Nucleo 12                                                                                        Back to FanFic  Back to Home

Nucleo: parte vitale, centrale, di qualcosa, di cui in genere ha costituito... l’origine.

 

“Che cosa facciamo ora?” chiese Rukawa con voce spessa, stanca.

Si sentiva vuoto.

Inutile.

Ora che l’avevano trovato, che tutti i loro problemi dovevano essere risolti, scoprivano che non potevano muoverlo.

“Hana non si è ancora arreso....” mormorò Key esaminando con attenzione i dati che scorrevano sul computer accanto al letto “...altrimenti si sarebbe lasciato semplicemente morire...” disse.

“Nonostante tutto questo...” sussurrò, parlando a se stesso più che agli altri “...non si è lasciato andare del tutto.” mormorò con una nota d’incredulità “...non possiamo arrenderci nemmeno noi!” sbottò.

Hanamichi ancora cercava di proteggerli nel l’unico modo che gli era consentito.

Se si fosse lasciato morire con lui sarebbe perito l’Universo.

E questa volta nessuno avrebbe dato loro una seconda possibilità.

 

Il Nucleo lo sapeva.

 

E dimostrava tutta la sua fiducia in loro, la forza del suo disperato coraggio, aggrappandosi ancora ad un presente fatto di sofferenza pur di lasciar loro un futuro.

 

“Sono sicuro che se sapesse che siamo qui lotterebbe contro l’oblio e si sveglierebbe...” spiegò lo scienziato.

Anche se questo, per lui, avrebbe voluto dire ancora dolore.

“...in fondo tutto dipende dalla sua volontà...” disse mesto.

 

Ancora una volta tutto dipendeva solo dalla sua volontà.

 

Con che diritto avevano posto quel peso sulle spalle di quel ragazzo dai capelli rossi?

Per quale folle ragione si erano arrogati il potere di incatenarlo ad una simile esistenza?

 

Il suo sguardo scivolò su Rukawa che teneva delicatamente tra le sue la mano di Sakuragi.

Eppure in quella nuova epoca avevano la chiave per renderlo felice, forse per la prima volta, davvero felice, in tutta la sua lunghissima vita.

Doveva tentare.

Lo doveva al Nucleo, ad Hanamichi e a se stesso.

 

“Kaede tu continua a chiamarlo io comincio a staccarlo dai macchinari...” lo avvertì il guardia boschi allungando una mano verso la consolle accanto al letto ma Mitsui l’afferrò per un polso, bloccandolo.

“Ma così non rischi di ucciderlo?” chiese preoccupato.

Key spostò lo sguardo da lui al rossino per poi ritornare a fissare il tiratore da tre punti.

“Sì è vero così rischio di ucciderlo...” confermò “...ma non abbiamo alternative o azzardiamo o lo lasciamo qui...” sussurrò, tornando a fissare i macchinari, “...nelle loro mani.”

Nitide e violente le immagini degli strumenti che si erano lasciati alle spalle, nel laboratorio, tornarono a farsi vive nella mente di Mitsui.

Hisashi fissò il ragazzo in coma per un momento e i suoi occhi colsero tutta la fredda crudeltà di quelle cicatrici sul suo volto.

Poteva capire che Hanamichi avesse preferito l’oblio del coma.

Chi al suo posto avrebbe fatto altrimenti?

Chi dopo quanto aveva passato il rossino avrebbe scelto consapevolmente di soffrire ancora?

Eppure in un certo senso era esattamente ciò che Sakuragi stava facendo.

 

Continuava a soffrire per loro.

 

Non si era lasciato morire.

 

Aveva sempre ammirato la forza e la determinazione, un po’ folle a volte, con cui Hanamichi affrontava le sfide.

Ricordava l’ostinazione con cui aveva affrontato ogni partita senza arrendersi mai.

Quella sua prerogativa speciale che lo faceva una persona diversa da tutte le altre.

Che ora lo spingeva a non arrendersi nonostante lo scempio che avevano fatto sul suo corpo, sulla sua anima.

 

Lentamente lasciò andare il polso di Key e questi prese a sfilare delicatamente la flebo dal braccio del rossino mentre Rukawa ne stringeva la mano.

Lo scienziato staccò tutti gli elettrodi prima di fissare il respiratore.

Hanamichi non dava segno di ripresa e se gli avesse tolto l’ossigeno, in quello stato, sarebbe sicuramente morto.

 

Che cosa doveva fare?

 

Fissò Rukawa che con dolce lentezza non aveva smesso un secondo di accarezzare il compagno, chiamandolo piano.

Ma sembrava che la sua voce non sortisse effetto.

Forse era davvero troppo tardi.

Forse Hanamichi aveva davvero sofferto troppo.

Fissò il respiratore sconsolato.

Se non potevano portarlo via potevano almeno concedergli il conforto della morte ma... non aveva il coraggio di farlo.

 

Non aveva la forza di assassinarlo.

 

Era un vigliacco, ancora una volta, un egoista.

 

Amava troppo vivere per decidere consapevolmente di morire, uccidendolo.

Perchè nel momento in cui il cuore del Nucleo si sarebbe fermato anche il Cosmo avrebbe smesso di pulsare e la vita si sarebbe esaurita inesorabilmente.

Da prima sarebbero morte le piante e gli animali.

Poi si sarebbero prosciugati i fiumi e l’aria sarebbe diventata velenosa.

Infine anche l’uomo sarebbe scomparso mentre i pianeti diventavano sassi grigi in un universo spento che si sbriciolava nel nulla.

 

Che cosa doveva fare?

 

Ora come un tempo, avrebbe sacrificato il Nucleo per salvare se stesso e tutti gli altri?

Ancora una volta avrebbero deciso impunemente che, in fondo, il dolore di Hanamichi, non era un prezzo così alto da pagare?

 

Fu Rukawa che con delicatezza tolse il respiratore al ragazzo privo di sensi.

 

Sfilò la mascherina al rossino sollevandosi poi lentamente a sfiorargli gli occhi chiusi con un bacio scendendo piano ad accarezzargli le labbra.

Si allontanò dal volto dell’amato osservandone l’immobilità spettrale mentre sentiva la disperazione avvolgerlo.

Non era riuscito a salvarlo ma almeno nessun altro gli avrebbe fatto del male.

 

Questo non l’avrebbe permesso.

A costo di rinunciare alla propria vita.

A costo di portare con se l’Universo intero.

 

Si chinò a sfiorargli un’ultima volta le labbra con dolcezza, ormai l’aria doveva scarseggiare nei polmoni del rossino, presto anche il suo cuore si sarebbe fermato.

“Addio piccolo” mormorò con voce ormai vuota, solamente stanca.

Stava per sollevarsi quando un soffio leggero gli sfiorò la guancia, facendolo sussultare.

Reso quasi sordo dal battere convulso del suo cuore, Rukawa avvicinò l’orecchio al volto del compagno.

“Respira!” constatò incredulo.

Key rimasto immobile, gelato, ad osservare la scena, gli si precipitò accanto controllando a sua volta, prima che un sorriso gli incurvasse le labbra.

“Ce l’ha fatta!” esultò “Respira da solo! Possiamo portarlo via!” disse felice.

“Allora diamoci una mossa sono stufo di questo posto!” esclamò Mitsui con voce burbera per nascondere il sollievo e la gioia.

Rukawa avvolse delicatamente il corpo del ragazzo ferito nel lenzuolo candido prima di sollevarlo e stringerselo contro.

Forse era il potere della Falce che lo rendeva più forte, forse erano le privazioni che avevano reso Hanamichi più leggero, ma non ebbe alcuna difficoltà a trasportarlo attraverso i silenziosi corridoi della base.

 

Erano quasi giunti al laboratorio quando un grido li fece sussultare.

 

“Merda lo sapevo che era andato tutto troppo liscio!!” sbottò Mitsui.

“Corrette!” gridò Key.

Evidentemente anche la notte c’era qualcuno che monitorava i dati vitali del Nucleo e che si era accorto della cessata attività delle macchine.

A riprova della sua teoria un uomo in camice bianco spuntò dal corridoio che avevano appena lasciato, gridando per richiamare la sorveglianza.

I ragazzi si precipitarono a rotta di collo lungo i corridoi non preoccupandosi più di passare inosservati o schivare le telecamere, mentre le guardie accorse alle grida dello scienziato si davano all’inseguimento.

Fortunatamente gli uomini dell’ETC erano troppo preoccupati di poter ferire l’alieno per sparare loro alla schiena.

Incontrarono Ayako, Akira, Koshino e Ryota ad un bivio tra i due corridoi, Sendoh li fece passare cominciando a sparare ai loro inseguitori, per dar loro il tempo di scappare, indietreggiando a sua volta.

Riuscirono miracolosamente a giungere al furgone mentre dall’edificio, illuminato a giorno dai fari accesi dalla sorveglianza, cominciavano a fluire gli agenti.

Key tenne alzata la rete metallica per farli passare mentre Mitsui si precipitava ad aprire a porta del furgone per far entrare Rukawa con il suo prezioso carico.

Yohei, che li aveva attesi con il motore acceso, pronto alla fuga, si inerpicò sul tetto della vettura afferrando saldamente la sua mitragliatrice e cominciando a sparare per permettere anche ad Akira, che era rimasto indietro, di salire sul mezzo.

Quando la porta del furgone si chiuse definitivamente Key balzò al posto di guida, partendo a razzo, mentre Yohei aperta la piccola botola sul tetto del mezzo si calava al suo interno richiudendosela alle spalle giusto in tempo per far si che i colpi di fucile vi rimbalzassero sopra.

“Per fortuna che è blindato!” esclamò Ryota, con il fiatone per la corsa, mentre si sistemava accanto ad Ayako per controllare la situazione dei loro inseguitori sui monitor dei pc.

Gli uomini dell’ETC erano saliti a bordo di jeep militari e si erano lanciati all’inseguimento.

“Ce li abbiamo alle costole!!” avvertì allarmata la manager dello Shohoku.

“Ancora per poco” sbottò Key sterzando bruscamente per lasciare la strada principale e dirigersi a tutta velocità verso la periferia.

Mito che era scivolato sul posto accanto a quello del guidatore lo fissò sgomento mentre lo vedeva dirigersi a tutta velocità verso l’argine del fiume.

“Che stai facendo sei impazzito!!” tuonò quando il ragazzo non accennò minimamente a frenare.

“Tenetevi forte!” gridò Key nel momento esatto in cui il mezzo volava oltre il terrapieno affondando con un boato d’acqua nelle profondità del fiume.

 

Per un momento vi fu solo silenzio e buio all’interno del mezzo poi i pc si riaccesero e così le spie sul cruscotto.

 

“Ma cosa....?” chiese incredulo Mitsui osservando le acque scure che s’intravedevano al di là del parabrezza.

“Qui sicuramente non ci troveranno mai!” disse gongolante Key mentre il mezzo procedeva lentamente sul melmoso letto del fiume, sotto diversi metri d’acqua scura che li proteggevano dagli occhi delle guardie al loro inseguimento.

“Questo è il mio più grande successo...” disse soddisfatto “...il furgone oltre ad essere corazzato e anche a completa prova d’acqua quindi possiamo correre sul letto del fiume allontanandoci senza farci vedere” spiegò felice.

“Incredibile...” mormorò Koshino sconvolto.

Key sorrise contento che, per una volta, la sua scienza avesse portato alla salvezza e non alla distruzione prima che quel pensiero lo portasse inevitabilmente a spostare lo sguardo sul ragazzo privo di sensi che ancora giaceva tra le braccia di Rukawa.

Il silenzio tornò nuovamente ad avvolgere il mezzo che procedeva a passo d’uomo, accompagnato solo dal fruscio della corrente e dal borbottio del motore, mentre anche gli altri occupanti dell’abitacolo non potevano che fissare Hanamichi.

“Lasciami controllare come sta...” mormorò Ayako rompendo l’immobilità del momento, avvicinandosi all’asso dello Shohoku e scostando delicatamente il lenzuolo che avvolgeva il ragazzo tra le sue braccia.

Sussultò nel notare le cicatrici mentre Koshino si voltava altrove con un’imprecazione e Akira lo stringeva tra le braccia serrando la mascella e i pugni con rabbia.

Il respiro del rossino risultava particolarmente lento ma abbastanza saldo.

“La sua pelle è caldissima...” constatò la donna posandogli una mano sulla fronte dove le cicatrici più piccole andavano sparendo lentamente.

“Sta usando il suo potere per guarire il suo corpo...” spiegò Key dal suo posto “...è una capacità che gli abbiamo dato perchè i primi Nuclei artificiali morivano quasi subito a causa dei traumi subiti dentro la capsula...” disse affatto orgoglioso di quella particolarità di cui, egli stesso, l’aveva dotato.

 

Un modo come un’altro di non concedergli via di fuga.

Di incatenarlo ad una sofferenza perenne.

 

“Vediamo di dargli una mano allora...” sussurrò dolcemente Ayako poggiando entrambe le mani sul petto del ragazzo e chiudendo gli occhi.

Prima le dita, poi lentamente tutte le palme s’illuminarono mentre il potere di guarigione scivolava dolcemente nel corpo del rossino alimentandolo con la sua forza.

Hanamichi si mosse piano, con un lamento, tra le braccia di Rukawa, socchiuse gli occhi per un momento e poi perse i sensi nuovamente.

Ayako esausta scivolò all’indietro, afferrata prontamente da Myaghi che la fece sedere con delicatezza, ricevendo in cambio un’occhiata di ringraziamento, mentre cercava di rendere meno affannoso il suo respiro.

Si sentiva completamente esausta ed era a malapena riuscita a fargli socchiudere le palpebre.

A che cosa l’avevano sottoposto per ridurlo in quello stato?

Ebbe almeno la piccola soddisfazione di notare che la maggior parte delle cicatrici era scomparsa dal corpo del rossino e che il suo respiro era più regolare.

Sembrava crollato in un sonno profondo.

“Ora è meglio se lo lasciamo riposare” mormorò Ayako stancamente.

Rukawa lo avvolse nuovamente nel lenzuolo facendolo accoccolare meglio contro il suo petto intrecciando la propria mano con la sua.

Hanamichi si mosse impercettibilmente tra le sue braccia stringendo la sua mano e Kaede sospirò chiudendo gli occhi stancamente.

“Abbiamo tutti bisogno di riposare...” mormorò Key con uno sbadiglio “....cercate di dormire un po’ qui siamo al sicuro e abbiamo autonomia d’ossigeno per un paio d’ore...” spiegò “...dopo di che dovremmo tornare sulla strada normale e allora cercheremo un posto decente dove passare la notte” borbottò concentrandosi sul sonar che era l’unico strumento che gli permetteva di seguire le anse del fiume senza far arenare il furgone.

 

“Come sarebbe a dire scomparsi!” tuonò Edmond livido di rabbia.

Il tenente di fronte a lui si rimpicciolì su se stesso di fronte alla furia cieca che animava gli occhi del loro comandante.

“Mandate gli elicotteri in perlustrazione, DOVETE trovarli! Non possono essersi volatilizzati nel nulla!!” tuonò dando un sonoro pugno sulla scrivania di mogano.

Il sottoposto scattò sull’attenti sparendo a velocità supersonica dalla stanza per mettere in atto le disposizioni del loro capo mentre Richard cominciava a passeggiare velocemente avanti e indietro per la stanza, con fare nervoso.

Un gruppo di maledetti ragazzini!

Un solo gruppo di maledetti ragazzini era riuscito ad intrufolarsi nella sua base e a rapire l’alieno praticamente sotto il naso dei suoi uomini!

Com’era possibile?

Avevano adottato i più moderni e sofisticati sistemi d’allarme eppure si erano accorti degli intrusi solo quando questi avevano liberato dalle macchine l’alieno!

Imprecò furiosamente.

Quello era un’altro grosso problema!

Quei cretini che avevano rapito il ragazzo non dovevano essersi accorti del suo stato di salute, risultato: la sua preziosissima cavia probabilmente, ora, era già bella che morta!

Colpì con forza il porta penne mandandole a spargersi con violenza su tutto il tappeto del suo ufficio.

Eppure era un lavoro fatto con troppa cura e perizia perchè si trattasse davvero di quel gruppetto mal’assortito di sedicenni che le telecamere interne avevano ripreso mentre fuggivano.

Non solo i bastardi avevano portato via il suo preziosissimo alieno ma si erano anche premurati di cancellare ogni dato che avevano raccolto sul suo conto, nel corso dei molteplici esperimenti.

“Maledizione!” tuonò furioso.

Con tutta la fatica che aveva fatto per trovarlo e catturarlo ora non gli restava in mano che un pugno di appunti scritti a mano da qualche scienziato meno coscienzioso degli altri e pochi campioni di sangue e pelle!

E ora, come se non bastasse, i suoi addestratissimi uomini gli avevano comunicato che il mezzo su cui i ragazzi erano fuggiti era scomparso nel nulla!

C’era qualcosa che non gli tornava.

Un tassello importante che non combaciava.

Come potevano un gruppo di ragazzini organizzare una cosa simile!?

Che avessero un’organizzazione alle spalle?

Forse lavoravano per il governo giapponese.

O forse erano stati ingaggiati da qualche società segreta.

Avevano usato delle armi incredibilmente sofisticate.

Osservò il fermo immagine preso da una telecamera di servizio che ritraeva un ragazzo coi capelli a punta sbaragliare i suoi uomini con quello che aveva, solo vagamente, l’aria di un fucile.

Non sembrava un’arma dell’esercito.

Non sembrava nemmeno un’arma terrestre a dirla tutta...

Il suo avanti e indietro si bloccò di scatto mentre spalancava gli occhi incredulo.

Gli alieni erano più d’uno!!

 

Rukawa non sapeva da quanto stesse dormendo ma improvvisamente un suono basso, soffocato lo spinse ad abbandonare il confortevole abbraccio del sonno per socchiudere le palpebre.

Si guardò attorno con attenzione ma tutti gli abitanti del furgone sembravano profondamente addormentati, a parte Key che era concentrato sulla guida.

Il suono si ripeté nuovamente e questa volta Rukawa si accorse con un sussulto che veniva dal ragazzo che teneva tra le braccia.

Lo scostò delicatamente da se e lo vide rattrappirsi su se stesso con un mugolio di dolore.

“Hana...” lo chiamò piano costringendolo a sollevare il viso bagnato di lacrime.

Stava piangendo.

Nel sonno, Hanamichi stava piangendo, e il suono soffocato e debole dei suoi singhiozzi lo avevano svegliato.

Lo strinse dolcemente a se cullandolo piano “Shhh... non piangere tesoro” sussurrò passandogli una mano tra i capelli rossi.

Il compagno parve tranquillizzarsi un po’, strofinando il viso contro il suo petto, nascondendo il capo contro la sua spalla in cerca di un rifugio dall’incubo che probabilmente lo stava tormentando.

“Falli smettere...” ansimò con voce flebile, rovinata, gelando il sangue nelle vene della Falce.

“Falli smettere ti prego...” pigolò piano, il corpo scosso dai tremiti e dai singulti sempre più forti.

Kaede strinse la mascella trattenendo la rabbia, stringendolo protettivamente a se, prima di chinarsi e porgli un bacio leggero sul capo, facendo scorrere piano una mano sulla sua schiena.

“E’ tutto finito Hana...” sussurrò con voce arrochita dal dolore “Sei al sicuro adesso...” gli mormorò all’orecchio, continuando a cullarlo dolcemente finchè il ragazzo non si acquietò del tutto rilassandosi tra le sue braccia.

La pagheranno...” sussurrò una voce poco lontana distogliendo la sua attenzione dal ragazzo nuovamente addormentato.

Kaede sollevò il volto incontrando lo sguardo assassino della Falce Bianca.

Le sue labbra si tesero in un piccolo, crudele, sorriso “Oh sì...” promise al compagno d’armi “....la pagheranno molto cara...” sussurrò, mentre gli occhi blu si accendevano di lampi argentei.

 

Rukawa fu svegliato nuovamente poche ore più tardi da Ayako che lo informava che presto sarebbero ritornati sulla strada normale.

Mito era già vigile accanto a Key nel controllare il sonar mentre Akira stava sbadigliando sonoramente poco intenzionato a lasciare le gambe dell’amante che aveva abbracciato, usandole a mo’ di cuscino.

Questo, almeno finchè Hiroaki non gli tirò un pugno sul capo in perfetto stile “gorilla punch”.

Il moretto dai capelli a punta si massaggiò la testa fissando offeso il suo ragazzo brontolando qualcosa sul fatto che solo un masochista come lui poteva scegliersi un compagno del genere.

Rukawa li osservò battibbeccare, divertito dal contrasto tra il tono con cui i due si lanciavano gli insulti e lo sguardo carico d’amore con cui lo facevano.

Il suo sguardo scivolò inesorabilmente al ragazzo rannicchiato tra le sue braccia.

Anche lui e Hanamichi avrebbero raggiunto quell’intimità fatta di qualcosa che andava ben oltre gli sguardi e le parole?

Quella sintonia perfetta?

Sperava vivamente di sì.

Non appena si sveglierà, si ripromise, non appena si sveglierà gli dirò quello che provo per lui.

I suoi pensieri vennero interrotti dall’avvicinarsi della manager dello Shohoku che voleva accertarsi circa le condizioni di Hanamichi. Questi, tuttavia, nel momento in cui lei tentò di scostare il lenzuolo emise un gemito spaventato, rannicchiandosi contro il petto di Rukawa, stringendo con forza tra le mani il tessuto della sua maglia.

“Lascialo stare per ora” mormorò piano il volpino, passando con fare rassicurante una mano tra i capelli rossi del ragazzo, mentre nelle sue orecchie risuonava quel disperato “Falli smettere...” che gli aveva spezzato il cuore.

La manager annuì rimboccandogli nuovamente il lenzuolo.

“Ora che facciamo?” chiese Mitsui perplesso “Non possiamo certo tornare dalle nostre squadre e sperare che quel bastardo si dimentichi di noi...” borbottò cupo.

Key annuì “Poco più avanti su questa strada c’è un motel...” spiegò “...prenderemo delle stanze, Hana ha bisogno di riposare su un letto vero e anche noi abbiamo bisogno di un buon sonno e di mangiare qualcosa, a mente riposata decideremo meglio sul da farsi.” mormorò.

“Non è pericoloso fermarci?” chiese Koshino cupo.

Key scosse le spalle “Nasconderemo il furgone  e daremo nomi falsi, conosco quel posto non fanno molte domande” spiegò con una scrollata di spalle.

Giunsero al motel poche ore più tardi.

Key parcheggiò il furgone in modo che fosse nascosto da una macchia d’alberi mentre Ayako e Ryota andarono a prendere le stanze facendosi passare per una coppietta d’innamorati che con altrettante coppie si erano dati alla fuga da casa.

Il proprietario non pose comunque domande, proprio come aveva anticipato loro Key, soprattutto dopo che la ragazza gli disse che avrebbe pagato in contanti, il guardia boschi era stato abbastanza provvidente da portarsi appresso una discreta somma di denaro.

 

Rukawa adagiò il rossino ancora privo di sensi sul grande letto matrimoniale guardandosi attorno nella piccola stanza.

Depose la propria borsa su una sedia e andò a controllare il bagno.

Tirò un sospiro di sollievo quando vide la vasca.

Lavare Hanamichi in una doccia sarebbe stato difficile, soprattutto dato che il ragazzo continuava ad essere profondamente addormentato.

Anche gli altri si erano ritirati nelle rispettive stanze per regalarsi finalmente qualche ora di riposo decente.

Rukawa lanciò uno sguardo al ragazzo addormentato prima di tornare in bagno e aprire l’acqua calda.

Tornato nella camera cominciò a rovistare nella sua borsa alla ricerca d’abiti da prestare al rossino, che indossava ancora soltanto il camice medico che gli avevano messo al laboratorio.

Ka...” quelle due piccole lettere a malapena tossite con difficoltà lo distrassero dalla sua attenta ricerca costringendolo a voltarsi stupito.

Hanamichi aveva gli occhi aperti e si stava guardando debolmente attorno.

“Ka...e..” cercò nuovamente di parlare senza molti risultati.

Rukawa si riscosse precipitandoglisi a fianco.

“Hana sei sveglio!” mormorò sollevato aiutandolo delicatamente a mettersi seduto.

Il rossino gli porse un piccolo sorriso prima di tossire di nuovo.

“Aspetta...” mormorò il moretto sparendo a tutta velocità nel bagno per ritornare pochi secondi più tardi con un bicchiere colmo d’acqua.

Hanamichi lo prese riconoscente tra le mani sorseggiando il liquido chiaro, aiutato dal volpino.

“Dove siamo?” gli chiese quando l’acqua fresca ebbe finalmente la meglio sulla sua gola irritata.

Rukawa scosse il capo sedendoglisi accanto, sfilando il bicchiere dalle sue mani per posarlo sul comodino “E’ un motel poco fuori la città” gli spiegò.

Hanamichi annuì con un sospiro chiudendo stancamente gli occhi, li riaprì arrossendo tuttavia quando Rukawa gli cinse la vita con le braccia facendolo adagiare contro il suo petto.

“Ru?” sussurrò piano, la guancia appoggiata al tessuto della maglia del volpino, il rassicurante battito del suo cuore contro l’orecchio.

“Hn?” chiese semplicemente il ragazzo moro, prendendo ad accarezzargli dolcemente la schiena.

Hanamichi emise un flebile sospiro affondando il capo nella sua spalla “Perchè mi hai baciato?” chiese piano.

 

Doveva sapere.

Doveva disperatamente capire se si era illuso o meno.

 

“Do’hao!” lo rimproverò dolcemente Rukawa costringendolo a sollevare il volto “Perchè si baciano le persone?” gli chiese di rimando divertito.

Il rossino lo fissò senza sapere che rispondere, incerto, se sperare o meno, quando Rukawa gli sorrise.

Rimase così estasiato da quel piccolo gesto che rendeva la volpe assolutamente magnifica che in un primo momento non sentì nemmeno il: “Perchè ti amo” che uscì dalle labbra del moro.

Lentamente, tuttavia, la sua mente analizzò quelle tre semplici parole finchè il rossino non ne comprese appieno il senso.

Sgranò gli occhi arrossendo ma Rukawa non gli diede tempo di rispondere, chinandosi a sfiorare le sue labbra con le proprie.

Sakuragi sollevò le braccia mettendole al collo del compagno mentre questi spingeva delicatamente la lingua tra le sue labbra chiedendo un accesso che gli venne presto consentito.

Il volpino si staccò pochi minuti più tardi, per consentirgli di riprendere fiato.

“Anch’io ti amo...” sussurrò il rossino appoggiando la fronte sulla sua spalla.

Rukawa lo strinse dolcemente a se e Hanamichi sospirò piano.

“Kaede...” sussurrò alcuni minuti più tardi, spezzando il silenzio ovattato che li aveva avvolti.

“Hn?” chiese il volpino, piano, passandogli una mano tra i capelli rossi.

 

“Fa l’amore con me...”

 

 

continua............                                                                                            

 

 

la lemon non ci stava, veniva un capitolo troppo lungo, nel prossimo... forse... ^_- nd.Najka

 

 

 

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