi verso il bar.

E lui rimase lì, impalato, a fissare il modo naturale, istintivo, con cui la folla si spostava per far passare il moro, quasi riconoscesse in lui un’autorità, una regalità, superiore.

Possibile che un uomo così volesse lui?

E perchè diamine si stava facendo quella domanda?

Che importava?

Anche se Logan lo avesse voluto davvero, e non solo per gioco...

Perchè si stava preoccupando che per l’altro fosse un gioco?

Perchè, invece di imprecare mentalmente contro di lui, stava lì a tormentarsi chiedendosi cosa sarebbe accaduto ‘dopo’, se gli avesse concesso ciò che chiedeva?

‘Dopo’ cosa?

Lui non aveva nessuna intenzione di far sì che per loro ci fosse, ne un prima, ne tanto meno un dopo!

Rei scosse il capo con forza, afferrando un altro bicchiere e allontanandosi nuovamente tra la folla, alla ricerca di un posto tranquillo dove schiarirsi le idee.

 

L’intero piano inferiore era stracolmo di ospiti mentre i piani superiori, per il momento, erano deserti anche se Rei, nell’aggirarsi tra i corridoi silenziosi, non dubitava che, con tutto l’alcool e l’ambizione, che scorreva al piano inferiore, presto si sarebbero riempiti.

Quel tipo di feste finiva sempre a letto.

Logan, di certo, avrebbe potuto portarsi in camera quasi tutte le donne presenti.

Non aveva solo la bellezza dalla sua ma anche la fama e la ricchezza.

Per non parlare della sua influenza nel mondo dello spettacolo.

Nessuna gli avrebbe detto di no.

Rei si morse le labbra e scacciò quei pensieri e la strana fitta che avevano portato con se.

Se Logan era davvero uno che andava a letto con la prima, o con il primo, che capitava, lui non voleva averci niente a che fare.

Ma se non fosse stato uno così?

Allora avrebbe cambiato idea su di lui?

Gli avrebbe detto di sì?

Perchè diamine quelle domande non volevano smettere di ronzargli nella testa?!

E perchè continuava a pensare a che cosa avrebbe fatto Logan, che cosa avrebbe detto Logan, che cosa avrebbe pensato Logan?

“Basta! basta!  basta!” tentò disperatamente di autoimporsi.

Era così immerso nei suoi rimproveri mentali che non si accorse della persona che stava venendo avanti, urtandola inavvertitamente.

“Mi scusi...” mormorò facendo un passo indietro, per mantenere l’equilibrio.

L’uomo di fronte a lui gli lanciò un occhiata malevola che tuttavia si dissipò pochi secondi più tardi quando questi fece scorrere lo sguardo sulla sua figura.

“Tu devi essere Rei Asaki...” mormorò, incurvando le labbra in un sorriso viscido, tendendogli la mano “...ho visto le tue riprese...” disse mentre il ragazzo gliela stringeva senza sapere che dire.

Quello di fronte a lui era il padrone di casa, il famoso Richard Reynold!

“Da... davvero?” balbettò.

L’uomo dalla calvizie imminente, sulla sessantina, sorrise scoprendo i denti candidi.

“Certo... sono stato io a spedire l’invito al tuo agente...” sussurrò con uno scintillio negli occhi porcini, facendogli segno di seguirlo “Vieni andiamo a parlare in un luogo tranquillo...” mormorò “...lontano da tutta quella marmaglia che si abbuffa a miei spese...” scherzò indicandogli un lungo corridoio, alla sua sinistra, con la mano grassoccia.

Reynold era più basso di lui di diversi centimetri ma era largo il doppio.

Il mento gli ballonzolava ogni volta che parlava e il completo firmato che indossava, sebbene costasse probabilmente quanto un’automobile, non riusciva a non farlo assomigliare ad un grosso maiale.

Rei tenne comunque le sue opinioni per se, seguendolo con il cuore in gola: essere notati da Richard Reynold voleva dire fortuna e soldi a palate!

L’uomo gli aprì la porta di un ampio studio e la richiuse alle sue spalle quando furono entrati.

“Sai sono rimasto molto colpito da te...” iniziò indicandogli il divano e andandogli a sedere vicino.

Un po’ troppo vicino per i gusti del ragazzo ma Rei si obbligò a non ritrarsi.

“E’ un vero peccato che abbiano tagliato la tua scena... faceva bollire il sangue nelle vene...” gli sussurrò con tono roco, alitandogli quelle parole nell’orecchio.

Rei sentì il sangue gelarglisi nelle vene ma strinse i pugni imponendosi la calma: “Signor Reynold...” cominciò.

Ma l’uomo gli sorrise famelico “Chiamami Richard...” miagolò con tono untuoso, posandogli una mano sulla gamba fasciata dai pantaloni di pelle nera.

Rei gliel’allontanò di scatto tirandosi indietro “Se è questo che vuole da me...” cominciò con voce tremante di rabbia ma l’altro lo spiazzò scoppiando a ridere.

“Oh scusa... scusa...” disse alzandosi dal divano facendo ballonzolare la pancia “E’ così divertente punzecchiare un po’ voi nuove leve...” disse allegro “...non volevo offenderti!” garantì lasciandosi cadere sulla poltrona di fronte al sofà.

“Parliamo seriamente su... che altri lavori hai fatto prima di questo?” chiese con un sorriso e Rei lo fissò perplesso, ancora confuso.

Sembrava sincero.

Quindi... aveva solo scherzato?

Che nel mondo del cinema fossero tutti pazzi?

Cominciò esitante a parlargli delle piccole parti che aveva interpretato rilassandosi man mano che il loro discorso diventava professionale.

Richiard sembrava ascoltarlo con interesse anche se Rei aveva l’impressione che il suo sguardo si soffermasse un po’ troppo sul suo corpo.

“Ho la gola secca...” mormorò d’un tratto il regista, andando al bar e cominciando a trafficare con bottiglie e bicchieri “Ti va di farmi compagnia?” chiese.

Il ragazzo annuì, ringraziando.

Non gli piacevano i super alcolici ma preferiva acconsentire a quella sua piccola richiesta per non indispettirlo.

Aveva già rischiato grosso, prima.

Il regista gli mise il bicchiere davanti e, per un momento, Rei pensò che gli si sarebbe seduto di nuovo accanto, tentando un nuovo approccio, magari nella speranza che l’alcool gli avrebbe fatto girare la testa, ma l’uomo si lasciò sprofondare di nuovo nella sua poltrona e il ragazzo si convinse che aveva davvero scherzato nel fargli delle avance.

Evidentemente non erano tutti maniaci come Logan!

Sorseggiò il liquore ambrato distrattamente mentre Richard ingurgitava il suo.

“Hai mai pensato a film di altro genere?” gli chiese il regista dopo qualche momento.

“Che genere?” chiese il ragazzo distrattamente, agitando il proprio bicchiere per far tintinnare i cubetti di ghiaccio, la sua bevanda aveva un sapore strano, insolito.

“Un genere un po’ più... adatto a te...” sussurrò l’altro posando il proprio bicchiere e alzandosi, per avvicinarglisi nuovamente.

Rei lo guardò con espressione stupita.

 

Richard ondeggiava.

No, era la stanza che ondeggiava.

O era il divano su cui era seduto?

 

“Mi gira la testa..” mormorò stranito.

“Allora è meglio se ti stendi...” fu la pronta risposta del regista.

L’uomo gli tolse il bicchiere di mano e lo fece sdraiare prima di cominciare a slacciargli i pantaloni.

“Che... che sta facendo...” sussurrò Rei scoprendo che la sua voce era spaventosamente impastata.

Si sentiva la testa pesante, il corpo di piombo, quasi l’aria si fosse tramutata in una densa, maleodorante, melma grigia.

“Ti faccio stare meglio...” sussurrò roco l’uomo, spingendo una mano grassoccia sotto il tessuto della sua maglia.

Rei gemette e si agitò mentre una vampata di calore violento gli serpeggiava nelle vene.

Che gli stava succedendo?

Richard aveva le mani sudate e ansimava in modo disgustoso mentre gli abbassava i pantaloni ma il ragazzo non riusciva a muoversi. Volse il capo sui cuscini cercando di capire, osservando attraverso la nebbiolina che gli offuscava lo sguardo il suo bicchiere, abbandonato sul tavolino di cristallo.

“Che... che... cosa mi hai fatto bere...” capì, cercando disperatamente di riacquistare il controllo del proprio corpo, agitandosi nervosamente sul divano nel sentire uno strano languore avvolgergli le membra.

“Solo qualcosa per renderti più docile bellezza...” sussurrò l’uomo abbassandogli anche i boxer, gettandoli a terra con noncuranza, per osservare con occhi vogliosi il suo membro già semi teso.

“Mi hai ammaliato lo sai...” disse sfiorandogli la punta del sesso con un dito.

Rei ansimò inarcando la schiena con un gemito, stringendo con forza i cuscini sotto di se “No... mi... mi lasci stare...” sussurrò cercando di scostarsi.

Ma il suo corpo non gli rispondeva.

“Ti ho visto ballare sai?” disse l’altro sollevandogli la maglia con le mani sudaticce “Passavo di là per parlare con un altro attore ma quando ti ho visto...” sospirò in maniera esagerata “E’ da quel momento che desidero scoparti...” disse obbligandolo a mettersi supino.

“Questo bel culetto sodo..” sussurrò facendo scorrere un dito tra le sue natiche.

Rei si agitò con un po’ più di vigore cominciando a tremare “No...” supplicò mettendosi carponi, nel disperato tentativo di alzarsi e sfuggirgli.

“E’ così che va piccolo...” gemette l’uomo afferrandolo per i fianchi e tirandoselo contro “Farò di te una stella... non fare resistenza...” gli alitò nell’orecchio.

Rei strinse disperatamente i denti spingendo indietro una gamba, riuscendo ad allontanarlo da se, prima di tentare nuovamente la fuga, ottenendo soltanto di scivolare miseramente giù dal divano.

“E’ tutto inutile.” mormorò tranquillo Richard “Tra poco la droga farà effetto completamente e allora avrai un disperato bisogno i sentirmi dentro...” gli rantolò, raggiungendolo di nuovo “Vedrai mi supplicherai di sbatterti...” disse strofinando la patta dei pantaloni contro i suoi glutei.

Rei ansimò sentendo il suo corpo, guidato dalla droga, rispondere a quella provocazione mentre la nausea saliva a serragli la gola e le lacrime gli pungeva gli occhi.

Non poteva... non poteva essere vero.

“Vedi... sei già duro...” gemette il regista posandogli una serie di viscidi baci sulla schiena, spingendo la mano sudata sul suo membro teso.

Rei singhiozzò un flebile “No...” rendendosi conto che la sua voce era roca e il suo respiro già difficoltoso.

Presto avrebbe perso anche l’ultimo barlume di volontà.

E sebbene la sua mente si ribellasse violentemente al pensiero, il suo corpo sembrava incapace di sottrarsi.

Sentì distintamente il rumore della cerniera dei pantaloni che veniva abbassata, e poi Richiard lo abbandonò un momento, per toglierseli del tutto.

Era la sua ultima occasione.

Rei raccolse le forze e cercò di allontanarsi, gattonando sul pavimento di marmo, ma aveva fatto solo pochi passi verso la porta quando le mani grassocce del regista si chiusero sui suoi fianchi.

“Adesso ti farò stare meglio...” gli promise Richiard spingendolo contro il tavolino di cristallo.

Rei sentì il suo sesso premergli contro le natiche e strinse disperatamente le dita sulla superficie trasparente del mobile, lasciando che lacrime silenziose gli colassero lungo le guance.

 

“Vedo che non hai perso le vecchie abitudini Richard...”

 

Quella voce fece sussultare il regista che si volse di scatto verso la porta e Rei emise un singhiozzo sorpreso, girando il capo verso l’uscio, osservando la sagoma che ne era incorniciata, riconoscendola nonostante i fumi dell’alcol.

“Logan...” sussurrò piano, con voce spezzata.

Il moro attraversò a grandi falcate lo studio, gli occhi glaciali, la sua mascella serrata mentre, a differenza di quello che Rei si sarebbe aspettato, Richard si tirava indietro per  fissare l’attore con gli occhi sgranati, senza fare nessun tentativo di scacciarlo.

“Guarda che lui è consenziente...” cercò di giustificarsi il regista, con voce incrinata.

“A me non sembra...” ringhiò Logan spostandolo malamente di lato.

Rei sentì le sue mani scostargli delicatamente i capelli rossi dal viso mentre le iridi grigie sondavano le sue, leggendovi la confusione e la paura, notando la dilatazione innaturale delle pupille.

“L’hai drogato...” constatò.

Rei si mosse a fatica, strisciando verso di lui alla ricerca di un rifugio, e il moro si affrettò ad allungare le braccia, sollevando con attenzione, per stringerselo contro, prottettivamente.

“Logan...” ripetè il rossino a fatica, serrando con forza il tessuto della sua giacca, tra le dita, lasciando che nuove lacrime gli bagnassero il viso congestionato.

“Shhh...” cercò di tranquillizzarlo il moro “...è tutto finito...” mormorò posandogli un bacio lieve tra i capelli arruffati.

Il ragazzo affondò il viso nella sua giacca tremando e Logan lo strinse più forte, lanciando uno sguardo assassino al regista. “Mi sembrava di averti avvertito...” ringhiò.

“As... aspetta Logan...” cercò disperatamente di appellarglisi l’uomo ma l’occhiata glaciale dell’attore gli fece morire le parole in gola.

“Hai chiuso.” sentenziò prima di voltargli le spalle e dirigersi a grandi passi verso l’uscita sul retro.

Fortunatamente gli ospiti erano tutti nell’altra ala della villa e l’attore fece attenzione a non essere visto mentre caricava il ragazzo, seminudo e febbricitante, sulla sua ferrari.

Gli allacciò premurosamente la cintura scontrandosi con gli occhi sgranati del rossino, nel risollevarsi.

“Va tutto bene...” cercò di rassicurarlo, passandogli con fare tranquillizzante una mano tra i capelli “Casa mia e poco distante, vedrai che con una bella doccia fredda e un buon sonno passa...” cominciò a dirgli ma il ragazzo emise qualcosa di molto simile ad un miagolio, allungando improvvisamente il viso per posare le labbra sulle sue.

Logan avvertì la lingua del ragazzo accarezzargli la bocca, chiedendogliene l’accesso, ma gli oppose una ferma resistenza, spingendolo indietro.

“Non sei in te tesoro...” mormorò, togliendosi la giacca, usandola per coprirgli le gambe, prima di chiudere la portiera dell’auto e prendere velocemente posto al volante.

Schizzò lungo il viale alberato mentre Rei si voltava a fissarlo, stranito.

Aveva caldo.

Un caldo tremendo e insopportabile.

Ed era eccitato.

Così eccitato da star male.

Non voleva farsi vedere così, da lui, ma il corpo sembrava incapace di reagire ai suoi ordini.

Emise un lamento e si contorse nel sedile premendo il petto contro la cintura di sicurezza, strofinando i glutei contro la pelle fredda.

Qualsiasi contatto andava bene purchè alleviasse la sua sofferenza.

“Sta fermo piccolo, se ti agiti metti in circolo la droga e sarà peggio...” cercò di spiegargli Logan ma Rei non riusciva a ragionare.

Quando l’attore parcheggiò l’auto ebbe appena il tempo di slacciargli la cintura prima di ritrovarsi con le labbra del ragazzo nuovamente premute sulle sue.

“Non tentarmi...” gracchiò Logan staccandoselo di dosso.

“Scopami...” fu il gemito che ottenne in risposta.

Logan si sentì mancare il fiato ma scosse il capo con forza, cercando di mantenersi lucido.

“Non così...” sussurrò.

Non voleva averlo così.

Non sotto l’effetto della droga, completamente incapace di capire cosa gli stava accadendo.

Lo prese nuovamente tra le braccia e Rei gli gemette in un orecchio facendo pericolosamente vacillare il suo autocontrollo.

“Ti prego...” ansimò il ragazzo, contorcendosi tra le sue braccia nel tentativo di strofinarsi contro di lui.

“Merda... ma quanta te ne ha data quell’idiota...” ringhiò Logan attraversando l’atrio, puntando dritto verso la piscina.

Rei aveva vagamente coscienza di quello che stava facendo ma non riusciva a fermarsi in nessun modo.

Se prima, quando Richard lo aveva accarezzato, il disgusto gli aveva in qualche modo permesso di mantenere il sangue freddo, ora era completamente incapace di controllarsi.

Gli piaceva essere toccato da lui.

Gli piaceva baciarlo, assaporare la sua pelle, sentire le sue braccia stringerlo.

E voleva di più.

Aveva un disperato bisogno di avere di più.

Logan attraversò l’ingresso a grandi passi e spalancò con un calcio la porta di vetro che dava sull’ampia piscina coperta.

Era più piccola di quella del regista ma più intima.

Le vetrate che la circondavano riflettevano i giochi di luce dell’acqua dando quasi l’impressione che si trovassero in un enorme acquario.

Il ragazzo tuttavia non ebbe modo di guardarsi molto attorno che l’attore lo lasciò cadere nell’acqua fredda.

Rei ansimò con forza dibattendosi finchè non riuscì faticosamente ad emergere.

Logan nel frattempo si era tolto anche la camicia e si era immerso a sua volta, ripescandolo prima che annegasse.

L’acqua era alta solo un metro e cinquanta in quel punto ma sapeva che Rei non aveva la forza di stare in piedi.

Il ragazzo mugolò aggrappandosi alle spalle candide del moro prima di stringerglisi addosso e spingere il bacino contro il suo.

“Rei sta fermo...” cercò di tenerlo buono l’attore ma non riuscì a terminare la frase che il rossino allungò il viso e si impossessò voracemente della sua bocca.

Logan tentò di allontanarlo per qualche istante prima che i suoi buoni propositi andassero a farsi benedire nel sentire come il ragazzo si strusciava contro di lui.

Lo sbattè contro il bordo della piscina facendolo gemere sonoramente e poi rispose al suo bacio con passione.

Rei non aspettava altro.

Quasi quel bacio gli avesse ridato le forze riuscì faticosamente a sollevare le braccia e a stringergliele, grondanti d’acqua, al collo mentre Logan gli faceva scivolare la mano destra lungo la maglia bagnata fino ad affondarla tra le sue gambe cominciando a masturbarlo con forza. Il ragazzo si contorse tra le sue braccia, allargando le gambe per lui, gettando indietro il capo per gemere mentre alzava il bacino per andare incontro alla sua mano, ansimando il suo nome con voce roca, disperata, supplicandolo finchè il suo corpo si tese con uno spasimo violento.

Si riversò nella sua mano con un grido prima di accasciarglisi contro e Logan lo guardò ansimare pesantemente, i capelli rossi, lingue di fuoco bagnate che gli si arabescavano sulla pelle dorata e gli occhi nocciola, liquidi, enormi.

Gli fece delicatamente slacciare le braccia dal proprio collo e lo aiutò a sfilare la maglia sgualcita per gettarla in un angolo.

Rei lo lasciò fare, docilmente, troppo intento a riprendere fiato e il moro sospirò, ignorando l’erezione che gli pulsava dolorosamente tra le gambe, sollevandolo nuovamente, di peso, per portarlo al piano di sopra.

“Su, andiamo, ti metto a letto...” mormorò dolcemente passandogli una mano tra i capelli bagnati ma il ragazzo mugolò stringendoglisi addosso cominciando a deporgli una serie di piccoli baci sul collo, sulle spalle, sul petto, succhiandogli la pelle candida con golosità, tracciando disegni privi di significato, con la lingua, ovunque riuscisse ad arrivare.

“Che... che stai facendo?” gracchiò Logan, allontanandolo per fissarlo stranito.

Rei emise un fievole gemito e gli si appoggiò nuovamente, cominciando a lappargli la gola, inseguendo le goccioline d’acqua che vi scorrevano.

“Smettila!” ringhiò il moro lasciandolo cadere sull’ampio divano del salotto.

Il ragazzo vi si accasciò come un bambola a cui avevano tagliato i fili ma gli puntò lo sguardo addosso, mordicchiandosi le labbra per soffocarvi piccoli ansimi sensuali, gli occhi nocciola, sgranati, fissi nei suoi.

“Logan...” sussurrò tendendogli le braccia in un chiaro invito, strofinando i glutei contro la stoffa ruvida del divano.

Era di nuovo, visibilmente, eccitato.

“A quanto pare Richard aveva in progetto di divertirsi con te per un bel po’...” sussurrò il moro, cupo, passandosi una mano tra i capelli bagnati, con un sospiro.

“Ti prego...” pigolò Rei cercando di alzarsi per attirarlo a se.

“Domani mi odierai...” mormorò l’attore stringendo i pugni, chiedendosi che cosa fare.

Conosceva gli effetti di quella droga e sapeva che Rei avrebbe continuato a stare male finchè non gli avesse dato soddisfazione ed, evidentemente, non era stata sufficiente ne l’acqua fredda ne la masturbazione.

“Ti prego...” ripetè Rei cercando faticosamente di mettersi a sedere.

Vacillò e sarebbe caduto se Logan non si fosse affrettato a sorreggerlo.

Il ragazzo si attaccò a lui come un assetato ad pozzo d’acqua, succhiandogli la gola vorace, strofinando il petto contro di lui, mugolando ansimi sommessi e Logan non potè fare a meno di gemere.

Rei approfittò di quel suo momento di debolezza per cominciare a slacciargli i pantaloni bagnati, con dita goffe, accarezzando ogni brandello di pelle a cui riusciva ad arrivare.

“Maledizione!” imprecò il moro allontanandogli le mani “Non sono un santo io, sai?” ringhiò prima di afferrare il ragazzo e sollevarlo per la terza volta.

“Andiamo di sopra...” mormorò con voce roca mentre saliva in fretta le scale.

Rei non lo sentì, era troppo impegnato a strofinarglisi contro con ogni centimetro del suo corpo.

Gemette, inarcandosi, quando Logan lo depose sul letto, allargando le gambe, afferrando le sue mani per portarsele al membro teso, ansioso di avere soddisfazione.

“E va bene...” si arrese l’attore, scostandosi per finire il lavoro incominciato dal rossino.

Gettò i pantaloni zuppi, in un angolo, salendo sul letto, afferrandolo per i fianchi, per tirarlo contro di se.

Rei ansimò sollevando il bacino e il moro si chinò a leccargli l’interno coscia prima di scivolare con le labbra sul suo sesso mentre l’altro gli artigliava i capelli, invocando il suo nome, pregandolo di accoglierlo.

E Logan lo accontentò, prendendolo in bocca e cominciando a far scorrere le labbra su e giù, sulla sua pelle congestionata, mentre il ragazzo sotto di lui gridava, sollevando il bacino per aumentare il ritmo delle spinte. Ma il moro lo tenne fermo contro il materasso imponendogli un movimento lento ed estenuante che lo faceva gemere ed agitare.

Continuò a seviziarlo con la lingua e la bocca, ascoltando i singulti e i tremiti che lo scuotevano, mentre spingeva una mano sulla sua schiena e poi più giù alla ricerca della sua apertura.

La saggiò con la punta delle dita, girandovi attorno un paio di volte, saggiando la consistenza della pelle, spingendo i suoi gemiti a spezzarsi sempre più in fretta.

Affondò la prima falange quando lo sentì spingere i glutei verso le sue dita, strappandogli un singhiozzo, sondando il suo interno con attenzione, alla ricerca del suo piacere.

Rei gemeva senza sosta, ansimando il suo nome, tremava ma continuava a spingersi verso di lui, a supplicarlo di dargli di più, più in fretta, più a fondo.

Logan aggiunse un altro dito e Rei inarcò la schiena singhiozzando, incapace di sopportare il piacere che s’infrangeva su di lui in ondate elettriche, devastanti, incendiandogli i lombi, obbligandolo a gridare sempre più forte.

“Basta, basta, basta...” ansimava tra un respiro faticoso e un gemito, spingendo i fianchi contro quella dita che lo stavano portando alla follia senza però concedergliela.

Logan affondò il terzo dito e Rei inarcò la schiena allo stremo, riversandogli in bocca con un lungo grido di piacere prima di ricadere tra le lenzuola, senza fiato, con gli occhi chiusi.

“Tutto bene?” gli chiese il moro, sollevandosi per scostargli una ciocca scarlatta dal viso sudato.

Rei allungò le braccia e gliele cinse alle spalle cercandogli la bocca, affamato, e Logan lo baciò lasciando che la sua lingua assaggiasse il suo stesso sapore, sulle sue labbra, mentre Rei sollevava ancora una volta i fianchi strofinandosi contro il suo sesso ormai teso allo spasimo.

“Prendimi...” gli ansimò a fatica, quando si staccarono, piantando gli occhi nocciola, liquidi, in quelli grigi dell’amante.

Logan non rispose, si limitò a baciarlo nuovamente infilando un ginocchio tra le sue gambe e Rei le allargò per lui, ansiosamente, desideroso di sentirlo dentro di se il prima possibile, facendo gemere il moro quando, con quel gesto il membro del ragazzo, nuovamente turgido, accarezzò il suo. Ormai incapace di aspettare ancora, Logan affondò in lui con una spinta potente, facendogli sbarrare gli occhi e inarcare la schiena, permettendogli, con quel movimento dettato dall’istinto, di immergersi completamente in lui.

“Ancora...” lo supplicò il rossino, con voce spezzata, sollevando le gambe per serragliele ai fianchi e Logan si ritrasse facendolo gemere e spinse di nuovo strappandogli un grido.

“Ancora...” ansimò Rei artigliandogli la schiena, spingendosi contro di lui, con disperato bisogno, e Logan assecondò la sua richiesta affondando nuovamente e poi ancora, ancora e ancora, seguendo le suppliche del rossino che sembrava capace di pronunciare quell’unica parola.

Logan spingeva con foga, violando quell’antro caldo che lo accoglieva senza remore, sempre più a fondo, sempre più forte, finchè non sentì Rei irrigidirsi violentemente e spingere il capo all’indietro, sui cuscini, con gli occhi sbarrati e le labbra spalancate in un grido muto.

Così, il rossino venne per la terza volta, bagnandogli lo stomaco e Logan non si trattenne oltre riversandosi dentro di lui con un lungo lamento di piacere.

Si accasciarono uno sull’altro, senza fiato, per qualche minuto prima che Rei perdesse le forze residue e gli slacciasse la gambe dai fianchi, lasciando ricadere le braccia sul materasso.

Logan scivolò con attenzione fuori da lui, strappandogli solo un ansimo indistinto, prima di fissarlo negli occhi e Rei ricambiò il suo sguardo per un momento prima di sollevare le mani e coprirsi il viso scoppiando in singhiozzi violenti.

L’effetto della droga era finito.

Continua....

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