Nucleo 8                                                                                            Back to FanFic  Back to Home

Nucleo: parte vitale, centrale, di qualcosa, di cui in genere ha costituito... l’origine.

 

Richard fermò l’auto scura dinanzi al rifugio e Mito ne uscì subito andando a cercare l’amico mentre i ragazzi che si godevano la frescura della sera osservavano quell’uomo imponente con sorpresa.

Kei si fece avanti contrariato nel notare che lo sconosciuto, contro tutti i divieti messi all’ingesso del parco, in bella vista, era salito fin lì con la macchina.

“Mi scusi...” cominciò con aria battagliera ma l’altro ignorandolo con cafoneria estrasse di tasca un cellulare ultimo modello e con uno scatto secco del polso ne aprì lo sportellino argenteo.

Kei rimase interdetto ad osservarlo cercando di trattenere le rabbia finchè non sentì l’ordine secco di Edmond.

“Il ragazzo è nella baita, tenetevi pronti appena esce!”

Kei spalancò gli occhi incredulo facendo un passo indietro, voltandosi di scatto verso l’unica finestra che aveva già le ante chiuse.

“Hanaaaaaaa!!!” gridò disperato, lanciandosi in avanti per...

Bhe non sapeva bene nemmeno lui per fare cosa, ma qualcosa doveva provare!

Quell’uomo non gli era piaciuto appena l’aveva visto e ora quelle sue parole...

Un ricordo di quand’era bambino era riaffiorato nella sua mente.

Altri uomini in tenuta scura.

Altri uomini che erano giunti al parco, salendo con le macchine senza ascoltare i divieti.

Avevano interrogato suo padre.

Ma loro avevano mantenuto il segreto.

Hanamichi si era appena trasferito e quegli strani individui erano stati costretti ad andarsene.

Ma ora...

Ora l’avevano ritrovato!

Edmond intuendo le intenzioni del guardia boschi lo afferrò per un braccio e lo atterrò con un pugno poderoso.

“Ora!” gridò rivolto apparentemente a nessuno.

“Non lasciatevelo scappare!” tuonò.

E allora improvvisamente dagli alberi attorno a loro comparvero uomini armati di mitra, in tenuta scura, il volto coperto dalle maschere antigas.

“Ma che cosa...?” ansimò Hikoichi  spaventato ma le sue parole si persero nel rombo dell’aria che prendeva a mulinare furiosa, sferzata dalle pale di due enormi elicotteri neri sulle cui fiancate scintillava, dorata, l’incredibile scritta:

E.T.C: Extra Terrestre Center.

 

Hanamichi fissava incredulo Rukawa, a gattoni sopra il suo letto, il volto pallido a pochi centimetri sul suo, gli occhi blu lucenti come non glieli aveva mai visti.

“Che... che stai...?” ansimò in maniera incoerente incapace di muoversi.

Se era un sogno non voleva svegliarsi.

Rukawa allungò una mano diafana per sfiorargli il volto ma il suono secco di alcuni colpi alla porta lo fece sussultare, costringendolo a ritirarla.

Si alzò dal letto senza tuttavia smettere di fissare Hanamichi che incapace di pensare a nient’altro che quegli occhi scuri fissi nei suoi ignorò il rumore fastidioso finchè una voce nota non lo chiamò da dietro l’uscio.

“Hana apri sono io...”

“Yohei?” chiese incredulo il rossino balzando in piedi ed andando ad aprire la porta.

Mito gli sorrise “Per fortuna sei ancora sveglio devo parlarti di una cosa importante!” disse concitato.

“E’ successo qualcosa?” chiese preoccupato il rossino, per un momento dimentico anche di Rukawa.

Ma non fece in tempo a terminare la domanda che da piano inferiore giunse il grido di Kei.

 

Akira stava scherzando con Fukuda e Koshino quando aveva visto arrivare l’auto.

Ne era sceso un quanto mai preoccupato Yohei che era subito scomparso all’interno dell’edificio mentre l’uomo che lo aveva accompagnato rimaneva immobile accanto alla berlina, un sorriso sinistramente soddisfatto, in volto.

Fukuda ebbe appena il tempo di chiedere stupito “Che ci fa qui Mito?” che il guardia boschi, precedentemente avvicinatosi allo straniero si era voltato verso il rifugio con un’espressione di puro terrore disegnato sul volto e aveva urlato il nome di Hanamichi.

Dopo di che era stato il finimondo.

Lo straniero aveva colpito Kei atterrandolo.

Dal bosco attorno  a loro erano comparsi a decine uomini armati di tutto punto che avevano piantato le canne dei loro fucili contro di loro.

Uno degli uomini in nero gridò qualcosa in una lingua che non compresero mentre lo straniero dava disposizioni con voce secca e decisa in quella stessa lingua sconosciuta.

Senza che avesse nemmeno modo di rendersi conto di che cosa stava succedendo gli uomini armati li spinsero tutti contro una parete della baita e mentre due di essi li tenevano sotto tiro gli altri andarono a prendere posto dinanzi all’ingresso del rifugio.

Akira sudava freddo, Koshino protettivamente avvolto nel suo abbraccio.

Non riusciva a capire che cosa stava succedendo ma gli sembrava il ripetersi di quell’incubo di cui ora, incredibilmente, cominciava a ricordare ogni particolare.

Il più piccolo dei due elicotteri si abbassò, facendo mulinare l’aria, sollevando polvere ed erba mentre si allineava alle finestre del secondo piano.

Ce n’era una sola con le serrande chiuse.

La camera di Hanamichi e Rukawa.

“Kami sama no...” ansimò Akira quando il piccolo elicottero vibrò facendo partire uno dei sue razzi contro il balcone chiuso.

 

Il rombo ripetuto e pesante delle pale dell’elicottero fece voltare tutti e tre i ragazzi verso la finestra.

Solo l’istinto della falce permise a Rukawa di gettarsi sul rossino e buttarlo a terra coprendolo con il proprio corpo prima che la finestra esplodesse e una piccola capsula metallica cadesse sul pavimento di legno cominciando a riempire la stanza di fumo.

“Fuori di qui!” gridò il volpino rialzandosi in fretta spolverandosi il pigiama scuro dai pezzetti di vetro e dalla polvere.

“Ma che diavolo sta succedendo?” chiese Hanamichi all’amico che scosse il capo confuso “Non lo so!” gli gridò di rimando mentre tutti e tre uscivano di corsa, nella piazzetta antistante al rifugio.

La scena che si presentò loro li lasciò gelati.

I restanti membri dello Shohoku e del Ryonan erano raggruppati contro un muro della baita, tenuti sotto tiro da due uomini armati di mitra.

Gli stessi uomini che tenevano sotto tiro loro.

Key giaceva svenuto a terra ai piedi di Richard.

“Tu, lurido bastardo!” tuonò Yohei lanciandosi contro di lui come una furia.

“Yohei no!” gridò Hanamichi preoccupato.

Quasi stesse assistendo ad una scena al rallentatore il rossino vide uno dei sicari sollevare il fucile.

Puntarlo contro Yohei.

E sparare.

“Nooooo!!!” gridò terrorizzato mentre il moretto con un grido cadeva pesantemente a terra portandosi una mano alla spalla, da cui fluiva copiosamente il sangue.

Non soddisfatto il sicario sollevò il fucile colpendolo in pieno volto, facendogli perdere i sensi.

Hanamichi fece un passo in avanti, deciso a punire l’uomo che aveva ferito il suo amico ma Rukawa si pose tra lui e gli uomini armati con le braccia spalancate e una determinazione glaciale negli occhi blu.

“Torna nella baita Hana, trova un’altra uscita!” ringhiò piano.

Sakuragi lo fissò immobile, spaesato.

Yohei era svenuto e Rukawa....

Rukawa, gli stava facendo da scudo?

Perchè?

Perchè aveva l’impressione di aver già vissuto una cosa simile?

Che cosa stava succedendo?

La testa prese a pulsargli in maniera dolorosa mentre le immagini attorno a lui sfumavano violentemente, danzando dinanzi ai suoi occhi.

La nausea lo travolse costringendolo ad accasciarsi sulle ginocchia mentre portava entrambe le mani alle tempie.

Non voleva...

Non voleva che si ripetesse ancora....

Non doveva ripetersi ancora....

Gridò, incapace di sostenere la luce che gli esplodeva dentro, stringendosi la testa dolorante tra le mani.

 

Rukawa si volse spaventato e preoccupato quando sentì quell’urlo ricolmo di disperazione.

Vide con terrore Hanamichi inginocchiato a terra, le mani strette sulla testa, gli occhi dilatati all’inverosimile, il volto deformato dal dolore.

“Hana...” ansimò facendo un passo verso di lui.

 

Il momento di distrazione gli fu fatale.

 

Uno degli uomini armati balzò in avanti gettandolo a terra, bloccandolo con tutto il suo peso, puntandogli una pistola alla testa e intimandogli di non muoversi.

“Ora! La gabbia!” tuonò Edmond fissando il giovane che ancora in ginocchio a terra sembrava incapace di reagire, avvolto nel suo personale incubo.

Dall’elicottero vennero lanciati quattro pali metallici che si piantarono con precisione nel terreno attorno a Sakuragi.

Con uno sfrigolio elettrico la corrente corse tra essi creando una gabbia di luce incandescente che gli impediva ogni via di fuga.

Rukawa cercò disperatamente di liberarsi dalla morsa del suo aguzzino per fare qualcosa, qualsiasi cosa, mentre osservava Hanamichi che indifferente a tutto continuava a stare in ginocchio all’interno del grosso cubo di luce, le mani premute sulla testa.

“Sei mio maledetto!!!” tuonò Edmond facendo un passo in avanti.

 

Fu allora, che, fiero e potente, si alzò il grido di un falco.

 

Come una saetta scura nel cielo nero il piccolo rapace piombò a tutta velocità sull’uomo che teneva fermo Rukawa.

“Ma che diavol...?” gridò Edmond sorpreso, fissando il suo mercenario cercare di proteggersi dagli artigli e dal becco acuminato del rapace.

Estrasse la pistola deciso ad uccidere l’inopportuno uccello quando dalla sua destra provenne un urlo di dolore.

Silenziose e veloci piccole macchie scure emersero dall’erba riempiendo l’aria di sibili.

Sotto lo sguardo incredulo dei prigionieri una vipera scura pianto i denti nei stivali di uno degli uomini che li teneva sotto tiro che, sebbene protetto dal cuoio della calzatura, cominciò ad agitarsi per liberarsi del rettile senza prestare attenzione alle sue spalle.

Il killer notò troppo tardi il luccichio bianco sulle fauci snudate del lupo che gli si avventò contro.

 

Edmon non riusciva a muoversi.

 

Vipere e lupi stavano portando un attacco sincronizzato contro di loro?

 

Il falco tornò all’attacco gridando la sua ira e Rukawa ne approfittò per liberare le braccia dalla presa dell’uomo assestandogli un pugno in pieno volto.

Un ruggito fece tremare i presenti mentre la luce della gabbia cresceva violentemente d’intensità, illuminando quella notte incredibile, l’elettricità sotto pressione nel tentativo di trattenere il potere che si stava risvegliando al suo interno.

“Narcotizzate l’alieno!!!” ordinò Edmond guardandosi attorno forsennatamente, sparando ad ogni ombra che si muoveva accanto a lui.

Un violento clangore metallico lo fece voltare di scatto.

Un’enorme orso bruno, erto in tutta la sua altezza e potenza ruggì spalancando la bocca enorme, sollevando una zampa per ghermirlo, dopo aver rovesciato la sua auto con facilità.

Edmond balzò di lato estraendo la pistola, cominciando a sparare.

L’orso ruggì  quando venne ferito, ma non si fermò, lanciandosi nuovamente contro di lui ingaggiando un combattimento folle.

Rukawa rifilò una ginocchiata all’uomo che lo stava tenendo, stordendolo del tutto, prima di sollevarsi e guardarsi intorno incredulo.

Dinanzi ai suoi occhi l’assurdo.

Il falco saettava in cerchio su di loro lanciando il suo richiamo e dal bosco, veloci, saettanti e silenziose, le creature della foresta rispondevano.

Non solo l’orso, le vipere  e i lupi.

Ma moffette, scoiattoli, gufi, topi.

Qualsiasi cosa avesse respiro si stava scagliando contro gli uomini dell’E.T.C.

Nemici naturali che si affiancavano nell’attacco, sincronizzati, silenziosi, letali.

Il falco gridò ancora e il vento sferzò la radura.

Lontano il rombo del tuonò accese il cielo stellato di luci violacee mentre l’ululato del vento sferzava le pale dell’elicottero compromettendone la stabilità.

Rukawa si volse lentamente verso la gabbia di luce.

Hanamichi era immobile, in ginocchio, gli occhi puntati su quella scena impensabile, su quel combattimento tra l’uomo e la natura stessa.

La gabbia che lo circondava un unico cubo di luce, che improvvisamente, più che trattenerlo sembrava alimentarlo.

 

E poi la luce prese a pulsare.

 

Da prima lentamente, impercettibilmente, poi sempre con maggior forza.

Un battito cupo, profondo lento, mentre ad ogni colpo la luce diventava più forte, il suo cerchio si allargava come se volesse prenderli, inglobarli.... distruggerli.

 

Sotto i suoi piedi la terra prese a vibrare a quello stesso ritmo.

 

Un tonfo, un tremito.

Un battito, una scossa.

Un palpito, un gemito di dolore del pianeta stesso.

 

Il falco gridò e i lupi sollevarono il capo al cielo ululando con disperazione.

I fulmini tagliarono l’aria nera mescolando le loro saette violacee a le scie argentee degli astri.

Rukawa sollevò il volto di scatto.

Le stelle....

Le stelle stavano cadendo.

 

Sentì il proprio cuore fermarsi mentre abbassava il volto nuovamente, lentamente, a cercare quello di Hanamichi.

 

Aveva già visto quei suoi occhi così dorati.

Aveva già visto il suo corpo avvolto dalla luce...

L’aveva già visto quando....

 

Quando il Purificatore morendo aveva aperto la capsula...

 

 

Il Nucleo era sveglio.

 

Vivo.

 

E disperato.

 

Il corpo avvolto dall’aura dorata del suo potere che si allargava in una sfera perfetta attorno a lui.

 

 

Anche se...

 

La voce della Dottoressa si ripresentò inaspettata alla sua mente.

 

 “Lui potrebbe..?

 

La domanda della Falce Bianca.

 

Potrebbe...

 

Il sussurro dello Scienziato.

 

Ormai erano tutti e tre morti.

Presto anche lui li avrebbe raggiunti.

 

Il Nucleo lo fissò per un lungo, interminabile, istante e poi scosse il capo lentamente.

Prese un tremulo respiro e chiuse gli occhi mentre la luce che lo avvolgeva vibrava, allargandosi piano per poi contrarsi, al ritmo costante e profondo del battito del suo cuore.

 

“Aspetta...” ansimò la Falce Nera con un quel poco di voce che gli rimaneva.

 

Non sapeva nemmeno lui che cosa voleva da lui.

Che li salvasse?

Era impossibile.

Al di fuori delle sue possibilità.

 

Perchè il Nucleo altro non era che un buco nero.

 

Poteva inglobare, distruggere.

Nient’altro.

 

Sospeso a mezz’aria, avvolto dalla calda luce dorata del suo potere, il Nucleo sollevò il volto verso il cielo.

Le palpebre fremettero sollevandosi a velare due pozzi neri in cui scintillavano argentee le galassie mentre egli allargava le braccia, inarcando il corpo, ormai un’unica, incandescente siluetté, fiammeggiante di luce.

 

E il Cosmo intero tremò al suo muto richiamo.

 

La Falce Nera chiuse gli occhi appoggiando il capo sul freddo pavimento del laboratorio.

Non c’era motivo di sforzarsi ulteriormente, presto, comunque, in quell’aura lucente, che pulsava a pochi metri da lui, si sarebbe esaurita la Vita.

 

Hana...” sussurrò così piano che il suono non giunse nemmeno alle sue orecchie.

 

In un unico perfetto cerchio lucente l’energia dorata esplose attorno al corpo del rossino in un’onda scintillante che avvolse il laboratorio distrutto, il pianeta, e infine racchiuse il  cosmo stesso nel suo luminescente, caldo, abbraccio.

 

 

Rukawa si riscosse bruscamente da quel sogno ad occhi aperti in tempo per vedere Hanamichi aprire lentamente le braccia e sollevare il volto al cielo.

 

Come allora.

Tutto come allora....

“Hana nooooo!!!!” gridò disperato.

 

Fu allora che udì lo sparo.

 

Hanamichi piegò il volto verso il suo petto su cui si stava allargando una macchia scarlatta e poi cadde riverso in avanti privo di sensi.

 

Akira vide l’uomo più vicino a lui voltarsi sconvolto nel veder il suo capo imbracciare il fucile e sparare al loro prigioniero e senza pensare lasciò andare Koshino scagliandosi in avanti.

Lo colpì con un diretto allo stomaco mentre la sua mano saettava veloce a rubargli il fucile.

L’altro uomo che li teneva sotto tiro si voltò per colpirlo ma rimase gelato, gli occhi spalancati, un piccolo foro rosso che gli si apriva sulla fronte.

Akira si volse verso Rukawa che si era riscosso dal suo torpore e che teneva in mano il fucile come se non avesse fatto altro per tutta la vita.

Gli occhi blu gelidi e insondabili mentre osserva l’aggressore che aveva ucciso accasciarsi a terra senza un suono.

Si scambiarono uno sguardo soltanto, prima di ritrovare l’antica sincronia, scagliandosi uno a destra l’altro a sinistra cominciando a mietere con terrificante precisione i loro avversari sotto lo sguardo incredulo e spaventato dei loro compagni, gelati sul posto.

L’unica che non sembrava spaventata era Ayako che incurante degli spari cercò di raggiungere la gabbia anche se non aveva ben idea di come, poi, avrebbe potuta aprirla.

Edmond volse il fucile verso di lei ma il falco gli piombò contro, gli artigli sguainati, fregiandoli il viso.

Dovevano ritirarsi o avrebbero finito per perdere anche l’alieno.

Credeva che gli animali fossero sotto il controllo del ragazzo per questo gli aveva sparato, colpendo un punto non vitale, pur di fermarlo.

Ma sembrava che quelle bestie agissero di propria volontà e non sotto il controllo del rossino!!

“Via di qui!!” tuonò.

L’elicottero prese ad alzarsi in volo sollevando la gabbia e il suo contenuto.

L’orso ferito si accasciò su un fianco mentre Edomnd afferrata al volo una scaletta lanciata dagli agenti sull’elicottero osservava i suoi uomini decimati.

Non era rimasto nessuno in piedi, i più erano stati addirittura uccisi da due ragazzini e un branco di bestiacce, gli altri si sarebbero tolti la vita con le apposite capsule al cianuro.

Non potevano lasciare persone da interrogare.

Non avrebbe dovuto nemmeno lasciare tanti testimoni ma ormai c’era poco che potesse fare.

L’alieno era nelle sue mani ma era andato tutto storto.

 

Rukawa imprecò furiosamente osservando l’elicottero scomparire veloce all’orizzonte portando con se Hanamichi.

Akira gli si avvicinò cupo posandogli una mano sul braccio “Calmati” mormorò.

Rukawa annuì ed emise un lento respiro prima di voltarsi a fissare i loro compagni increduli e terrorizzati.

Gli animali erano scomparsi nella notte così com’erano venuti a parte quelli che erano stati uccisi dai sicari.

La piazzola dinanzi alla baita era disseminata di cadaveri.

Ayako si avvicinò piano a Yohei scuotendolo piano.

Il ragazzo mugolò socchiudendo le palpebre piano prima di spalancare gli occhi di scatto.

“Hana!” gridò preoccupato scattando in piedi per poi ricadere pesantemente portandosi una mano alla spalla ferita.

“Sta fermo sei ferito!!” lo rimproverò la donna aiutandolo a sedersi.

“Hana?” ripetè piano il moretto sconvolto.

“L’hanno portato via...” mormorò Key mettendosi faticosamente in piedi.

Il guardia boschi si guardò intorno affranto e poi scosse il capo.

“Che... che  ca**o è successo!!??” esplose Koshino passandosi una mano tra i capelli scuri guardandosi attorno forsennatamente.

Akira gli si avvicinò ma il ragazzo scattò indietro allontanandosi da lui.

Sendoh si accorse che aveva ancora in mano il fucile e i suoi vestiti erano copiosamente sporchi di sangue e si allontanò da lui senza una parola.

“E’ una vecchia, vecchia, storia” mormorò Key stancamente sedendosi sullo stesso tronco caduto dove quella sera aveva parlato con Hanamichi.

 

I cosmologi ritengono che l’universo si sia formato nel periodo di dodici-quindici miliardi di anni,  espandendosi a partire da un singolo punto adimensionale.

Il primo momento di questa espansione, che sarebbe iniziata con una grande esplosione, è chiamata: ‘big bang’.”

 

Mormorò quasi stesse ripetendo tra se qualcosa che aveva imparato a memoria.

 

“Ciò che vi sto per raccontare, ciò che voi stessi avete sognato...” sussurrò fissando Akira, Rukawa e Ayako “avvenne su Vega Uno, tre ore, sedici minuti e qualche secondo... prima

 

 

 

continua..........                                                                                            

 

 

 

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