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“Sì, sì nonna ho capito. No, non ci sono problemi! No, no, tranquilla ci sono le vacanze natalizie non ho lezione e Yohei e gli altri sono alle terme.

Ok, allora prendo il treno delle quattro e vengo lì.

Ci vediamo stasera!”

Hanamichi riagganciò il telefono con un sorriso allegro mentre si affrettava a raccogliere la giacca e il portafoglio.

Non aveva bisogno di preparare una valigia per andare a trovare i suoi nonni dato che i vecchietti mantenevano in perfetto ordine una camera per lui in cui lasciava sempre dei vestiti e tutto quello che gli poteva servire durante i suoi brevi soggiorni.

Sembrava che nel piccolo paesino di montagna completamente isolato dal mondo, al punto che sua nonna aveva dovuto prendere un autobus per arrivare alla cabina telefonica e chiamarlo, avesse cominciato a nevicare di buona lena.

Sperava di arrivare prima che le strade fossero impraticabili per aiutarli a preparare la legna che sarebbe servita loro per tutto l’inverno.

Ormai suo nonno era troppo vecchio per farcela da solo, aveva bisogno dell’aiuto del tensai, anche se lui e la nonna si erano messi d’accordo di mascherare il suo arrivo come una visita di cortesia.

L’arzillo e orgogliosissimo vecchietto non avrebbe mai ammesso di aver bisogno di aiuto.

Si lanciò correndo per le strade di Kanagawa diretto verso la stazione dei treni scansando le persone che gli intralciavano la strada.

Aveva poco tempo per prendere l’unico interregionale che portava nei pressi del paesino e poi doveva prendere due autobus e farsi quasi dieci chilometri a piedi.

Non che il tensai avesse paura di un po’ di strada e della neve.

Era abituato fin da piccolo a quelle scarpinate.

Passava spesso il natale dai nonni e da quando l’anno prima suo padre era morto lasciandolo completamente solo aveva anche pensato di trasferirsi da loro.

Se non fosse stato per l’armata e la squadra di basket lo avrebbe sicuramente fatto.

In quel piccolo paesino dove la vita era semplice e la frenesia moderna sembrava un’eco dimenticata, si sentiva a suo agio e in armonia.

I suoi nonni poi erano tutto ciò che rimaneva della sua famiglia, gli unici, a parte la sua armata, che lo conoscevano davvero, che lo stimavano per quel che era.

Sospirò timbrando il biglietto mentre si avvicinava alla banchina per prendere il treno, immerso nei suoi pensieri.

Un ragazzo dall’aria trasandata e dai capelli tinti di un rosso acceso lo urtò malamente e Hanamichi si voltò per folgorarlo con lo sguardo, pronto ad attaccar briga, ma il treno che aspettava giunse in quello stesso momento obbligandolo a salire e a lasciar stare il teppistello.

Si sedette sul posto assegnatogli mettendo in tasca il biglietto ma sussultò nell’accorgersi che il suo portafogli era sparito.

“Quel lurido bastardo!” Imprecò tra se immaginando chi gliel’avesse soffiato.

Sospirò imponendosi di calmarsi mentre il paesaggio sfrecciava veloce fuori dal finestrino accompagnato dal suono ritmico delle ruote del treno sui binari.

Non poteva fare molto, ormai, e a parte i documenti c’era ben poco che il ragazzo potesse ricavare dal vecchio taccuino di pelle.

Una foto di suo padre fatta pochi mesi prima che morisse, una di sua madre appena sposata e qualche yen.

Lui non era certo ricco!

Rifare i documenti sarebbe stata una seccatura quanto alle foto per fortuna aveva gli originali a casa se no quel ladruncolo da strapazzo non sarebbe sfuggito all’ira del genio!!!

Lanciò uno sguardo all’orologio e spalancò gli occhi sbiancando di colpo.

“Cavolo mi sono dimenticato degli allenamenti speciali del gorilla!!!” Esclamò battendosi una manata in fronte.

Il capitano, nonostante le vacanze di natale, infatti, aveva organizzato due sessioni di allenamento in più, in vista del torneo invernale.

E una sarebbe stata proprio quel pomeriggio!

Hanamichi borbottò tra se mentre pensava che non aveva nemmeno modo di avvertirli dato che non aveva un cellulare e una volta che fosse arrivato a destinazione, l’allenamento sarebbe stato concluso da un pezzo.

“Poco male, li chiamerò domani” mormorò pensando alla doppia scarpinata che avrebbe dovuto farsi con una smorfia. Scosse il capo con rassegnazione.

“Bah non sentiranno certo la mia mancanza”. Mormorò mentre il suo sguardo si intristiva fissando fuori dal finestrino. Era da un po’ che i ragazzi lo trattavano più male del solito.

Erano nervosi per il torneo, poteva capirlo, anche lui lo era, però stavano esagerando ultimamente.

Yohei gli aveva detto che forse usavano lui per sfogare la tensione, però non lo trovava giusto.

Un po’ era anche colpa sua comunque, sbagliava a fingersi sempre sorridente e allegro anche quando i loro insulti lo ferivano davvero.

Avrebbe dovuto dimostrar loro che non dovevano passare un certo segno.

Meritava anche lui un po’ di rispetto ecchecavolo!

Lo sguardo tornò a posarsi sul paesaggio che scorreva.

Quella settimana dai suoi nonni gli sarebbe servita per riacquistare le energie anche in quel senso.

E poi... magari parlare con sua nonna della stupida volpaccia l’avrebbe aiutato.

Doveva capire che cosa gli stava succedendo.

Perchè Haruko non gli faceva più lo stesso effetto,  perchè ogni pugno di Rukawa lo feriva come una coltellata.

Troppi dubbi che non aveva avuto il coraggio di ammettere nemmeno con Yohei.

Una sola risposta che non riusciva ancora ad accettare appieno.

Sapeva di poter confidare le sue paure ai nonni.

Loro che lo approvavano e lo appoggiavano, che gli avevano sempre concesso fiducia senza mai rimanere delusi, l’avrebbero consigliato valutando i fatti con lucidità.

 

 

*-*-*-*-*-*

 

 

“Dov’è quel deficiente!!!!” tuonò Akagi per l’ennesima volta.

Era da due ore che si allenavano e di Sakuragi ancora nemmeno l’ombra.

Contro il parere di Anzai, che aveva invece consigliato loro di riposarsi, aveva deciso di organizzare delle sessioni di allenamento supplementare, anche se la scuola era chiusa, per prepararsi al difficile torneo invernale.

Erano tutti molto nervosi dato che si trattava di dimostrare che lo Shohoku non era solo una squadretta che era stata fortunata ai campionati nazionali, inoltre gli occhi di molti talent scount sarebbero stati posati su di loro.

Quello era il periodo giusto per i reclutamenti e ogni giocatore avrebbe dato il meglio per mettersi in mostra.

Si guardò attorno nervosamente tuonando ordini a destra e a sinistra.

Aveva una gran voglia di sfogare la rabbia sulla testa di quel cretino!!

Ma quando sarebbe arrivato gli avrebbe fatto rimpiangere di essere nato!

Eccome!!

Si ripromise furioso.

Mistui attaccò briga per l’ennesima volta con Myaghi mentre un Rukawa, sempre più insofferente, continuava ad allenarsi da solo.

Erano tutti troppo nervosi, persino Kogure aveva già alzato la voce due volte.

“Dov’è quel mentecatto!!!” ringhiò furioso passeggiando avanti e indietro.

Almeno quando c’era lui bastava una sua auto proclamazione a genio per scatenare un battibecco con Rukawa che poi si metteva in pace a giocare con gli altri mentre Mistui e Ryota, che si divertivano a dar man forte al volpino, si allevano nei loro insulti senza scannarsi uno con l’altro come stavano facendo in quel momento.

Qualcuno bussò alla porta della palestra e gli occhi di Akagi si illuminarono mentre tutti si voltavano da quella parte.

“Adesso mi senti!” tuonò convinto che si trattasse del ragazzo dai capelli rossi.

 

Ma con sua sorpresa sulla porta c’era un poliziotto.

 

“Desiderate?” chiese un po’ stupito mentre gli occhi degli altri quattro giocatori si puntavano su di loro.

“Hanamichi Sakuragi fa parte della vostra squadra?” gli chiese l’uomo in divisa con tono professionale.

Gli occhi di Akagi si accesero di mille scintille infuocate.

“Sfortunatamente sì! Che ha combinato quel demente stavolta!” esclamò livido di rabbia.

“Se quel deficiente ci mette nei casini prima del campionato è la volta buona che gli cambio i connotati” ringhiò Ryota mentre Mistui annuiva cupo e Rukawa sbuffava un “do’hao” sprezzante.

Il poliziotto li fissò per un momento in silenzio prima di tornare a fissare Akagi.

 

 

Il ragazzo si è suicidato oggi

 

 

Nella palestra cadde il silenzio.

 

“Abbiamo provato a contattare la sua famiglia” mormorò l’uomo imperterrito “ma abbiamo scoperto che la madre è morta di parto e che il padre è mancato l’anno scorso in questo stesso periodo.

Abbiamo tentato di chiamare i suoi amici ma sono partiti per le vacanze senza lasciare un recapito.

Una donna che abita nello stesso palazzo dove il ragazzo ha un piccolo appartamento ci ha detto che faceva parte della vostra squadra di basket”

 

L’aria era diventata fredda, irrespirabile.

Nessuno si mosse.

Nessuno riuscì a dire nulla.

 

“Gli unici parenti in vita sono i nonni paterni ma abitano in un paesino al di fuori di tutte le reti di comunicazioni e ci è stato impossibile contattarli.”

 

Il poliziotto continuava il suo rapporto mentre gli occhi dei ragazzi sgranati, increduli, rimanevano fissi su di lui.

 

“Volevo sapere se siete a conoscenza di qualche motivo che l’abbia portato ad un gesto così disperato come buttarsi sotto un treno” scosse il capo aggiungendo quasi tra se “che morte orribile”

 

Ma nessuno rispose alla sua domanda.

Le sue parole che si scioglievano nell’aria gelida, calando pesanti su di loro.

 

Hanamichi non aveva famiglia e le vacanze di natale si stavano avvicinando.

Viveva da solo, Yohei e gli altri erano partiti.

Suo padre era morto solo un anno prima in quello stesso periodo.

 

E loro....

 

Loro che cosa avevano fatto se non aggredirlo e usarlo come valvola di sfogo per ogni loro sciocco nervosismo durante tutta la settimana.

 

Voleva sapere se conoscevano il motivo che l’aveva portato un gesto simile?

 

Akagi si accasciò sulle ginocchia avvertendo tutto il senso di colpa che gli si riversava addosso.

 

Erano stati loro....

 

Non poteva vedere gli altri ma aveva avvertito la palla che prima era tra le mani di Mistui cadere e rimbalzare sul pavimento con un tonfo cupo.

 

Hanamichi era morto.

 

Si era suicidato.

 

Buttato sotto un treno.

 

Il poliziotto li fissò freddo prima di porgergli un portafoglio macchiato di sangue.

“Il corpo del ragazzo è irriconoscibile ma abbiamo trovato questo vicino ai resti che ci ha permesso di identificarlo” disse porgendolo ad Akagi che lo prese con mani tremanti.

Non aveva tenuto conto tuttavia dello shock che la notizia gli aveva dato perchè l’oggetto gli scivolò tra le mani e cadde a terra aprendosi.

Hanamichi accanto ad un uomo, che doveva essere evidentemente il padre, gli sorrise solare da un’istantanea che sembrava scattata qualche tempo prima.

 

Fissando quel sorriso solare Akagi chinò il capo lasciando che le lacrime gli scivolassero lungo le guance.

 

 

Pow Rukawa

 

Quel demente!

Addirittura la polizia è venuta a cercarlo!

Chissà che cavolo ha combinato stavolta.

Giuro che se si mette tra me e l’America facendoci escludere dal torneo invernale per qualche sua stupida bravata lo strozzo con queste mie mani!

Sento Akagi chiedere che cosa ha combinato il rossino questa volta e Ryota esprimere ad alta voce i miei stessi pensieri.

Mormoro un “do’hao” carico di disprezzo.

Questa è la volta buona che gliele suono sul serio.

Almeno avrei un motivo per odiarlo davvero e smetterei di pensare a quanto mi piace il suo sorriso o a come è sensuale il suo corpo sotto la doccia.

Ultimamente sono diventato ancora più freddo, a volte volutamente crudele con lui, proprio per questo motivo.

Ogni volta che lo guardo lo desidero un po’ di più.

E ogni volta che lo desidero, lo aggredisco, con cattiveria, perchè se lui rivolgesse anche uno solo dei suoi sorrisi verso di me credo che la mia maschera crollerebbe e io mi troverei ad offrirgli l’occasione che stava aspettando per distruggermi.

Io lo amo.

Amo quel deficiente casinista.

E per questo motivo lo odio!

Lo odio con tutta l’anima!

 

Il ragazzo si è suicidato oggi

 

Le parole del poliziotto bucano il mio monologo infiltrandosi nella mia mente.

Le vaglio per alcuni secondi ordinandole fino a dar loro un senso compiuto, perchè sul momento... non capisco.

La parola suicidato e il soggetto Hanamichi non possono stare nella stessa frase insieme.

Fisso l’uomo in divisa confuso.

Davvero non capisco.

Ha detto una frase assurda che non comprendo.

Che non voglio comprendere.

Per me è come se parlasse un’altra lingua.

Non ha senso.

Quello che dice non ha senso.

Hanamichi orfano?

Hanamichi che vive da solo?

Hanamichi suicidato...

... morto...?

La mia coscienza si spezza nel momento in qui quest’ultima parola si fa violentemente largo nel mio cervello.

Hana...?

Il mio Hana....?

Morto?????

 

“Volevo sapere se siete a conoscenza di qualche motivo che l’abbia portato ad un gesto così disperato come buttarsi sotto un treno”

 

Mi vengono alla mente tutti gli insulti.

Uno dopo l’altro come tante pugnalate.

La mia rabbia gratuita verso di lui, in questi ultimi giorni.

Come la squadra si sia quasi alleata contro di lui nel decidere che il do’hao...

... in quanto do’hao e non essere umano...

... in quanto deficiente e non un ragazzo come noi...

... in quanto pagliaccio...

... poteva sopportare...

... doveva sopportare per il bene della squadra...

... di essere il pungiball contro cui avremo sfogato i nostri problemi personali.

 

Io per primo.

 

Io fra tutti.

 

Io...

 

Io l’ho spinto sotto quel treno.

 

 

Pow Hanamichi.

 

Sono arrivato appena in tempo per prendere l’ultimo autobus.

Nonostante le catene il vecchio mezzo di trasporto arranca nella neve fresca che fiocca dal cielo copiosa.

Tempo un’altro paio di ore e le strade saranno assolutamente impraticabili.

Sospiro mentre mi stringo di più nella giacca osservando il mio respiro che si condensa davanti al volto.

Non sono riuscito a telefonare dato che l’unica cabina è andata fuori uso poco dopo le cinque a causa della neve che è filtrata nella vecchia centralina telefonica facendo saltare i collegamenti.

Isolato dal mondo.

Bhe poco male.

Non credo che i ragazzi della squadra si preoccuperanno per me, anzi sono sicuro che faranno i salti di gioia nel potersi allenare senza io che li intralcio.

Un sorriso cattivo mi sfiora il volto.

Bhe no, forse sentiranno la mancanza di qualcuno da prendere in giro!

Scuoto il capo appoggiando la fronte al vetro freddo.

Primo fra tutti la stupida volpe.

Non ci voglio pensare.

Non mi interessa.

Ecco sì non mi interessa, forse se me lo ripeto un milione di volte riesco ad ipnotizzarmi da solo e me ne convinco pure!

 

Pow Rukawa

 

Il poliziotto se n’è andato ma nessuno di noi si è mosso.

Akagi fissa ancora il portafoglio macchiato di sangue dinanzi a lui come se potesse tirarne fuori Hanamichi.

Kogure singhiozza apertamente accasciato in un angolo mentre Mistui e Ryota sono così pallidi e immobili che credo siano semplicemente gelati sul posto.

O forse il senso di colpa, la consapevolezza di cosa abbiamo fatto, li ha uccisi.

E io...

Io sono seduto contro questa parete fredda e fisso il vuoto dinanzi a me.

Non sento niente.

Non vedo niente.

Non provo niente.

No...

Non è vero...

C’è questo macigno che mi opprime il cuore che stupidamente continua a battere anche se ormai non ne ha più motivo.

Fermati stupido cuore non battere!

Perchè ogni tuo battito è un soffio di vita che ho strappato a lui.

Ogni tua pulsazione è una coltellata nella mia anima.

Un grido di dolore che non riesco ad emettere.

Una lacrima rovente che non riesco a versare.

 

Tu-tum

I suoi begli occhi caldi così carichi di vita...

 

Tu-tum

Il suo sorriso solare...

 

Tu-tum

Quell’energia inesauribile che lo portava a salire sempre più in alto...

 

Tu-tum

Quel suo entusiasmo per ogni piccola cosa...

 

Tu-tum

Bastaaaaaaaaaa!!!!

Smettila, stupido cuore, smettila!!!

E’ morto!

Lui è morto!!

Perchè allora io...

... io sono ancora vivo?

 

Silenzioso e cupo ad unica risposta...

... ancora una volta....

... il battito del mio cuore.

 

 

Pow Hanamichi.

 

Sono seduto al tavolo della piccola cucina.

Una tazza di cioccolato tra le mani mentre mia nonna ravviva il fuoco nel camino e mio nonno si sbaffa i biscotti che lei aveva fatto per me.

“Com’è andato il viaggio Hana-chan?” mi chiede con un sorriso solare rubando il vassoio di dolci dalle grinfie del marito per porgermeli.

Le sorrido scuotendo le spalle. “Come al solito” mormoro agguantando un pasticcino al cioccolato.

Lei ridacchia passandomi una mano tra i capelli rossi, che le ricordano tanto i suoi quand’era giovane, per pettinarmeli con le dita, dolcemente.

Farei le fusa.

Da quant’è che qualcuno non mi rivolge un gesto così dolce?

Da quanto non vedo dell’affetto limpido e sincero in uno sguardo rivolto a me?

Sospiro e lei mi abbraccia da dietro scoccandomi un bacio tra i capelli umidi di neve.

“Problemi tesoro?” mi chiede e io non posso fare a meno di sorridere.

E’ impossibile nasconderle qualcosa.

Il nonno mi fissa con sguardo scintillante.

“Se si tratta di problemi di cuore io sinceramente sono un genio in questo campo!!” dice con un sorriso radioso.

“Ma se ho dovuto investirti con la bicicletta perchè ti accorgessi di me!!” protesta la nonna e io non posso fare a meno di ridere.

Mi fermo quando mi viene in mente che anche la stupida volpaccia non fa che investirmi con la bicicletta.

Ma lui lo fa perchè dorme!!

“Sentiamo come si chiama?” mi chiede la nonna curiosa.

Sospiro mentre mi preparo ad un lungo racconto e a tutte le domande che mi rivolgeranno.

“Kaede” mormorò.

“Oh,oh,oh cara hai visto!?” dice il nonno indicandomi il volto.

Lei fa il giro e mi guarda mentre io mi sento andare a fuoco.

Bhe che c’è, che è successo?

“I tuoi occhi scintillano figliolo al solo pronunciare il suo nome!! Sei cotto eh?”

Ecco.

Non ho dovuto spiegare niente.

Non ho dovuto raccontare nulla.

E bastato che io pronunciassi il suo nome per ottenere la conferma ai miei dubbi.

Mi sono davvero innamorato di quell’egocentrico, freddo, algido pezzo di ghiaccio che porta il nome di Kaede Rukawa?

Quante volte me lo sono domandato in questi giorni?

Quante volte ho ignorato quella voce che rispondeva: sì!

Ed è bastato che io pronunci il suo nome perchè sia chiaro che lo amo.

Sono veramente un do’hao.

Sento le guance bruciare e presumo che il mio colorito sia molto simile a quello dei miei capelli ora.

Accidenti a me.

Perchè non ho la faccia di bronzo della volpe maledetta?

Scuoto il capo.

E’ inutile fingere e poi con loro non devo farlo.

Sento un peso levarsi dal mio stomaco mentre mormoro con un filo di voce: “Oh sì nonno, proprio cotto.”

Lui mi sorride carico di comprensione prima di ridere allegramente.

“Dev’essere una favola questa ragazza per averti steso così!” dice tutto giubilante mentre io sento il volto diventare bollente.

Probabilmente ci si potrebbe cuocere un uovo sopra.

In effetti Kaede è anche un nome da donna.

“Hemmm... nonno...” cerco di frenarlo.

“Già me l’immagino. Eh,eh, eh il nostro Hana-chan ha degli ottimi gusti in fatto di ragazze.”

“nonno...” cerco di interromperlo

“Com’è? Bionda? Mora?”

Sospiro scuotendo il capo “MorO” dico incidendo l’ultima vocale.

Lui mi fissa basito per un secondo mentre la nonna spalanca gli occhi sorpresa.

Abbasso il capo perchè d’un tratto il panico mi gela le membra.

E se neppure loro capissero?

Se mi dicessero che non è normale?

Se mi accusassero?

Che cosa farei?

“E’ un ragazzo?” mi chiede la nonna mettendomi una mano sottile sotto il viso per costringermi a guardarla in volto.

Non sembra disgustata, forse preoccupata, ma non disgustata.

Annuisco piano.

“Un bel guaio...” mormora mio nonno corrucciato incrociando le braccia sul tavolo “...non ho esperienze con i maschi...” borbotta perso nei suoi pensieri.

Per poco cado dalla sedia mentre la nonna tira un pugno, stile Gori, sulla testa del marito.

Li fisso sorpreso prima di ritrovarmi non so come a piangere.

Forse è il sollievo, forse è solo la tensione che mi lascia finalmente libero dalla sua morsa.

Avverto le braccia rassicuranti di mia nonna stringersi attorno a me e affondo il viso nel suo petto per un po’ prima di fare un paio di respiri e sollevare il volto.

“Va meglio adesso?” mi chiede dolcemente e io annuisco piano.

“Su e adesso raccontaci chi è il fortunato” mormora con un sorriso mio nonno.

 

 

Pow Rukawa.

 

Sono passati due giorni.

Ha cominciato a nevicare.

Dicono che sulle montagne avesse già cominciato e la neve è finalmente giunta fino a qui.

Da dietro il vetro appannato della finestra vedo i bambini rincorrersi ridendo.

Ho sempre amato la neve.

Non si vede spesso e per me è sempre stata come un miracolo.

Una cosa meravigliosa che veniva regalata in egual modo a tutti noi.

Da piccoli, i giorni in cui nevicava, erano gli unici durante i quali mia sorella non era costretta a trascinarmi di peso fuori di casa, anzi ero io che andavo a buttarla giù dal letto la mattina prestissimo.

Credevo che l’aria frizzante che caratterizza queste giornate avrebbe sempre avuto quell’effetto di carica su di me.

Ma oggi nevica e non provo niente.

Ieri pioveva e non provavo niente.

Se domani ci fosse il sole la mia anima resterebbe comunque vuota.

I sensi di colpa mi impediscono di dormire tanto che mio padre si è fatto prescrivere da un suo collega medico dei sonniferi leggeri.

Mia madre passa le notti seduta su una poltrona accanto al mio letto ad accarezzarmi i capelli per calmarmi mentre mia sorella, lei che è l’unica che sa, ha pianto per me.

Perchè io ancora non riesco a farlo.

Sono un guscio vuoto, senz’anima, a cui restano solo frammenti di ricordo che come lame incidono questo involucro fragile.

Non ho sentito nessuno della squadra.

Non so se sono nella mia stessa situazione.

Ieri ha chiamato il Signor Anzai ma ha parlato con mia madre.

Faranno il funerale venerdì.

Il suo funerale.

Non voglio andarci anche se mio padre mi ha detto dolcemente che devo accettare quello che è successo.

Che devo riuscire a piangere se necessario ma andare avanti, passare oltre.

Passare oltre...

Dimenticare...

No, non posso.

Come non posso accettare...

Che lui....

 

Non posso....

 

 

Pow Hanamichi

 

“E questa è l’ultima!” esclamo con uno sbuffo passandomi una mano sul volto sudato nonostante la temperatura sotto zero mentre depongo l’ultimo fascio di legne nel piccolo magazzino del maso.

Il tensai ha fatto come sempre un ottimo lavoro!

“Ti ringrazio Hana non so proprio come avremmo fatto senza di te!” mi ringrazia la nonna porgendomi una tazza di the caldo mentre entrambi ci sediamo sui ciocchi ordinatamente ammonticchiati.

Le sorrido dolcemente.

Questi quattro giorni passati in mezzo al verde, bhe ora è tutto coperto di neve ma gli alberi sono ancora verdi, nell’aria pulita e scintillante di queste montagne a me così familiari sono stati un balsamo per la mia anima.

Poter finalmente parlare apertamente con qualcuno di miei sentimenti senza doverli nascondere mi ha liberato da un peso che mi opprimeva da troppo tempo rischiando di schiacciarmi.

Mi sento come se fossi rinato.

Scuoto il capo per dar voce ai miei pensieri.

“E’ stato un piacere nonna, avevo quasi dimenticato quanto stavo bene qui”

Lei mi sorride dolcemente “Sappi Hana che qualsiasi cosa accada io e il nonno ti saremo sempre accanto per sostenerti e se avrai bisogno di un qualsiasi tipo di aiuto, tu chiamaci e noi verremmo!”

Annuisco commosso spostando lo sguardo sulla tazza perchè non veda il luccichio traditore che mi scintilla negli occhi.

 

 

Pow Rukawa

 

Il funerale è stato straziante.

Anche se Yohei e gli altri tre dell’armata Sakuragi non c’erano e, a causa del brutto tempo non è stato possibile avvertire i nonni del rossino, la chiesa era piena.

La notizia è girata in fretta per Kanagawa di bocca in bocca.

Mi passo una mano tra i capelli scuri mentre osservo queste rotaie su cui Hanamichi si è gettato.

Ho visto Nobunaga singhiozzare tra le braccia di Maki.

Ho visto Akira uscire a metà cerimonia così pallido in volto che Koshino gli è corso dietro temendo che si fosse sentito male.

Haruko non è nemmeno venuta.

Infondo, forse, lei lo ricambiava.

Avrebbe dovuto dirglielo quando ne aveva avuto l’occasione.

Ho rivisto Akagi, Myaghi e Mitsui.

Sui loro volti pallidi, cinerei, lo stesso sguardo colpevole.

Lo stesso dolore straziante.

Anzai ha letto il discorso.

Ogni sua parola vibrava di dispiacere.

Quando ha cominciato a ricordare com’era solare...

Com’era entusiasta della vita...

Com’era...

 

Era...

Era...

ERA!!!
MALEDIZIONE!!

Perchè?

Perchè Hana?

Perchè devo sentire le persone parlare al passato di te?

Perchè?

 

Ho seguito il corteo e la cerimonia in silenzio accanto a mia sorella che non riusciva a trattenere le lacrime anche se non aveva mai conosciuto il do’hao.

Man mano poi ognuno ha lasciato i suoi fiori accanto alla lapide di marmo bianco, candido come lui, come la neve che non aveva smesso di fioccare per un solo minuto, sciogliendosi con le lacrime, avvolgendoci nel suo mantello bianco come se così avesse voluto coprire il nostro dolore.

E alla fine sono rimasto solo io.

Anche Naoko si è allontanata per lasciarmi il tempo di salutarlo.

Ho posato il giglio che mi ha dato lei tra gli altri fiori.

Mi aspettavo che portassero dei fiori rossi e invece era quasi tutti bianchi.

Rose, calle, gigli.

Bianchi.

Il bianco è il colore delle anime innocenti.

Dei bambini.

Il mio do’hao un po’ bambino lo era.

Lo stesso entusiasmo.

La stessa allegria ingenua.

Ho accarezzato le lettere dorate del suo nome come avrei voluto fare con il suo volto.

Non gli ho detto niente.

Non è nel mio carattere parlare.

Ma ho chinato il capo e ho lasciato che finalmente, un unica cristallina lacrima di dolore scivolasse sul mio zigomo infrangendosi sul marmo pallido.

E poi mi sono accasciato sulla neve.

 

Fisso di nuovo queste rotaie scure mentre sento quasi distrattamente il rumore di un treno che arriva.

E’ l’alba ma non riuscivo a dormire.

Stanotte dopo aver passato ore a singhiozzare tra le braccia di mia sorella mi sono finalmente addormentato senza l’aiuto delle medicine e poi sono venuto qui.

La stazione è deserta probabilmente anche il treno che sta arrivando ora non porta passeggeri.

Non che mi interessi.

Mi stringo nel cappotto scuro infossandomi un po’ di più nella panchina di marmo scarabocchiato.

Ho freddo ma non riesco ad andarmene.

Fisso queste rotaie in silenzio senza sapere nemmeno io che cosa mi aspetto da loro.

 

 

Pow Hanamichi.

 

A causa del maltempo ho dovuto aspettare ancora tre giorni prima di poter ripartire per tornarmene a casa.

Avrei voluto passare le vacanze di Natale con i nonni tanto più che Yohei e gli altri torneranno solo per capo d’anno ma ho preferito prendere il treno ora che la neve era stata un po’ sgomberata che aspettare e rischiare di trovarmi bloccato all’inizio del campionato.

Che cosa farebbe se no la squadra senza il mitico tensai?

La stazione di Kanagawa è deserta quando il mio treno si ferma e stringendomi nel giaccone faccio qualche passo sulla banchina per riscaldarmi.

Noto la figura accovacciata poco lontano proprio perchè non c’è nessun’altro in giro.

Il cappotto nero gli fascia le spalle ampie mentre i capelli corvini sono un po’ spettinati dal vento.

Lo riconoscerei tra mille anche se mi volta le spalle.

Non so che ci fa qui, magari aspetta qualcuno o deve prendere il treno.

Potrei andarmene in silenzio, tanto lui guarda da tutt’altra parte e non mi ha visto, ma decido di avvicinarmi lo stesso.

Gli giungo alle spalle senza che lui muova un muscolo.

Forse la kitsune si è congelata oppure semplicemente si è addormentato.

Noto solo ora che le sue spalle sono curve, piegate, come sotto un forte peso.

Che sia triste il mio volpacchiotto?

Forse è venuto qui per salutare qualcuno che partiva.

La sola idea che questa persona sia così importante per lui da causargli tristezza mi fa bollire il sangue nelle vene.

Sono geloso l’ammetto, non ne posso fare a meno.

Bhe poco male ormai sono qui....

“Kaede?” sussurro poggiandogli una mano sulla spalla.

Non so perchè diavolo l’ho chiamato per nome, ne perchè ho usato un tono così dolce.

Forse mi è venuto naturale vedendolo così depresso.

Se trovo chi lo fa soffrire così lo polverizzo!!!

Quando si volta verso di me resto senza fiato.

E’ pallido.

Bhe più pallido del solito.

E ha gli occhi arrossati e gonfi come se avesse pianto.

 

Pow Rukawa.

 

L’ho sognato la notte.

Lo vedevo che arrivava a scuola con il suo sorriso solare dipinto in volto, oppure che piombava in palestra per insultarmi.

Però mi succedeva i primi giorni.

E poi nei miei sogni indossa sempre la divisa scolastica o la tuta.

Sarà perchè io l’ho visto sempre vestito così.

Ora invece porta un paio di pantaloni scuri e un maglione marrone sotto il grosso giubbotto invernale.

Il sole che tinge il cielo di rosa, dietro di lui, gli sfiora i lineamenti decisi e la pelle dorata.

Le guance arrossate dal freddo, i capelli scompigliati dal vento.

 

Un angelo.

 

Deve essere un angelo.

 

Perchè lui è morto.

 

Su queste stesse rotaie.

 

Perchè lui non mi avrebbe mai chiamato per nome.

Kaede...

... com’è dolce se pronunciato da lui.

 

Perchè non mi avrebbe mai sorriso così.

Come se il sole che ha alle spalle gli risplendesse anche dentro.

 

Il suo sguardo è dolce e un po’ preoccupato.

Allunga una mano e mi accarezza una guancia pallida.

Chiudo gli occhi trattenendo il respiro.

Se questa è l’occasione che mi avete concesso per dirgli addio...

Per chiedergli scusa....

Per confessargli il mio amore...

Non la sprecherò.

 

Non mi fermo a pensare che probabilmente sto sognando di nuovo.

Mi alzò e gli getto le braccia al collo scoppiando in singhiozzi contro la sua spalla.

 

 

Pow Hanamichi.

 

Mi ha gettato le braccia al collo e piange.

E il dolore che si scioglie nelle sue lacrime è così profondo che mi spezza il cuore.

Gli accarezzo dolcemente i capelli neri cullandolo come faceva mio padre quand’ero piccolo.

“Non piangere Kaede ti prego” mormorò dolcemente.

Lo sento inspirare un paio di volte contro la mia spalla mentre la sua presa si rafforza.

Alza il volto e mi fissa con occhi carichi di dolore.

E poi....

 

 

Pow Rukawa

 

Ha sussultato quando gli ho chiuso la bocca con la mia ma non m’importa.

Spingo con la lingua contro le sue labbra e dopo un attimo di incertezza lo sento dischiuderle per me.

Affondo dentro di lui con tutta la disperazione e l’amore che non ho potuto dargli quando era in vita.

Lo stringo a me con forza mentre lo sento che comincia a ricambiare il bacio.

Se è un sogno non svegliatemi.

Se mi sono addormentato su quella squallida panchina di pietra fissando le rotaie, vi prego, lasciatemi lì.

Perchè potrei davvero uccidervi se ora voi mi disturbaste.

Si stacca da me per riprendere fiato e resto incantato dai suoi occhi confusi, le guance arrossate e quel sorriso incerto che gli sfiora le labbra gonfie.

“Ka...kaede” balbetta incredulo.

 

“Ti amo”

 

Non l’ho nemmeno lasciato finire di parlare.

Ma deve saperlo.

Deve saperlo prima che qualcuno, qualcosa, me lo strappi di nuovo dalle braccia.

Lo vedo sgranare gli occhi e spalancare la bocca.

Riderei.

Se lui fosse ancora in vita, riderei, della sua espressione buffa.

 

 

Pow Hanamichi.

 

Devo aver sbagliato treno.

E’ l’unica soluzione!!

E questa persona che assomiglia al volpino, ma che non è sicuramente il volpino, mi ha scambiato per il suo fidanzato.

Deve essere andata così.

Mi guardo attorno.

Eppure sul cartello appeso sopra la porta della stazione c’è la scritta KANAGAWA.

 

Hmmm....

Guardo il ragazzo moro che prima mi si è fiondato tra le braccia.

Riguardo il cartello.

C’è ancora scritto KANAGAWA.

 

Riguardo la splendida creatura che si è appena presa il mio primo bacio con una passione e un fuoco che mi ha divorato l’anima.

Ma sul cartello c’è ancora scritto KANAGAWA.

 

Riguardo questo ragazzo che assomiglia tanto al mio Rukawa che mi ha appena detto di amarmi.

MA SU QUEL CAZZO DI CARTELLO C’E ANCORA SCRITTO KANAGAWA!!!!

 

C’è qualcosa che non torna....

 

“Hana...?” la sua voce è bassa e sensuale, proprio come quella della volpe.

Hey!

Conosce il mio nome!!!

Ma allora....

Possibile che questo qui....

Lui mi fissa e mi sorride.

Oddio svengo.

Dov’è quel cavolo di cartello.

Forse ho letto male.

No, pare proprio che questa sia KANAGAWA.

Allora questo qui è un clone!!!

O un alieno...

Oppure...

 

“Hey Do’hao che stai guardando?”

 

 

Pow Rukawa.

 

Non capisco che gli succede.

Dopo il nostro bacio, dopo la mia dichiarazione bhe...

Mi aspettavo che mi dicesse qualcosa invece ha cominciato a guardarsi attorno come un forsennato.

Fissa me e poi il cartello appeso sopra la stazione.

Non capisco che diavolo sta facendo.

Provo a chiamarlo per nome e lui sembra ancora più stupito.

Mi fissa come se avesse visto un fantasma.

Sono io quello che vede i fantasmi non lui!!!

Vuoi vedere che non sa di essere morto?

Oddio e se fosse come in quel film che ho visto poco tempo fa dove il protagonista era morto ma non se ne rendeva conto?

Però lui era stato ucciso.

I testimoni invece dicono che è stato lui a buttarsi volontariamente sotto il treno.

Sento freddo al cuore e di nuovo il senso di colpa, lancinante, che mi trapassa il petto.

Eppure lui, lui non mi ha detto nulla che possa far sottintendere che sia arrabbiato con me.

 

“Io... devo andare...” lo sento mormorare.

 

Sento il gelo spazzarmi le ossa mentre mi aggrappo a lui come un disperato.

“NO!!!” grido affondando il capo nella sua spalla stringendolo a me con tutta la forza di cui sono capace.

 

 

Pow Hanamichi.

 

Gli ho detto che devo andare via.

In verità non devo andare da nessuna parte e non c’è luogo dove io stia meglio che tra le sue braccia però..

Tutto questo..

Tutto troppo in fretta.

Tutto troppo strano.

C’è qualcosa che non mi torna nei suoi atteggiamenti.

E se mi stesse prendendo in giro?

Se fosse uno scherzo?

Anche se so che dovrei fregarmene e approfittare del fatto che lui, no dico lui, Kaede Rukawa, ha appena detto di amarmi, non posso...

Ma faccio appena in tempo a finire la frase che lui mi si aggrappa come un disperato.

Le sue braccia scivolate intorno alla mia vita mi tengono a se mentre affonda il capo nella mia spalla con il chiaro intento di non lasciarmi andare.

Cerco di staccarlo senza molto risultato, bhe non che io mi sforzi poi molto...

“Kaede...” lo chiamo nella speranza di riuscire a farmi spiegare che diavolo gli prende.

Lui alza gli occhi verso di me e mi accorgo che vi brilla una luce intensa e decisa che non vi avevo mai visto.

Portami con te.” Mi sussurra fissandomi serio.

Mortalmente serio.

Non so perchè ma ho l’impressione che con queste parole lui voglia dirmi molto di più di quello che io comprendo.

“Portami con te Hana, ovunque tu sia diretto”

Sono sempre più confuso lo ammetto.

Non capisco.

“Non voglio più restare in un luogo dove non ci sei tu”

Arrossisco violentemente a queste parole.

Vuol dire che piangeva per me prima?

Che aspettava il mio treno?

Che si è ridotto così solo perchè ho passato dieci giorni in montagna dai miei nonni?

Nonostante il mio egocentrismo faccio davvero fatica a crederlo.

Mi passa una mano sul volto con dolcezza.

“Perchè l’hai fatto Hana, perchè mi hai lasciato?”

 

 

Pow Rukawa.

 

Ecco gliel’ho chiesto.

Anche se temo la sua risposta.

Anche se ho il terrore che mi dica che è colpa mia.

Gli ho appena detto che voglio andare con lui.

Non mi importa se andrà all’inferno o in paradiso.

Non mi importa se dopo non c’è più niente.

Voglio stare con lui.

Ora che ho assaggiato le sue labbra.

Ora che l’ho guardato negli occhi e stretto tra le mie braccia non potrei lasciarlo andare.

Non di nuovo.

“Lasciato?” mormora confuso.

 

 

Pow Hanamichi

 

“Lasciato?”

Io avrei lasciato la volpe?

Si riferisce al fatto che sono partito senza dire niente a nessuno?

“Mi avevano chiamato i miei...” cerco di spiegargli.

Lo vedo impallidire violentemente mentre il suo abbraccio diventa quasi una morsa.

Forse vuole soffocarmi.

“Kaede fammi respirare vuoi vedermi morto?” gli mormoro con un sorriso per cercare di alleggerire l’atmosfera che si è creata intorno a noi.

Lui spalanca gli occhi e mi lascia all’improvviso allontanandosi di qualche passo.

“Che....che cosa hai detto?” balbetta.

Oh cavoli era solo una battuta forse si è offeso.

Tuttavia non faccio in tempo a chiedergli spiegazioni che lui mi guarda tristemente e mormora “Hana tu sei morto”

 

 

EHHHHHHHHHHHHHH???

 

 

Ma dico si è bevuto il cervello???

Lo fisso con occhi sgranati e lui mi indica le rotaie.

“Ti sei suicidato buttandoti sulle rotaie dieci giorni fa” mi spiega con voce atona.

“Dei passanti hanno detto di averti visto mentre ti gettavi sotto il treno e poi la polizia ha trovato i tuoi documenti sul cadavere.”

 

Già il fatto che parli tanto è strano... ma quello che dice è assurdo!!!

 

“MA SEI IMPAZZITO??? TI SEMBRO MORTO IO???” gli dico battendomi dei colpetti sul petto perchè ha parlato con una tale serietà e convinzione che per un momento ha fatto venire dei dubbi anche a me.

Lui mi guarda corrugando la fronte, gli occhi gli scintillano per un momento poi scuote la testa con forza come per allontanare un pensiero molesto.

“Io... sono venuto al tuo funerale...” mormora

“Ho messo dei fiori sulla tua tomba...”

 

CHEEE?

MI HANNO PURE SEPPELLITOOOO????

 

Calma, calma, calma!

 

Comincio a passeggiare avanti e indietro sulla banchina cercando di trovare una spiegazione logica a tutto questo.

 

Punto 1: io sono vivo.

Mi tiro un pizzicotto per accertarmene dato che tutta questa storia comincia a farmi impazzire.

Mi faccio un  male boia.

Quindi riconfermiamo che uno, io sono vivo.

 

Punto 2: dei passanti mi hanno visto gettarmi sotto un treno dieci giorni fa.

Il giorno che sono partito per andare dai miei nonni.

Hmmm...

Quando sono arrivato io in stazione non ho sentito nessuno parlare di suicidi quindi deve essere avvenuto dopo.

 

Punto 3: hanno trovato i miei doc..

 

“MA CERTO!!!” esclamo tirandomi una manata in fronte prima di andare da Rukawa e afferrarlo per le mani.

“Quel ragazzo che mi ha rubato il portafoglio dieci giorni fa aveva i capelli tinti di rosso! E’ lui che si è buttato sotto il treno non io!” spiego.

Rukawa mi fissa per un secondo in silenzio incredulo.

“Ti ha rubato il portafoglio....?” sussurra a  malapena.

Annuisco con vigore “Io ho preso il treno subito dopo per andare dai miei nonni e lì non c’è il telefono così non ho potuto avvisare” gli spiego.

Ha gli occhi sempre più sgranati.

“Non... non potevi chiamare...” sussurra ancora più piano.

“Esatto!!” esclamo io con un sorriso a trentadue denti.

Solleva gli occhi blu su di me, sono bellissimi così carichi di confusione, dolore, gioia...

Mi perdo nella loro contemplazione senza notare il suo pugno che scatta.

 

 

Pow Rukawa

 

Non è morto.

 

E’ vivo.

 

E’ stato un equivoco.

Uno stupido...

Terribile...

Mastodontico....

Equivoco.

 

Lui non è morto.

 

Mi ritornano alla mente questi dieci giorni di dolore.

Il vuoto dentro di me.

Il funerale.

I fiori.

Le lacrime.

Non era lui.

Abbiamo pianto uno sconosciuto.

Lui.

Lui...

È vivo!

Hana è vivo....

 

MA IO L’AMMAZZO!!!!!

 

Mi guarda stupito massaggiandosi la mascella che spero di avergli rotto mentre mi fissa con occhi sbarrati.

“MA... ma...” balbetta.

“HAI IDEA DI COME ABBIAMO PASSATO QUESTI DIECI GIORNI???” tuono furioso.

“HAI IDEA DI COME MI SONO SENTITO QUANDO MI HANNO DETTO CHE ERI MORTO?” grido con tutto il fiato che ho in gola.

“DI QUELLO CHE HO PROVATO AL TUO FUNERALE!

KAMI HANA SONO DOVUTO ANDARE AL TUO FUNERALE!!!!”

“Hey non è mica colpa mia se un teppista mi ha rubato il portafoglio e poi ha deciso di buttarsi sotto un treno!” mi grida di rimando saltando in piedi.

“BRUTTO DEFICIENTE CHE NON SEI ALTRO E NON POTEVI CHIAMARE???”

“MA SE TI HO DETTO CHE NON C’ERANO I TELEFONI!!”

Ormai stiamo urlando tutti e due come ossessi.

Ma non mi importa, anzi, è un modo veloce ed efficace di sfogare tutto il dolore, tutta la disperazione.

E lui era vivo.

Vivo e ignaro.

Santo cielo anche gli altri sono convinti che sia morto!!!

Devo avvertirli così mi daranno una mano a pestarlo!!!!!

Mi fermo d’un tratto incredulo.

 

Ma che sto facendo?

 

Lui è vivo.

VIVO!!!!

E io...

Io perdo tempo a litigarci.

 

 

Pow Hanamichi

 

Un momento prima mi fissava incredulo, poi è diventato furioso, e ora mi sorride!

Alla faccia della volpe inespressiva.

E poi....

Miracolo...

Ride!

Rukawa Ride!!!

Forse sono morto davvero.

Kami che gran casino.

Comincio a ridere anch’io.

E ci ritroviamo seduti uno a fianco dell’altro mentre ridiamo come pazzi, piegati in due, mentre cerchiamo di riprendere fiato.

“Promettimi che non ti farai derubare mai più!” esclama tra una risata e l’altra asciugandosi gli occhi lucidi.

“Cercherò” gli prometto.

Lui mi mette un braccio intorno alle spalle e io avvicino il viso al suo.

Ci scambiamo un bacio colmo di dolcezza e della gioia del ritrovarsi.

Un pensiero improvviso mi attraversa la mente mentre mi stacco da lui.

“Ru...”

“Dimmi?” mormora accarezzandomi la mascella con la bocca.

E’ difficile fare una frase compiuta con lui così appiccicato ma devo capire una cosa.

“Quando tu prima hai detto che volevi venire con me...”

Lui solleva il capo e mi guarda.

“Eri convinto che io fossi morto giusto?” gli chiedo mentre il sospetto diventa sempre più forte.

Lui annuisce e io mi sento svenire.

“E tu... tu volevi venire con me?” gli chiedo incredulo.

Lui scuote le spalle con noncuranza come se non ci fosse niente di strano o di eccezionale.

“Ti amo” mormora e io mi accorgo che non gliel’ho ancora detto.

“Anch’io ti amo Kaede”

gli sussurro e vedo i suoi occhi scintillare mentre mi attira di nuovo a se per baciarmi.

 

 

Pow Rukawa.

 

“Ma... Kaede dobbiamo proprio farlo?” si lamenta.

Lo guardo serio annuendo.

“Ma...” mormora arrossendo.

“Suvvia non sarà così terribile” cerco di rassicurarlo accarezzandogli il volto con una mano.

Tira un sospiro piano  e poi annuisce.

“E va bene facciamolo” sussurra.

Io annuisco soddisfatto e prendo la cornetta del telefono.

Ci metto quasi mezz’ora ad avvertire tutti che li voglio a casa mia tra un’ora.

Non ho accettato rifiuti da nessuno.

Ho detto loro che era importante e che riguardava Hanamichi.

Ora siamo qui in salotto che aspettiamo che arrivino i nostri ospiti.

Non posso permettere che nessuno soffra un minuto di più per questo stramaledettissimo malinteso.

Mia sorella e mia madre si sono messe a svuotare il frigo e quella che doveva essere solo una riunione per dare delle spiegazioni rischia di diventare una festa.

Figurati se mia sorella perde l’occasione!!

Si è fatta raccontare le storia da Hanamichi due volte e non la smetteva più di ridere le disgraziata!

Ho dovuto imbavagliarla per non correre il rischio che gli raccontasse in che stato mi ero ridotto quando ho saputo che era morto. Anche se penso che aver visto la mia faccia in stazione gliene abbia dato un’idea.

Il campanello suona proprio mentre mia madre mi carica le braccia di vivande e senza pensare alle conseguenze Hana si alza e va ad aprire.

Sento un grido di terrore provenire dall’ingresso e mi precipito in tempo per vedere un imbarazzatissimo Hanamichi che fissa Haruko svenuta tra le braccia del fratello che è pallido come uno spettro.

“Hana maledizione!” lo rimprovero.

Mentre faccio entrare i due e Naoko e mia madre recuperano i sali per Haruko.

Ma questo non è nemmeno il peggio.

Ryota e Mistui restano congelati per tutto il tempo delle spiegazioni di Hana prima di fiondarsi contro di lui, non ho ancora capito se per picchiarlo o per abbracciarlo dato che le loro pacche sono decisamente forti.

Nobunaga per poco non sviene tra le braccia di Maki, mentre Kogure lo abbraccia con foga.

Ayako gli si appiccica addosso come una seconda pelle ma quello che ci stupisce più di tutti è Akira che si butta tra le sue braccia cominciando a piangere.

Non mi piace affatto questa sua reazione.

Assomiglia un po’ troppo alla mia!

Non vorrei che il porcospino avesse delle mire.

Comunque devo passare quasi tre ore a guardare tutti che si abbracciano e coccolano il MIO Hanamichi mentre io devo starmene in disparte a guardare.

Il mio autocontrollo vacilla pericolosamente.

Alla fine tuttavia riusciamo a liberarci della marmaglia e Hanamichi trova anche il tempo di chiamare la centrale di polizia per avvertirli dell’abbaglio.

Domani si dovrà recare in pretura e dare un sacco di spiegazioni.

Per stasera, con mio sommo dispiacere, dovrà restare a dormire qui dato che il suo appartamento è stato sigillato.

Quando me l’ha detto gli occhi devono essermi scintillati in maniera inequivocabile perchè è arrossito di colpo.

Gli stendo un futon accanto al mio mentre lui gironzola per la mia stanza sbirciando gli oggetti che l’arredano.

“Hai finito di curiosare do’hao?” gli chiedo afferrandolo per la vita e facendolo sedere con me sui futon stesi vicini.

“Sei una volpaccia ricca non lo sapevo” dice con un sorriso malizioso voltando il capo per scoccarmi un bacio dispettoso sulla punta del naso.

“Kaede?” mormora dopo qualche minuto.

“Hn?” gli chiedo facendo scivolare le mani sui suoi fianchi dolcemente.

Lo sento rilassarsi nel mio abbraccio.

“Che cosa avresti fatto senza il mitico tensai eh?” mi chiede con un sorriso a trentadue denti.

Ma quanto è sciocco!!

“Do’hao!” mormoro.

“Baka kitsune come osi!!” tuona lanciandosi contro di me.

Cominciamo a suonarcele come al solito.

Avevo immaginato di rotolarmi tra le lenzuola con lui ma non era esattamente questo che avevo in mente.

Riesco a bloccarlo sotto di me e mi rendo conto improvvisamente che siamo a letto, che sono sopra di lui, che i nostri visi sono vicini, i nostri corpi a contatto.

“Non lo so davvero” mormoro rispondendo alla sua domanda.

Che cosa farei senza di lui?

Non lo so.

Non mi va di pensarci.

Perchè io non lo lascerò mai.

E non gli permetterò di lasciarmi.

E’ un do’hao.

Ma è il mio do’hao.

Questo soltanto conta.

Nient’altro.

 

 

Fine....                                                                                                          

 

 

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