Whispers 1       Back to FanFic  Back to Home

La casa è silenziosa.

Come sempre.

Vuota.

Come sempre.

Mi fermo dinanzi al suo ritratto e allungo una mano trasparente cercando un contatto che non posso avere.

I fantasmi non possono toccare.

Nemmeno questo mi è concesso.

Sospiro e una lacrima, inesistente, come inesistente sono io, scivola sul mio volto.

“Mi manchi....” mormoro e la mia voce non è che un triste sussurro.

 

Pow Hanamichi.

Piove.

Il nostro modernissimo autobus anni cinquanta saltella sulle buche di questa strada di campagna che, in teoria, dovrebbe portarci al nostro ritiro.

Mah... secondo me il nonnetto ha sbagliato strada.

Ogni volta che gli domandavamo se era sicuro della direzione che stavamo prendendo lui rispondeva “Oh oh oh..”

Sono sempre più scettico.

Inoltre il tensai si sta annoiando.

Ho già litigato con Ryota e con Mitsui ottenendo in cambio il pugno del gorilla che ci ha divisi, piazzandoci ai tre angoli dell’autobus.

Lancio un’occhiata sbieca alla kitsune che dorme beatamente sul sedile opposto al mio, il capo appoggiato al finestrino.

Non riesco a capire come diavolo riesca ad addormentarsi sempre e ovunque.

Yohei dice che forse è narcolettico.

Chissà che vuol dire narcolettico.

Sbuffo mentre mi lancio uno sguardo guardingo attorno.

Nessuno bada a me.

Bene.

Torno a fissarlo con più tranquillità soffermandomi sulle ciocche corvine che gli scivolano sul volto pallido.

Le mani candide riposano in grembo, le lunghe dita rilassate sul tessuto morbido della tuta.

Perchè è nato così dannatamente bello?

Perchè ogni suo passo è elegante come quello di una pantera?

Perchè la sua voce è bassa e sensuale?

Perchè la sua pelle è liscia come seta?

Ma soprattutto... perchè, miseriaccia boia, mi sono innamorato di lui?

Questa fra tutte è la domanda che più spesso mi pongo, senza tuttavia ottenere risposta.

Sospiro passandomi una mano tra i capelli, tirandone una ciocca davanti al naso per osservarla con cura.

Rossi.

A scuola dicevano che i bambini coi capelli rossi portano sfortuna.

Quando abbiano studiato Verga hanno cominciato a chiamarmi Rosso Mal Pelo.

Forse hanno ragione nel dire che porto sfortuna.

Di sicuro a me stesso non ne ho portata molta.

Ho perso mia madre prima ancora di conoscerla e mio padre mi ha lasciato tre anni fa.

Se non fosse per il guntai non ci sarebbe nessuno ad amarmi.

Non certo le cinquanta ragazze che mi hanno scaricato.

Non certo quella creatura magnifica che riposa a pochi metri da me ignaro del mio cuore che ormai batte solo per lui.

Sospiro di nuovo mettendo un gomito sul finestrino per poi poggiare il mento sul palmo della mano e fissare fuori.

La pioggia ormai è una cascata d’acqua che rende tutto uniformemente grigio.

In questa valle non c’è niente.

La terra attorno a noi sembra fertile eppure a parte le erbacce non vi cresce nulla.

Ne un fiore, ne un albero.

Niente di niente, erbaccia secca, grigiastra, come questa pioggia.

Alcune ore fa siamo passati attraverso quello che una volta era un paese, le case di pietra grigia sono state abbandonate molti anni fa per motivi che non conosco.

Vi resta solo un benzinaio e un piccolo emporio dove abbiamo comprato da mangiare per il pranzo.

Non so perchè ma la ragazza che ci ha servito ha smesso di sorridere non appena sono entrato.

Anzi si è sbrigata a servirci e non appena siamo ripartiti ha chiuso le serrande e si è tappata dentro.

Forse prevedeva il temporale.

Ha cominciato a diluviare subito dopo.

O forse anche lei è una che crede che i capelli rossi siano il segno del demonio.

Uno scossone più forte dell’autobus ci fa sobbalzare tutti, seguito poi, da quello che sembra uno scoppio.

Persino la volpe in letargo alza il capo sollevando le palpebre per guardarsi attorno.

Scommetto che non si ricorda nemmeno dov’è.

“Oh oh oh... abbiamo forato” commenta il nostro allenatore tranquillamente.

Come cavolo fa ad essere sempre così rilassato non lo capirò mai.

Siamo nel bel mezzo di una campagna sconfinata, non si vedono case nel giro di chilometri e abbiamo forato.

E naturalmente continua a diluviare.

Akagi impreca mentre indossa la giacca a vento e scende dall’autobus seguito da Kogure.

Tornano poco dopo ancora più neri di prima.

Il nostro capitano si lancia in una sequela di imprecazioni che fanno sollevare un sopracciglio alla nostra bella manager mentre Kogure si passa una mano tra i capelli bagnati con un sospiro.

“Che c’è?” chiede Mitsui seguendo con gli occhi una ciocca umida che scivola ad appannare gli occhiali del nostro vice capitano.

Tho, ma guarda!

Il grande genio è stato colto da una folgorazione improvvisa.

Sono sicuro di non sbagliarmi!!!

Renderò la vita del nostro caro ex teppista invivibile adesso che ho scoperto il suo segretucolo.

Sono così concentrato sulle mie macchiavelliche elucubrazioni che le mie orecchie percepiscono solo distrattamente Akagi sbottare “Niente ruota di scorta!”

Strabuzzo gli occhi saltando in piedi “Che vuol dire niente ruota di scorta?” esplodo.

Il capitano mi fissa cupo “Esattamente quello che ho detto!” ringhia.

Tzè è questo il modo di trattare il genio?

Nemmeno fosse colpa mia se manca la ruota di scorta.

Oh bhe sempre che Akagi non sia un’altro di quelli che credono che il mio colore di capelli porti male!!

“Ma non è possibile! Questo catorcio deve avere una ruota di scorta! Non vorrai dirmi che siamo bloccati qui in mezzo al niente? Il grande genio non può passare la notte dentro uno scomodissimo autobus e per di più in compagnia dell’ignobile kitsune!” grido tutto d’un fiato.

No, no e poi no!

Mi rifiuto!

Categoricamente!

L’autobus è piccolo.

Troppo piccolo.

E io la passerei più che volentieri la notte con la bellissima kitsune.

Però non nel senso naturale del termine.

Anche se so che se solo ci provassi rischierei l’assideramento da sguardo glaciale!

“Do’hao”

Ecco.

Appunto.

“Teme kitsune!” gli ringhio contro con rabbia, più per il fatto che lui sia stato così dannatamente freddo con me che non per l’insulto in se.

Lui sbuffa lanciandomi uno sguardo di sufficienza che mi blocca il cuore.

Perchè, dannazione perchè?

Più per sfogare il dolore lancinante che mi ha trapassato il petto che per punirlo mi tuffo su di lui.

Adesso gliele suono di santa ragione.

Esisto anch’io stupida volpe smettila di ignorarmi!!!

Il pugno del gorilla tuttavia mi impedisce di mettere in atto i miei sani propositi.

“Smettetela voi due, abbiamo già abbastanza problemi!” tuona.

“Ayakuccia che facciamo?” chiede Myaghi osservando la ragazza che consulta la cartina geografica.

La manager punta il dito sulla mappa dopo un  momento di silenzio.

“C’è una casa ad alcuni chilometri da qui” dice tamburellando con le dita sulla carta.

Akagi le si avvicina e la consulta a sua volta.

“E’ vero!” esclama “E’ segnalata come punto turistico ma potremmo chiedere ospitalità per una notte e avranno sicuramente un telefono per chiamare un meccanico!”

Akagi Ayako e Anzai borbottano tra loro per un paio di minuti dopo di che si decide che tutti raccoglieranno il proprio zaino con il minimo indispensabile e ci dirigeremmo, sotto quest’acqua torrenziale, verso la nostra nuova meta.

So che si aspetterebbero che io protestassi ma non ci penso nemmeno, qualsiasi cosa pur di non passare le notte troppo vicino a lui!

 

Dopo soli dieci minuti siamo già tutti bagnati fino al midollo nonostante gli impermeabili.

Continuiamo comunque a camminare mentre io mi lancio nelle mie proclamazioni di genialità sul fatto che non sarà qualche goccia d’acqua a fermarmi.

Il cielo sembra avermi sentito e voler punire la mia superbia perchè comincia a tuonare in maniera spaventosa.

Attorno a noi il grigio diventa nero squarciato ad intervalli irregolari dai fulmini.

E sotto questo pandemonio non posso fare a meno di voltarmi e guardarlo.

Kami...

I vestiti bagnati gli s’incollano al corpo come una seconda pelle, i capelli neri gli scivolano quale inchiostro sulle guance mentre i suoi occhi si accendono di bagliori azzurri ogni qual volta un lampo stria l’oscurità.

Ma non è giusto!

Dannata kitsune ci sarà un  momento in cui anche tu sei brutto no?

Ti vedessi in quell’unico momento forse smetterei di amarti così dolorosamente.

No, sto mentendo.

Non è solo la sua innegabile bellezza che mi ha intrappolato.

E’ la sua forza.

La sua determinazione.

Quella sicurezza che gli scintilla negli occhi scuri come una fiamma in mezzo al buio.

Quella fiamma che non si accende mai per me.

Sto per ponderare seriamente l’idea di fingere di inciampare per stamparmiglisi addosso quando scorgiamo una grande casa dallo stile europeo.

Forse era meglio se restavamo nell’autobus.

Non sembra abitata ne tanto meno abitabile.

Il cancelletto di ferro sbatte sospinto dal vento producendo la sua miglior interpretazione di cigolio sinistro.

Un fulmine taglia l’aria esplodendo sulla campagna circostante illuminando questa scena da film horror con la sua luce violacea.

Noto distintamente Ryota deglutire.

Non sono l’unico che ha avuto questa impressione allora.

Tuttavia tornare indietro è impensabile quindi Akagi si fa stoicamente avanti fino alla grande porta d’ingresso battendo un paio di colpi.

Silenzio di tomba.

Oddio che brutto paragone ho usato!

Ho i brividi e non è per la pioggia.

Akagi alza la mano un’altra volta ma non fa a tempo a raggiungere il legno spesso della porta che questa si socchiude leggermente, con un cigolio da brivido.

Dietro la porta non c’è nessuno.

E allora chi l’ha aperta?

Mi volto deciso a tornare verso l’autobus ma il gorillone mi afferra per la collottola e mi trascina dentro.

“Stupido gorilla non voglio entrare qui ci sono i fantasmi!” tuono.

Sia chiaro il tensai non ha paura...

Nooo...

Lo faccio solo...

Solo...

Bhe, fra qualche minuto mi verrà in mente qualcosa.

“Do’hao”

Sussulto violentemente perchè Kaede che è già pallido di natura, che ha già una voce bassa di suo, in questa circostanza sembra davvero uno spettro.

“Non dire idiozie Sakuragi, la casa è disabitata! Il vento ha spinto al porta...” Sbotta il gorilla “...i fantasmi non esistono!” mi spiega sicuro.

Sarà...

Allora perchè quando il ‘vento’ sbatte la porte alla nostre spalle chiudendola con un tonfo cupo lo vedo impallidire?

 

Dopo i primi momenti di panico decidiamo di fare un giro di perlustrazione della villa.

Akagi riesce ad accendere un fuoco nel camino con i resti di una sedia rotta e con l’accendino di Mitsui.

Il piano superiore è agibile solo per metà, il tetto per anni e anni restato all’incuria è crollato su quasi tutto il lato occidentale e la pioggia e il vento hanno lasciato ben poco d’intatto

Ci sono comunque tre camere dal letto, polverose ma agibili, la biblioteca, quella che credo doveva essere la cucina e il salotto che sono in buone condizioni.

Stranamente ci sono ancora tutti i mobili.

Se qualcuno la restaurasse ne verrebbe fuori un museo con i fiocchi mi pare strano che nessuno ci abbia mai pensato.

Bhe d’altronde non tutti hanno la mente sublime del genio.

Proteggo con la mano la candela mentre gironzolo curioso per le stanze.

Ci sono un sacco di correnti non vorrei che una di queste spegnesse la mia candela.

Lo scopo della mia missione è trovare delle coperte.

I nostri vestiti nelle sacche sono zuppi almeno quanto noi e rischiamo di prenderci tutti un malanno se non troviamo qualcosa con cui coprirci al più presto.

“Hey venite a vedere!” è la voce di Mistui che ci chiama da una stanza attigua a quella che sto ispezionando io.

Mi volto dirigendomi verso di lui quando uno spiffero freddo mi scivola sul collo, accarezzandomi i capelli, accapponandomi la pelle.

Hans...”

Mi voltò di scatto ma dietro di me non c’è nessuno.

Certo...

... ci sono solo io in questa stanza e quello che ho sentito...

...o creduto di sentire...

... non era che il sussurro del vento.

 

Il tuo sguardo è lo stesso di allora.

I tuoi occhi hanno la stessa viva, incredibile, luminosità.

Il tuo corpo è lo stesso su cui tante volte ho passato le mani.

Mio amato.

Il destino infine non mi odia come credevo e ti ha restituito a me.

O forse la tua anima mi ha cercato attraverso i secoli.

Sono qui amore mio.

“Sono qui...”  sussurro.

 

In uno dei grandi armadi ancora interi Mitsui ha trovato oltre alle coperte alcuni vecchi abiti.

Lui e Ayako cominciano a tirarli fuori deponendoli su uno dei grandi letti sollevando un bel po’ di polvere.

Alla fine decidiamo di cambiarci usando quelli e la nostra manager si diverte un sacco a distribuirci i vari capi di abbigliamento spedendoci poi a cambiarci mentre lei arrotola le maniche di una giacca da uomo per indossarla.

Con il mio malloppo di vestiario mi infilo in una stanza un po’ separata dagli altri.

Voglio evitare di vedere la volpe che si spoglia.

Per oggi il mio autocontrollo ha retto anche troppo.

Mi sfilo con sollievo gli abiti bagnati gettandoli sul letto, asciugandomi velocemente con una coperta.

L’aria fredda sussurra in spifferi attorno a me, la sento distintamente scivolare sul mio corpo.

Rabbrividisco ma non mi muovo.

Stranamente non ci riesco.

I miei vestiti bagnati giacciono abbandonati a terra e quelli che devo indossare sono dimenticati sul letto.

La coperta mi è scivolata tra le mani, accatastandosi ai miei piedi ma ancora non mi muovo.

Mi rendo conto che dovrei farlo ma... non ci riesco.

Un alito di vento scivola sulle mie braccia accarezzandomi lentamente prima di sfiorare il petto.

Senza rendermene conto chiudo gli occhi e socchiudo le labbra.

Non so cosa sto facendo.

Mi sento strano.

Ho la testa leggera e la gola secca.

L’aria accarezza di nuovo sul mio corpo ma questa volta non è più gelida.

E’ calda.

La sento avvolgermi in un abbraccio possessivo mentre un soffio di vento più forte scivola tra le mie gambe.

Ansimo, reclinando il capo all’indietro.

E’ assurdo però...

Mi sfugge un gemito dalla gola mentre lentamente inarco la schiena.

 

Hans...”

 

Com’è triste la sua voce.

Una lacrima mi scivola sulla guancia senza che io possa controllarla.

La sensazione di calore aumenta, dolcemente, è un abbraccio gentile carico di un amore disperato.

Mi lascio cullare in questa affetto completamente nuovo per me.

Nessuno mi ha mai stretto così.

Nessuno ha mai riversato su di me un amore così totale.

Sto bene.

Sto così bene che vorrei restare così per sempre.

 

Con lui....

 

Per sempre....

 

Spalanco gli occhi riscuotendomi di scatto.

La sensazione di calore si scioglie improvvisamente facendomi rabbrividire.

Scuoto il capo mentre cerco di ricordare perchè mi sono imbambolato qui in mezzo alla stanza.

Mi stavo spogliando e poi?

Non ricordo bene...

Mi affretto a raccogliere gli abiti e ad indossarli prima di fiorndarmi al piano di sotto.

Dev’essere stata una mia impressione.

Questa casa sinistra mi ha suggestionato troppo.

 

 

Giungo in salotto che tutti gli altri sono già seduti attorno al fuoco.

Ad Akagi gli abiti vanno un po’ stretti mentre Ryota e Ayako hanno dovuto arrotolare le gambe dei pantaloni ma per Kogure, Mistui, Rukawa e me, gli abiti sono quasi perfetti.

Alla volpaccia stanno davvero a pennello.

Ayako poi, tanto per mettere il dito nella piaga, ha scelto un completo di velluto blu che gli sta d’incanto, anche se il mio impulso primario, ammetto, sarebbe farglielo togliere.

“Alla buon’ora ti sei perso?” mi chiede Mitsui quando giungo finalmente nella stanza.

Lo rimbotto a mezza voce ancora troppo sconvolto dalla visione della mia kitsune e da quello che è appena successo prima di sedermi accanto al fuoco.

Inutile dire che non abbiamo trovato un telefono in casa.

Come ancora più inutile specificare che non c’è cibo.

“Bhe che facciamo?” chiedo un po’ innervosito dalla situazione.

Siamo tutti qui in questo grande salone antico, vestiti come gli abitanti dell’epoca, con un temporale che ci separa dal resto del mondo e le sole fiamme del camino a scaldarci e illuminarci.

Ayako sta consultando la sua guida turistica cercando informazioni sulla casa.

“Sentite qui...” dice ignorando la mia domanda “..questa casa ha una storia tristissima” mormora spingendo indietro un ricciolo scuro.

Ecco lo sapevo!

Non sono sicuro di volerla sapere ma la nostra manager comincia a raccontare prima che qualcuno abbia modo di impedirglielo.

“Sembra che il proprietario della casa, un certo Mika Sorenson, fosse un inglese trasferitosi nel nostro paese per scappare all’inquisizione.”

Kogure solleva il capo stupito “Uno stregone?” chiede sorpreso e lei annuisce.

“Così racconta la storia” dice sfogliando le pagine della guida “Pare che qui conobbe e s’innamorò di ragazzo del luogo. I due vissero insieme, per un bel po’, lontani dalla città. Mika infatti nonostante le innumerevoli ricchezze aveva portato con se anche la sua fama e la gente della città lo temeva. Alcuni uomini del paese, invidiosi del suo denaro, cominciarono a fomentare l’opinione pubblica convincendo i più che Mika era uno spirito maligno che portava disgrazia e che per questo andava scacciato. Troppo spaventati comunque dal suo presunto potere essi mandarono una falsa missiva al duca allontanandolo dal paese. Quella stessa notte piombarono in casa e rapirono il suo amante, condannandolo, subito dopo, a morte per stregoneria. Quando Mika tornò in città trovò la piazza deserta e al centro di essa il rogo su cui bruciavano ancora i resti del suo amante.”

“Kami sama povero disgraziato...” commenta Mitsui rabbrividendo.

Concordo annuendo.

Dev’essere stato tremendo.

Perderlo senza aver potuto fare niente per salvarlo da una morte così brutta.

Ayako annuisce prima di continuare. “Lo stregone impazzì per la rabbia e il dolore. Lanciò una maledizione sugli abitanti della città e poi tornato qui in casa si suicidò”

Non c’è che dire una storia terribile.

“Pare che l’anno successivo una siccità tremenda colpì la valle, mentre l’anno dopo ancora piovve in continuazione tanto da provocare frequenti allagamenti. La gente credendo quelle catastrofi frutto della maledizione dello stregone fuggì e ancora oggi la regione è presso che deserta.”

Fantastico, adesso ci manca solo che dica che...

 

“Pare che il fantasma di Mika abiti ancora la casa e vegli su questa valle impedendo a qualsiasi cosa di crescere e a chiunque di viverci”

 

...ecco lo sapevo.

Ma perchè non ce ne siamo rimasti sull’autobus!!

Vabbè sono solo leggende infondo.

“In effetti...” si inserisce Kogure nella conversazione “....da quando siamo entrati nella valle non si è vista una casa e qui intorno non ci sono che campi di sterpaglia”

Grazie quattrocchi adesso sì che mi sento meglio!!!

Lanciò un’occhiata a Rukawa che si copre il volto con una mano nascondendo uno sbadiglio.

Ma che ha quel ragazzo al posto del sangue?

Ghiaccio?

Possibile che questa storia non lo tocchi neanche un po’?

Scuoto il capo proclamando a gran voce che il tensai difenderà tutti loro dall’eventuale fantasma e ricevo l’ovvio pugno del gorilla.

Ah... sono un genio incompreso!

Akagi lancia un’occhiata all’orologio e sentenzia che ormai è tardi e che è meglio metterci a dormire.

Ayako si appropria di una delle camere da letto e l’altra va ovviamente ad Anzai.

Resta una stanza, i tre divanetti del salotto e quello della biblioteca.

Mitsui e Kogure prendono la camera da letto su decisone di Akagi.

Strano...

Vuoi vedere che il gorillone sa di loro.

Aspetta.... ma io pensavo che Mitsui sbavasse in silenzio e invece a quanto pare è ricambiato!

Sigh... non potrò più prenderlo in giro.

Sono così assorto nei miei pensieri che non mi accorgo che Akagi va in biblioteca così restiamo io, Ryota e Rukawa, a dividerci il salotto.

Kuso!

Naturalmente Rukawa si è già addormentato su uno dei divani e Ryota ha approfittato indegnamente della mia distrazione per buttarsi sull’altro.

Borbottando contro l’infidità di certi nani mi stendo sul più piccolo dei tre divanetti, stringendomi la coperta al petto.

Dopo un po’ al respiro già regolare di Rukawa si aggiunge quello di Ryota mentre io mi perdo a fissare il soffitto.

Sarà avere la volpaccia così vicino, sarà la storia di Ayako però non riesco a prendere sonno.

Il mio stomaco rumoreggia ricordandomi che un genio non può vivere di aria.

Mi alzò sbuffando prendendo un candelabro e accendendo una mezza candela prima di dirigermi silenziosamente in cucina.

Naturalmente non c’è speranza di trovare cibo dato che l’ultimo abitante ha lasciato la casa da un bel po’.

Almeno spero che l’abbia lasciata!!

Sospiro lanciando uno sguardo fuori dalla finestra.

Continua a piovere a dirotto.

A vedere tutta quell’acqua mi sorge un grave dilemma.

Ci sarà un bagno in questa casa?

Borbottando tra me salgo le scale che cigolano sinistramente ad ogni mio passo, non proprio felino, finche non arrivo al piano superiore. Alla mia destra ci sono le camere occupate dai miei compagni, alla sinistra invece il corridoio che porta alla parte crollata della casa.

Magari c’è una stanza in cui ancora non piove dentro che potrei usare allo scopo.

Faccio solo pochi passi tuttavia che una follata di vento spegne la mia candela. Imprecando tra me estraggo di tasca l’accendino che, molto saggiamente, avevo portato con me, e la riaccendo, proteggendo la fiamma con la mano ricomincio a camminare. Passano diversi minuti e devo attraversare un paio di stanze in cui piove dal soffitto spezzato prima che tra le macerie scorga la porta di quello che ha tutta l’aria di essere un bagno.

Sperando che non sia  crollato tutto la apro e scopro che con mia fortuna sembra ancora intero.

Mi sbrigo a fare le mie cose anche perchè fa un freddo della malora e la fiamma della candela si sta ormai esaurendo.

Sto per uscire quando noto un’altra porticina.

Sembra che ci siano due entrate al bagno.

L’altra deve dare su una stanza che non è accessibile dal corridoio dato che le macerie del tetto lo bloccano.

Spostando una sedia accasciata contro il muro apro la porta illuminando la stanza con la fiamma incerta della candela.

I miei occhi non possono fare a meno di spalancarsi increduli.

Il soffitto della stanza non ha una sola crepa e il pavimento di legno è lucido come se avessero appena finito di pulirlo.

Faccio qualche passo incerto nella grande camera da letto guardandomi attorno sorpreso.

E’ tutto così incredibile.

Diversi candelabri sono accesi in vari punti della stanza illuminandola con la loro calda luce dorata.

Il fuoco scoppietta nel caminetto riscaldando piacevolmente l’ambiente.

Il profumo leggero dei fiori mi accarezza le narici spingendomi ad avvicinarmi al letto a baldacchino.

Su un comodino un vaso di tulipani pallidi che sembrano essere stati appena colti.

Eppure fuori di qui non c’è che erbaccia.

Alzo lo sguardo e sussulto violentemente.

Sopra il letto c’è il ritratto di un uomo, ha i capelli biondi, piuttosto lunghi, legati in elegante coda di cavallo.

Indossa un completo di velluto nero che avvolge la sua figura dandogli un aspetto maestoso.

E’ veramente splendido e poi ha gli occhi blu, profondi e insondabili come quelli della mia volpe.

Deve essere Mika.

 

“Hans...”

 

Grido voltandomi di scatto.

Questa volta l’ho udita distintamente quella voce.

Profonda, bassa, assomiglia un po’ a quella di Kaede.

Come se non bastasse sento distintamente dei passi venire verso di me.

Oddio...oddio...oddio...

Stringo con forza il candelabro, brandendolo come un’arma, anche se non credo che possa molto contro un fantasma!

La porticina da cui anch’io sono entrato si apre con un cigolio sinistro mentre una luce evanescente avanza verso di me.

Sto per gridare con tutto il fiato che ho in gola quando mi rendo conto che la luce davanti a me non è l’aura di un fantasma ma la fiamma di un’altra candela.

Rukawa solleva il candelabro fissandomi con i suoi occhi blu penetranti come lame e io mi lascio andare a un lungo sospiro di sollievo.

A quanto pare anche lo stupido volpino è venuto alla ricerca di un bagno e, come è successo a me, ha notato la porticina che conduce a questa stanza.

Mi ha fatto prendere un colpo però!

Mi gli avvicino a passo di marcia deciso a fargliela pagare per aver osato spaventare il tensai quando lui depone il suo candelabro su un comodino vicino alla porta e senza una parola mi raggiunge, mi afferra per un braccio e mi tappa la bocca con la sua.

Spalanco gli occhi incredulo, incapace di pensare a niente che a quella lingua setosa che si infila tra le mie labbra.

Rukawa mi abbraccia spingendomi verso il letto, cadendo su di me.

Non capisco che sta facendo ma sarei un pazzo se cercarsi di fermalo ora.

Allaccio le mie braccia alla sua schiena inarcandomi sotto di lui.

Quando è diventato così esperto la mia volpe??

“Mi sei mancato...” sussurra con voce roca prima di cercare di nuovo le mie labbra.

Ha una luce così triste e disperata nello sguardo.

Non riesco a capire.

In che senso gli sono mancato?

Le mani del volpino si infilano sotto la mia camicia.

Sono fredde ma si scaldano a contatto con la mia pelle.

Non riesco più a pensare.

Non voglio pensare a nulla.

Lascio che mi spogli mentre il temporale si calma fuori della finestra fino a che le nubi scivolano via scoprendo un cielo nero, punteggiato di stelle.

 

continua............                                                                                            

 

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