Nucleo 2                                                                                             Back to FanFic  Back to Home

Nucleo: parte vitale, centrale, di qualcosa, di cui in genere ha costituito... l’origine.

 

“Buonasera!”

I componenti dello Shohoku si stavano ormai dirigendo verso gli spogliatoi, al termine del loro allenamento, quando quella voce conosciuta aveva richiamato la loro attenzione dalla soglia della palestra.

“Sendoh?” chiese incredula Ayako, riconoscendo l’alto ragazzo immobile poco oltre la porta.

Hanamichi lo fissò a bocca spalancata: era venuto davvero!!

Quando il giorno prima gli aveva detto che avrebbe proposto al suo allenatore di effettuare il, ormai prossimo, ritiro estivo con la sua squadra per osservare da vicino il comportamento della volpe nei suoi confronti, Hanamichi aveva pensato che scherzasse!!

Invece il porcospino sembrava aver preso terribilmente sul serio quella faccenda del ‘cupido’.

Lanciò un’occhiata di sottecchi a Rukawa che aveva smesso di palleggiare per osservare la scena.

Freddo come il ghiaccio.

Come lo era stato il giorno prima.

Quella sua indifferenza assoluta gli faceva più male di qualsiasi cosa.

Akira s’inchinò di fronte ad Anzai per poi riferirgli la proposta del suo allenatore.

Cinque giorni in una località segreta, scelta dal loro severissimo coach, durante il quale le due squadre si sarebbero allenate insieme per poi sfidarsi in continui piccoli tornei per migliorare gli uni imparando dagli altri.

Il loro coach ponderò l’offerta solo per un paio di minuti prima di accettare bonariamente, contento di quell’opportunità di allenamento intensivo.

Sendoh ringraziò il mister, regalò un sorriso ai presenti, e poi se ne andò sventolando una mano.

 

Hanamichi lasciò che l’acqua gli scorresse sulla pelle accaldata portando via la stanchezza dell’allenamento prima di lanciare un’occhiata di sottecchi al corpo candido e perfetto che, poche docce più avanti, si crogiolava sotto la carezza trasparente della doccia.

Le gocce scintillanti scivolavano come gemme sulla seta bianca percorrendo sinuose le curve di quel corpo scolpito, Rukawa passò la spugna sugli addominali e Hanamichi si voltò di scatto finendo di lavarsi in fretta prima di afferrare il suo accappatoio e uscire dal bagno come una furia.

Si vestì velocemente dirigendosi poi verso l’uscita cercando di allontanare quell’immagine eterea che invece stava profondamente piantata nella sua mente costringendolo di tanto in tanto a scuotere la testa con forza, i capelli ancora umidi che gli frustavano la pelle dorata come a punirlo dei suoi pensieri decisamente poco casti.

 

“Sei fuggito?” gli chiese una voce nota distogliendolo bruscamente dai suoi pensieri.

 

Hanamichi fissò stupito l’asso del Ryonan, che, evidentemente, invece di andarsene aveva deciso di fermarsi e aspettarlo, appoggiato la cancello scolastico.

“Che ci fai ancora qui Akira?” gli chiese il rossino guardandosi attorno nervosamente.

Non voleva essere accusato di socializzare con il nemico!!

Proprio in quel momento, tuttavia, Rukawa uscì dagli spogliatoi.

Il moretto fece in tempo a sentire Hanamichi chiamare il porcospino per nome ma non parve dare peso alla cosa, limitandosi a lanciare ai due uno sguardo di sufficienza prima di raggiungere la sua bici e chinarsi su di essa per liberarla dal lucchetto.

Akira seguì tutti i suoi movimenti  con uno sguardo indecifrabile mentre Hanamichi si sforzava di non voltarsi.

“Ha un gran bel fondoschiena” sussurrò il porcospino sorridendo, indicando Rukawa.

Sakuragi divenne rosso come un’aragosta “Ma ti sembrano cose da dire in pubblico!!” tuonò imbarazzato scatenando l’ilarità del moretto che lo prese bonariamente sotto braccio “Vieni andiamo da un’altra parte a parlare Hana” disse a voce abbastanza alta, in modo da farsi sentire anche dall’apparentemente indifferente, matricola d’oro, dirigendosi verso il parco lì vicino.

Hanamichi rimase per un momento sorpreso dall’abbraccio dell’asso del Ryonan prima di  riprendersi e svincolarsi.

Sendoh lo lasciò andare guardandosi attorno, ormai erano comunque fuori della portata visiva del volpino.

“Si può sapere che stai macchinando?” gli chiese Hanamichi ricevendo in cambio l’ennesimo sorriso.

“Guardavo se il nostro volpino era geloso” fu la candida risposta che ottenne.

Hanamichi arrossì furiosamente “E lo è?” non potè fare a meno di chiedere.

Akira scosse il capo rassegnato “Non lo so, aveva sempre la solita, gelida, espressione! Forse dovremmo provare con qualcosa di più eclatante...” disse pensieroso massaggiandosi il mento.

“Che intendi per ‘eclatante’?” gli chiese il rossino preoccupato.

“Bhe potrei baciarti davanti a tutti” gli rispose tranquillamente Sendoh.

“E io potrei rovinarti quella dentatura di cui vai tanto fiero” gli disse, a tono, il rossino con voce minacciosa.

Akira rise bonariamente indicandogli una panchina all’ombra di un grande albero.

“Sediamoci ti, va?” disse “Dobbiamo decidere i dettagli del piano!”

“Ma quale piano!!” sbottò Hanamichi maledicendosi per aver permesso al senpai di aiutarlo.

“Ecco qua!” disse Sendoh, tirando fuori dalla tasca dei pantaloni un foglietto stropicciato.

In mezzo a qualche annotazione di algebra campeggiava la scritta “Operazione Cupido: fase 1”

“Tu sei tutto scemo!” commentò poco gentilmente Sakuragi.

“Hey! Non offendere!!” protestò il moretto “Mi sono fatto persino aiutare da Hiro!”

Hanamichi spalancò gli occhi stupito.

“Co..come sarebbe a dire?” balbettò.

“Bhe il comportamento di Hiro un po’ ricorda quello di Rukawa quindi ho pensato che lui poteva esserci d’aiuto!” espose zelante il ragazzo.

“Fantastico...” mormorò il rossino chiedendosi perchè si era fidato del malefico porcospino.

“Bene allora prima di tutto bisognerebbe conoscere qualcosa di più sulla vita privata di Rukawa” disse il moretto ignorando il suo commento sarcastico.

“Che ne so dove abita, come sono i suoi genitori, se ha fratelli...”

“Ha una sorella si sei anni di nome Michelle” lo interruppe subito il rossino.

“Oh e tu come fai a saperlo?” chiese perplesso l’asso del Ryonan.

“Sono stato a casa sua ieri.” fu la candida risposata.

“CHE COSAAA???” tuonò Akira facendo voltare una vecchietta che portava a spasso il cane e che lanciò un’occhiata sbieca a quel giovane dalla pettinatura improbabile.

“Come, perchè, quando, dove?” chiese questi ignorando lo sdegno della signora.

Hanamichi alzò entrambe le mani fermando quel fiume di domande prima di cominciare a raccontagli la sua avventura del giorno prima, naturalmente in versione opportunamente riveduta.

“E così ‘Ede’ si è rivelato essere proprio il nostro Kaede Rukawa” constatò Sendoh quando Hanamichi fece una pausa per riprendere fiato.

Il rossino annuì.

“E tu cosa hai fatto?” chiese curioso Akira.

Sakuragi sospirò “Che dovevo fare? Ho ringraziato per l’ospitalità e poi me ne sono andato”

“Ma come!!” protestò Akira deluso “Era la tua occasione d’oro!”

Hanamichi lo fissò confuso “Per fare cosa?”

“Per stabilire un rapporto umano con lui, no?” protestò il porcospino “Ah! Con te bisogna cominciare proprio dall’ABC” borbottò.

“Hey stai parlando con l’immenso Tensai!!!” protestò vivacemente.

“Sì sì il genio dei miei stiv... argh!!” s’interruppe bruscamente Sendoh fissando il suo orologio.

“Che cosa c’è?” chiese il rossino balzando in piedi, guardandosi attorno timoroso di veder comparire la volpe.

“E’ tardissimo avevo promesso ad Hiro che ci saremo visti e se arrivo in ritardo mi scuoia!” disse Akira balzando in piedi e cominciando ad avviarsi.

“Ci vediamo domani!” gridò quand’era ormai sulla soglia del parco.

Hanamichi non fece in tempo a gridargli di non farsi più rivedere perchè il ragazzo era già scomparso correndo come un razzo, lungo la via principale.

Scosse il capo incredulo.

Se quella era la persona che doveva aiutarlo con i suoi problemi di cuore era davvero messo bene!

“Bah meglio tornare a casa” sbuffò sventolandosi con una mano.

Faceva un caldo pazzesco nonostante l’ora.

Giunse a casa mezz’ora più tardi, sudato come dopo un allenamento intensivo, maledicendo l’afa che li torturava ormai da giorni.

“Ci vuole una bella doccia!” decise buttando la cartella in un angolo e disfandosi della divisa mentre si dirigeva in bagno.

 

Hanamichi si lasciò cadere sul divano con un sospiro stanco.

Nonostante la doccia che si era appena fatto la sua pelle già cominciava a pizzicare nuovamente.

“Troppo caldo” sbuffò.

Lanciò un’occhiata all’orologio: le sei.

E non aveva ancora aperto nemmeno un libro.

Dalla finestra spalancata non spirava nemmeno un alito di vento mentre il frinire delle cicale spingeva inesorabilmente le sue palpebre a chiudersi.

Avrebbe dovuto cominciare a fare gli esercizi di matematica ma non ne aveva nessuna voglia.

Scosse il capo ancora incredulo, ripensando alle parole di Akira.

‘Era la tua occasione!’

Ma cosa avrebbe dovuto fare?

Ritrovarsi davanti Rukawa così d’un tratto era stato uno shock per lui!

E poi il volpino, dopo quell’incredibile secondo in cui il suo viso aveva lasciato lo spazio ad un’espressione di stupore, era tornato il solito, algido Rukawa, aveva spiegato in pochissime parole che giocavano nella stessa squadra e poi era sparito su per le scale per farsi una doccia.

Come se lui fosse un estraneo qualsiasi.

“Bhe, infondo che altro sono per lui?” mormorò a mezza voce.

Socchiuse gli occhi lanciandosi uno sguardo attorno.

Com’era diverso il suo piccolo appartamento dalla casa del suo acerrimo nemico.

Oltre ad essere dannatamente bello e schifosamente bravo nel basket, il suo malefico compagno di squadra aveva una splendida famiglia e una casetta con giardino.

“E l’aria condizionata” aggiunse masochisticamente tra se prima di alzarsi e avvicinarsi alla finestra per osservare il cielo terso.

Almeno piovesse.” Borbottò scuotendo il capo.

Un alito di vento più freddo gli accarezzò il viso e il rossino chiuse gli occhi godendosi quella carezza con un sospiro di sollievo.

 

“Hana! Hana maledizione apri gli occhi!!!”

Sakuragi socchiuse le palpebre confuso.

Yohei era chino su di lui, pallido e piuttosto preoccupato.

Mosse il capo lentamente rendendosi conto, con sua enorme sorpresa, di essere sdraiato sul pavimento.

“Cos’è successo?” mormorò confuso cercando di alzarsi senza tuttavia riuscirci, non aveva la forza nemmeno per mettersi seduto.

“Non lo so” mormorò Mito posandogli una mano sulla fronte.

Solo allora Hanamichi si accorse che l’amico gli aveva messo sul capo un panno bagnato.

“Ero venuto a trovarti per dirti che rimandavamo la nostra uscita di stasera dato che piove...” cominciò a spiegargli Yohei.

“Piove?” l’interruppe sgomento Hanamichi girandosi verso la finestra.

Il cielo era plumbeo e grosse gocce di pioggia tintinnavano sul balcone riempiendo l’aria con il loro ritmico tamburellio.

Pioveva...

Yohei lo fissò sempre più preoccupato “Hana maledizione sono due ore che piove da quant’è che hai perso i sensi?!” chiese in ansia.

Hanamichi scosse il capo lentamente “Io... non lo so... non pioveva prima...” mormorò confuso.

“E’ meglio chiamare un medico!” sussurrò Yohei aiutandolo, non senza difficoltà, a raggiungere il divano dove lo fece sdraiare nuovamente.

Il rossino sentì l’amico parlare al telefono ma tutta la sua coscienza era tesa ad ascoltare l’inequivocabile canto della pioggia.

Chiuse gli occhi stancamente mentre quel suono lo cullava dolcemente e l’aria profumata scivolava nel piccolo appartamento accarezzandogli il volto accaldato.

“Il medico ci metterà un po’ ad arrivare” gli disse l’amico sedendosi accanto a lui “Vuoi qualcosa da bere?” chiese apprensivo.

Hanamichi gli sorrise “No va già meglio, grazie” sussurrò.

Yohei lo fissò poco convinto posandogli una mano sul braccio “La tua pelle è caldissima...” mormorò “...non è che ti sei preso la febbre?” disse corrucciato.

Il rossino ridacchiò “Smettila di fare la chioccia Yohei sarà stato un colpo di sole....” disse scuotendo le spalle cercando di simulare indifferenza.

Era solo una coincidenza che finchè era svenuto aveva cominciato a piovere!

 

Solo una coincidenza....

 

Doveva essere così.

 

 

Il dottor Meji visitò Hanamichi con cura senza tuttavia riuscire a capire il motivo del suo malore.

Il ragazzo sembrava semplicemente prosciugato di ogni energia.

“Non riesco sinceramente a capire” borbottò passandosi una mano tra i capelli che andavano ingrigendosi.

“Hai fatto qualcosa di particolare oggi ragazzo?” chiese fissando il giovane dai capelli rossi.

Hanamichi fu fin troppo lesto a scuotere il capo.

Il dottore tuttavia non parve dare peso alla cosa avvicinandosi alla sua borsa.

“Ti faccio un piccolo prelievo del sangue” disse armeggiando con un siringa.

Il rossino impallidì ma s’impose di non mostrare a Mito quanto temesse quel piccolo ago appuntito.

Nella sua mente era scattata di nuovo quella ‘cosa’ che gridava: ‘non lasciarglielo fare!!

Scosse il capo distogliendo lo sguardo mentre il medico gli bucava il braccio.

Avvertì a malapena il leggero fastidio dell’ago che gli tagliava la pelle e poi il dottor Meji mise la siringa in un apposito contenitore e rimise il tutto in borsa.

“Bene io qui ho finito credo che si tratti di un banale calo di zuccheri ma preferisco fare un esame del tuo sangue per sicurezza.”

Hanamichi annuì mentre qualcosa nella sua testa continuava a gridargli di fermare quell’uomo.

Allontanò quella strana sensazione e salutò il medico che usciva recuperando l’ombrello che aveva lasciato nell’ingresso.

Il dottor Meji si premurò comunque di chiedere a Yohei di rimanere con lui, nel caso il malore si ripresentasse.

Mito ritornò poco dopo al divano e lanciato uno sguardo all’orologio annunciò che aveva fame e che era ora di cena, spostandosi nella piccola cucina.

“Yohei?” lo chiamò Hanamichi mentre sentiva il ragazzo armeggiare con pentole e piatti.

“Sì?” gli chiese questi, facendo capolino dalla cucina mentre tentava di legarsi un grembiule in vita.

Sakuragi sorrise a quella versione ‘casalinga’ del suo migliore amico.

E pensare che metà dei teppisti del quartiere scappavano a gambe levate quando lo incontravano!

Se lo avessero visto con quel grembiulino a fiori che era appartenuto a sua madre... ridacchiò ricevendo in cambio un’occhiataccia.

“Parlami della pioggia” mormorò invece, tornando serio e fissando l’acqua che continuava a scrosciare fuori dal suo davanzale.

Yohei sollevò un sopraciglio senza capire e il rossino specificò: “Che ora era quando ha cominciato a piovere?”

Mito si accigliò pensieroso.

“Bhe in effetti è stata una cosa molto strana sai?” disse pensieroso.

“Erano circa le sei e me ne stavo giusto tornando a casa quando d’un tratto...” scosse le spalle alzando entrambe le mani “così... senza nessun preavviso ha cominciato a piovere”

Sakuragi chiuse gli occhi e strinse la mascella.

Le sei.

L’ultima volta che aveva guardato l’orologio erano le sei...

“Non posso essere stato io...” sussurrò così piano che, fortunatamente, Yohei non lo sentì .

 

Il Dottor Meji depose la sua borsa in laboratorio e ne estrasse gli strumenti di lavoro cominciando a riporli.

Le sue dita incontrarono la scatola di plastica che conteneva la siringa e la fronte del medico si corrugò.

Avrebbe potuto rimandare però...

Scosse le spalle con indifferenza prendendo il telefono e componendo il numero del laboratorio.

“Pronto?” gli rispose una voce nota dall’altro capo del filo.

“Ryo sono il Dottor Meji” si presentò.

“Oh Doc! Era tantissimo che non la sentivo come sta?” chiese allegro l’infermiere che aveva fatto alcuni mesi di tirocinio presso il suo ambulatorio prima di essere trasferito al laboratorio del policlinico.

“Bene, grazie Ryo. Senti avrei bisogno di un piccolo favore” venne subito al punto, rigirandosi lentamente la provetta tra le mani.

“Certo mi dica!” disse il giovane ben disposto a dare una mano al suo mentore.

“Ho qui un campione di sangue che vorrei fosse esaminato il prima possibile posso passare da te domani mattina?” gli chiese.

“Nessun problema! In questo periodo abbiamo poche analisi da fare, venga pure!” gli rispose tranquillo il giovane.

Il medico annuì soddisfatto “Bene, ci vediamo domattina allora!” ringraziò deponendo la cornetta prima di tornare a fissare il sangue scuro di Sakuragi.

Probabilmente le analisi non avrebbero rivelato niente.

 

Probabilmente....

 

 

“Hiro...” appena un mugolio sospirato fuori dalle labbra di Akira.

“Dimmi” mormorò l’interpellato accocolandosi meglio contro il fianco dell’amante.

Amava restare, così, tra le sue braccia, dopo che avevano fatto l’amore, la casa silenziosa, la stanza avvolta dall’ipnotico tamburellio della pioggia sul balcone socchiuso.

“Tu credi che Rukawa potrebbe innamorarsi di Sakuragi?” chiese Sendoh sovra pensiero.

Koshino sollevò il viso un po’ turbato “Perchè hai preso tanto a cuore la situazione di Sakuragi?” gli chiese sinceramente stupito.

Akira scosse il capo in segno di diniego “Non lo Hiro è una strana sensazione. Da quando l’ho incontrato sul molo... qualcosa è cambiato...” borbottò.

“Non ti starai innamorando di lui vero?” gli chiese ora leggermente preoccupato il palymaker.

“Baka!” lo rimproverò Akira dandogli un bacio leggero sulla punta del naso “Non lo so nemmeno io il motivo, Hiro, eppure ho qualcosa dentro che mi dice che devo fare tutto il possibile perchè sia felice, che è giusto così” sospirò “Credi che io sia scemo?”

Hiroaki ridacchiò “Sì...” ammise “...ma lo pensavo anche prima!” borbottò scoccandogli un’occhiata maliziosa.

“Che razza di fidanzato impudente!” brontolò scherzosamente il moretto spingendolo contro il materasso.

“Ti meriti una bella punizione lo sai?” sussurrò chinandosi sulle sue labbra.

Stava giusto per baciarlo quando il telefono sul comò prese a trillare.

Akira sollevò gli occhi al cielo considerando per un momento di ignorarlo.

Sapeva che si trattava di sua madre, prima di partire per Okkaido con il padre e lasciargli, con sua somma gioia, la casa libera per un paio di giorni, gli aveva promesso che avrebbe chiamato tutte le sere per sincerarsi che stese bene.

Però non aveva nessuna voglia di alzarsi.

Soprattutto ora che era sdraiato sul corpo del suo ragazzo.

“Akira rispondi” lo incitò Hiroaki divertito.

Sendoh mugolò una protesta protendendo una mano verso il telefono.

Naturalmente l’aggeggio maledetto era troppo lontano.

Doveva alzarsi per forza.

Stava per farlo quando d’un tratto avvertì la superficie liscia della cornetta nella mano.

La sollevò sorpreso scambiando poche rassicurazioni con sua madre prima di riattaccare, continuando tuttavia a fissare confuso il cordless, senza capire.

Era sicuro che il telefono fosse dall’altra parte del comò.

Come poteva averlo raggiunto?

Forse sua madre l’aveva spostato facendo le pulizie.

Eppure quel pomeriggio gli pareva di averlo visto lì, al suo solito posto.

Com’era finito tra le sue mani?

Hiroaki lo baciò dolcemente “Hey tutto bene?” lo riscosse notando la sua strana espressione.

Sendoh gli sorrise dolcemente “Sì sì...” mormorò “Mi era solo sembrato...” scosse il capo senza terminare la frase.

Gli era sembrato... cosa?

Che il telefono fosse obbedientemente scivolato fino alla sua mano?

Non era possibile.

Hiroaki si mosse sotto di lui e Akira dimenticò ogni pensiero quando i loro corpi nudi vennero a contatto.

Aveva di meglio da fare che pensare ad assurdità simili.

 

 

La Falce Bianca sedeva tranquillamente al fianco della dottoressa, gli occhi incollati sui dati vitali del Nucleo che scorrevano silenziosi sul monitor dinanzi a lei.

La stanza era avvolta nella penombra, illuminata solo dalla luce dei computer su cui i dati scivolavano ininterrottamente.

“Tu credi che possa sentirli?” chiese d’un tratto la Falce all’altro occupante della stanza, lo scienziato che si occupava del controllo dei generatori elettrici, facendo un gesto vago in direzione dei macchinari che emettevano un basso, costante, ronzio.

Questi sollevò il capo dal monitor e gli porse un dolce sorriso.

“Lui dice di sì ma mi sembra impossibile...” mormorò indicando la capsula “... la camera è stagna.”

“Chissà come si sente lì dentro...” mormorò la Falce Bianca senza rivolgersi a nessuno in particolare.

La Falce Nera si scostò una ciocca scura dal viso con un piccolo sbuffo.

“Non devi...” lo rimproverò bonariamente la dottoressa.

Il ragazzo, vestito di bianco, le sorrise prevenendola “Sì, sì lo so!” mormorò “Regola numero uno: non affezionarsi al Nucleo.”

“Bruciano in fretta lo sai...” gli ricordò lo scienziato senza tuttavia trattenere la tristezza.

“Anche se..” mormorò dottoressa a mezza voce.

La Falce Nera socchiuse le palpebre fissando la capsula.

 

Anche se...

 

Sapeva che cosa voleva dire la dottoressa.

Sapeva qual’era il dubbio che nelle loro menti stava scivolando contemporaneamente.

 

“Lui potrebbe...?” mormorò la Falce Bianca.

 

Potrebbe...” sussurrò lo scienziato, come se temesse di esprimere un pensiero di tale portata a voce alta.

 

La dottoressa si avvicinò alla capsula ermeticamente chiusa facendovi scivolare le dita in una carezza leggera e la Falce Nera emise un lento respiro.

Non credeva nelle profezie però...

 

Però...

 

Tutto l’universo sembrava rimanere con il fiato sospeso in attesa.

In attesa di sapere se quei ‘se’ e quei ‘però’...

 

La sirena dell’allarme fece riscuotere bruscamente i quattro ragazzi dai loro pensieri.

 

 

Hanamichi spalancò gli occhi di scatto, il sonno bruscamente interrotto da quel suono lancinante.

“Accidenti Hana la tua sveglia fa un baccano infernale!!” si lamentò Yohei spegnendo il marchingegno prima di voltarsi verso l’amico.

“Hey è tutto a posto?” gli chiese fissandolo corrucciato.

Il rossino annuì cercando di snebbiare la mente e allontanare le immagini dello strano sogno che aveva fatto.

“Era un sogno” mormorò scuotendo il capo.

“Eri pallido, credevo stessi male” gli spiegò Yohei, rassicurato, cominciando a vestirsi.

“Era un sogno strano” mormorò il rossino fissando il soffitto della sua stanza.

“Che cosa hai sognato?” gli chiese Yohei curioso.

Hanamichi lo fissò e poi scoppiò a ridere imbarazzato passandosi una mano tra i capelli “Non me lo ricordo!” disse.

“Bah!” sbottò Yohei “E io che ti do’ anche retta!” brontolò dirigendosi verso il cucinino.

“Cosa vuoi per colazione?” gli gridò dalla stanzetta.

“Fai tu!” sbottò Sakuragi chiudendo gli occhi con un mugugno, per quanto si sforzasse non riusciva a ricordare nulla.

“Poco male” borbottò cominciando a vestirsi “Era... solo un sogno.”

 

Hanamichi si stiracchiò nell’aria resa fresca dal temporale che si era esaurito quella notte.

Il vento gli scivolò tra i capelli scompigliandoglieli e una farfalla dalle ali gialle svolazzò attorno alla sua chioma carminio danzando nell’aria accanto a lui.

“Ahhh... ci voleva un po’ di fresco!” disse Yohei respirando a pieni polmoni.

Dopo quella notte di pioggia si sentiva in forma, rinato.

Forse semplicemente per il fatto che era riuscito finalmente a farsi otto ore di sonno invece di passare il tempo a rigirarsi tra le lenzuola a causa del caldo, com’era avvenuto negli ultimi giorni.

“Ti ha preso per un fiore” disse Takamiya indicando l’insetto che girava intorno al capo di Hanamichi.

“E’ una farfalla geniale!” asserì il rossino allungando una mano “Ha riconosciuto la bellezza del Tensai!” sancì osservando la piccola creatura posarsi sulle sue dita abbronzate.

“Sì la tua bellezza da papavero!” rise Noma.

Hanamichi lo folgorò con lo sguardo lanciandosi all’attacco mentre la farfalla si rialzava leggera in volo, allontanandosi alla ricerca di qualche fiore dalla corolla profumata.

Yohei fissò la scena con un sorriso divertito sulle labbra mentre il rossino, tornato apparentemente in formissima, prendeva a testate i due malcapitati che avevano osato offendere la sua beltà.

 

“Sei sicuro di sentirtela?” gli chiese a bassa voce Yohei alcune  ore più tardi mentre si dirigevano verso alla palestra.

“Sto benissimo, non ti preoccupare” lo rassicurò il rossino, la sacca da ginnastica negligentemente gettata su una spalla.

“E poi ti assicuro che i pugni che mi darebbe il gorilla per aver saltato il suo allenamento mi farebbero molto più male di un calo di zuccheri!!” gli disse con un ghigno entrando in palestra.

“Il genio è arrivato fate largo!” tuonò spalancando la porta.

“Do’hao” fu l’immancabile risposta che giunse da un angolo del campo.

Prima che Yohei avesse modo di acchiappare il suo compagno di classe, il rossino era già addosso a Rukawa.

Mito li osservò darsele di santa ragione con un sopracciglio alzato.

“Bhe adesso ho la prova che sta benissimo” borbottò osservando con un ghigno il gorilla che a grandi passi si avvicinava ai due per stenderli entrambi con un sonoro pugno.

“Dementi non abbiamo tempo per i vostri battibecchi ricordatevi che fra due giorni dobbiamo partire per il ritiro con il Ryonan!” ricordò loro.

E sebbene continuando a lanciarsi occhiate in cagnesco i due cominciarono ad allenarsi.

 

Yohei seguiva gli allenamenti notando come tutti quel giorno, seppure non si comportassero in maniera diversa del solito, sembrassero più allegri e carichi di energia.

“Ci voleva proprio un po’ di fresco” mormorò a voce alta notando come il fans club di Rukawa si stava scatenando con gli slogan.

Il giorno precedente persino loro avevano dovuto abbassare un po’ il tono della voce stremate dal caldo e dall’afa.

Non che fosse stato un male!

“Salve Yohei!” lo salutò Haruko affiancandoglisi.

“Buongiorno Haruko come va?” le chiese il moretto.

“Benissimo grazie!” gli rispose la ragazza con un gioioso sorriso “Oggi mi sento particolarmente felice anche se non so perchè!”

“E’ merito del fresco” le fece notare la sua amica “Si sta decisamente meglio! Persino quella vipera della prof di economia era allegra oggi!!”

“E’ vero, mi sento rinata!” disse allegra Haruko spalancando le braccia e improvvisando una piroetta felice.

Mito le sorrise bonariamente, anche lui quel mattino aveva formulato lo stesso pensiero.

“E pensare che avevano previsto ancora caldo!” disse allegramente Matsui “Meno male che si sono sbagliati!!”

Senza sapere perchè Yohei riportò la sua attenzione sul campo osservando il suo amico cercare di sfondare la marcatura di Kogure.

 

“Parlami della pioggia.”

 

Quella strana domanda che Hanamichi gli aveva rivolto...

Quell’inspiegabile malore che l’aveva colto e che ora sembrava scomparso nel nulla...

Aveva come l’impressione che fossero collegati.

“Che stupidaggine!” si rimproverò a voce alta.

“Cosa?” chiese Haruko voltandosi.

“Niente, niente” si schernì il moro e la ragazza non ebbe modo di chiedere altro perchè Hanamichi notata la sua presenza si era esibito nel suo miglior: “Harukinaaaaa”, partendo a razzo verso di loro.

Stava giusto per raggiungerli quando una palla sa basket ‘sfuggita’ dalle mani di Rukawa gli finì tra le gambe facendogli fare l’ennesima pessima figura.

“Maledetta volpe!” tuonò il rossino balzando in piedi e lanciandosi contro il suo nemico.

 

Rukawa smise di fare a botte con il rossino nel momento in cui il ventaglio di Ayako si abbatté sui suoi capelli.

Sbuffando si separò dalla testa rossa e ritornò ai suoi allenamenti.

Hanamichi andò a riprendere la sua posizione e Rukawa perse una frazione di secondo a lanciargli un’occhiata.

A differenza dell’energia generale che sembrava pervadere tutti, lui compreso, quella mattina, il rossino pareva stanco.

Non era una cosa che si notava ad occhio nudo, ad una prima analisi sembrava il solito casinista di sempre ma lui aveva imparato a conoscere i suoi pugni e quel giorno la sua forza era decisamente diminuita se non addirittura dimezzata.

Scosse le spalle con indifferenza allontanando quel pensiero.

Infondo a lui che importava?

Si accorse che nonostante quello che aveva appena pensato il suo sguardo scivolava nuovamente nella sua direzione.

Cercò di pensare ad altro e quell’immagine che aveva scatenato tutto gli tornò vivida e lucente alla memoria.

Hanamichi seduto sul divano di casa sua, i capelli rossi scompigliati, gli occhi lucenti, le guance arrossate d’imbarazzo e un sorriso sulle labbra.

 

Un sorriso sincero.

Genuino.

Luminoso.

 

La divisa slacciata a causa del caldo forse, la maglia bianca che gli fasciava il petto facendo risaltare la sua pelle dorata e Micheal accoccolato sulle sue gambe che faceva le fusa.

Quella peste dal lungo pelo candido che non si lasciava toccare da nessuno, a parte lui, se ne stava beato sulle gambe del rossino e gli leccava di tanto in tanto una mano prima di riprendere a gorgogliare felice quando il do’hao gli passava le dita dorate tra la pelliccia chiara.

La palla passò alla squadra avversaria e Rukawa scosse il capo deciso a concentrarsi sulla partita d’allenamento.

 

 

continua............                                                                                            

 

 

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