Semplicemente amore.                                        Back to FanFic  Back to Home 

 

 

Pow Rukawa.

 

Un fruscio.

Un lento sospiro.

La dolce carezza della corolla carminio che si scioglie nell’aria.

Il bocciolo si sfalda tra le mie dita candide e i petali rossi cadono, fluttuano e si accasciano, come abiti di seta lucente lasciati scivolare sulla pelle nuda di un’amante che va scoprendosi.

Stremati, s’adagiano, con muta eleganza, sull’acqua trasparente della grande vasca da bagno.

Li osservo stendersi piano, offrendosi al mio sguardo in tutta la loro vellutata, scarlatta, bellezza.

Li vedo sfiorarsi gli uni con gli altri, accarezzarsi, tendersi e tremare nel regalare riverenti baci alla tua pelle dorata, lucente, sotto lo sguardo imbarazzato delle candele.

La loro luce ansima e si spezza su di te lasciando che l’ombra sinuosa della tenebra si allunghi maliziosa, insinuando le sue lunghe dita sulla tua pelle umida.

Sospiri piano, gli occhi chiusi e il capo riverso, abbandonato, contro il bordo di marmo latteo della vasca da bagno mentre io non posso che trattenere il fiato dimentico di ciò che stavo facendo.

I capelli rossi, bagnati, si sciolgono sui tuoi lineamenti in morbide lingue di velluto carminio.

Le ciglia sfiorano le tue gote leggermente arrossate dal calore, disegnando sottili ombre sfumate, sul tuo volto rilassato.

 

Mi manca l’aria.

 

Socchiudi le palpebre, piano, e nella penombra ondeggiante della stanza vedo i tuoi occhi rilucere della languida fiamma della candele sciogliendo cioccolato, oro e rubino nelle tue iridi incandescenti.

“Ru che stai facendo?” la tua voce è bassa e leggermente divertita.

Quasi maliziosa.

Appoggio il pennello che non ho ancora intinto nel colore, con un sospiro.

Io stesso ho creato questa scenografia per te.

Era da tanto che volevo ritrarti così.

 

Nudo, abbandonato, in un liquido oceano scarlatto.

 

Petali di rosa rossa.

Vellutati come le tue labbra.

Morbidi come la tua pelle.

 

E l’acqua trasparente, rugiada scintillante tra i tuoi capelli bagnati, pioggia silenziosa sui tuoi addominali scolpiti, onde lascive sulle tue lunghe gambe.

 

“Resta così un momento....” mormoro scuotendo il capo, spingendo indietro una ciocca scura, sfuggita alla stretta, piccola coda, che tiene raccolti i miei capelli, prima di lasciare la stanza.

La luce della camera da letto per un momento mi abbaglia mentre apro il cassetto della grande scrivania prendendone la macchina fotografica.

Quando torno in bagno lo trovo nuovamente ad occhi chiusi, rilassato, nell’acqua calda.

 

Splendido.

 

E’ l’unica parola che la mia mente riesce a formulare.

E’ così innocente e puro il modo in cui abbandona il suo corpo nudo alla carezza dei petali di rosa.

Così languido e stremato il suo fisico perfetto, accarezzato dal velo perlaceo del vapore.

Scintillante, la sua pelle umida sotto i baci della luce dorata delle candele rosse.

 

Il flash della macchina fotografica lo riscuote bruscamente dai suoi pensieri facendogli spalancare gli occhi.

“Che stai facendo!” ansima, rizzandosi a sedere nella vasca.

“Non posso dipingere con l’originale davanti...” gli sussurrò spostandomi per catturare la sua immagine da un’altra angolazione.

“...mi distraggo...” gli soffio malizioso e noto le sue guance tingersi del velo leggero dell’imbarazzo.

 

Delizioso.

 

Il flash scatta di nuovo e lui mi lancia un’occhiata furente.

 

La mia magnifica belva indomita.

La mia fiera.

Non accetti padroni ne dominatori.

Nel tuo sguardo fiammeggia orgoglio e sfida.

 

Una sfida che io ho raccolto due anni fa.

 

Scatto di nuovo imprigionando il tuo fuoco sulla pellicola scura, questo è l’unico modo concessomi per catturarti.

Perchè nemmeno a me, il tuo amante, hai lasciato il controllo totale.

 

Mi ricordi un gatto, sai?

 

Ti lasci accarezzare da me.

Ti accoccoli tra le mie braccia dopo che abbiamo fatto l’amore.

Fai le fusa quando ti riservo un sorriso o un ‘ti amo’.

Ma se oltrepasso la linea prestabilita, se pretendo il controllo totale o invado i tuoi spazzi arruffi il pelo e mi soffi contro.

 

Sorrido tra me, rimproverandomi mentalmente.

D’altronde io... sono uguale a te.

E questo nostro essere rimasti indipendenti pur essendoci fusi l’uno nell’altro che ci consente di amarci più di chiunque altro.

 

Appoggio la macchina fotografica sul lavandino e mi libero dell’accappatoio bianco prima di entrare nell’acqua profumata.

“E adesso che vorresti fare?” mi chiede lanciandomi uno sguardo bruciante.

 

Un demone del fuoco venuto a reclamare la mia anima.

 

Mi chino sulle sue labbra accarezzandogliele con la lingua, piano, finchè lui non le socchiude per me.

Mai l’inferno mi è parso luogo così accogliente e luminoso...

 

...

 

Il suono della sveglia tagliò con il suo trillò allegro l’alba ovattata, provocando un lungo gemito seccato dal garbuglio di lenzuola e cuscini che ancora imprigionava nel suo calore i due corpi abbandonati.

Hanamichi scostò le coperte passandosi una mano tra i capelli arruffati prima di allungare il braccio e spegnere il maledetto aggeggio.

Il suo compagno invece non dava segno di volersi muovere.

Anzi.

Si era girato dall’altra parte e continuava a dormire beato.

Sakuragi l’osservò sollevando un sopracciglio più divertito che esasperato.

 

Da quanto stavano insieme ormai?

 

Quasi due anni, da quando avevano cominciato l’università.

Anche se tutto era cominciato dopo la partita contro il Sannoh.

Quel giorno qualcosa era cambiato tra loro.

E se n’erano accorti entrambi.

Avevano passato un anno intero a studiarsi.

Non più ad insultarsi ma semplicemente a girarsi attorno come due gatti che, incontratisi sulla via si scrutano a vicenda, con circospezione sì, ma anche con sorpresa e curiosità.

Tra loro si era stabilita una muta tregua.

Un silenzioso armistizio che era evoluto l’anno successivo in segreta complicità.

Sempre più spesso si erano ritrovati negli stessi luoghi, nello stesso momento.

Sempre più spesso i loro occhi si erano cercati, trovandosi.

Avevano cominciato ad uscire insieme, avvicinandosi l’uno all’altro, lasciando che le loro consapevolezze si sfiorassero e che le loro barriere cadessero una dopo l’altra.

Finchè non era giunto il momento del diploma.

 

Della separazione.

 

E Rukawa gli aveva fatto quella proposta.

Prendere insieme un appartamento, da dividere, loro due, come ‘amici’.

Kaede si era iscritto alla facoltà d’arte dell’università di Hanamichi.

Una vera sorpresa per tutti tranne che per quest’ultimo che ormai conosceva da tempo l’amore segreto del volpino per la pittura.

Quante volte il moretto aveva recuperato sul banco le ore passate a dipingere, la notte.

Inoltre il centro di studi era noto per la sua forte squadra di basket.

Così il volpino avrebbe potuto portare avanti entrambe le sue passioni.

 

Passioni che in realtà erano tre...

 

E quando Hanamichi acconsentì a dividere l’appartamento con lui, per non dover fare avanti e indietro da casa sua tutti i giorni, tutti i tasselli erano andati al loro posto.

Quella prima sera quando il rossino aveva messo piede nel locale ammobiliato, ma ancora stracolmo degli scatoloni da disimballare, si era guardato attorno in silenzio prima di voltarsi verso il volpino che si era appena richiuso la porta alle spalle.

 

“Casa... nostra...” il suo era stato a malapena un sussurro.

“Sì...” era stata la risposta soffiata dal moretto, prima che questi allungasse il braccio, attirandolo a se, sfiorandogli le labbra con le sue.

 

Il loro primo bacio.

 

La risposta alle domande che ancora erano in sospeso tra loro.

L’equilibrio si era spezzato insieme ai loro respiri, quella notte, sul grande letto matrimoniale dell’appartamento.

Le loro anime avevano smesso di studiarsi, di sfiorarsi, fondendosi finalmente una nell’altra, nel calore bruciante dei loro corpi allacciati tra le lenzuola arruffate.

 

 

Pow Hanamichi

 

Mi riscuoto dai miei ricordi sentendo il mio volto accaldarsi.

Ormai non dovrei arrossire ma il ricordo di quella nostra prima volta ha ancora il potere di scuotermi.

 

Ricordo l’imbarazzo e la paura.

L’esigenza e il bisogno bruciante.

 

Ricordo quei sentimenti che sembravano soffocarmi, distruggermi, quando lui si stese su di me...

Ricordo il suo sguardo nel mio.

 

La mia stessa confusione.

Il mio stesso desiderio.

 

La sua premura nel prepararmi, la sua dolcezza nel chiedermi di fidarmi di lui.

 

E quelle due parole sussurrate sulla mia pelle umida.

“Ti amo..”

Solo poche sillabe... ma tutto attorno a me si sciolse in un bozzolo di calore che ci avvolse, accecandoci, proteggendoci, ed infine esplodendo, con noi, e il nostro grido di piacere.

 

Ridacchio tra me e me allungando una mano per spostare le coperte.

Anche la mia bella volpe a volte grida.

E il sapere che solo a me è concesso di vederlo così, che solo con me lui si abbandona completamente mi fa sentire...

Mi fa sentire...

Oh cavoli!

Non ci sono parole per definire quello che sento in quel momento!

 

Lui, Kaede Rukawa, la persona più orgogliosa e introversa che abbia mai conosciuto...

Lui, si lascia andare completamente.

 

Per me.

Con me.

In me.

 

Mi muovo lentamente, scostando piano il lenzuolo per scoprire il suo corpo perfetto.

Il tessuto candido accarezza dolcemente la sua pelle lunare scivolando riverente sulle spalle larghe, sfiorando le scapole per poi accasciarsi in morbide pieghe attorno ai suoi fianchi eleganti.

I capelli neri, lucenti, gli accarezzano la pelle alabastrina in lunghe ciocche d’inchiostro liquido, pennellate di tenebra sulla sua candida perfezione.

A volte mi chiedo che cosa ho fatto per meritare un simile dono.

 

Un angelo.

 

Perchè solo una creatura celeste può ambire a paragonarsi alla sua regale eleganza.

Solo un essere che dentro di se porta la luce di una stella potrebbe pretendere di brillare più di lui.

I raggi del sole, sfumati dalla cortina di tende leggere, piovono su di lui in piccoli baci dorati disegnando lunghe ombre d’argento tra i suoi capelli scuri, sulla sua pelle serica.

Il petto nudo si alza e si abbassa piano al suono leggero del suo respiro mentre mi attardo a far scorre lo sguardo su di lui.

 

Sul suo volto rilassato nel sonno.

Sulle lunghe ciglia nere, piccoli arabeschi perfetti sulle sue guance.

Sulle sue labbra sottili.

 

Una linea rosea, dolcemente arcuata, di cui conservo gelosamente il sapore.

 

“Kaede...” lo chiamo piano, facendo scivolare un dito sulla linea dolce della mascella.

 

Tutto in lui è poesia.

Sembra quasi un canto di lode.

Sì, un’opera perfetta messa tra noi solo per ricordarci l’esistenza di Dio.

 

E’ diventato ancora più bello.

 

Non è più un ragazzo ora.

E’ un uomo.

 

Il suo corpo ha acquisito potenza senza perdere grazia.

I suoi muscoli sono linee eleganti di seta bianca.

La sua pelle è raso perlaceo.

 

Emette un leggero sospiro socchiudendo le labbra e le sue palpebre fremono, leggere ali di farfalla, prima di sollevarsi ad ombreggiare i suoi occhi.

Tu che sei un pittore Kaede, dimmi, esiste in natura un colore simile?

 

Laghi di montagna dalla argentea superficie ghiacciata.

Oceani blu dalle profondità insondabili.

Cieli incontaminati, infinite lande d’azzurro terso.

 

“Che cosa c’è?” sussurri allungando una mano per sfiorarmi una guancia, nel notare il mio sguardo attento.

Capisco perchè tutta l’università ti muore dietro.

Anch’io potrei spirare per un tuo segno, lo sai?

Nasco e muoio nei tuoi sorrisi, Kaede, ne sei consapevole?

E quando mi guardi come fai ora, quando allunghi la mano per sfiorarmi con delicatezza quasi fossi un cristallo, qualcosa di prezioso e bello, io...

 

Avverto la dolcezza e il calore con cui silenziosamente mi avvolgi...

Avverto la tua luce, la forza che metti a mia disposizione...

La determinazione con cui mi proteggi...

...e non posso fare a meno di ripetermi all’infinito quella domanda: “Che cosa ho fatto per meritarti?”

Mi esce in un sussurro leggero senza che riesca a trattenerla.

 

“Do’aho...” me lo soffi piano attirandomi a te, sfiorandomi le labbra con le tue.

Velluto morbido sulla mia pelle.

Un tocco leggero e fresco, possessivo e dolce, come te.

 

“Non offendere il tensai, stupida volpe!” gli rispondo dolcemente, ripetendo quella battuta che tante volte gli ho rivolto e che ora vuol dire semplicemente: “grazie”.

 

Semplicemente... grazie.

 

Perchè se mi mettessi ad elencare tutti i motivi potrei star qui per delle ore e dimenticarne comunque qualcuno.

Potrei non trovare le parole giuste per esprimere ciò che sento.

Potrei non formulare bene ciò che mi regala il tuo semplice esistere.

 

E allora, per una volta, non dico nulla.

Io, che delle parole faccio sempre un gran uso, ora resto in silenzio, guardandoti.

Perchè non esistono parole per quello che ti devo dire, Kaede.

 

Semplicemente... grazie.

 

E so che non ha bisogno di sentire la mia voce... lui legge direttamente nei miei occhi.

 

Lo so perchè guardando nei suoi vedo il mio volto, riflesso.

E quel ragazzo dai capelli rossi è bello.

Non perchè sia bello.

Ma perchè ha dentro una luce che gli illumina lo sguardo e si riflette nel suo sorriso.

 

Lo so perchè guardando nei miei occhi lui vedrà ciò che vedo io.

Il suo volto, illuminato da quella stessa luce.

 

“Ti amo...” mormoro piano, chinandomi su di lui per lasciare che una volta ancora le stelle gemelle che pulsano nelle nostre anime allo stesso, profondo, ritmo, si fondano insieme in un unico astro lucente.

Si separa da me dopo pochi istanti ed è ancora più bello coi capelli arruffati sulla federa bianca, le labbra socchiuse, leggermente gonfie, umide, e quello sguardo luminoso.

Sguardo che si tinge di sfaccettature viola quando d’un tratto mi afferra per i fianchi e mi rovescia sul letto, mettendosi a cavalcioni su di me.

“Ti amo anch’io... do’aho...” mi provoca dolcemente e io davvero gli vorrei rispondere a tono se lui non si fosse abbassato e stesse ingiustamente mettendomi a tacere con la sua tecnica preferita.

Non che a me dispiaccia, però non vale!

Fortuna che ne il mio corso, ne quello di Kaede, prevede la frequenza obbligatoria...

 

 

Pow Rukawa

 

Si è addormentato.

Il letto è un groviglio di lenzuola arruffate e cuscini gettati alla rinfusa.

Onde candide su cui è riverso il suo corpo dorato.

Sono scivolato fuori dal suo abbraccio in silenzio colpito dalla tenue luminescenza che la luce solare traeva sulla sua pelle umida e ora sono qui in piedi, davanti al letto, ad ammirare il suo esausto riposo.

Mi ha chiesto che cosa ha fatto per meritarmi...

 

Do’aho.

 

Dovrei porre io questa domanda a lui.

Prendo l’accappatoio e mi sposto nel bagno dove recupero il cavalletto e la tela che vi avevo lasciato ieri sera.

La stanza è un macello di acqua, petali di rosa e candele spente.

Avremo il nostro bel da fare per pulire, poi.

Porto in camera nostra la tela bianca, candida come il mare di lenzuola che gli fa da coreografia.

Facendo attenzione a non far rumore, per non svegliarlo, prendo la matita e comincio a tracciare piccoli segni.

La mia mano scivola sulla tela, leggera,  sinuosa, ripercorrendo le linee della sua figura.

Le mie dita sfiorano la tela ruvida in lievi carezze, le stesse che solo poche ore fa ho riservato a quel corpo che ora sto riportando nel disegno davanti a me.

Credo di non aver mai completato uno schizzo in così poco tempo, d’altronde è facile quando non si ha nemmeno bisogno di vedere il modello.

 

Ogni muscolo, ogni centimetro del suo essere è impresso a fuoco nella mia mente.

 

Osservo i raggi solari colorare d’oro la sua pelle, passare le loro dita lucenti in tenere carezze tra i suoi capelli dai riflessi di fiamma.

Temo che difficilmente riuscirò a riprodurre il calore e la luce che emana in questo momento.

La pace e la quieta felicità che mi dona vederlo così, gemma oro e rubino sul raso bianco.

Il pennello rincorre le linee lasciate dalla matita, le piccole setole bagnate di colore lasciano lunghe scie umide sul tessuto bianco, piccola lingua impertinente che assaggia le sue forme con insolenza.

 

Sto diventando geloso di un pennello, la cosa è preoccupante!

 

Ormai sto dando l’ultimo riflesso dorato al fascio di luce che, attraversando il quadro, bagna il corpo dell’angelo abbandonato, tra le lenzuola candide, scintillando tra i capelli rossi che scivolano languidi e spettinati a coprirgli il viso, celando il suo volto, quando Hanamichi comincia a muoversi tra le coltri arruffate.

Quel rumore leggero mi riscuote dal mio torpore proprio nel momento in cui appoggiò il pennello, ad opera completata.

Mi sembra di essermi appena destato da un lungo sonno, sono stordito e sorpreso.

Faccio un passo indietro, osservando con le palpebre socchiuse il mio lavoro.

 

E’ perfetto.

 

Ha la stessa morbida luminosità della sua pelle.

La languida innocenza del suo corpo abbandonato.

La calda purezza del suo sonno esausto.

 

Per la prima volta in tutta la mia vita non c’è niente, assolutamente niente, che vorrei cambiare in una mia opera.

“Ti sei messo a dipingere?” mormora lui, stiracchiandosi prima di scivolare giù dal letto usando il lenzuolo per cingersi i fianchi.

Gira intorno alla tela mentre io l’osservo attentamente e vedo i suoi occhi spalancarsi nel guardare il mio lavoro.

 

Non è solo un dipinto.

 

E’ una dichiarazione d’amore.

 

“Kaede...” ansima voltandosi verso di me incredulo e una lacrima gli scivola giù, silenziosa, per la guancia.

“Non piangere...” gli sussurro all’orecchio avvolgendolo nel mio abbraccio e lui si lascia andare contro la mia schiena poggiando le sue mani sulle mie.

“Non sto piangendo...” mormora piano.

Passiamo lunghi minuti così, semplicemente abbracciati finchè il suono del campanello non ci fa sussultare entrambi.

 

....

 

Rukawa sciolse il compagno dal suo abbraccio con un leggero disappunto.

Era così caldo e piacevole tenere stretto il suo do’aho.

“Mettiti addosso qualcosa...” gli sussurrò all’orecchio prima di dirigersi verso la porta d’ingresso.

 

“Ciao! Avresti mica del sale da prestar...” Akira interruppe la sua domanda a metà osservando il volpino.

 

“Ancora a letto a quest’ora?” chiese divertito notando che il ragazzo indossava solo l’accappatoio.

Rukawa sospirò scuotendo le spalle.

“Dai entra..” disse invitandolo nell’appartamento.

“Akira buon giorno!” lo salutò Hanamichi uscendo in quel momento dalla camera con addosso un paio di jeans e una semplice maglietta nera, senza maniche.

“Buon pomeriggio, vorrai dire..” lo corresse bonariamente il ragazzo dalla strana capigliatura “...quando non ti ho visto in aula, stamattina, avrei dovuto capire che c’era stato qualche contrattempo...” mormorò.

“Ha parlato il re degli hentai!” sbottò il rossino incrociando le braccia sull’ampio petto.

Rukawa sollevò gli occhi al cielo, ormai era abituato ai battibecchi dei due.

“Io vado a vestirmi..” disse uscendo dalla sala, lasciando il compagno a vedersela con l’ex asso del Ryonan.

“Bhe che sei venuto a fare?” chiese invece Hanamichi dirigendosi in cucina e cominciando a rovistare nella credenza alla ricerca della teiera.

“Oh sì, quasi dimenticavo, Hiro voleva preparare il riso ma si è accorto che abbiamo finito il sale sono venuto ad elemosinare dai nostri vicini...” disse con un sorriso radioso.

“Il riso a quest’ora?” chiese perplesso il rossino prima di notare con sgomento che era mezzo giorno e venti.

“Ecco prendi!!” disse allora aprendo nuovamente la credenza per porgergli un pacco di sale.

Nel frattempo anche Rukawa li aveva raggiunti e aveva preso dal lavello una vecchia tazza in cui sciacquare i pennelli.

“Cos’hai dipinto stavolta?” s’interessò, incuriosito, Akira notando il rosso, il bianco e l’oro mescolarsi nell’acqua ragia in cui il volpino aveva immerso i vari strumenti di lavoro.

Hanamichi arrossì e il volpino si lasciò sfuggire un sorriso mentre Sendoh passava lo sguardo da uno all’altro.

“Dai vieni te lo mostro...” mormorò alla fine il moretto, accompagnando l’amico nella camera da letto.

Hanamichi scosse il capo con un sospiro prima di seguirli.

E pensare che era sempre stato convinto che Rukawa e Sendoh si detestassero!

Gli era venuto un mezzo infarto quando aveva scoperto che l’asso del Ryonan era invece la cosa più vicina ad un amico che Rukawa avesse.

Era stato il porcospino ad aiutarlo a capire che cosa provava per Hanamichi, che gli aveva dimostrato quanto fosse possibile un rapporto tra ragazzi parlandogli di quello esistente tra lui e Koshino già da un anno.

E la loro amicizia era andata saldandosi quando Akira, che ancora cercava un appartamento, era stato avvertito da Rukawa che nel loro palazzo ce n’erano diversi di liberi.

Chissà che cosa avrebbe detto il Sakuragi di un tempo se lo avessero informato che un giorno avrebbe diviso il pianerottolo di casa con Akira Sendoh e Hiroaki Koshino!

 

Kami...” l’ansito sorpreso del porcospino lo riscosse bruscamente dai suoi pensieri.

 

“E’ bellissimo Kaede!” esclamò fissando il quadro con attenzione e Hanamichi ringraziò mentalmente tra se che le lenzuola gli coprissero quando meno il ventre.

Già così era abbastanza imbarazzante!

Il viso del ragazzo era nascosto dal gioco delle luci ma era facile capire chi fosse, dato che i capelli rossi dell’addormentato cadevano in morbide ciocche sui cuscini bianchi e sul volto dorato, sfiorandone teneramente i lineamenti distesi.

Ed era fin troppo chiaro che sotto quel lembo di lenzuolo che gli disegnava gli addominali e i glutei scolpiti, delineando le sue forme senza tuttavia permettere di scorgerne l’intimità, il giovane fosse nudo.

Il letto poi era così arruffato da non dare adito ad ulteriori dubbi su che cosa avesse stancato tanto la bella creatura che riposava esausta nel grande letto.

“Tutto merito dell’immenso talento del tensai nel fare da modello!” si riprese celermente, sperando che il calore che sentiva non corrispondesse ad un quanto mai imbarazzante rossore.

“Stavi dormendo...” gli ricordò serafico il compagno.

“Il tensai è un tensai anche quando dorme!” sbottò il rossino battagliero ricevendo in cambio l’ennesimo “Do’aho!”

Akira li guardò bisticciare confrontando quella scena con la pace del quadro.

Sorrise pensando che infondo erano due manifestazioni della stessa cosa.

Quei due testoni si amavano.

Si amavano così tanto che era impossibile non notarlo anche mentre stavano litigando.

 

Il campanello che suonava li interruppe facendo sussultare Akira.

 

“Accidenti!” sbottò correndo alla porta.

“Ti sei perso?” gli chiese un, leggermente scocciato, Hiroaki, da dietro la soglia.

“Scusa!” esclamò Sendoh “Stavo ammirando l’ultimo lavoro di Kaede!” disse prendendolo sotto braccio per trascinarlo dentro casa.

“Hai finito il quadro per la mostra?” chiese Koshino seguendo l’amante di buon grado, molto interessato.

“Mo... mostra???” chiese alquanto perplesso Hanamichi e quando l’ex play del Ryonan vide il soggetto capì anche il perchè di tanto sgomento.

“Ho sentito che la facoltà d’arte ha allestito una mostra per domenica prossima e che ogni studente è tenuto a portare un’opera nuova...” spiegò al rossino, distrattamente, mentre osservava la tela sul cavalletto.

“Non... non vorrai mica presentare questo vero kitsune?” chiese Hanamichi sentendosi leggermente preoccupato.

“Bhe l’opera viene valutata come esame, se non sbaglio, e con questo prenderesti sicuramente il massimo.” mormorò Hiroaki rivolgendosi a Kaede.

Il moretto annuì, tuttavia pensieroso.

Era da un po’ che pensava di dipingere Hanamichi.

Non si era mai cimentato in quadri che ritraessero persone, la sua specialità erano i paesaggi naturali, il mare, il vento, gli alberi.

 

Gli piaceva cercare di catturare sulla tela la forza pura e indomita degli elementi naturali.

 

Sorrise tra se spostando lo sguardo nuovamente sul dipinto.

Infondo... era esattamente quello che aveva fatto.

 

La voce di Koshino lo riportò bruscamente al presente “Non so se sia una diceria ma mi hanno detto che è stato invitato anche un famoso critico d’arte dall’Italia”.

“Davvero?” chiese sorpreso.

 L’altro ragazzo annuì prima di prendere Akira per un braccio “Andiamo o mangeremo tra mezzo secolo e tu devi andare agli allenamenti dopo!” lo rimproverò bonariamente spingendolo verso la porta.

“Accidenti me n’ero dimenticato!” esclamò l’ex stella del Ryonan “Per fortuna che ci sei tu Hiro!” disse scoccandogli un bacio a tradimento sulle labbra.

“Aki!!!” protestò il suo compagno imporporandosi.

La porta si richiuse alle sue spalle mentre Hanamichi ancora li fissava divertito, tornò tuttavia serio nel volgersi verso l’amante che ancora osservava la tela, ora perplesso.

“Pensi di portare questo alla mostra?” gli chiese Hanamichi abbracciandolo.

“Non lo so...” ammise il volpino “...è sicuramente il più bello tra i miei dipinti ma...”

“Ma?”  gli chiese Hanamichi.

“Bhe a parte che non ci sono molti giapponesi coi capelli rossi e che non ci vorrà molto perchè tutti sappiano chi è...” disse indicando il disegno e facendo arrossire Hanamichi “...non so, non mi va che gli altri ti vedano così...” disse girandosi nel suo abbraccio per fissarlo negli occhi.

“Però kitsune se è vero che ci sarà quel critico in giro, sarebbe una grande occasione...” mormorò Sakuragi cercando di convincere anche se stesso.

Si sentiva un po’ in imbarazzo ad immaginare quel quadro sotto gli occhi di tutti.

“Ci devo pensare..” sussurrò il volpino tornando a volgersi verso la tela colorata.

 

 

Pow Hanamichi

 

Alla fine Rukawa ha portato il quadro alla mostra e devo dire che non mi sento così in imbarazzo come credevo.

Anzi dopo un primo momento di leggero... ok, ok... di totale... panico... devo dire che più passano i minuti più il mio petto si gonfia.

 

Kaede sta dichiarando a tutta la scuola che mi ama!

 

Non avevo pensato a questo lato della faccenda finchè non ho visto il titolo del quadro.

My heart” figurarsi se la volpe rinunciava all’inglese!

“E così il nostro bello e impossibile non solo ha un cuore ma ce l’ha pure impegnato..” sento una voce commentare.

Il solito “Hn” è tutto quello che riceve in risposta il misterioso interlocutore del mio ragazzo mentre io mi volto per vedere chi è che ha parlato.

Non c’era cattiveria o scherno nella sua osservazione, solo piacevole sorpresa.

Scuoto il capo rassegnato, temo che anche in classe la mia volpetta si comporti da frigorifero esattamente come al liceo.

Bhe dicono che tutti gli artisti sono un po’ strani.

Finalmente individuo la persona che sta accanto al volpino.

Ad occhio e croce direi che è più giovane di noi, ha un viso rotondo, un po’ infantile, e due grandi occhi verdi semi nascosti dai capelli tagliati in modo assurdo.

Sembra che abbia incontrato un parrucchiere folle!

O qualcuno che falciava il prato senza guardare dove andava.

Per non parlare del fatto che le ciocche sono di un, quanto mai improbabile, biondo platino.

Mah gli artisti...

Mi avvicino a loro per dire a Kaede che me ne vado.

Ho lezione tra un quarto d’ora e ci vorrà un bel po’ perchè io arrivi in facoltà.

Non potevano mettere le mie aule più vicine a quelle della volpe?

Non è giusto!

Sendoh è stato più fortunato di me.

Economia, la facoltà di Koshino, è spiaccicata alla nostra!

“E poi l’idea di fargli i capelli rossi è geniale!” continua il ragazzo parlando con Ru.

“Il rosso è il colore della passione!” sentenzia tutto preso dalle sue considerazioni artistiche anche se, noto con sorpresa che Rukawa lo sta ad ascoltare con attenzione.

“Kaede...”

La mia voce li riscuote entrambi.

O forse è il timbro caldo e familiare con cui chiamo il suo nome che li fa voltare immediatamente.

Ed è incredibile notare quanto gli occhi del mio volpino si addolciscano quando mi guarda.

Mi fa sentire così bene quella luce calda che si accende nelle sue iridi ogni volta che le posa su di me.

Il ragazzino invece non appena sposta lo sguardo su di me spalanca gli occhi e la bocca con un movimento perfettamente sincronico facendosi sorridere divertito.

“Non vale!!” protesta “Io credevo che lui fosse opera del tuo senso artistico non che esistesse davvero!” dice incrociando le braccia sul petto lanciando uno sguardo fintamente oltraggiato al mio ragazzo.

Non riesco a capire se il suo è un complimento... mah...

Kaede scuote il capo prima di indicarmi il ragazzino al suo fianco “Hana questo è Kei Kurosaki il mio sensei di Cromia” me lo presenta.

Stavolta tocca a me spalancare gli occhi.

Sensei?

Cioè questo ragazzino è un’INSEGNANTE?????

Kurosaki ridacchia notando la mia espressione mentre Rukawa scuote piano il capo rassegnato.

Bhe.. ok... non mi sono comportato in modo molto educato però.... cavoli!

Vorrei aver visto che faccia ha fatto LUI la prima volta che Kurosaki si è presentato!

“Sensei, questo è Hanamichi Sakuragi, il mio ragazzo” continua Kaede strappandomi bruscamente dalle mie elucubrazioni.

Oddio... oddio... oddio!!!

E’ la prima volta che mi sento presentare come il ‘suo ragazzo’ ad un completo estraneo!!

Il mio cuore sta facendo le capriole, mi sento così felice che mi metterei a saltellare!

Bhe in effetti saltello mentre vado verso la mia facoltà dopo averli salutati.

Anzi mi metto pure a canticchiare....

Sono felice.

Così felice!!

“Come mai quel sorriso da ebete?” mi chiede gentilmente Sendoh spostando la giacca che aveva lasciato sulla sedia accanto alla sua per tenermi il posto.

I casi della vita!

Oltre a coinquilino Akira frequenta anche la mia stessa facoltà.

Lascio andare un sospiro estatico ma non ho il tempo di raccontargli nulla dato che l’arrivo del professore ci interrompe.

 

....

 

“Co... cosa...???” balbettò incredulo Hanamichi.

Era passata una sola settimana da quando Kaede aveva esposto il quadro e ora...

Il famoso critico, che era davvero andato alla manifestazione, anche se nessuno sembrava averlo notato, era rimasto affascinato dal dipinto del volpino e gli aveva proposto un soggiorno studio di un mese nel suo paese.

 

L’Italia.

La patria degli artisti.

Un’enorme opportunità per il moretto.

 

Però un mese...

Tutto il mese di febbraio....

Era un periodo lungo, infinito!

 

“Tu che cosa gli hai risposto?” gli chiese Sakuragi ancora incapace di pensare coerentemente.

Il suo cuore e la sua mente urlavano due cose opposte.

Rukawa si alzò e gli si avvicinò sfiorandogli dolcemente una guancia.

“Gli ho detto che devo pensarci..” rispose piano.

 

Gli ho detto che devo pensarci...

 

Hanamichi trattene il respiro per un lungo momento, incredulo.

Rukawa... Rukawa aveva messo in forse la più grande opportunità che poteva capitargli per rispettare i suoi sentimenti.

“Vai...” mormorò piano prendendo la sua decisione.

Kaede lo guardò in silenzio, nel suo sguardo la voglia di partire e il timore di ferire la persona che amava.

Hanamichi gli sorrise dolcemente “Suvvia Kaede il genio può resistere ventinove giorni senza di te!!” lo rassicurò.

“Ma San Valentino...” mormorò Rukawa facendolo arrossire.

“Lo festeggeremo doppio quando tornerai!” disse zelante ricordando che il volpino ancora gli doveva una cena coi fiocchi.

Il moretto annuì, sfiorandogli le labbra con un bacio prima di alzarsi e raggiungere il telefono e Sakuragi si lasciò sfuggire un piccolo sospiro mentre lo ascoltava discutere brevemente dei preparativi per il viaggio.

 

 

Pow Rukawa

 

Osservo le mie valige passare il check in prima di ritirare la carta d’imbarco e ritornare alla saletta dove Hana mi attende.

Do’aho non guardarmi così starò via un mese, non un anno!

Anche se devo ammettere che la sola idea di dover mangiare da solo, dormire da solo... sì insomma ricominciare a fare la vita che facevo prima di stare con lui... mi viene un certo senso di claustrofobia.

“Ti chiamo appena arrivo ok?” gli mormoro sfiorandogli un braccio con dolcezza.

Lui annuisce in silenzio, mordicchiandosi le labbra.

Perchè diavolo questo aeroporto è così affollato!?

Ho una voglia incredibile di baciarlo!

“Vieni...” gli sussurro prendendolo per mano e trascinandolo fino ai, poco lontani, bagni.

Mi chiudo la porta alle spalle nello stesso secondo in cui poso le labbra sulle sue.

Hanamichi solleva le braccia stringendomi a se rispondendo con passione al mio bacio e io mi sento nuovamente perdere in questo paradiso fatto di calore e amore.

Ci stacchiamo solo dopo diversi secondi quando sento l’altoparlante annunciare il mio volo.

“Devo andare...” sospiro piano.

Mi è passata tutta la voglia di partire!

Hanamichi mi regala un sorriso luminoso “Allora vai kitsune, non  vorrei che tu perdessi il tuo aereo!” mi dice spingendomi fuori dai bagni.

 

L’aeroporto sembra così piccolo visto dal finestrino dell’aereo.

Mi chiedo se Hana è ancora lì a fissare questo ammasso di metallo che mi sta portando lontano da lui o se n’è già andato.

Io stesso ormai riesco a malapena a scorgere le piste da cui siamo decollati.

Sospiro staccando a forza lo sguardo dal finestrino e mi ritrovo gli occhi attenti di Francesca puntati nei miei.

Lo so che questa mia osservazione può sembrare maschilista ma.. bhe non avevo notato il critico d’arte perchè mi aspettavo un uomo.

La mia faccia di bronzo mi ha permesso di non mostrarmi stupito quando il rettore me l’ha presentata alcuni giorni dopo la mostra.

“Stai pensando a lui?” mi chiede con il sorriso di chi la sa lunga.

Mi da un po’ fastidio questo suo interessamento per la mia storia con Hana però a sua discolpa devo dire che lo fa con gentilezza e non per soddisfare una sua curiosità morbosa.

“Hn..” borbotto ed è chiaro anche a lei che non conosce bene il ‘rukawese’, come lo chiama il mio do’aho, che il mio è un sì.

Negare, d’altronde, non avrebbe senso.

“Ah come vorrei un amore come il vostro!!” sospira con un sorriso e io non posso fare a meno di scuotere il capo divertito.

E’ un po’ pazza ma è simpatica.

 

...

 

Hanamichi ripose la cornetta con un sospiro.

La sua kitsune era giunta a destinazione e con sua immensa gioia gli avevano riservato una stanza singola all’ostello.

Meglio così.

Non si fidava tanto delle italiane.

Quelle lì appena vedevano la volpe avevano il coraggio di saltargli addosso!

Sperava che Rukawa si abituasse presto al fuso orario, otto ore di differenza non erano uno scherzo.

Magari si sarebbe addormentato alle lezioni.

Rise tra se a quel pensiero rammentando i giorni del liceo quando al suo bel compagno bastava un banco per assopirsi.

“Bene cenato ho cenato..” mormorò sovra pensiero dirigendosi verso la camera da letto.

Sembrava così grande solo per lui.

Sospirò scuotendo il capo rassegnato, Rukawa gli mancava, non poteva farci niente.

Si fece una doccia veloce e poi s’infilò sotto le coperte con il grosso manuale di psicologia tra le mani, almeno poteva cercare di studiare.

 

Si riscosse dalla lettura solo qualche ora dopo, la testa cominciava ad appesantirglisi e una veloce scorsa all’orologio gli fece notare che ormai era anche abbastanza tardi.

Mise il piccolo segnalibro dorato, dipinto personalmente dal suo ragazzo, tra le sottili pagine candide, prima di allungare una mano e spegnere la luce.

Strofinò la guancia contro le lenzuola, abbracciando il cuscino alla ricerca di un piccolo sostituto del suo amato prima di scivolare dolcemente tra le maglie del sonno.

 

....

 

Caldo.

Umido e denso.

“Hana..”  un ansimo sussurrato, un soffio bollente sulla sua pelle dorata.

Una parola mormorata piano, assaporata dalla bocca che la pronunciava, fatta scivolare languida tra le labbra, violandola con la lingua, inumidendola nel lasciarla libera di schiudersi nell’aria rovente.

“Kaede...?” chiese confuso Hanamichi socchiudendo le palpebre, incontrando lo sguardo del compagno.

Blu, bruciante.

Due oceani di cristallo in ebollizione.

“Shh...” lo rimproverò maliziosamente il moretto, posandogli due dita sulle labbra, tracciando lentamente, con perizia, il contorno della sua bocca, spingendo i polpastrelli sulla pelle tenera, delicata, fino a separarne le due meta.

Ritrasse la mano lentamente, scostandola a disegnare la lunga linea della gola e il suo amante si tese con un lungo sospiro, che si spense flebile nella bocca calda che era scesa vorace a catturalo, abbeverandosene.

Hanamichi chiuse gli occhi abbandonandosi a quel bacio lento, sinuoso, reclinando il capo all’indietro, sui cuscini, per chiedere di più.

Tentò di allungare le braccia per cingere l’amante a se, ma si rese conto di avere i polsi bloccati contro la spalliera del letto.

Quando l’aveva legato?

Morbida e bagnata la lingua del volpino si fece spazio tra le sue labbra, cancellando ogni domanda, scivolando serpentina nella sua bocca alla ricerca della sua compagna mentre le mani candide scendevano ad accarezzare i fianchi nudi del rossino, strappandogli un lamento roco che si perse tra l’intrecciarsi dei loro respiri e la lotta senza tempo delle loro lingue.

Hanamichi gemette piano, sollevando i fianchi, lasciando che la pelle del suo amante scivolasse umida sulla sua, fondendo oro e argento in una lenta danza silenziosa, fatta di ansimi e fruscii. Sollevò il capo, affondando lo sguardo nei suoi occhi, osservandoli ipnotizzatolo scurirsi, divenire pozzi di liquida lava scura, densa, su cui si allungavano serpentine le lunghe ombre languide delle ciocche nere che erano scivolate sulla sua fronte a velargli lo sguardo scintillante.

“Ho caldo...” ansimò piano, appena un soffio uscito a fatica tra i suoi ansimi spezzati mentre cercava disperatamente di riprendere fiato.

Rukawa scese a lambirgli il lobo dell’orecchio, tirandolo dolcemente con i denti, accarezzandolo con le labbra bollenti.

“Davvero...?” lo provocò, ridendo piano, spingendo il suo respiro ad infrangersi nel padiglione auricolare dell’amante, strappandogli piccoli brividi involontari.

“Eppure tremi...” constatò facendo scivolare con lenta eleganza le dita candide lungo il petto muscoloso del compagno.

Hanamichi lo osservò confuso seguire la linea della spalla prima che la mano candida lasciasse la sua pelle per allungarsi oltre il bordo del materasso.

Un tintinnio leggero brillò nell’aria bollente unendosi ai sospiri delle lenzuola che erano scivolate scompostamente lungo il braccio del moretto per poi accasciarsi, esauste, ai piedi del grande letto matrimoniale.

“Chiudi gli occhi...” ordinò il volpino suadente e Hanamichi decise di stare al gioco lasciando che le palpebre scivolassero a velargli lo sguardo liquido.

Sussultò spalancandoli, tuttavia, quando avvertì contro la pelle congestionata delle labbra qualcosa di freddo e denso, dal profumo dolce.

“Crema al whisky?” sussurrò sorpreso fissando lo sguardo dorato, confuso, negli occhi blu del suo amante mentre la lingua, rossa, scivolava umida a raccogliere con cura le piccole gocce perlacee, il sapore incandescente del liquore così in contrasto con la bassa temperatura del liquido versato sulle sue labbra gonfie.

“La tua preferita...”  fu la bassa conferma del suo amante che sollevò una bottiglia dal ventre elegante, chiaramente piena, per fargliela vedere.

“Ne vuoi ancora?” chiese chinandosi in avanti, sul suo viso, per lasciar scorrere il suo respiro veloce e quella proposta invitante, sul volto arrossato del compagno.

Sakuragi emise un mugolio d’assenso, ipnotizzato dai due occhi blu che lo fissavano attenti e maliziosi.

Sapeva che aveva in mente qualcosa.

Qualcosa che l’avrebbe torturato a lungo gettandolo tra le fiamme dell’inferno prima di concedergli il paradiso.

E sapeva anche che sarebbe stato più saggio rifiutare.

Ma quelle iridi blu che lo divoravano con bramosia avevano su di lui un potere ipnotico e totale.

Intossicante.

Vide Rukawa sollevare nuovamente la bottiglia per poi reclinarla lentamente, lasciando che un rivolo sottile dell’alcolico scivolasse nell’aria densa per poi esplodere in mille goccioline rotonde sulle sue labbra socchiuse in attesa, sulla lingua che, golosa, si era allungata per accoglierle.

Questa volta tuttavia il volpino non lasciò che si saziasse da solo, si chinò a sua volta, intrappolando la lingua vellutata del suo amante tra le proprie labbra, succhiandola piano per rubarle il sapore intenso del liquore.

“Sulla tua bocca ha un gusto delizioso...” sussurrò piano sollevandosi per fissarlo di nuovo in volto.

Amava la luce che scintillava in quelle iridi d’oro e fuoco.

Amava il suo respiro affrettato e le sue labbra socchiuse, invitanti, tumide.

Ma non poteva concentrarsi solo su esse.

Sorrise scostandosi dal suo corpo, sdraiandosi al suo fianco prima di sollevare nuovamente la bottiglia scura.

“Che.. che cosa...” la domanda di Hanamichi si spezzò in un rantolo incredulo quando Rukawa gli fece scivolare l’alcolico sul petto, in una lunga scia rilucente, che serpeggiò liquida lungo lo sterno per poi rotolare piano in una densa lingua perlacea sui suoi addominali, fino a raccogliersi nell’ombelico.

“Delizioso...” ripetè Rukawa ammaliato dal contrasto tra la crema chiara e fredda e la pelle dorata e calda che le faceva da elegante vassoio.

“Lasciati assaggiare..:” sussurrò cominciando a lappare il liquore con bramosia, succhiando i muscoli tesi laddove essi si erano maggiormente impregnati del sapore del whisky.

Hanamichi s’inarcò gemendo, mormorando all’infinito il nome dell’angelo che lo stava facendo dannare, artigliando le colonnine di legno a cui era legato, finchè un grido non spezzò tutto il suo corpo nel momento in cui la lingua ingorda del suo amante si tuffò nel suo ombelico per raccogliere, a fondo, anche l’ultima goccia del liquore chiaro.

Il volpino si staccò da lui con il respiro pesante e gli occhi scintillanti.

Hanamichi invece, semplicemente ricadde, stremato, tra i cuscini, gli occhi puntati sul lento sorriso malizioso che stava incurvando le labbra del suo compagno.

Il suo amante non era abituato a bere come lui e temeva che l’essersi scolato quasi mezza bottiglia di crema al whisky da solo cominciasse a fare effetti strani su di lui.

Non aveva mai visto quella luce ferina nei suoi occhi blu, sembrava completamente privo di freni.

Lo vide allungare la mano verso la bottiglia di Bealis e tremò al pensiero di che cosa poteva ancora succedere.

Tuttavia nessun pensiero sarebbe giunto a tanto.

Rukawa si era abbassato su di lui e aveva portato la bottiglia all’altezza del suo inguine.

“Kaede no!” ebbe appena il tempo di gridarlo che il corposo liquido gelido fluiì copioso sul suo sesso turgido bagnandogli il ventre, le cosce e scivolando in morbide scie perlacee tra i suoi glutei.

Kaede osservò il suo amante boccheggiare violentemente, il corpo teso in un arco dorato, perfetto, gli occhi spalancati, le pupille dilatate, le sue labbra socchiuse alla ricerca disperata d’aria.

Il suo sguardo percorse con lenta devozione le curve perfette dei suoi muscoli contratti, la morbida linea dei fianchi fino a scivolare lungo la dolce discesa che portava al suo membro eretto.

“Delizioso...” quella parola sembrava scolpita a lettere di fuoco nella sua mente.

Si abbassò lentamente fino a portare la bocca all’altezza del suo sesso osservando con curiosità le piccole goccioline di liquore scivolare sinuose giù, lungo quella carne fremente ed arrossata dal freddo.

Avvicinò lentamente il viso, lasciando che il suo fiato bollente strappasse lunghi brividi alla sua amata vittima, infrangendosi, sulla carne bagnata del suo sesso, in leggere onde roventi.

“Kaede...” una preghiera ansimata senza fiato, una supplica che si sciolse in un lungo gemito inarticolato quando il moretto allungò la lingua prendendo giocosamente a rincorrere una di quelle tante, piccole, goccioline impertinenti.

Hanamichi agitò disperato ed incredulo il capo sui guanciali arruffati.

Sentiva il liquore colare sul suo membro, dall’alto verso il basso, gelido.

E la lingua di Rukawa, bollente, raccoglierlo alla base, alla fine della sua sinuosa corsa assassina, per poi ripercorre lentamente la scia umida che esso aveva lasciato sulla sua pelle, dal basso verso l’alto.

Stava impazzendo.

Faceva persino fatica a respirare tanto in fretta gli rullava il cuore nel petto.

Lo chiamò con voce rotta, ormai irriconoscibile, supplicando per avere appagamento ma il volpino non ascoltò ne i suoi ansimi, ne i gemiti disperati ad essi frammentati, ripulendo con metodica, scrupolosa, lentezza ogni centimetro del suo ventre, scivolando a succhiare le pelle delicata delle cosce quando lo sentiva tendersi troppo, ritornando a premere la punta della lingua sulla sommità del suo membro teso, laddove goccioline salate si stavano mescolando al sapore forte e dolce del liquore, quando sentiva il suo respiro rallentare un poco.

“Delizioso...” quella parola bruciò la pelle tesa, marchiandola a fuoco, facendo agitare con forza il rossino, le dita ormai pallide dallo serrare con forza le sue catene.

“Ba.. basta! Kaede basta ti prego!!” gridò lasciando che una piccola lacrima scivolasse lungo la sua guancia.

“Resisti ancora un po’... fra poco ti farò venire amore...” fu la calda promessa del suo compagno, nel sollevarsi per osservare il suo esausto amante.

Sentiva il proprio membro tirare dolorosamente e avere di fronte Hanamichi ansimante e distrutto non l’aiutava certo.

“Ru...” la voce del rossino si spezzò in un singhiozzo quando Rukawa appoggiò la bocca alla base del suo pene prendendo nuovamente a salire.

Lo fece lentamente, succhiando la pelle tesa, disegnandovi piccoli cerchi con la punta della lingua prima di giungere alla sua sommità e socchiudere le labbra per accoglierlo in bocca nel momento stesso in cui la sua mano destra scivolava sinuosa tra le natiche del suo amante.

Hanamichi cominciò a gridare ormai privo di ogni controllo mentre il volpino accelerava improvvisamente il ritmo del loro amplesso, prendendolo con forza dentro di se mentre le dita che violavano la carne dorata aumentavano velocemente di numero.

Il rossino non ebbe la forza nemmeno di gemere quando Rukawa lo liberò improvvisamente, togliendo la mano dai suoi glutei per farla scivolare sul suo fianco.

Il moretto staccò le labbra da lui tirandolo prepotentemente in basso, verso il suo membro, chiudendogli la bocca con un bacio vorace nel momento stesso in cui il suo corpo affondava, con un’unica spinta violenta, in quello dorato del suo amante. Hanamichi allacciò disperatamente le gambe alle sue spingendo i fianchi con forza contro di lui, cercandolo con bramosia, assecondando il ritmo folle delle sue spinte profonde finchè non sentì il corpo di Rukawa contrarsi nel suo, la mano candida del compagno saettò veloce a serrargli il membro in una presa dura, possessiva, quasi violenta, che lo fece esplodere nel momento esatto in cui il seme dell’amante lo riempiva completamente.

 

Hanamichi ansimò pesantemente balzando a sedere sul letto, il pigiama incollato al corpo madido di sudore, il viso incandescente.

Era stato solo un sogno.

O meglio... un ricordo.

Arrossì alzandosi dal letto e dirigendosi verso il bagno.

Ricordava con molta precisione quel pomeriggio d’estate dell’anno prima.

Gli esami erano terminati e loro avevano deciso di festeggiare.

Avevano mangiato fuori e quando erano rientrati...

Bhe erano entrambi un po’ brilli quella sera, i vestiti erano volati in fretta e poi...

Poi la volpe gli aveva fatto quella sorpresa.

Sospirò scuotendo il capo mentre si alzava, appuntandosi mentalmente, per l’ennesima volta, di evitare di far bere alcolici al suo compagno e, soprattutto, di non lasciarsi legare al letto mai più!!

 

 

Pow Rukawa

 

Fuori piove.

Una pioggia sottile ma costante che lava con meticolosa precisione ogni piccolo angolo nella quale riesce ad infilarsi.

Ad Hana non piace la pioggia.

Lui è un tipo solare che ama il caldo, l’estate.

A me invece la pioggia è sempre piaciuta.

Non so perchè ma mi mette un po’ di nostalgia e la voglia di coccolare quel disastro del mio ragazzo.

Sarà che quando piove la temperatura si abbassa e io, da brava volpe, come direbbe Hana, ho bisogno di trovare qualcuno che mi scaldi.

Il ticchettio della pioggia ha un che di ipnotico nel suo ritmico taburellio sulla finestra della mia camera.

Rimbalza sulle pareti esterne creando un suono ovattato e la sensazione che questa stanza sia un bozzolo, una capsula, che galleggia nel vuoto infinito dello spazio.

Sospiro e mi allontano dal vetro leggermente appannato.

La solitudine non mi è mai pesata.

Anche da quando sto con Hana capita spesso che io la ricerchi per dipingere o studiare.

Però ora lo vorrei qui.

Vorrei abbracciarlo e guardare la pioggia che cade su Roma.

Magari potrei chiamarlo....

Ohhh!!! Non è possibile!

Sono arrivato ieri sera e già stamattina sento il bisogno di chiamarlo di nuovo?

Maledetta pioggia!

 

 

Pow Hanamichi

 

Basta, adesso gli tiro un pugno!!

Non me ne importa niente se siamo diventati amici, se è il nostro coinquilino...

Se Akira fa un’altra battuta sul fatto che somiglio ad un cagnolino abbandonato dal padrone una testata non gliela toglie nessuno!!

Il cellulare suona salvando la vita del porcospino e io lo sollevo cercando di non sembrare troppo smanioso di rispondere.

E’ Yohei.

Devo ammettere che provo una punta di delusione.

Povero amico mio!!

E’ tutta colpa della volpe malefica!

“Yohei ciao!” esclamo.

Scambio poche parole con il mio amico che mi invita a pranzo dato che si è trovato a passare da queste parti.

Accetto ben volentieri visto che non ho nessunissima voglia di andare a casa e mangiare da solo.

Purtroppo per me la news del giorno è la partenza di Rukawa.

E così mi ritrovo a parlare della kitsune con Yohei che sorride divertito nel vedermi così: ‘innamorato’, dice lui.

Io userei il termine: crisi d’astinenza!

 

Tutto sommato la sera, tra allenamenti, lezioni e il mio lavoretto part time, arriva presto, e mi fa uno strano effetto girare le chiavi nella toppa e sapere che non troverò nessuno.

Il mio piede urta contro qualcosa e io noto che hanno di nuovo infilato sotto la porta delle lettere.

Le raccolgo, le vaglio velocemente e le butto nella spazzatura.

Almeno sono diminuite di numero.

Anche le sue fans saranno state informate che è partito.

Ma dico io... a scuola gli riempivano l’armadietto e adesso gliele spediscono per posta!

Sì perchè, non so come, qualcuna delle pazze è riuscita a rubare l’indirizzo di Rukawa dai registri universitari e da quel giorno il postino non può fare a meno di recapitarci posta profumata ogni pomeriggio.

Ormai mi ci sono così abituato che la cosa non mi da nemmeno più fastidio.

Qualcuna la volpe me l’ha pure letta.

Ce n’erano di molto dolci e carine ma ce n’erano di veramente terribili!!!

Qualcuna corredata di foto ‘al naturale’!

Il colmo poi è stato il primo gennaio del nostro primo anno qui.

Eravamo insieme da qualche mese ormai quando tornando a casa abbiamo trovato una ragazza in reggiseno e mutandine, più fiocco regalo naturalmente, distesa sul divano ad aspettare Rukawa.

Non appena lei l’ha visto gli è saltata al collo urlando “AUGURI!” e lo ha baciato.

Davanti a me!!

Però devo dire che la rabbia è svanita non appena ho visto la faccia della mia volpetta.

Sembrava che stesse per vomitare da un momento all’altro.

Già perchè a differenza mia, che mi sono innamorato di lui semplicemente perchè è lui,  Kaede è gay.

Gli piacciono i maschi e gli sono sempre piaciuti.

Mi ha addirittura confessato di aver fatto qualche pensiero su Sendoh!

E io che continuavo a chiedermi perchè non filasse neanche di striscio tutte quelle ragazzine che gli morivano dietro!

Io invece non saprei dire se sono gay o meno.

Amo Kaede ma mi piacciono anche le belle ragazze.

In verità non mi sono mai posto il problema in modo serio.

Il mio forse è un ragionamento da do’aho però... io ho Rukawa che m’importa di sapere se sono gay, etero o bisessuale?

Da quando abbiamo cominciato l’università comunque anch’io ho le mie fans, anche se devo dire, e la cosa da un fastidio tremendo al volpino, sembra che io abbia più ammiratori che ammiratrici.

E questa cosa io davvero non la capisco anche se ammetto che vedere la volpe gelosa mi piace.

Mi piace da morire.

Kaede sa essere molto ma molto protettivo.

Come si chiamava?

Hiso.. no... Hiro.. ah ecco Heero!

Una ragazzino carino, minuto e molto malizioso.

Non sono ancora riuscito a capire se si strusciava solo per far arrabbiare Rukawa o se davvero aveva qualche mira su di me.

Sta il fatto che alla mia volpe non andava giù per niente.

Gli ha ingiunto, uso le sue testuali parole, di tenere le sue ‘zampe’ lontano da me.

Come se io non sapessi difendermi da solo!!

Bhe, ok, io non me n’ero accorto che lui ci provava, a me sembrava semplicemente un tipo molto espansivo e coccolone.

Kaede dice che è colpa mia che non mi rendo conto dell’effetto che faccio alla gente.

Se lo dice lui...

Ahhh! Sto di nuovo a pensare alla volpaccia!!

Bhe ieri ha chiamato circa a quest’ora...

 

 

Pow Rukawa

 

Mi lascio cadere sul letto con uno sbadiglio.

Un’occhiata rapida all’orologio mi conferma che se non mi sbrigo a chiamare il do’aho lo troverò già addormentato.

Ho voglia di raccontargli, brevemente non esageriamo, quello che ho visto oggi.

Bhe magari eviterò di parlargli delle italiane.

Sono qui da un giorno scarso e ci sono già due ragazze che mi hanno chiesto di uscire.

Il mio narcisismo ne gioisce certamente ma non penso che Hanamichi ne sarebbe altrettanto felice.

Il telefono suona per un po’ a vuoto, tanto che comincio a preoccuparmi... ma dove si è cacciato!?

E poi avverto il clack della cornetta che viene alzata e sento la sua voce mormorare un “...pronto...” mezzo ansimato.

“Che stavi facendo!?” ringhio.

Lui respira con affanno un’altro paio di volte prima di sbottare un “baka kitsune...”  roco e malizioso.

Do’aho!!!

Non ci si comporta così!

Soprattutto quando ci sono chilometri e chilometri a separarci!!

“Stavo facendo la doccia quando ho sentito il telefono...” mormora divertito e io non posso fare a meno di immaginarmelo sotto la carezza dell’acqua trasparente così come l’ho visto tante volte.

Kami... questo si chiama masochismo!

“Aspetta che mi metto addosso qualcosa sto sgocciolando sul tappeto” borbotta e io sento il sangue ruggire nelle mie vene.

Respira Kaede, inspira... ecco.... meglio...

“Allora come è andato il primo giorno?” ritorna alla cornetta poco dopo, riscuotendomi dalla mia meditazione zen.

Parliamo un po’ anche se alla fine è lui che parla e io mi limito ad ascoltare la sua voce sbuffando ogni tanto o rispondendo alle sue domande.

Alla fine devo salutarlo ma quando ripongo la cornetta mi sento meglio.

Leggero.

Mi riscuoto dai miei pensieri quando qualcuno bussa alla porta.

Mi affretto ad aprire ritrovandomi di fronte Francesca che mi sorride prima di inclinare il capo di lato per osservarmi con attenzione.

“Hai parlato con Hanamichi?” mi chiede.

Questo modo di fare così familiare che hanno gli italiani non lo capirò mai.

Lei già chiama il mio ragazzo per nome mentre io continuo a chiamarla Cumetti-san.

E poi da cosa avrebbe capito che ho parlato con lui?

“Hai una faccia da ebete...” mi espone candidamente quasi mi avesse letto nel pensiero.

Non le rispondo nemmeno mentre raccolgo la macchina fotografica e la seguo fuori dell’hotel per il nostro giro turistico.

 

....

 

Hanamichi  lanciò uno sguardo al calendario con aria distratta.

Ormai erano quasi due settimane che il suo volpino era partito.

Cominciava ad abituarsi a vivere da solo anche se quand’era distratto finiva per apparecchiare per due e la notte gli capitava spesso di fare sogni in cui Rukawa andava a trovarlo.

Si sentivano tutte le sere più o meno alla stessa ora, ormai era diventato un appuntamento fisso.

Anche quella sera il rossino aveva appena finito di ‘parlare’ (lui parlava e la volpe mugugnava) con il suo ragazzo e stava per mettersi a studiare un po’, prima di addormentarsi, quando il campanello lo fece sobbalzare.

“Hana stai bene!” esclamò Sendoh preoccupatissimo piombando nel suo appartamento nel momento stesso in cui il rossino aprì la porta di casa.

Sakuragi lo fissò perplesso senza capire.

“Akira che ti prende?” chiese stupito dalla paura che leggeva negli occhi dell’amico.

“E’ successa una cosa orribile alla facoltà!” esclamò il moretto preoccupato cominciando a passeggiare avanti e indietro agitato “Mi ha appena telefonato il professor Kurosaki, aveva provato a chiamare qui ma ha trovato il numero occupato così ha telefonato a me per avvertirti il prima possibile!” disse tutto d’un fiato.

Hanamichi lo fissò preoccupato, se non avesse appena finito di parlare con Rukawa avrebbe pensato che gli fosse successo qualcosa.

“Siediti e spiegami!” esclamò afferrandolo per un braccio e trascinandolo fino al divano.

 

Hanamichi rimase in silenzio a lungo, durante tutto il tempo delle spiegazioni.

Chi poteva aver fatto una cosa del genere?

Il perchè era fin troppo ovvio.

“Fortuna che Ru ha portato l’originale in Italia per mostrarlo agli altri docenti del corso..” mormorò pensieroso.

“Non mi sembra il caso di preoccuparsi del quadro adesso!” sbottò Sendoh.

“Senti prima di tutto portami alla galleria voglio vedere con i miei occhi!!” decise Sakuragi dopo aver riflettuto per qualche minuto “E non una parola di questa cosa con Rukawa!” lo ammonì.

Akira lo fissò un po’ preoccupato “Sarebbe meglio se non ti facessi vedere alla facoltà d’arte...”  mormorò.

“Non ho intenzione di nascondermi solo perchè qualche pazzo non approva il mio rapporto con Kaede!” sbottò il rossino piccato.

“Come vuoi..” sussurrò Sendoh alzandosi dal divano, recuperando la sua giacca.

 

 

Pow Hanamichi.

 

Nonostante Akira mi avesse già descritto la scena vederla con i miei occhi fa un’altro effetto.

Tutto il muro a cui è attaccata la grande fotografia del quadro di Kaede è sporca di vernice rossa.

Ci sono scritte oscene e disegni volgari.

Il vetro della cornice è andato in mille pezzi e i vari frammenti sono stati piantati nella carta fotografica che penzola dal quadro in maniera sgraziata.

Il volto del ragazzo dormiente è stato tagliato via e un grosso frammento di vetro è piantato idealmente all’altezza del suo cuore.

Sul tutto campeggia una scritta con la vernice nera: Lui è mio!

“Sakuragi?” la voce del professor Kurosaki mi porta a distogliere lo sguardo dal quadro per posarlo su di lui.

Sembra un ragazzino anche con quell’aria grave.

“Il custode stava facendo il giro per chiudere tutte le teche e accendere l’allarme quando l’ha notato e mi ha chiamato subito.” M’informa alzando il viso per fissare la fotografia distrutta.

“Che cosa ne pensi?” sussurra.

Scuoto le spalle incredulo: come si può fare una cosa simile?

“Una fans di Kaede gelosa, suppongo...” mormoro pensieroso.

Kurosaki annuisce ad appoggiare la mia ipotesi “Sono arrivato anch’io alla stessa soluzione...” mormora.

“Ho chiamato la polizia ma per il momento si possono limitare ad un indagine su un atto di vandalismo...” mi spiega scuotendo il capo.

“Sta attento, non vorrei che chi ha fatto questo al quadro se la prendesse con l’originale poi.” mormora preoccupato e Akira annuisce grave.

“So difendermi...” borbotto “Comunque indipendentemente da quello che uscirà da questa storia, mi raccomando, non voglio che Ru ne sappia niente!” specifico.

“Ma..” Kurosaki apre la bocca per protestare ma io scuoto il capo “...non voglio che perda l’occasione che gli hanno dato per colpa di una pazza schizzofrenica!!” sbottò cupo.

“O di un pazzo..” mi ricorda Akira.

Annuisco sospirando.

Perchè il mio ragazzo deve essere così bello?

Accidenti a lui guarda che guaio!

Speriamo che la polizia trovi presto il simpatico/a imbrattatore.

 

...

 

“Il bello degli amici è che hanno una grande considerazione delle tue capacità” sbottò Hanamichi osservando Yohei prepararsi il divano per la notte.

“Hana... ne abbiamo già discusso...” gli ricordò il moretto “...non si tratta di mancanza di fiducia e solo che finchè l’indagine non sarà conclusa è meglio se non vivi da solo!” ripetè continuando a prepararsi per la notte.

Sakuragi scosse il capo con un sospiro, secondo lui stavano esagerando ma comunque se serviva a tenerli più tranquilli poteva anche lasciarli fare.

La poliziotta che lo aveva interrogato quella mattina era stata molto gentile, gli aveva chiesto se aveva dei sospetti, se c’era qualche fans di Kaede che si era spinta un po’ più in là delle altre.

Lui le aveva parlato della tizia pacchetto regalo ma alla fin fine non avevano cavato un ragno dal buco, anche lei si era comunque raccomandata cautela e gli aveva chiesto di poter avere il recapito telefonico di Rukawa in Italia.

“Per il momento non è necessario informarlo...” lo aveva rassicurato quando lui le aveva chiesto di non avvertirlo “...ma se la cosa degenerasse dovremmo per forza interrogare anche lui.” gli aveva detto.

Sakuragi osservò la sua ‘guardia del corpo’ sistemarsi con uno sbuffo, dato che Mito lavorava abbastanza lontano dalla facoltà e doveva partire presto sarebbe stato Akira ad accompagnarlo a lezione.

Si sentiva un po’ un sorvegliato speciale...

I suoi pensieri vennero interrotti dal familiare suono del telefono.

Hanamichi sorrise salutando il caldo “Buon pomeriggio...” del suo compagno con un allegro “Buona sera volpe!” che venne interrotto a metà da Yohei che lanciava una furiosa imprecazione contro una delle assi di legno del divano letto.

“Chi c’è con te?” chiese stupito Rukawa.

Sakuragi scosse il capo “Yohei si è trasferito qui!” sbottò prima di pensare che la cosa poteva sembrare strana.

“Si è trasferito da te? Perchè?” non mancò infatti di chiedere il volpino e Hanamichi si morse la lingua pensando velocemente ad una scusa da raccontargli “Bhe ecco... le tubature di casa sua si sono rotte e quindi.. non sapeva dove dormire e così finchè non le aggiustano lo ospito io, non ti da fastidio vero?” chiese accavallando le parole.

“No, no va bene...” mormorò il volpino rassicurato mentre Mito lanciava un’occhiata cupa all’amico.

Lui era dell’opinione che Rukawa avrebbe dovuto sapere ciò che stava succedendo ma Hanamichi era stato categorico in merito.

Non voleva far preoccupare inutilmente Rukawa, era sicuro che tutto si sarebbe risolto senza problemi.

 

....

 

Pow Rukawa

 

Non saprei dire perchè...

Però...

Hana mi è sembrato un po’ strano al telefono.

Forse era solo più stanco del solito o forse ne ha combinata qualcuna delle sue.

Quando vuole nascondermi qualcosa finisce sempre per combinare dei disastri.

Ricordo il nostro primo San Valentino insieme.

Era stato schivo per tutta la settimana.

Continuava ad evitarmi con mezze parole e scuse che non stavano ne in cielo ne in terra.

Durante il giorno non riuscivo mai a parlare con lui o a vederlo, aveva sempre ‘qualcosa’ da fare.

La notte era così stanco che cadeva addormentato come un sasso.

Alla fine tutti quei suoi misteri mi hanno fatto saltare i nervi e abbiamo finito per litigare.

Di brutto.

Ero davvero inferocito.

Credevo che si fosse trovato un altro.

Sono stato stupido, l’ammetto, ma divento incoerente quando si tratta del mio rossino.

Quella sera sono tornato a casa tardissimo e ancora nervoso.

Quando ho aperto la porta mi sono sentito male.

Perchè ho scoperto che la ‘cosa’ che il mio do’aho aveva da fare era preparare la cena e la casa, per noi.

C’era tanto di quel cibo che sarebbe bastato per un esercito per non parlare degli addobbi, dei fiori, delle candele.

Doveva aver passato la settimana a lavorare come un pazzo e ora...

.. la cena giaceva fredda sul tavolo, gli addobbi pendevano mollemente al buio e le candele erano spente.

Dire che mi sono sentito un verme è davvero un eufemismo.

L’ho trovato rannicchiato su una poltrona del salotto, gli occhi gonfi e la tv ancora accesa in sottofondo.

Probabilmente ha tentato di aspettarmi alzato ma alla fine la stanchezza ha avuto la meglio.

L’ho preso in braccio e l’ho portato a letto.

Si è svegliato quando l’ho posato sul materasso e credo di aver sentito distintamente il rumore del mio cuore che scricchiolava quando mi ha fissato con gli occhi appannati e ha mormorato “Dov’eri?”

Già dov’ero io?

A girare come un cretino per la città, di locale in locale solo per poter tornare tardi.

Quanti ‘scusa’ ho mormorato quella sera mentre lo riempivo di baci?

Tanti, tantissimi.

Mai abbastanza.

Sospiro scuotendo il capo.

Però stavolta ho l’impressione che si tratti di qualcosa di diverso.

Socchiudo gli occhi pensieroso e prendo il cellulare.

Non lo uso quasi mai, d’altronde ci sono solo tre persone che hanno questo numero.

Mio padre, Hanamichi e Akira.

Ed è proprio quest’ultimo che ho intenzione di chiamare.

L’istinto mi dice che c’è qualcosa che devo sapere.

E il mio istinto non si è mai sbagliato.

 

....

 

“Accidenti!” sbottò Hanamichi osservando cupo la credenza semi vuota.

“Che c’è?” gli chiese Yohei perplesso.

“Abbiamo finito lo zucchero” constatò il rossino che si apprestava a prepararsi una tazza di the nel tentativo di trovare un po’ di concentrazione.

Stava studiando per un esame particolarmente ostico.

Bastavano due pagine del grosso tomo per fargli venire mal di testa.

Un bel the caldo era quello che gli ci voleva.

Se solo tutti non si fossero messi contro di lui!

“Bhe bussa ad Akira e chiedigliene un po’...” suggerì il moretto sfogliando il giornale con fare distratto.

Hanamichi scosse le spalle uscendo dalla cucina per afferrare la sua giacca “Akira e Hiroaki sono alla partita oggi pomeriggio...” lo informò “Esco un attimo a comprarlo” disse con la mano già sulla maniglia quando Yohei lo bloccò.

“E’ meglio che non vai in giro da solo...” disse serio facendolo sbuffare esasperato.

“Yohei! Non sono un bambino di cinque anni so badare a me stesso!” gli fece notare irritato.

“Vengo con te!!” insistette piccato il moretto prendendo anche la sua giacca.

“E allora tieni!” esclamò esasperato Hanamichi mettendogli in mano il suo portafoglio “Vai tu! Così io non perdo tempo!” disse gettando la propria giacca su una poltrona e, riafferrato il libro di testo, sprofondò nel divano.

Il moretto lo fissò per un momento poi con un sospirò uscì di casa scendo le scale a passi veloci.

Il supermarket era dall’altra parte della strada non ci avrebbe messo molto.

 

Hanamichi rilesse per la decima volta la stessa frase prima di sbuffare e sollevare una mano a massaggiarsi le tempie.

Perchè cavolo doveva studiare quella cosa assurda, si domandò per la millesima volta.

Un deciso bussare alla porta gli fece sollevare il volto dalle piccole scritte criptiche.

Non poteva essere Yohei, era appena sceso.

“Chi è?” chiese da dietro l’uscio chiuso prima di darsi dello stupido.

Si stava facendo influenzare dalle paure dei suoi amici.

“Posta” fu infatti la rassicurante risposta che venne da dietro la soglia.

Hanamichi aprì la porta trovandosi di fronte un ragazzo che doveva avere poco più della sua età anche se era grande e grosso più di Uozumi.

“Tu non sei il postino...” constatò Hanamichi stupito.

Il ragazzo si massaggiò il capo in imbarazzo.

“No..” mormorò “...e lo so che non sta bene dire le bugie ma...” continuò sempre più rosso in volto mentre Sakuragi lo fissava perplesso.

“Non perdere tempo!! Fai quello che ti ho detto!!” ringhiò una vocetta femminile poco dietro l’enorme ragazzone.

Hanamichi si volse stupito ritrovandosi a fissare due malevoli occhi neri.

Tuttavia non ebbe modo di esaminare la fisionomia della ragazza che il gigante, mormorato un dispiaciuto “Sì sorellona!”, aveva preso di tasca un fazzoletto di stoffa spessa.

Prima che il rossino avesse il tempo di comprendere quanto stava accadendo si ritrovò prigioniero tra le braccia del gorilla, la stoffa grezza premuta contro naso e bocca.

Riuscì ad agitarsi forsennatamente un paio di volte prima che il clorofornio facesse effetto sui suoi sensi.

“Kaede Rukawa è solo mio!” sentì a malapena la vocetta della ragazza proferire e poi fu il buio.

 

....

 

Pow Hanamichi

 

Socchiudo le palpebre scuotendo la testa, cercando di capire dove mi trovo.

Sono disteso su un letto matrimoniale, i polsi legati alla testata d’ottone.

Provo a strattonare un po’ le corde ma sono annodate dannatamente bene.

Do’aho!

Mi sono fatto prendere come uno stupido!

Certo che quell’armadio ne ha di forza.

Mi guardo attorno cercando di mettere a fuoco.

La stanza è polverosa e ingombra.

Sembra una specie di grosso sgabuzzino.

Contro la parete destra sono ammassati scatoloni pieni di libri e di giocattoli vecchi.

C’è una bicicletta completamente arrugginita contro una parete, a cui sono appoggiati anche degli alti scaffali di ferro pieni di altre cianfrusaglie.

Una piccola finestrella troppo alta perchè io possa arrivarci, anche se fossi libero, permette a un denso fascio di luce polverosa di illuminare il letto su cui sono.

Diritto davanti a me una piccola porta di metallo grigio.

 

Fantastico.

 

Sono prigioniero di una pazza psicopatica e di suo fratello scemo.

Come ho fatto a cacciarmi in questo guaio!

Calma... manteniamo la calma.

Yohei noterà subito la mia assenza e chiamerà aiuto.

Devo solo aspettare pazientemente, mi troveranno.

Spero.

 

La pazienza non è il mio forte!!

 

“Hey c’è nessuno?!” grido con tutto il fiato che ho in gola.

Devo anche tossire un paio di volte, c’è un sacco di polvere qui sotto.

Sento dei passi frettolosi e poi la porticina di metallo si apre.

A riconfermare la mia ipotesi che questo sia una specie di scantinato scorgo dietro le spalle enormi del mio rapitore una rampa di scale che sale.

“La sorellona diceva che ti saresti svegliato.” constata guardandomi.

Non sembra cattivo.

Solo un po’ tardo.

La vera vipera è la ragazza.

Se me lo gioco bene posso riuscire a convincerlo a slegarmi!

“E dov’è la tua sorellona adesso?” chiedo sondando il terreno.

“E’ uscita per fare una telefonata..” mormora lui prima di avvicinarsi al letto a grandi passi.

“Hey che cosa..!!” chiedo un po’ preoccupato vedendolo piombarmi addosso “La sorellona ha detto di farti dormire di nuovo se ti fossi svegliato prima del suo ritorno...” mi spiega prima di sollevare l’enorme pugno.

Un secondo più tardi un dolore lancinante alla mascella mi fa perdere nuovamente i sensi.

 

...

 

Rukawa passeggiava nervosamente avanti e indietro per la sua stanza.

Il pomeriggio precedente aveva tentato di chiamare Akira ma a casa dell’amico non gli aveva risposto nessuno e così aveva lasciato perdere dicendosi che l’avrebbe chiamato il giorno successivo.

Tuttavia quella notte aveva dormito poco e male col risultato di svegliarsi di soprassalto all’alba.

Stava fissando il cellulare concentrato nel fare il calcolo di che ora doveva essere in Giappone quando il video s’illuminò e l’oggetto prese a trillare allegramente.

Osservò il piccolo visore luminoso lampeggiare riportando la scritta “Do’aho” e sorrise scuotendo il capo, lasciando andare il fiato, che, senza rendersene conto, aveva trattenuto.

“Pronto?” mormorò portando il telefonino all’orecchio.

 

“Ciao...” la bassa voce, eccessivamente mielosa, dall’altra parte dell’apparecchio gli fece sbarrare gli occhi.

Quella era la voce di una ragazza.

Perchè una ragazza aveva il cellulare di Hanamichi?

 

“Chi sei?” ringhiò brusco.

Quella faccenda non gli piaceva, non gli piaceva per niente.

“Oh... Kaede hai una voce divina...” pigolò la sua interlocutrice senza rispondere alla sua domanda.

“Smettila!” la gelò il volpino “Dov’è Hana perchè hai il suo cellulare?”  chiese tentando di mascherare con la rabbia la preoccupazione.

“Hana?” mormorò perplessa la vocetta odiosa “Oh! Intendi quello stupido pel di carota!” sbottò con sufficienza.

Rukawa digrignò i denti e stava per insultarla pesantemente quando le parole di lei gli tolsero il fiato.

“Non ti devi più preoccupare di lui.” mormorò infatti la sua interlocutrice “Non ti darà più fastidio...” miagolò “...maiiiii più!!!” esclamò prima di sbottare in una risatina infantile e felice.

Kaede invece riusciva a malapena a respirare.

“Che.. che cosa...?” ansimò incredulo, la voce rotta dalla paura che improvvisamente scivolava cieca nelle sue vene.

“Sei felice vero?” disse fraintendendo il suo tono, la ragazza, “Ti ho liberato di quel fastidioso parassita!” sputò con disprezzo “Ora tu sarai mio! solo mio!!!” rise nuovamente.

“Che ne dici se..” la sua voce s’interruppe quando un’altra, maschile, la chiamò da lontano.

“Iroko il rossino si è svegliato!” lo sentì chiaramente dire.

Aveva una voce possente ma titubante.

“Stupido deficiente non mi disturbare mentre parlo con il mio amore!” ringhiò lei prima di riprendere la sua vocina mielosa “Kaede caro devo andare!! Ti chiamerò presto...” miagolò prima di far cadere la linea.

“Aspet...!!” Rukawa ebbe a malapena il tempo di parlare che il ‘tu-tu-tu’ del cellulare lo avvisò che Iroko non poteva più sentirlo.

Rimase immobile, gelato, per mezzo secondo, prima di balzare in piedi e correre all’armadio.

 

....

 

“Cerca di stare calmo...” mormorò per la millesima volta Francesca mentre osservava il compagno di viaggio agitarsi irrequieto sul sedile dell’aereo che li stava riportando in Giappone.

“Calmo?” sibilò il volpino lanciandole un’occhiata assassina “...come posso stare CALMO!” gridò sfogando rabbia, dolore e preoccupazione contro la ragazza.

Scosse il capo portando una mano nervosamente a massaggiarsi le tempie “Scusami..” mormorò piano.

Francesca scosse le spalle posandogli una mano sul braccio.

“Andrà tutto bene vedrai”.

Rukawa non le rispose, tornando a voltarsi verso le nuvole candide che scorrevano oltre il suo finestrino, pregando con tutte le sue forze che l’italiana avesse ragione.

 

Mentre impazziva nell’aspettare che ci fosse uno stramaledettissimo volo in partenza aveva chiamato Akira.

 

“Ka... kaede...” aveva mormorato con voce roca l’amico.

Sembrava spaventato e in sottofondo sentiva un concitare di voci tra cui distinse quella di Yohei che parlava con un uomo.

Non riuscì tuttavia a chiedere nulla all’asso del Ryonan che quella stessa voce maschile strappò il telefono al suo coinquilino presentandosi come l’agente Aruso.

Il fievole filo di speranza che gli era rimasto si era spezzato quando il poliziotto gli aveva comunicato che avevano il forte sospetto che il suo ragazzo fosse stato rapito.

Kaede gli aveva raccontato della sua conversazione telefonica con Iroko dandogli tutti i particolari di cui era a conoscenza mentre l’uomo lo rassicurava sul fatto che la ragazza aveva commesso un grosso errore nel tenere il suo cellulare.

Tramite quello potevano rintracciarla.

Il volpino sperò vivamente che avesse ragione ma più che trovare Hana la cosa che gli premeva era sapere che stava bene.

Iroko gli sembrava completamente pazza e anche se il rossino DOVEVA essere ancora vivo, dato che quella voce maschile aveva detto che si era svegliato, non osava pensare per quanto ancora lo sarebbe stato.

 

“non ti darà più fastidio...” “....maiiiii più!!!”

 

Quelle parole gli ronzavano nella testa come una malevola litania.

 

L’agente alla fine restituì il telefono ad Akira pregandolo però di non tenere troppo la linea occupata così che, se la pazza avesse chiamato, lui avrebbe potuto cercare di strapparle qualche informazione.

Rukawa allora aveva velocemente comunicato all’amico il numero di cellulare di Francesca riattaccando subito dopo.

Erano passati solo pochi secondi e l’apparecchio dell’italiana aveva preso a suonare.

Rukawa aveva così appreso ciò che era successo dopo la sua partenza e, se prima era spaventato, dopo aver saputo com’era stata ridotta la riproduzione del suo quadro, era terrorizzato.

Il suo do’aho era nelle mani di due folli.

 

....

 

Pow Hanamichi

 

Mi fa male la mascella, apro e chiudo la bocca un paio di volte constatando che almeno non sembra rotta.

“Buona sera...”

Sussulto nel sentire quella vocetta così orribilmente familiare provenire dalla mia destra.

E’ vicina.

 

Troppo vicina.

 

Faccio appena in tempo a sbarrare gli occhi, voltandomi, che avverto con chiarezza un ago sottile piantarsi nel mio braccio.

“Che ca**o stai facendo!” esplodo cercando di ritrarmi troppo tardi.

Lei svuota il liquido lattiginoso nella mia vena mentre suo fratello mi blocca nel momento in cui si è accorto che ho cominciato ad agitarmi.

 

Ok, sono spaventato.

Che era quella roba?

 

Lei mi regala un sorriso crudele che mi fa accapponare la pelle buttando la siringa vuota in uno dei tanti scatoloni.

“Oh.. non ti preoccupare...” mormora con un sorrisetto che le spaccherei volentieri insieme a tutta la mascella.

“Non è niente di letale.. per ora...” sussurra prima di voltarmi le spalle e richiamare suo fratello che mi sorride a mo’ di scusa, per i lividi che mi ha lasciato sulle braccia nel bloccarmi, prima di trotterellare a presso alla sorella come un cagnolino ubbidiente.

La porta si chiude alle loro spalle con un tonfo cupo e io mi guardo forsennatamente intorno.

 

Devo uscire di qui.

E devo farlo il prima possibile.

 

Strattono le corde ferendomi i polsi senza ottenere che di scrollare un po’ il letto.

Kuso!

Calma, calma Hanamichi, va tutto bene.

Traggo un lungo respiro cercando di arrestare la corsa folle del mio cuore e chiudo gli occhi cercando di pensare lucidamente.

Ho la nausea.

E mi gira la testa.

Provo a muovere le gambe per cercare di capire quanto sono bloccato ma mi accorgo di riuscire a muovermi con fatica.

Che diamine...?

Dev’essere quella roba che mi ha iniettato.

Socchiudo le palpebre ma le richiudo subito quando la stanza prende ad ondeggiare violentemente attorno a me.

Kuso! Kuso! Kuso!

Sento lo sconforto avvolgermi e la frustrazione concentrarsi nei miei occhi sotto forma di lacrime fastidiose che mi rifiuto di versare.

Il genio non si arrende per così poco!

Non posso!

Non quando c’è una pazza del genere a piede libero.

Devo provare a riflettere come lei.

Che cosa è logico pensare che faccia?

Ah inutile!

Figurarsi se lei fa qualcosa di logico!!

Serro la mascella con rabbia per ricacciare un ringhio e la nausea.

Mi sento male e questo non mi aiuta certo a riflettere con calma.

 

E se lei adesso cercasse Kaede?

Se volesse rapire anche lui, con la scusa di portarlo da me?

 

Questo pensiero sfreccia nel mio cervello tagliando la nebbia ovattata che la droga vi sta producendo, costringendomi a sbarrare gli occhi.

 

“Kaede Rukawa è solo mio!”

 

Così ha detto quando mi ha rapito.

Maledizione!

Devo uscire da qui!

Devo avvertirlo!

Mi rilasso improvvisamente smettendo di agitarmi.

Che stupido... Rukawa è in Italia.

E’ al sicuro...

 

Però...

 

La poliziotta mi aveva detto che se fosse successo qualcosa lo avrebbero avvertito.

Quindi il volpino starà tornando qui!

Quell’arpia ha calcolato tutto!

 

Devo uscire da questo buco!!!

 

....

 

“Sorellona?” la voce titubante del ragazzone riscosse la ragazza dal suo attento esame del guardaroba.

Voleva scegliere l’abito adatto per fare breccia nel cuore del suo bel moretto.

Che colpo era stato per lei scoprire che il dio per il quale sospirava segretamente da tanto, tantissimo tempo, era impegnato!

Ma avrebbe anche potuto accettarlo.

Lei era una ragazza forte.

Avrebbe potuto continuare ad amarlo in segreto guardandolo costruirsi un futuro con una bella ragazza al suo fianco.

Certo doveva essere stupenda, ricca ed elegante altrimenti l’avrebbe tolta di mezzo!!

Solo il meglio per Rukawa!

Però poi... aveva visto quel quadro!

E.. orrore!

Rukawa innamorato di un ragazzo?

E per di più di quello scimmione?

MAI!!

Non poteva accettarlo.

Quel rossino aveva certamente fatto qualcosa al suo adorato Rukawa.

Un incantesimo!

Una maledizione!

D’altronde la sua povera mamma non le aveva sempre insegnato che i capelli rossi erano il simbolo delle persone cattive?

Certamente quell’idiota nascondeva dietro la sua facciata da stupido un animo malevolo e satanico.

Ma per fortuna lei era giunta in tempo per salvare Kaede.

Quale emozione pronunciare, seppure solo nella sua testa, il nome proprio di Rukawa!!

Quale batticuore ascoltare la sua voce al telefono!

Le tremavano le mani se solo ci ripensava!

Si volse verso il fratello che ancora attendeva una risposta.

“Che vuoi?” sbottò burbera disturbata nella sua scelta dell’abito.

Presto avrebbe visto Rukawa faccia a faccia!

Magari gli avrebbe sfiorato una mano!!

Tremava al solo pensiero!

“Che ne facciamo di lui?” le chiese Makoto torturandosi nervosamente le enormi mani, indicando vagamente verso il pavimento.

La ragazza scosse le spalle con indifferenza “Lo terremo qui un po’... finchè Rukawa non sarà libero dal suo maleficio e poi butteremo il corpo da qualche parte...” disse tranquillamente.

Makoto riprese a giocare con le sue dita, guardando il pavimento prima di sollevare il volto di nuovo.

“Sorellona ecco..” mormorò incerto “... non è che lo lasceresti a me?” disse tutto d’un fiato diventando rosso come un’aragosta.

La ragazza sbarrò gli occhi fissando l’enorme moro per alcuni minuti, poi sul suo viso si disegnò un lento sorriso.

“Ma certo Machan!” sussurrò con occhi lucenti “E’ tutto tuo puoi farci quello che vuoi!!” sussurrò divertita.

Ricordava ancora il cagnolino che Makoto aveva portato a casa quando aveva dieci anni.

L’aveva chiuso in cantina e gli portava da mangiare di tanto in tanto.

Erano più le volte che si dimenticava di quelle che se lo ricordava.

E poi il suo modo di ‘giocare’ con il cucciolo aveva riempito la bestiola di lividi e botte.

Makoto non era cattivo, semplicemente non sapeva dosare la sue enorme forza.

Il cucciolo alla fine era morto soffocato, una costola rotta gli si era piantata in un polmone togliendogli il fiato.

Se non ci fosse stata lei ad imbrigliarlo e a controllarlo... il suo fratellone avrebbe finito per uccidere qualcuno.

Quel pensiero fece allargare ancora di più il suo sorriso.

“Davvero sorellona!?” esclamò felicissimo il ragazzone battendo le grandi mani con gioia fanciullesca e infantile che poco si addiceva alla sua stazza.

“Ma certo la tua Irokochan ti ha mai negato qualcosa?” gli chiese lei dolcemente, accarezzandogli una guancia.

“Puoi fare di lui quello che vuoi...” sussurrò soddisfatta di come si stavano mettendo le cose “...a una sola condizione, però!” frenò la sua gioia mettendogli un dito sotto il naso.

Makoto la fissò perplesso “Cioè?” chiese esitante.

“Non devi slegargli i polsi per nessuna ragione, chiaro?” lo minacciò.

Makoto annuì con forza affrettandosi a rassicurare la sorella.

“Bravo!” disse lei dandogli un colpetto sul braccio “E adesso vai a giocare che io mi devo vestire...” disse scegliendo infine un bell’abito giunchiglia da indossare per uscire.

 

....

 

Pow Rukawa

 

Passeggio nervosamente per il nostro appartamento facendo avanti e indietro senza sosta.

Yohei è seduto sul divano con il volto affondato tra le mani, Akira poco distante da lui fissa il cellulare appoggiato sul tavolino di cristallo come se potesse così indurlo a suonare.

La polizia lo ha messo sotto controllo e adesso non possiamo che aspettare.

Ho paura.

Una paura folle.

Continuo a camminare avanti e indietro cercando di concentrarmi su qualsiasi cosa tranne sul pensiero che la persona che amo più di ogni altra cosa è nelle mani di una folle.

Impazzisco all’idea che lei gli possa fare del male.

L’ansia mi soffoca minuto dopo minuto mentre il tempo che passa si accumula attorno a me in strati e strati di paura che sale ogni secondo di più rischiando di togliermi la ragione.

 

Ridatemelo.

Farò qualsiasi cosa ma ridatemelo.

 

In queste ore ho pregato.

Ho maledetto.

Ho picchiato Akira che non mi aveva detto niente.

 

Ho pianto.

 

E ora che ho esaurito le escandescenze cammino nervosamente avanti e indietro come una belva in gabbia.

Hiroaki ogni tanto mi getta un’occhiata ma rispetta la mia preoccupazione senza dire nulla.

Francesca è sparita in cucina per preparare il the.

L’agente Aruso fissa svogliatamente il pc collegato all’apparecchio per le intercettazioni.

Kurosaki è all’università ad aiutare la polizia nella ricerca di questa Iroko.

Non sappiamo nemmeno se è della mia facoltà o di un’altra.

Potrebbe essere chiunque.

Mi pento di aver gettato le lettere d’amore mentre mi scervello per ricordarmene qualcuna.

Chissà magari mi aveva scritto.

Magari se le avessi lette avrei potuto impedire tutto questo.

Se non avessi ceduto alla tentazione di dipingerlo ora Hana sarebbe qui con me.

Mi sento in colpa e mi odio per questo.

Non è colpa mia, ca**o!

Chi le ha dato il diritto di giudicare?

Chi le ha dato il diritto di portarmelo via?

 

Il suono del cellulare taglia l’aria strappandomi il respiro dai polmoni.

 

Nonostante Akira sia molto più vicino di me riesco ad afferrarlo prima di lui, piombando sull’apparecchio alla velocità della luce.

“Pronto!” ansimo con il cuore in gola mentre vedo tutti fissarmi con occhi spalancati.

Il poliziotto aziona il congegno per l’intercettazione telefonica e fissa con occhi attenti il suo pc che tenta di localizzare la chiamata.

 

“Ciao..” la sua voce è mielosa e sgradevole proprio come me la ricordavo.

L’agente Aruso mi ha consigliato di assecondarla senza chiedere informazioni di Hanamichi.

Dato il soggetto e il motivo del rapimento è più sicuro per Hana farle credere che, di lui, non me ne importa niente.

“Ciao..” gracchio con voce che cerco disperatamente di tenere normale.

 

Ridammi il mio ragazzo puttana!

 

Calma... Kaede calma ne va della vita di Hana...

 

“Come stai?” mi chiede lei giuliva.

 

Come sto?

Ha distrutto la mia vita e ha il coraggio di chiedermi come sto?

 

Inspiro a fondo prima di calarmi nella parte.

“Bene...” mormoro con voce fredda e inespressiva più che mai “...molto bene ora che sono libero...” mormoro.

Dall’altra parte del telefono sento un momento di silenzio e poi una risatina felice.

“Lo sapevo! Lo sapevo!” cinguetta felice.

“Se...senti..” balbetta dopo un minuto di interminabile silenzio.

Che cosa vuole adesso?

“Hn?” chiedo perplesso.

“Ti.. ti andrebbe... di.. sì insomma...” balbetta incerta.

Sto perdendo la pazienza!

Che cavolo vuoi!?

“... di in... incontrarci?” sussurra.

“Incontrarci?” chiedo incredulo.

Il poliziotto alza la testa di scatto e mi fa segno forsennatamente di sì.

Come se ne avessi bisogno!

Non speravo in una simile fortuna!!

“Ne sarei felicissimo!” esclamo e la mia voce vibra davvero di felicità sincera anche se non per il motivo che crede lei.

“Da...davvero?” chiede Iroko con voce incerta.

“Sì!” la rassicuro subito “Anche adesso dimmi solo dove!!” la presso.

 

Voglio avere il suo collo tra le mie mani.

Voglio sentire i suoi ossi scricchiolare tra le mie dita.

 

Ma DOPO che mi avrà detto dov’è Hana.

 

E spero PER LEI che il mio amore stia bene!

 

“Bhe.. che ne dici se ci vediamo al bar Konichi tra mezz’ora?” chiede estatica.

“Perfetto!” esclamo “Non vedo l’ora!” dico prima che lei mi saluti con un bacio e chiuda la conversazione.

Aruso si è già fiondato ad avvertire la centrale mentre io schizzo a cambiarmi.

Aspettami amore vengo a prenderti!

 

....

 

Pow Hanamichi

 

Non so se mi sono assopito o se ho perso i sensi, non ho orologi e il mio unico punto di riferimento è la poca luce che entra dalla finestrella.

Credo comunque che sia passata qualche ora.

E ancora non si è visto nessuno.

La nausea si è un po’ sedata in compenso mi è sempre più difficile muovermi.

Se prima potevo avere qualche speranza di liberarmi dalle corde che mi segano i polsi adesso davvero non ne avrei la forza.

La porta della stanza si apre obbligandomi a voltare il capo per osservare il mio carceriere.

“Iroko è andata al caffè Konichi per il suo appuntamento...” dice avvicinandosi al letto.

Non si è nemmeno curato di chiudersi la porta alle spalle.

Se solo avessi la forza di liberarmi di queste fottutissime corde!!

“Il suo appuntamento con chi?” chiedo fissandolo preoccupato quando si siede sul materasso accanto a me.

E’ davvero enorme.

Potrebbe fare il lottatore professionista.

“Con quello con cui facevi le cosacce...” dice distogliendo lo sguardo dal mio per arrossire violentemente.

“Ru..rukawa!?” ansimo preoccupato.

L’arpia si è mossa fin troppo in fretta e ora?

Devo sbrigarmi!

Devo uscire di qui e avvertire la volpe!

“Sai mia sorella non vuole...” ridacchia e si tortura le mani, oddio questo colosso che si comporta come una ragazzina timida mi fa stringere lo stomaco in una morsa di dolorosa preoccupazione “...ma io ho comprato un giornale dove c’erano due maschi che facevano le cosacce...” sussurra voltandosi a guardarmi.

 

No.

No, no, no!

Tutto, ma non questo.

 

Il suo sguardo è carico di.. desiderio.

Desiderio per me?

 

Non avevo messo in conto il pericolo di essere violentato.

Picchiato, ucciso ma violentato... no.

 

Strattono le corde con la forza datami dalla disperazione mentre lui allunga una mano enorme e me la passa sul petto.

“Non toccarmi!” sibilò con voce resa sottile dal terrore.

Lui si ferma stupito aggrottando le sopracciglia.

“Ma la mia sorellona ha detto che posso farti tutto quello che voglio!?” contesta con innocenza.

Prendo fiato e poi con tutta la forza che ho nei polmoni urlo “AIUTOOOO!!”

 

C’è la porta aperta qualcuno mi sentirà, no?

Kami ti prego fa che qualcuno mi senta!!

 

Il gorillone mi tappa velocemente la bocca con una mano, soffocandomi, dato che nella foga mi copre anche il naso.

“Non devi urlare!!” mi rimprovera cupo mentre io mi agito forsennatamente ma la droga mi indebolisce e lui non sembra rendersi conto che mi sta uccidendo.

Comincio a piangere senza nemmeno rendermene conto e le lacrime mi salvano perchè non appena le nota lui stacca la mano dal mio viso, scusandosi.

Boccheggio a fatica ignorando le sue scuse troppo preso a rifornire i mie polmoni stanchi d’aria.

“Se..senti..” balbetto cercando velocemente di farmi venire un’idea.

“Se.. se vuoi fare quelle cosacce con me va.. va bene...” mormoro piano sperando che non noti il tremito convulso che mi scuote le membra a quell’idea.

“Davvero!?” esplode lui felice gettandosi su di me senza lasciarmi il tempo di finire la frase. “Evviva!”  si esalta felice strappandomi di dosso i pantaloni della tuta e i boxer con foga.

“Aspetta!” tuono preoccupato ma lui si avventa sulla mia bocca bloccandomi sotto la sua ragguardevole massa.

Mi ficca la lingua in gola con violenza tirandomi una gamba tanto che credo me la voglia strappare.

Mi agito disperatamente prima di riuscire a staccare la bocca dalla sua.

Avrei voluto mordere la lingua di questo bestione bastardo, se solo non fosse assolutamente poco saggio farlo arrabbiare ora.

“Aspetta maledizione non si fa così!” esplodo.

Lui solleva il capo stupito guardandomi perplesso.

“Come... non si fa così?” chiede lasciandomi andare.

Soffoco un sospiro di sollievo e l’istinto di sputare a terra per liberarmi del suo sapore.

“No! non si fa così!” gli dico cercando di sembrare calmo.

“Prima di tutto mi devi slegare!!” gli insegno, ostentando un’indifferenza che non provo.

 

Slegami maledetto bestione!

Liberami ti prego!

 

“La sorellona ha detto che posso giocare con te solo se non ti slego!” dice lui deciso, scuotendo la testa.

 

Fan**lo tua sorella!!

Calma Hana... calma, pensa!

 

“Ma tua sorella non sapeva che volevi fare le cosacce, giusto?” gli chiedo ricordandomi il suo accenno alla disapprovazione della ragazza.

Lui aggrotta le sopracciglia confuso.

 

Sì, sì sì!

 

“Tua sorella non lo sa ma le cosacce non si possono fare con le mani legate...” insisto, sperando vivamente che mi creda.

“Ah no?” chiede lui sempre più confuso.

“Assolutamente no!” specifico.

Lui si massaggia la testa pensieroso.

Sembra in conflitto tra il dover ascoltare l’ordine della sorella e il volermi avere a tutti i costi.

Alla fine mi si avvicina serio e temo che voglia violentarmi senza curarsi di quello che gli ho detto quando noto che invece mi sta slegando i polsi.

 

Kami ti ringrazio!

 

“Bravissimo...” sussurro, massaggiandomi la carne ferita.

“Adesso facciamo le cosacce?” dice fissandomi con occhi vogliosi infilandomi una mano tra le gambe.

Sussulto balzando indietro di scatto.

“No!” esplodo.

“Come no?” protesta lui contrito.

“Cioè.. non subito..” mormoro cercando di fare mente locale.

Sono troppo debole per vincerlo in forza nonostante la mia disperazione.

La porta è vicina ma non ci arriverei mai prima di lui, nello stato in cui sono.

Devo giocare d’astuzia ancora un po’.

“Pr..prima devi farti una doccia...” gli dico.

“Una doccia?” chiede lui perplesso “Ma oggi non è mercoledì! La doccia si fa solo il mercoledì e il venerdì a meno che io non puzzi...” dice sollevando un braccio per annusarsi le ascelle “...non puzzo!” constata fissandomi vittorioso.

 

Kami dammi la forza ti prego...

 

“Ma.. ma..” balbetto cercando disperatamente di essere credibile “..prima di fare le cosacce bisogna sempre farsi una doccia!!” gli insegno.

“Bisogna proprio?” piagnucola lanciando un’occhiata vogliosa alle mie gambe.

 

Mi viene da vomitare.

 

“Bisogna!” gli ordino con voce ferrea “E deve essere una doccia di almeno due ore!” continuo, inventando a raffica.

“Due ore?” chiede incredulo lui spalancando gli occhi.

Io annuisco perchè non ho più le forza di fare altro.

 

Sono stremato.

 

Mi chiedo se ce la farò a scappare anche una volta che lui mi avrà girato le spalle.

L’oca è stata previdente ad iniettarmi quella droga.

 

“Bhe se bisogna..” borbotta lui sollevandosi svogliatamente dal letto.

Evvai è fatta!

Si avvicina alla porta e fa per chiudersela alle spalle quando io lo richiamo.

 

Adesso mi gioco il tutto per tutto.

 

“La...lasciala aperta per favore qui non c’è un buon odore...” mormoro e lui annusa l’aria polverosa prima di fissarmi.

“La lascio aperta se tu mi dai un bacio...” contratta con il sorrisone di un bambino che si diverte a ricattare un genitore.

“Va.. va bene..” mormoro alzandomi a fatica dal letto.

Le gambe mi reggono a malapena, la maglietta sgualcita mi copre l’inguine dal suo sguardo curioso.

Mi avvicino a lui che aspetta trepidante e gli do un veloce bacio sulla guancia.

“Ecco adesso vai!”  sbotto ritraendomi in fretta.

“Non scapperai?” chiede lui ricordandosi solo in questo momento che io sono suo prigioniero.

“No, no!” mento spudoratamente.

Sembra rassicurato e sale le scale fischiettando mentre io fingo di tornare remissivo al letto.

Non appena lui è fuori dalla visuale mi rinfilo boxer e pantaloni.

Mi hanno rubato le scarpe ma poco importa.

La montagna ha parlato del caffè Konichi, è poco lontano da casa nostra.

Forse faccio in tempo a raggiungere Kaede.

Non oso immaginare che cosa potrebbe fargli quella pazza.

Non voglio pensarci!

Conto mentalmente fino a dieci prima di cominciare a salire le scale il più silenziosamente possibile.

Sbuco in un piccolo corridoio, su cui si aprono due porte, infondo al quale si apre la cucina.

Sgattaiolo veloce oltre la prima porta sorridendo quando sento provenire, da dietro l’uscio, lo scrosciare dell’acqua e la vociona del mio carceriere.

Sta davvero facendo la doccia!

Se non ne andasse della mia vita mi sentirei in colpa per aver raggirato così una persona tanto ingenua.

Raggiungo la porta che dalla cucina da al giardino camminando rasente al muro.

Sono sfinito, non c’e la farò mai a raggiungere Kaede, mi reggo a malapena in piedi.

Arrivo a fatica alla porta e la trovo aperta.

Bene evidentemente la ‘sorellona’ non credeva che suo fratello le avrebbe disobbedito.

Raccolgo un paio di scarpe da ginnastica troppo grandi e me le allaccio strette per non perderle prima di uscire in strada cercando di capire dove siamo.

 

No, non ci posso credere!!

Questa tizia abita praticamente davanti a casa nostra!

 

Non è possibile!

Pensare che ero così vicino!

Non è il momento di riflettere, devo sbrigarmi.

Ancora poco e potrò avvertire Kaede.

 

....

 

Pow Rukawa

 

Un paio di agenti sorseggiano un caffè, un’altro finge di leggere il giornale mentre io fisso l’orologio nervosamente.

La campanella del locale tintinna portando la mia attenzione sull’ingresso.

Una ragazzina dall’aria comune mi si avvicina e mi sorride.

 

“Ciao..” miagola e riconoscerei ovunque quel tono melenso.

 

E’ lei!

 

“Ciao..” mi sforzo di mormorare con un sorriso che sembra una smorfia di dolore.

Mi siedo e lei si siede davanti a me.

Ora, calma  e sangue freddo quando mi avrà detto dov’è Hana potrò ucciderla.

 

“Sei ancora più bello da vicino...” sussurra estatica.

Va fan**lo!

 

“Anche tu sei molto carina..” mento con voce incolore.

“Davvero?” mormora lei portandosi le mani alle guance arrossendo “Gr.. grazie..” pigola.

Ma crepa stro**a!!!

 

“E’ incredibile che una fanciulla delicata come te abbia avuto la meglio su Han.. su quello scimmione di Sakuragi” mi correggo in fretta.

Lei sorride dolcemente “Mi ha aiutato mio fratello, sai lui è grande e grosso!” dice ridacchiando.

 

Calma Kaede, calma...

 

“Davvero?” m’interesso.

Lei scuote le spalle “Ma non parliamo di Makoto, sono così felice di vederti!” esclama arrossendo di nuovo.

“Anch’io sono felice...” mormoro ringhiando in modo ben poco credibile ma lei è persa nelle sue fantasie e per fortuna non lo nota.

“Però..” mormoro fingendomi preoccupato.

“Cosa?” chiede lei, zelante.

“Non vorrei che quel rossino si mettesse di nuovo tra me e te...” mormoro allungando una mano sopra il tavolo per toccare la sua.

I suoi occhi diventano due cuori palpitanti mentre io mi appunto mentalmente di disinfettarmi una volta a casa.

“Oh ma di questo non ti devi preoccupare!” esclama lei soave.

 

Oddio... oddio no... ti prego non dirmi che gli hai fatto del male...

 

“Pe..perchè..?” balbetto a fatica.

“L’ho lasciato a mio fratello, quando avrà finito con lui dubito che avrà ancora qualcosa d’intero..” ride divertita.

 

La sua risata tuttavia mi arriva ovattata e lontana.

 

“Dov’è?” sussurrò piano.

“Eh?” mormora lei perplessa.

“Dimmi dov’è?” ringhio balzando oltre il tavolo stringendole entrambe le mani intorno al collo.

Lei sbarra gli occhi sorpresa dal mio cambiamento repentino cercando senza successo di staccarmi.

“DOV’E’? VOGLIO SAPERE DOV’E?” grido con rabbia cieca scuotendola come se fosse una bambola di pezza.

Gli agenti balzano in avanti cercando di separarci quando la porta del bar si apre con uno scampanellio violento e sulla soglia, ansimante, a stento in piedi, appoggiato pesantemente alla porta, lo vedo.

 

“HANA!!” esclamo incredulo lasciando andare l’oca per precipitarmi da lui.

Si accascia tra le mie braccia con un gemito e tutta la felicità che avevo provato nel vederlo sano e salvo si trasforma in preoccupazione quando noto che respira a fatica.

“Amore.. piccolo rispondimi che cos’hai?” sussurro stringendolo dolcemente a me, avvolgendolo in un abbraccio protettivo.

Hana affonda il capo nella mia spalla e scoppia in singhiozzi.

 

Kami...

 

“Va tutto bene tesoro.. è tutto finito...” mormoro dolcemente cullandolo mentre l’agente Aruso si avvicina a noi sollevando la ricetrasmittente per chiamare un’ambulanza.

Siamo tutti così distratti che non ci accorgiamo che Iroko ha afferrato un grosso coltello, di quelli che si usano per tagliare le torte, e si sta lanciando contro di noi.

 

“Kaede è mio! Stai lontano da lui!!” grida inferocita abbassando la lama con forza.

Hanamichi spalanca gli occhi terrorizzato quando vede che mi piego su di lui, offrendo la schiena al coltello, facendogli da scudo.

 

Non le permetterò di farti ancora del male.

Non permetterò che nessuno ti ferisca.

Anche a costo di rimetterci la vita!

 

Sono preparato a sentire il dolore squarciarmi la schiena quando uno sparo rieccheggia nel locale.

Iroko si accascia priva di vita, con un tonfo, a pochi passi da noi.

Aruso le ha sparato prima che riuscisse a colpirmi.

E’ finita.

E’ davvero finita.

Stringo dolcemente Hanamichi a me, obbligandolo a scostare il capo per non fargli vedere gli occhi vuoti della sua carceriera, mentre in lontananza giunge il suono dell’ambulanza.

 

....

 

Rukawa accarezzò dolcemente i capelli rossi del suo amante che riposava tranquillo tra le lenzuola, un po’ troppo inamidate, dell’ospedale.

I dottori lo avevano rassicurato che non correva pericoli.

La droga che gli avevano dato non aveva effetti collaterali, un po’ di riposo e tranquillità gli avrebbero consentito di ritornare in forma anche se per sicurezza lo tenevano sotto osservazione.

Per il resto Hanamichi aveva solo qualche livido e contusione.

Il fratello di Iroko era stato arrestato, gli agenti l’avevano trovato ancora sotto la doccia.

Quando Rukawa l’aveva raccontato al rossino questo aveva trovato la forza di ridere prima di raccontargli il perchè della sua ilarità.

Kaede per poco non si era sentito male, invece.

Aveva stretto con forza il compagno riempiendolo di baci finchè non era entrata l’infermiera per dare le medicine al suo ragazzo e lui era stato costretto ad uscire.

Ora lo osservava riposare mentre l’orologio scandiva pigramente i minuti.

 

Era la mattina del tredici febbraio.

Il giorno prima di San Valentino.

 

Lui non dava molto peso a quella festa occidentale però aveva ancora quella dell’anno prima da farsi perdonare.

Certo che... il loro primo San Valentino era stato un disastro.

Il secondo aveva rischiato di tramutarsi in una tragedia.

 

Cominciava ad odiare quella festa!!

 

Hanamichi si mosse tra le lenzuola socchiudendo le palpebre.

“Buon giorno” mormorò dolcemente il volpino posandogli un bacio sulle labbra.

“Ciao volpe...” sussurrò Sakuragi allungando le braccia per stringerlo e ricevere un’altro bacio.

Kaede assaporò con attenzione quelle labbra morbide che aveva rischiato di perdere prima di staccarsi da lui e sorridergli dolcemente.

“Come stai?” chiese piano.

Il rossino scosse il capo “Sto bene Ru...” mormorò, mettendosi a sedere nel letto prima di stiracchiare le braccia muscolose.

Sui polsi erano ancora visibili i lividi lasciati dalle corde.

Ogni volta che lo sguardo di Rukawa si posava su quei segni rossi il volpino sentiva il suo cuore perdere un battito.

Avrebbe potuto perderlo.

Perderlo per sempre.

Automaticamente si avvicinò al compagno cingendolo affettuosamente tra le braccia posando un bacio leggero tra i suoi capelli rossi e Hanamichi sorrise accoccolandosi contro di lui.

“Devo farmi rapire più spesso se poi diventi così dolce..” lo punzecchiò divertito ricevendo in risposta un secco: “Do’aho!”

 

Pow Hanamichi

 

Il medico mi ha dato finalmente il permesso di tornare a casa.

Lo sguardo assassino del tensai lo ha folgorato da parte a parte quando stamani è venuto a dirmi: “Domani la dimettiamo”.

“Domani è San Valentino!” ho fatto notare a quel vecchietto separatore di coppiette felici “Quindi lei mi dimette stasera!”

Naturalmente il vegliardo ha protestato ma alla fine il genio ha vinto!

E così ora sto fissando Kaede armeggiare con la serratura di casa.

“Ecco...” mormora aprendo la porta, prendendo dalle mie mani la borsa con il pigiama e la biancheria che ho usato durante la mia breve degenza.

Quante volte gli ho ripetuto che non sono un invalido, che sto bene, e che posso benissimo portare da solo una borsa leggera?

Parole sprecate.

Basta ho deciso che approfitterò spudoratamente di lui finchè posso!

Tanto, tempo un paio d’ore, e sarà tornata la solita, gelida, kitsune.

Rimettere piede in casa mi da una strana sensazione.

Adesso sì... adesso è davvero tutto finito.

Mi lascio sfuggire un lungo sospiro di sollievo appoggiandomi contro il petto del mio volpino che mi è silenziosamente scivolato alle spalle avvolgendomi in un abbraccio protettivo.

Faccio finalmente un pasto decente e dopo, vista l’ora, e le raccomandazioni del medico, andiamo a letto.

Che bello poter di nuovo affondare il viso nel petto di Kaede!!

Strofino la guancia contro il tessuto leggero del suo pigiama e lui fa scivolare dolcemente una mano tra i miei capelli in un movimento ritmico e ipnotico che mi fa presto scivolare in un sonno tranquillo.

 

Pow Rukawa

 

I primi raggi di sole scivolano sul mio viso solleticandomi le palpebre.

Le socchiudo piano sorridendo dolcemente nell’avvertire il suo corpo stretto al mio.

Dorme abbracciato a me con entrambe le braccia come se avesse paura che scompaia da un momento all’altro.

Il suo medico mi ha detto che è un ragazzo forte e che non mi devo preoccupare ma di fare comunque attenzione se noto che si comporta in maniera strana.

Hana scherza sul suo rapimento ma non posso dimenticare che quando è piombato nel bar, e si è lasciato cadere tra le mie braccia, è scoppiato in singhiozzi.

Infondo l’hanno drogato, picchiato e hanno anche cercato di stuprarlo.

Se avessi tra le mani quel bastardo!

Non resterebbe molto di lui!!

Hanamichi mugola qualcosa infastidito dalla luce che gli accarezza il viso prima di socchiudere le palpebre.

Ha tutti i capelli arruffati e lo sguardo spaesato di chi, svegliandosi, cerca di capire dove si trova.

Quei due pozzi di cioccolata affondano nei miei, per un momento confusi, prima d’illuminarsi di sfaccettature dorate.

“Sono a casa...” sussurra riaccoccolandosi contro il mio petto.

“Do’aho te n’eri dimenticato?” gli chiedo dolcemente, passandogli una mano tra i capelli rossi nel tentativo di dare una sistemata alle ciocche ribelli che gli cadono sulla fronte dorata.

Lui affonda il volto nella mia spalla e avverto a malapena il suo sussurro imbarazzato.

“Tu sei la mia casa...”

 

Do’aho... ti amo lo sai?

 

Lo obbligo a sollevare il volto beandomi del rossore che gli colora le guance prima di allungare il capo per assaggiare le sue labbra.

Ci stacchiamo dopo un piacevolissimo lasso di tempo, sempre troppo breve.

“Buon San Valentino” gli sussurro sulle labbra prima di allungare una mano sul comodino e afferrare dal primo cassetto un piccolo pacco.

Hanamichi lo fissa con occhi scintillanti riconoscendo il marchio della pasticceria che vi spicca sopra.

Il mio golosone.

Gli brillano gli occhi mentre scarta la confezione scarlatta che rivela una piccola, dettagliata, forma di cioccolato scuro, fondente, dall’aria invitante.

 

E’ una chiave.

 

E i suoi occhi si accendono nel comprendere.

 

Per te Hana, che hai trovato il modo di scassinare il cofanetto in cui tenevo segregati i miei sentimenti.

Per te che ora sei il custode della mia felicità.

Tu che sei l’unico che ha avuto e avrà mai la chiave per accedere al mio amore.

 

Mi sorride con le lacrime agli occhi nel portarla alle labbra.

Lo guardo assaporare il cioccolato con le palpebre socchiuse per eterni attimi di silenzio.

Si lecca le labbra e solleva nuovamente lo sguardo su di me.

“Ora non potrai averla indietro..” mormora.

“Lo so..” gli sussurro “...ma è al sicuro con te.” gli soffio sulle labbra prima di chinarmi a chiudergliele con le mie, assaporando il gusto intenso del cioccolato mescolato al suo.

 

Delizioso.

 

Il bacio si fa via, via sempre più passionale finchè mi ritrovo a slacciargli la camicia del pigiama.

Lui inarca la schiena aiutandomi, nei suoi movimenti la stessa urgenza dei miei.

Lo voglio.

Lo desidero con un’intensità devastante.

Lo accarezzo con dolcezza mentre ci liberiamo a vicenda dei vestiti scambiandoci baci leggeri e frasi inframmezzate dai nostri respiri che vanno salendo d’intensità.

Lui si tende sotto di me e io faccio scivolare entrambe le mani, con riverenza sul suo petto e poi giù sui fianchi, aiutandolo a sollevare il bacino.

Hana geme piano allungando le mani per accarezzarmi.

Sussulto quando la destra scivola maliziosa tra le mie gambe accarezzandomi con sapienza.

“Do’hao...” gli sussurro sulle labbra catturando quella mano maliziosa che rischia di farmi perdere il controllo troppo presto, imprigionandogliela sopra la testa.

Afferro anche l’altro polso bloccandolo contro il letto prima di chinarmi a baciarlo dolcemente sulle labbra quando mi accorgo che c’è qualcosa che non va.

Improvvisamente si è teso e ha voltato il capo, sfuggendo il mio bacio.

“Amore che c’è?” gli chiedo preoccupato.

“Non.. non tenermi così..” mormora con voce leggermente roca e solo ora mi accorgo di quello che ho fatto.

Gli sto bloccando entrambi i polsi con una mano, sopra la testa.

Lo  lascio andare subito il respiro improvvisamente gelato nei polmoni.

Idiota! Idiota! Idiota!

E per fortuna che mi sono ripromesso di non spaventarlo!

“Scusa...” mormoro piano accarezzandogli il viso con dolcezza.

Scivolo giù dal suo corpo, stendendomi al suo fianco.

“Amore mi dispiace...” cerco di tranquillizzarlo.

Kami... fa che io non abbia fatto un disastro.

Se adesso mi volta la schiena e si mette a piangere giuro che vado al tempio a flagellarmi.

“Baka kitsune..” mi rimprovera dolcemente allungando le braccia per attirarmi nuovamente a se “...chi ti ha dato il permesso di smettere?” mormora cercando di dare alla sua voce un tono sicuro.

Non m’inganni piccolo ti ho spaventato ed era l’ultima cosa che volevo.

Lo stringo tra le braccia sfiorandogli il volto in tanti delicati baci che hanno il potere di sciogliere la tensione improvvisamente accumulata tra noi.

Lui si lascia andare nuovamente contro di me, sento le sue mani sul mio corpo mentre le mie scivolano a delineare le forme del suo.

Continuiamo a lungo così, semplicemente riscoprendoci a vicenda, coccolandoci finchè lui non mi cerca per un bacio profondo.

Allora le mie carezze si fanno più intime e i suoi gemiti cominciano a crescere inframmezzando i respiri che si tramutano presto in ansimi.

Lo preparo con lentezza esasperante finchè non è lui stesso a pregarmi con voce spezzata di prenderlo.

Affondare nel suo calore dopo due lunghissime settimane, poterlo sentire completamente abbandonato a me dopo aver creduto di perderlo rafforza la mia decisione.

Spero solo che Hana mi dica di sì.

Ogni pensiero scompare quando lui solleva i fianchi cercandomi, concedendomi il suo corpo nell’invitarmi a muovermi in lui.

Le spinte si fanno più forti, profonde, mentre reclino il capo all’indietro lasciando che la mia voce si fonda alla sua al pari delle nostre anime.

 

....

 

Hanamichi giaceva stremato tra le braccia del compagno, cercando ancora di recuperare il fiato quando Kaede, sollevatosi su un gomito lo fissò con un’espressione che non gli aveva mai visto su quei lineamenti perfetti.

“Cumetti-san mi ha chiesto di tornare in Italia dopo domani...” gli comunicò il volpino serio e Hanamichi sentì il cuore mancargli un battito.

 

Così presto?

Voleva già ripartire?

 

“Vieni con me...” le parole dell’amante lo riscossero bruscamente dalle sue elucubrazioni.

“Con te?” mormorò Hanamichi sorpreso.

Rukawa annuì “Vuoi?” chiese titubante.

Se Hanamichi gli avesse detto di no sarebbe stato più complicato proporgli quello che aveva in mente.

Gli occhi del rossino s’illuminarono fugando i suoi dubbi.

“Certo!” esclamò abbracciandolo felice “Mostrerò a tutti gli italiani il mio genio!” si esaltò facendo sbuffare l’amante che prese a mordicchiarsi nervosamente un labbro.

 

Ora veniva la parte più difficile.

 

“Hana...” lo chiamò piano con un tono serio e stranamente titubante.

Sakuragi lo fissò affascinato.

Non aveva mai visto Rukawa così insicuro.

 

Ma che stava succedendo?

 

“Ti dispiace se nel viaggio di andata facciamo tappa in Belgio?” mormorò il volpino piano.

“In Belgio?” chiese Hanamichi perplesso.

Rukawa annuì trattenendo il fiato.

“Perchè?” mormorò innocentemente il rossino senza capire per quale motivo il suo amante sembrasse all’improvviso così teso.

“Do’aho!” sbottò Kaede esasperato “Non ci arrivi?”

Hanamichi si corrugò offeso “Senti se non capisco, non capisco, spiegami, no!!” sbottò.

“In Belgio sono riconosciute le unioni omossessuali!!” lo informò secco il volpino mentre il suo volto si arrossava impercettibilmente.

Hanamichi lo fissò perplesso “E allora?” chiese sempre più confuso prima che i suoi occhi si spalancassero di botto.

“Ka.. kaede...” ansimò comprendendo finalmente che cosa stava cercando di dirgli il volpino.

 

“Vuoi sposarmi Hana?”

 

La voce di Rukawa gli giunse dolce e leggermente roca.

Il volpino aveva le guance arrossate e gli occhi lucenti.

Hanamichi si perse nella contemplazione di quella creatura meravigliosa, incredulo dinanzi a quello spettacolo irripetibile prima di accorgersi che il compagno stava trattenendo il fiato, in attesa di una sua risposta.

 

Come se non fosse ovvio che cosa gli avrebbe detto...

 

“Sì! sì! sì!!” esplose di gioia buttandogli le braccia al collo.

“Sì!!” ripetè seriamente e Kaede gli sorrise dolcemente sfiorandogli le labbra con le proprie.

“Tienine uno per la cerimonia” gli soffiò piano, la voce resa roca dall’emozione e dalla gioia.

Hanamichi gli sorrise raggiante una lacrima di gioia che silenziosa scivolava sulla sua guancia sciogliendosi sulle loro labbra nuovamente unite in un bacio profondo, pieno di quel loro sentimento per cui non c’erano aggettivi o parole adatte.

 

Era... semplicemente amore.

 

 

fine....

 

 

 

 

Siete arrivati fin qui? Ma dai!? Non ci credo nemmeno se lo vedo con i miei occhi!!

 

 

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