Nucleo 10                                                                                        Back to FanFic  Back to Home

Nucleo: parte vitale, centrale, di qualcosa, di cui in genere ha costituito... l’origine.

 

“Tutto questo è così... così...” ansimò Mitsui scuotendo incredulo il capo.

“Già...” sussurrò Key alzandosi “Ma ora non abbiamo tempo per pensarci.”

Si volse verso Akira e Rukawa fissandoli “Avete ancora i vostri poteri?” chiese.

Akira sussultò ricordando l’episodio del cordless.

Sembravano passati secoli da allora.

Lanciò uno sguardo a Rukawa che sembrava turbato quanto lui.

La Falce Nera tese una mano verso uno dei cadaveri e chiuse gli occhi.

Il corpo del killer venne avvolto dalle tenebre e diventò cenere.

“Sembra funzionino ancora” commentò gelido il volpino, per nulla stupito di aver appena disintegrato un uomo con un gesto.

“Bene” mormorò il guardia boschi “Liberatevi dei cadaveri. L’ultima cosa che ci serve è avere la polizia qui a fare domande” disse deciso prima di voltarsi verso Ayako “Se loro hanno ancora il potere delle falci anche tu dovresti avere il tuo. Prova a guarirgli quella spalla...” disse indicando Mito “...ci servirà anche la sua esperienza quando andremo a riprenderci Hana!” disse cupo.

La moretta annuì osservando Mito per un momento prima di mettergli una mano sulla giacca.

“Stringi i denti” lo avvertì.

Yohei serrò la mascella quando la ragazza premette la mano sulla sua spalla ferita.

Per un momento avvertì un dolore atroce ma quando pochi secondi più tardi la sensazione svanì il ragazzo scoprì che a testimonianza della ferita rimaneva solo la divisa strappata.

Nemmeno una cicatrice segnava la sua pelle chiara.

Kei annuì soddisfatto “Abbiamo bisogno di riposare un po’, all’alba mi farò trovare qui con il furgone” disse passandosi una mano tra i capelli, stancamente, prima di avviarsi per il sentiero che portava più in basso, dov’erano le case dei guardia boschi.

Nella radura rimasero dunque solo i componenti delle due squadre e Yohei.

Ayako, Akira, Rukawa e Mito da una parte.

Kogure, Akagi, Mitsui, Ryota e Anzai per lo Shohoku, Koshino, Fukuda, Uozumi, Muto, Hikoichi e Taoka  per il Ryonan, dall’altra.

Tra loro pochi metri che sembravano chilometri.

Akira lanciò uno sguardo a Koshino senza sapere che fare.

“Va da lui...” l’asso del Ryonan sussultò volgendosi verso Rukawa che aveva parlato senza nemmeno voltarsi.

“Co.. cosa?” chiese perplesso.

“Va da lui.” Ripetè il volpino “Qui posso benissimo fare da solo” sbottò senza aggiungere che aveva disperatamente bisogno di occupare la mente con qualcosa che non fosse la preoccupazione per il destino di Hanamichi.

Akira si staccò lentamente dal loro gruppetto avvicinandosi ai compagni di squadra che lo guardavano come se fosse un alieno.

Bhe in effetti ne era la reincarnazione, pensò con ironia.

Ma quello che potevano pensare loro non gli importava.

“Kosh... possiamo parlare” mormorò fissando incerto il suo ragazzo.

Il moretto lanciò uno sguardo agli altri prima di annuire e seguire l’asso del Ryonan verso un angolo poco lontano dove avrebbero potuto parlare senza essere uditi.

Rukawa li seguì con lo sguardo sperando che almeno loro sistemassero le cose, prima di fissare i corpi rimasti a terra.

Sollevò nuovamente la mano e concentrò ancora la sua volontà facendoli scomparire uno dopo l’altro finchè non si accasciò stanco su un sasso, passandosi una mano tra i capelli neri.

La radura era nuovamente sgombra e intonsa a parte i segni dei pneumatici lasciati dall’auto di Edmond che si era premurato di disintegrare insieme ai suoi agenti.

Se solo avesse ricordato tutto ‘prima’ dell’attacco di quel bastardo...

Ora Hanamichi sarebbe ancora lì con loro...

Qualcuno gli posò una mano sulla spalla e Rukawa sollevò il volto per incontrare gli occhi scuri di Yohei.

“Mi dispiace...” sussurrò “E’ di nuovo colpa mia...” disse “...Edmond si è presentato come un medico, mi aveva detto che Hana era malato e io... io l’ho portato qui.” Sospirò.

Rukawa scosse il capo stancamente “Tu fosti l’unico che cercò di aiutarlo all’ora...” mormorò “E anche questa volta pensavi solo di salvarlo portando Edmond da lui... non è colpa tua” sussurrò.

Yohei si passò una mano tra i capelli lasciandosi cadere sul masso accanto a lui.

“Sai Hanamichi è innamorato di te, da tanto, tanto tempo” rivelò a voce bassa.

Rukawa sussultò voltandosi a guardarlo.

Yohei annuì per rispondere alla muta domanda negli occhi blu della falce prima di continuare “Non me l’ha mai confessato direttamente.... ma credimi, io lo conosco meglio di chiunque altro. L’ho letto nei suoi occhi.” sussurrò “E ti devo confessare che mi sono preoccupato tantissimo perchè pensavo che tu l’avresti rifiutato...” mormorò tristemente.

Rukawa strinse i pugni con rabbia e disperazione.

Perchè?

Perchè gliel’avevano portato via quando ormai erano ad un passo...

Un solo passo dalla felicità.

“Io amo Hanamichi” sussurrò piano, più a se stesso che a Mito.

“Lo amo...” ripetè piano abbassando il capo.

Se almeno avesse avuto il tempo di dirglielo...

Yohei annuì alzandosi.

“Lo so...” mormorò “...adesso lo so.” disse guardandolo per un momento prima di voltargli le spalle.

“Sai... non credevo che un giorno avrei visto Kaede Rukawa piangere” sussurrò allontanandosi.

Il volpino sussultò portandosi una mano al volto.

Era bagnato.

Stava piangendo.

Da quando?

Da quanto tempo quelle lacrime silenziose gli bagnavano le gote senza che nemmeno se ne fosse accorto.

Se le asciugò con le mani prima di sollevare il volto a fissare il cielo stellato.

“Ti riavrò indietro Hana, fosse l’ultima cosa che faccio... ti riporterò da me...” promise alla notte silenziosa.

 

“Hiro io...” mormorò piano Akira quando furono abbastanza lontani degli altri.

Ma il ragazzo non lo lasciò proseguire alzando una mano per interomperlo.

“Io credevo di conoscerti Akira...” mormorò “...ma questa notte... ho visto un aspetto di te che mi ha spaventato a morte” continuò.

“Hai ucciso quelle persone come se stessi giocando con un videogame” disse scuotendo incredulo il capo prima di sollevare il volto per guardarlo.

Akira chiuse gli occhi, abbassando il viso.

Che cosa poteva rispondergli?

Aveva ancora le mani macchiate di sangue.

Avvertì il tocco delicato delle dita dell’amante sotto il mento e spalancò gli occhi lasciando che l’altro gli sollevasse il viso.

“Raccontami tutto dall’inizio...” chiese e Akira annuì piano.

Gli parlò di quel mondo lontano di cui ora ricordava tutti i momenti vissuti, gli raccontò dell’accademia e del suo addestramento come Falce Bianca, gli narrò i sogni che lo avevano travolto dopo che aveva visto Hanamichi sul molo, gli parlò dei suoi poteri di guardiano del Nucleo.

Koshino ascoltò in silenzio le sue parole finchè Akira non pose termine al suo racconto narrandogli di come, nell’ascoltare la voce di Key, infine, la sua coscienza si era totalmente risvegliata.

“E ora?” chiese Hiroaki fissandolo con occhi indecifrabili “Chi sei? Akira Sendo o la Falce Bianca?” mormorò.

Akira scosse piano il capo.

“Io ho i poteri e i ricordi della Falce ma sono soltanto Akira Sendoh” sussurrò.

“Allora mi fiderò delle promesse che mi fece l’Akira che mi chiese di essere il suo ragazzo” mormorò il moretto regalandogli il primo sorriso di quella notte.

“Oh Hiro!” esclamò l’asso del Ryonan spalancando le braccia per abbracciarlo ma il moretto fu lesto a spostarsi.

“Non ci provare nemmeno prima di esserti fatto una doccia!!” lo rimproverò fissando con un lampo cupo le macchie di sangue.

Akira annuì piano con il capo.

“Adesso dovrò dare spiegazioni anche agli altri...” mormorò mesto mentre tornavano nella piazzetta.

Tuttavia rimase sorpreso nel trovarla semivuota.

I membri del Ryonan erano scomparsi e dello Shohoku rimanevano solo Mitsui e Myaghi.

Il primo teneva le braccia incrociate sul petto con fare risoluto, il secondo  stava litigando ferocemente con Ayako.

“No, no e poi no Ayako!!” protestò per l’ennesima volta il ragazzo.

“Che sta succedendo?” domandò Akira a Mito che osservava la scena corrucciato.

“Tra i poteri di Ayako c’è anche una discreta capacità di manipolazione della mente.” gli ricordò “Non è in grado di far muovere un uomo a suo piacimento ma può cancellarne i ricordi relativamente ad un breve lasso di tempo” spiegò.

“Ha cancellato i ricordi dei ragazzi della tua squadra e dei due allenatori e ora voleva fare lo stesso con i membri dello Shohoku ma pare che il suo potere non funzioni sull’ostinazione di Mitsui e Ryota” disse con un sorrisetto.

“Quindi finchè loro non danno il consenso lei non potrà cancellare dalla loro mente quanto è accaduto stanotte” disse osservando i due ragazzi che avevano espresso chiaramente la loro intenzione, non solo di NON dimenticare ma anche di poter andare con loro.

“Lascia stare Ayako...” mormorò Rukawa passandole accanto per salire nella sua camera “...tanto non servirà a nulla e un aiuto potrebbe servirci” borbottò senza attendere risposta, incamminandosi verso le scale.

Sembrava distrutto.

A tutti erano ben chiara la sua stanchezza per non parlare degli occhi gonfi.

Akira lo seguì con lo sguardo in silenzio, dubitava comunque di avere un aspetto migliore del suo.

La ragazza li fissò affranta “Potrebbe essere pericoloso” cercò di convincerli per l’ultima volta

“Hanamichi è anche nostro amico! Cosmo, alieno o quant’altro lui sia!” sentenziò il playmaker deciso.

La ragazza si arrese scuotendo il capo.

Anche lei era stanca.

Guarire Yohei e cancellare i ricordi degli altri non era stato facile anche perchè non era più abituata ad usare il suo potere mentale e in fondo.... non le dispiaceva che Myaghi andasse con loro.

 

Rukawa entrò nella stanza divelta osservando i cocci di vetro e i frammenti di legno sparsi sui letti e sul pavimento.

A terra, poco distante dal comodino di Hanamichi giaceva la capsula che l’elicottero aveva sparato.

La raccolse e la rigirò tra le mani.

Forse grazie a quella avrebbero potuto risalire al luogo dove si nascondevano i membri dell’E.T.C.

La posò sul comodino prima di avvicinarsi al letto del rossino e accarezzarne la federa fredda.

Come stava ora Hanamichi?

Aveva visto chiaramente Edmond sparargli ma era sicuro che l’uomo non sarebbe stato così sciocco da uccidere la sua cavia.

“Hana...” sussurrò, prendendo il cuscino e stringendolo tra le braccia illudendosi di poter così abbracciare lui.

Sperava solo di poterlo trovare in fretta e di portarlo via da quegli uomini.

Il solo pensiero di quello che potevano fargli gli faceva montare una furia cieca, assassina, nel sangue.

Ma anche tanto dolore e disperazione.

Senso di colpa per non essere riuscito a proteggerlo.

“Non fategli del male vi prego...” sussurrò rivolto al cielo scuro prima di stendersi sul proprio letto sfatto, il volto affondato nel cuscino del rossino, lasciandosi scivolare in un sonno esausto.

 

Hanamichi socchiuse le palpebre lentamente ma le riabbassò quando la luce gli ferì le pupille.

Attorno a lui avvertiva un odore familiare e spiacevole.

Disinfettante, cloro e poi... sangue....

Quest’ultimo veniva da lui.

Avevano medicato la sua ferita.

Anche senza muoversi avvertiva la leggera pressione della garza sul petto.

Era stanco.

Così stanco.

Sperava solo che lo lasciassero dormire per un po’.

Ricordava confusamente quanto avvenuto dinanzi alla baita.

Si era ritrovato prigioniero di quella gabbia magnetica e poi... erano cominciate le grida, gli spari mentre la luce elettrica gli feriva gli occhi e il suo potere cresceva.

Allora aveva ricordato.

Aveva ricordato tutto ed era stato insopportabile.

Aveva gridato?

Gli sembrava di sì ma non riusciva a ricostruire bene la dinamica delle cose.

Con precisione rammentava solo tutti quegli anni di dolore e sofferenza che gli si riversavano addosso in un momento solo, tutte quelle sensazioni, le paure, gli incubi... come belve impazzite quei sentimenti si erano avventati su di lui contendendosi la sua anima facendola a brandelli, morso dopo morso, lacerando, tirando, ferendo.

Aveva desiderato solo che tutto finisse.

Di nuovo.

Come era accaduto tanto, tantissimo, tempo prima.

Ma questa volta non avrebbe ricominciato.

A che scopo per soffrire ancora?

 

La lingua scivolò lentamente sulle sue labbra secche mentre il dolce tepore di quell’unico bacio gli riscaldava il cuore.

 

Rukawa l’aveva baciato.

 

Non aveva avuto il tempo di chiedergli perchè.

Ma se l’aveva baciato un motivo ci doveva essere.

E poi era stato così bello...

Socchiuse nuovamente le palpebre e volse il capo sul cuscino.

Era sdraiato su una specie di barella, i polsi e le caviglie legate in modo che non potesse muoversi.

In sottofondo avvertiva il rombo cupo delle pale dell’elicottero.

Non erano ancora giunti a destinazione dunque.

Meglio così.

Non aveva fretta di conoscere gli scienziati del suo nuovo carceriere.

Lui odiava gli scienziati.

Ripensò a Key e a come l’amico che aveva conosciuto era diverso dal suo creatore.

Anche i caratteri degli altri erano cambiati.

Bhe, forse a parte quello della sua stupida volpe che non parlava mai nemmeno quand’era la Falce Nera.

Anche all’ora ricordava che quel ragazzo dagli occhi blu lo aveva particolarmente affascinato.

Ma quand’era il Nucleo non aveva avuto certo il tempo d’innamorarsi.

Riuscire a non impazzire impiegava già tutte le sue forze.

Chissà se anche Rukawa e gli altri avevano recuperato tutti loro ricordi.

Probabilmente sì.

E se la volpe lo avesse baciato solo per il senso di colpa?

Storse leggermente il naso ma scartò l’idea, negli occhi del numero undici c’era di tutto, tranne senso di colpa.

Sorrise tra se nel sentire alcuni uomini muoversi nell’abitacolo dell’elicottero.

Si trovava chissà dove, con una manica di pazzi che volevano, nella migliore delle ipotesi, vivisezionarlo, e lui perdeva tempo a pensare a Rukawa.

Chiuse gli occhi ed emise un basso sospiro stanco.

Doveva riposare, almeno finchè gli era concesso, pensò, lasciando che la sua coscienza scivolasse nuovamente nell’oblio.

 

Rukawa fu svegliato dai primi, deboli, raggi di sole.

Si alzò lentamente concedendosi una lunga doccia che gli sciolse i muscoli e gli tolse di dosso l’odore di sangue e di polvere da sparo.

Stava uscendo dal bagno strofinandosi i capelli umidi quando udì il rumore di pneumatici sotto la finestra.

Si affrettò a raggiungere il balcone solo per notare un anonimo furgoncino verde scuro da cui scese Key, per una volta senza la sua solita divisa da guardia boschi.

Si vestì in fretta, prima di afferrare la sacca e scendere al piano inferiore.

Sulle scale incontrò Mitsui e Ryota risoluti più che mai ad andare con loro.

Lanciò loro solo uno sguardo senza dire nulla prima di cominciare a scendere.

“’Giorno” mormorò Key prima di notare i due e sollevare un sopracciglio: “E voi due?” chiese stupito.

“Veniamo anche noi” disse Mitsui fissandolo con uno sguardo che lo sfidava a dire il contrario.

Key guardò Rukawa che scosse le spalle “Una mano ci può servire” disse tranquillamente la Falce Nera.

“Oh bhe, va bene...” disse Key voltandosi poi per salutare Ayako e Mito che stavano giungendo in quel momento insieme a Koshino ed ad un Sendoh dallo sguardo torvo.

“Che succede ancora?” chiese Key esasperato.

Akira aprì bocca per rispondergli ma poi si voltò direttamente verso il playmaker “E’ pericoloso!!” disse con il tono sconfitto e stanco di chi ripete la stessa cosa per la millesima volta, ben sapendo che non otterrà un risultato differente da quello ottenuto le altre novecentonovantanove.

Infatti il ragazzo lo fissò dritto negli occhi senza nemmeno aprire bocca e Akira capitolò voltandosi nuovamente verso Key “Viene anche lui...” disse mettendo chiaramente in mostra quanto non approvasse quella cosa.

Ruiko tuttavia non obbiettò.

Più erano più speranze avevano di farcela.

“Come facciamo con i coach e gli altri?” chiese invece Mitsui “Va bene che avete cancellato i loro ricordi ma sembrerà quanto meno strano che manchino così tante persone, no?” chiese.

La ragazza annuì “Ho modificato i ricordi dei due allenatori mentre stavano dormendo in modo che pensino che siamo partiti per un allenamento speciale” spiegò prima di arrossire, passandosi una mano tra i capelli scuri “Scusate ma non mi è venuto in mente niente di meglio sul momento...” borbottò.

“Va benissimo così Ayakuccia!” si affrettò a rassicurarla Myaghi che non sembrava preoccuparsi del fatto che la ragazza riusciva tranquillamente ad infilarsi nelle menti altrui.

“Bene allora andiamo!” disse Key.

“Andiamo dove?” chiese Mito esternando la domanda che stava ronzando nel cervello di tutti.

“Venite con me” mormorò il guardia boschi accompagnandoli fino al furgoncino.

Ne aprì la porta scorrevole, sul retro, mostrando loro quella che sembrava la base mobile di una squadra di polizia.

Contro il fondo del furgone poi erano appoggiati dei fucili, che almeno per le due falci, avevano un aspetto molto familiare.

“Quando hai montato tutto questa roba?” chiese Yohei incredulo fissando la consolle di un pc.

“Bhe come vi ho già detto io acquisii tutti i miei ricordi otto anni fa e nel frattempo non me ne sono stato con le mani in mano.” spiegò.

“Avevo il brutto presentimento che se Hana si era risvegliato un motivo ci doveva essere per cui ho cominciato a costruire tutto quello che avrebbe potuto tornarci utile.” Raccontò.

“Quando vi ho visto arrivare su quell’autobus con lui mi sono sentito morire.

Se eravamo di nuovo tutti insieme non poteva che significare che la storia si stava per ripetere.” Rivelò loro.

“E’ quello che dobbiamo evitare” disse Akira facendo scivolare un braccio lungo il fianco di Koshino.

Non aveva nessuna intenzione di morire, non ora che aveva Hiroaki al suo fianco.

Avrebbero salvato Hanamichi, e avrebbero cambiato la storia!

Caricarono le loro borse in un angolo del furgone e presero posto mentre Ayako si posizionava davanti al monitor del pc.

“Hai già una mezza idea di dove andare?” chiese la moretta.

Key avviò il furgoncino prendendo a scendere per il sentiero.

“Hai letto anche tu quella scritta sul fianco dell’elicottero, no?” chiese.

“Ho fatto delle ricerche notte tempo, l’E.T.C fu fondata diversi anni fa da un certo Carl Edmond, americano” cominciò a spiegare.

“Il loro scopo è dimostrare che esiste vita aliena intelligente e che è possibile sfruttarla” disse con una smorfia mentre ai ragazzi si gelava il sangue nelle vene.

“Quanto ci vorrà perchè anche loro scoprano il potenziale di Hanamichi e costruiscano qualcosa come la capsula?” chiese preoccupato Mito.

Key scosse il capo “Non lo so, spero molto, le tecnologie odierne sono preistoriche rispetto alle nostre conoscenze, non sarà così facile per loro, io stesso pur conoscendo a memoria i piani dei fucili psichici ci ho messo anni per riuscire a montarne uno, dovendone fabbricare tutti i singoli pezzi” disse con un cenno vago alle armi appoggiate in fondo al furgone.

“Sono in vantaggio su di noi in quanto viaggiano in elicottero ma Hana è ferito e dovranno fermarsi a curarlo se non vogliono farlo morire prima di scoprire qualsiasi cosa su di lui” ragionò.

Rukawa strinse la mascella ma non disse nulla.

“Comunque ho scoperto anche che l’E.T.C è proprietaria di un grande stabile poco distante da Osaka. Cominceremo le nostre ricerche da lì” disse deciso.

“Senti c’è una cosa che ancora non ci hai raccontato” disse Yohei dopo un momento di silenzio.

“Come mai i tuoi ricordi sono emersi molto prima dei nostri?” chiese curioso.

Key annuì evidentemente attendendosi quella domanda.

“Come sapete io e Hana vivevamo qui tempo fa” disse.

“Quand’era solo un bambino succedeva spesso di trovarlo che giocava con gli scoiattoli o che dormiva sotto un albero accanto ad un cervo.” Sorrise dolcemente ricordando quel bambino dai capelli rossi e il suo sorriso allegro.

“Era la mascotte delle guardie forestali. Sembrava non perdersi mai, nemmeno per sentieri che non conosceva affatto.

Era una cosa veramente incredibile.” Raccontò.

Certo all’ora non avevano capito il perchè di quelle stranezze ma, ora, Key aveva la certezza che già all’epoca fosse il suo potere a guidarlo.

“Qui non c’erano molti bambini a parte lui, io e i due figli del comandante.

Io feci subito amicizia con lui mentre i gemelli lo presero in antipatia.” Mormorò.

“Sembrava avere questa capacità innata, di fondersi con il bosco, che ne faceva un guardia ideale mentre loro detestavano cordialmente la foresta nonostante il desiderio del padre che seguissero le sue orme entrando nel corpo forestale.” ricordò.

“Si divertivano a chiamarlo “bastardo”, perchè sapevano che erano stato raccolto ai limiti del bosco dalla signora Sakuragi una sera che era di ronda. Hanamichi tuttavia non dava molto peso alla cosa. Sapeva di non essere il figlio naturale dei Sakuragi, non somigliava loro nemmeno un po’, ma li amava moltissimo, e tanto gli bastava.” Disse con un sorriso ricordando la rabbia dei gemelli nel vedere che il rossino non se la prendeva affatto per le loro cattive parole.

“Non soddisfatti i gemelli cominciarono a fargli ogni genere di dispetti. Ma in un modo o nell’altro Hana non finiva mai nei loro tranelli. Allora escogitarono un’altro stratagemma. Lo sfidarono e Hanamichi era un gran testardo  da piccolo” ricordò con una smorfia.

“Gli dissero se era davvero il genio dei boschi...” borbottò scatenando una serie di occhiate tra i ragazzi seduti nel furgone, certe cose non erano cambiate affatto “...sarebbe riuscito ad arrivare in cima al monte da solo e lui per dimostrare che aveva ragione, a mia insaputa, partì” continuò a raccontare Key ignaro di quello che accadeva alle sue spalle.

“Era ormai ora di cena e tutti si stavano preoccupando quando i due figli del comandante ammisero la loro colpa” disse.

“Facemmo subito partire delle squadre di ricerca. Qui la notte si gela e Hanamichi era solo un bambino.” Mormorò ripensando alla paura che aveva provato nell’immaginare il suo amichetto in balia del gelo notturno.

“Scandagliammo la foresta palmo a palmo, ma era ormai buio e i sentieri erano infiniti. Dovemmo rinunciare per ripartire il giorno dopo.” Disse scuotendo il capo.

“Ricordo che la signora Sakuragi pianse tantissimo. Eravamo tutti convinti che l’avremmo trovato morto assiderato.” Sussurrò scuotendo il capo.

“Il giorno seguente le ricerche ripresero all’alba.” Mormorò.

“Lo trovammo verso le otto del mattino, addormentato in una piccola grotta naturale.

Ma nessuno di noi ebbe il coraggio di avvicinarglisi.” Disse mentre quella scena incredibile si stagliava nuovamente nella sua mente.

“Hanamichi aveva trovato qualcuno che lo scaldasse per la notte.” rivelò con un sorriso misterioso.

“Stava beatamente dormendo accoccolato contro il Grizly più grosso che io avessi mai visto” ridacchiò scuotendo il capo incredulo.

Rammentava ancora gli adulti che fissavano la scena con gli occhi fuori dalle orbite, immobili, incapaci di muoversi o anche solo di ragionare.

“Eravamo esterrefatti” mormorò.

“Cominciammo a chiamare piano Hanamichi, ma scoprimmo che aveva il sonno pesante più dell’orso e la belva si svegliò prima di lui” disse con una smorfia.

Si erano presi un tale spavento!!

Avevano pensato che l’orso avrebbe morso il ragazzino, lo avrebbe attaccato o lo ferito.

“Bhe...” esclamò ritrovando nella voce l’incredulità di allora “l’orso fissò noi, fissò Hana, allungò il muso verso di lui e gli leccò una guancia.” Key scosse il capo ridacchiando “Pensai che lo stesse assaggiando!! Avevo una paura!” esclamò.

“Hanamichi invece rise, svegliandosi e si guardò attorno sorpreso. Si stiracchiò con calma, si massaggiò gli occhi un paio di volte e poi ci vide.” Key cambiò marcia immettendosi nella strada principale mentre continuava a raccontare.

“Quel cretino ebbe anche il coraggio di chiederci che cosa ci facevamo tutti lì!!” sbottò suscitando una serie di sorrisi da parte degli altri ragazzi.

“L’orso gli diede un colpetto con il muso incitandolo verso la nostra direzione e Hana si riscosse. Gli accarezzò il muso facendogli un inchino di ringraziamento e poi tornò da noi come se niente fosse, mentre il Grizly sbadigliava e si rimetteva a dormire” mormorò.

“La notte successiva io feci il primo dei miei sogni” spiegò.

“Come sarà accaduto anche a voi i ricordi sopraggiungono dopo aver visto per la prima volta il suo potere all’opera” disse.

“Con il passare degli anni i miei sogni diventavano più chiari e dettagliati anche se la mia mente ancora faticava ad accettarli del tutto. Mi risvegliai completamente solo otto anni fa comunque. La notte che morì la madre di Hanamichi.” Mormorò tristemente.

Non era un bel ricordo quello per lui.

“Era da tempo malata di leucemia ma aveva rifiutato di farsi curare, preferendo vivere gli ultimi giorni in libertà che rinchiusa in un ospedale, come diceva lei” spiegò.

“La notte che lei chiuse gli occhi per sempre Hanamichi scappò di casa. Era sconvolto, la amava davvero tantissimo.” ricordò.

“Probabilmente proprio il suo dolore lo portò a liberare il suo potere, e io, che lo avevo rincorso, lo vidi.

Vidi quel bambino avvolto dall’aura dorata del l’energia del Nucleo e ricordai tutto.” sussurrò.

“Corsi da lui e lo abbraccia strettamente, cullandolo finchè la luce non si spense e lui non perse i sensi tra le mie braccia” mormorò.

“Anche all’epoca, come ieri sera, nel cielo ricordo che le stelle avevano preso a cadere” sussurrò.

“Toshio il padre di Hanamichi, assistette da lontano a tutta la scena e, su mio consiglio, decise di partire pochi giorni più tardi. Per lui sarebbe stato comunque troppo doloroso restare in quel luogo che tanto gli ricordava la moglie e così io e Hanamichi ci separammo” raccontò.

“Pochi giorni dopo la loro partenza giunsero qui per la prima volta gli uomini dell’E.T.C, avevano osservato lo strano fenomeno stellare e si erano precipitati qui per indagare, fortunatamente Hana e suo padre se n’erano già andati e nessuno di noi disse loro che erano a Kanagawa” mormorò.

“Io e Hanamichi cominciammo a scriverci poco dopo e ancora oggi ci sentiamo spesso via lettera e qualche volta per telefono” spiegò loro, suscitando una discreta dose di gelosia nel volpino.

“Mi aspettavo un’altra esplosione del suo potere quando seppi che suo padre era morto ma ciò non avvenne.

Chiesi ad Hana se era successo qualcosa di strano in quei giorni ma lui mi disse di no. Indagando cautamente scoprii poi che egli stesso, inconsapevolmente, si era in qualche modo sigillato, dopo la morte di sua madre, e quei fenomeni ‘strani’ come quello dell’orso si verificarono successivamente solo saltuariamente e quasi a sua insaputa.” mormorò Key con una scossa di spalle.

Le api.

Pensò Rukawa, ricordando d’un tratto il racconto di sua sorella.

Michelle non aveva inventato una storia.

Hanamichi aveva davvero parlato con le api!

“Tuttavia con quello che è successo ieri...” continuò Key “Credo che ormai anche lui abbia ricordato tutto...” sussurrò

 “...e questo potrebbe essere molto più pericoloso di Edmond stesso. Dobbiamo fare in fretta...” mormorò e nessuno trovò da ridire su quell’ultima affermazione.

 

 

continua............                                                                                            

 

 

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