Il Ladro 2                                Back to FanFic  Back to Home

Pow Hanamichi

 

L’acqua scivola sul mio corpo nudo in una lenta, liquida, carezza.

Sale lungo le gambe sfiora la mia pelle.

Passa le sue dita invisibili sul mio corpo come un’amante esperto.

Che strano pensiero.

Akira mi sta contagiando!

La cosa è preoccupante.

Guarda te a cosa vado a pensare...

Un’amante.

Cosa ne so io di amanti?

Ben poco a dir la verità.

Ho cominciato ad avere un certo successo con gli uomini solo una volta giunto all’università, però con loro non so come rapportarmi.

Insomma come ci si comporta in un rapporto a due?

I mie corteggiatori mi guardano e si aspettano che io sappia già tutto.

Non ho capito perchè secondo loro l’avere i capelli rossi e una pelle dorata comporti automaticamente che io sono andato a letto con un sacco di gente.

Uno scultore poi, che si trova a lavorare con modelli nudi... chissà quanti se n’è passati... mi sono più volte sentito dire con tanto di sguardi maliziosi e occhiate lascive.

E’ così impossibile da credere che io non abbia provato il desiderio di farmeli?

Ok, bugia, il desiderio c’era, ma io non sono persona da portarsi a letto uno così, tanto per sfogarsi o per passare la serata.

Ho ancora quelle fantasie di qualcosa di speciale, del bel misterioso che rapisce la sua amata... oddio parlo come mia sorella.

Lei e tutti i suoi stramaledettissimi romanzi rosa.

Il verso di un gufo, lontano tra gli alberi mi riscuote dai miei pensieri.

Stasera non voglio pensare a queste cose deprimenti.

Stasera mi lascerò cullare dall’abbraccio di queste acque azzurre che mi scivolano addosso con tanta riverenza.

Non posso fare a meno di socchiudere le labbra e liberare un gemito mentre getto il capo indietro, inarcando il corpo per offrirlo alla dolce violenza della cascata.

Le piccole gocce d’acqua battono infinite sul mio petto, si rincorrono sugli addominali, scivolando veloci lungo le gambe.

Mi sento strano.

 

Forse è il profumo di queste dannate piante esotiche.

Forse è che sono solo, in una piscina d’acqua cristallina su cui riverbera la luna in una marea di scintillii argentei.

Forse è colpa di quella maledetta scultura che Akira mi ha commissionato.

 

Mi sento... teso.

 

C’è qualcosa in questa notte..

Qualcosa nel modo in cui le ombre danzano quando la brezza scuote le chiome degli alberi....

Qualcosa che mette all’erta il mio istinto, risvegliandolo.

 

Mi passò una mano tra i capelli bagnati spingendo le ciocche gocciolanti, all’indietro, sondando l’oscurità.

Il vento scivola sulla mia pelle bagnata strappandomi un piccolo brivido a cui il mio corpo reagisce in maniera inaspettata.

Sento i capezzoli indurirsi, il mio membro tendersi.

Non capisco che mi sta succedendo.

E come... come se la notte mi stesse guardando con occhi scintillanti di desiderio.

Li sento su di me, che scivolano sul mio corpo, soffermandosi, lì dove sono più sensibile, quasi fossero un tocco reale.

 

E sotto il loro dominio il mio corpo si scalda.

 

Lentamente, dotata di vita propria, la mia mano scivolava sui miei addominali e poi precipita giù tra le mie gambe.

Gemo e il vento scuote le fronde più forte, quasi a farmi da eco.

I fiori variopinti danzano sulle rive della piscina spargendo i loro pollini dorati dal profumo inebriante.

Socchiudo le palpebre appoggiandomi al bordo della vasca mentre lentamente la mia mano comincia il suo lento massaggio.

La luce soffusa delle lampade, che illuminano il giardino, disegna aloni dorati che vanno offuscandosi ai miei occhi, annebbiati dal desiderio che sale, spiraleggiando, dentro di me, come un lungo rettile di fuoco che striscia sul mio corpo.

Ansimo piano spingendo in avanti i fianchi, alla ricerca della mia stessa mano e l’acqua s’increspa ad ogni mia piccola spinta, disegnando cerchi concentrici che si allargano per poi infrangersi contro il bordo di pietra dura, disegnando nuovi arabeschi nell’acqua trasparente.

Allargo di più le gambe mentre il piacere monta dentro di me strappandomi il respiro obbligando i miei fianchi e la mia mano ad accrescere il ritmo e la forza delle spinte.

E poi d’un tratto, con un unisono ansimo, la luce dei piccoli lampioncini del giardino si spegne.

Che cosa può essere successo?

Che ci sia un congegno a tempo che ad una certa ora toglie la corrente?

Oddio e se fosse tornato Akira?

Se mi trova così nella sua piscina sono guai.

Sto per muovermi quando lo sciabordio dell’acqua mi avverte che non sono solo.

Merda lo sapevo!

Bhe il buio va a mio favore dato che così non noterà il mio stat...

 

KAMI!

 

Ero troppo perso nei miei pensieri e a cercare di abituare gli occhi al buio per rendermi conto di quanto lui si fosse avvicinato.

E’ stato silenzioso come un gatto!

 

Dovrei muovermi.

Dovrei dirgli di lasciarmi andare.

Dovrei...

 

Però....

 

La sua mano sinistra poggia leggera sul mio fianco.

Non sta cercando di trattenermi in nessun modo eppure...

 

Non posso muovermi.

 

Perchè l’altra mano...

La sua mano destra...

 

Quella è scivolata tra le mie gambe e sta... mi sta...

 

Ansimo piegando il capo all’indietro.

No, no, no, non devo!

Ho già chiarito il concetto con Akira una volta.

Niente sesso tra me e lui.

 

Oh kami!

Gemo e tremo.

Non è possibile, non sta facendo niente di diverso da quello che ho appena interrotto io eppure...

 

Eppure...

 

Il suo petto ampio, muscoloso, è un comodo giaciglio per la mia schiena.

La sua mano sinistra scivola delicatamente sulla mia pelle, la sua carezza è lenta e riverente, ipnotica, così differente da quella della sua sorella che spinge sul mio membro con forza, quasi volesse strapparmi l’anima.

Grido, aggrappandomi alle sue braccia perchè le gambe oramai faticano a sorreggermi.

“Shhh.... buono tesoro...” mi soffia all’orecchio piano e io non posso che rabbrividire quando il suo alito caldo mi accarezza la gola bagnata.

 

Ma... un momento!

Questa non è la voce di Akira!

 

Calmo, devo stare calmo e allontanare questo...

Questo...

 

I miei pensieri si annullano quando lui mi stringe con forza a se e sento il suo membro teso premere tra le natiche.

Fermatelo.

Qualcuno lo fermi perchè io non posso.

 

Sento il calore del suo corpo.

Sento il suo respiro leggermente affrettato sul collo.

Sento la forza e l’urgenza delle sue mani su di me.

 

Mi desidera.

 

Questa constatazione rovista il mio animo mandando una lunga scarica elettrica attraverso il mio corpo.

“La.. lasciami” mormoro in un disperato tentativo di recuperare il controllo della situazione.

Accidenti mi sto facendo masturbare da un perfetto sconosciuto.

Bravo.

Un dio con le mani...

Ma pur sempre uno sconosciuto!

 

Devo fermarlo.

Devo...

Dovrei...

 

Forse....

 

“Rilassati non ti farò male...” mi mormora piano quasi avesse avvertito il conflitto interiore che mi dilania.

Kami è così dolce la sua voce, così premuroso il modo in cui mi sorregge contro di se.

Tutto questo non ha senso.

Non ha logica.

 

Ma non m’importa.

 

Non importa nulla ora.

Reclino il capo sulla sua spalla allargando le labbra per lui.

 

Amami.

 

Non fare sesso con me.

Amami, come sento che puoi fare.

Come il mio istinto mi grida di lasciarti fare.

 

Il battito del mio cuore accelera paurosamente mentre la sua mano scivola con più forza, sempre più giù, e il mio corpo tra le sue mani vibra mentre il mio respiro si spezza sempre più in fretta.

Lui abbassa il viso sul mio e prende a deporre piccoli, dolci, baci sulla mia pelle.

Sento la sua lingua scivolare sulla mia gota, scendere lungo la mandibola e il collo.

Sposto il capo per lasciargli più spazio, ormai completamente in sua balia e sento le sue labbra inseguire la scia di una goccia d’acqua, lucente sotto il riverbero della luna, sulla mia pelle, catturandola.

Socchiude le labbra e la succhia piano, bevendola, prima di riprendere a dissetarsi sulla mia pelle.

Un brivido bollente mi scivola elettrico lungo la spina dorsale mentre il mondo dinanzi a me esplode e io grido, grido sciogliendomi nella sua mano, accasciandosi senza fiato e forze contro il suo petto.

 

Kami cosa ho fatto?

 

Lui mi fa voltare delicatamente, ha la luna alle spalle e posso vedere solo la sua sagoma nera, a malapena scorgo qualche ombra più scura sul suo viso.

Allungo una mano lentamente e con dita leggere, delineo i suoi lineamenti.

 

E’ bello.

Di più... è bellissimo.

Non credo di aver mai visto una creatura con una tale bellezza.

Forse è uno di quegli spiriti della notte di cui si legge nelle favole.

Forse è uno yoko, uno spirito volpe, venuto a rubare qualche tesoro ai Sendoh.

Questo pensiero mi fa trasalire riportandomi bruscamente alla realtà.

 

La Volpe.

 

Possibile?

Possibile che lui sia...?

 

Ma non mi lascia il tempo di fare domande.

Mi attira a se, affamato, la sua lingua spinge sulle mie labbra con urgenza e io non riesco a negargli l’accesso.

Stringo le braccia al suo collo mentre le sue mi cingono i fianchi facendo aderire i nostri ventri.

Il suo sesso è teso e bollente contro il mio, sento la forza e il calore della sua tensione.

Spinge un ginocchio tra i miei, facendomi allargare le gambe mentre mi conduce contro il bordo della vasca.

Mi ci appoggio troppo preso dalla foga del bacio per rendermi davvero conto di quello che sta succedendo.

 

E’ tutto così irreale, così incredibile.

 

La sua mano destra lascia la mia vita per scivolare lungo la mia schiena fino a scendere tra le natiche.

 

Aspe... aspetta un momento... non vorrà mica...

 

Tutti i miei pensieri vanno in frantumi quando lui mi penetra con il primo dito.

 

Vuole eccome!!

 

Ansimo pesantemente staccandomi dalle sue labbra, irrigidendomi contro di lui.

“Che cosa c’è?” mi soffia sulla bocca, con voce roca, maliziosa, prima di leccarmi le labbra gonfie con dolce insolenza.

“Stupida volpe!” ringhiò cercando di divincolarmi dal suo abbraccio.

 Ma lui non sembra della stessa opinione perchè mi sbatte contro il bordo della piscina chiudendomi di nuovo la bocca con la sua.

 

Se crede che gli lascerò fare....

 

Comincia a muovere il dito dentro di me mentre il suo ginocchio si solleva un po’, tra le mie gambe, per strofinare contro il mio sesso nuovamente teso.

Gemo nella sua bocca spingendo inconsciamente il ventre contro la sua gamba e lui aggiunge un secondo dito al primo strappandomi il respiro.

 

Kami... è... è.... piacevole.

 

Comincia a massaggiarmi, cercando evidentemente di allargarmi, mentre stacca le labbra dalle mie per scendere a baciarmi il petto.

La sua lingua scivola sinuosa sui miei muscoli e sento la sua mano sinistra scendere tra le gambe, nuovamente, mentre la bocca si sofferma a torturare un capezzolo.

Lo sospinge piano con la lingua come ad incitarlo ad alzarsi per lui, mordicchiandolo poi con i denti quando alle sue premure il mio corpo s’inturgidisce per lui.

 

Sto andando a fuoco.

Non capisco più niente.

Mi sembra di avere le sue mani, la sua bocca, la sua lingua, da per tutto.

 

I suoi fianchi strusciano contro i miei e l’acqua s’increspa attorno a noi aggiungendo la sua stimolazione a quella delle sue mani.

Sto per venire di nuovo, contro di lui quando le sue dita abbandonano il mio corpo e io non posso fare a meno di lasciarmi sfuggire un gemito di protesta.

Giurerei di vederlo sorridere se la luce non fosse così poca mentre mi mette entrambe le mani sui fianchi e con l’aiuto della pressione dell’acqua mi solleva facendomi sdraiare sul prato, che circonda la piscina, le mia gambe ancora immerse nell’acqua.

Rimango a fissarlo, immobile, così, totalmente vulnerabile al suo sguardo e lui torna ad abbassare il volto su di me, solo che questa volta la sua bocca scende sugli addominali e poi giù, sempre più giù.

Lanciò un grido che temo avranno sentito fino in centro quando mi prende in bocca mentre le sue mani scivolano a cingermi le natiche.

Me le separa aiutandomi a spingere il ventre contro la sua bocca, allungando la lingua per stuzzicarmi, stringendo le labbra sul mio sesso turgido, facendomi impazzire.

Stavolta nemmeno sento le due dita che scivolano di nuovo dentro di me, ne aggiunge poco un dopo un terzo, dell’altra mano, cominciando a spingerle in me con lo stesso ritmo con cui mi spinge dentro di lui.

Le mie mani corrono ad aggrapparsi agli steli d’erba, mi ci ancoro con disperazione mentre, ad ogni affondo del mio membro nella sua bocca, violente scariche elettriche sconquassano il mio corpo, attraversandomi con furia, per poi esplodere fuori dalle mie labbra in grida che mi spezzano il respiro ormai impazzito.

Vengo nella sua bocca per la seconda volta in questa notte assurda mentre l’onda dell’orgasmo sbatte il mio corpo in un’ultima violenta contrazione che mi lascia poi ricadere sfinito tra l’erba umida.

 

Kami....

 

Sento vagamente, molto lontano, quasi completamente coperto dal battito assordante del mio cuore, il suono dell’acqua che gocciola sul suo corpo mentre lui esce dalla piscina.

Mi spinge completamente tra l’erba, in mezzo a questi fiori dal profumo esotico, salendo gattoni su di me e la luna brilla sulla sua pelle rivelandola candida, quasi argentea al mio sguardo confuso.

Lo sento sdraiarsi su di me, accarezzarmi le gambe con le mani nel divaricarmele.

Sollevo stancamente le braccia stringendogliele al collo, affondando il volto nella sua spalla.

“Fallo...” gli sussurro con voce che stento a riconoscere come mia tant’è roca.

E lui mi accontenta, inarcando il bacino, penetrandomi con un unica spinta che lo pianta in profondità nel mio corpo.

Stringo le braccia con forza, mordendogli la spalla, nel tentativo di soffocare il grido di dolore che mi ha scosso.

“Scusa...” mi soffia piano lui, all’orecchio, e io non posso fare a meno di sorridere piano.

Così dolce la mia volpetta.

“Dovrai farti perdonare...” ansimo con fatica, baciandogli delicatamente la guancia per scendere poi a cercargli le labbra.

Ci scambiamo un lungo, lento, bacio mentre lui attende che il mio corpo si rilassi.

Le prime spinte fanno male ma il dolore si attenua velocemente, sommerso ben presto dal piacere che monta di nuovo dentro di me.

Credevo che dopo l’orgasmo che mi aveva strappato prima non avrei più provato niente di così devastante...

 

...mi sbagliavo.

 

Sentirlo muoversi dentro di me, sentire il suo calore strofinare nel mio corpo, il suo ventre sfregare contro il mio sesso, le sue mani accarezzare la mia pelle, la sua lingua intrecciarsi con la mia.... è più di quanto io possa sopportare.

Il piacere diventa la mia unica realtà mentre i suoi gemiti si uniscono ai miei finchè lo sento gridare e il mio corpo viene sconvolto dalla nuova, incredibile sensazione del suo sperma che mi scivola dentro.

Nel sentire quel liquido bruciante esplodere in me mi libero di nuovo contro il suo petto prima di perdere i sensi.

 

 

 

 

“E così la Volpe ha colpito di nuovo” mormorò Yohei pensieroso e Hanamichi sperò disperatamente che il suo volto non stesse assumendo una colorazione aragosta.

Quando si era svegliato era ancora in giardino, premurosamente coperto con un plaid, accanto a lui il piccolo biglietto da visita della Volpe.

Aveva avuto appena il tempo di darsi una sistemata e ritornare in casa che Akira era tornato dalla discoteca.

Se non fosse stato così scombussolato avrebbe pensato bene di nascondere il biglietto del ladro ma era ancora sottosopra e Akira, che era andato a salutarlo, notando la porta dello studio aperta, lo aveva notato subito.

Risultato: i giornalisti avevano riempito le prime pagine con la nuova bravata della Volpe che però, questa volta, sorpresa sul fatto, da lui, era fuggita prima di riuscire a rubare qualcosa.

 

Questa almeno era la versione ufficiale della storia.

 

In realtà la Volpe qualcosa aveva preso, pensò Hanamichi passandosi una mano tra i capelli rossi, con nervosismo.

E non si riferiva solo al suo corpo.

Si fosse limitato a quello...

 

Il problema era il cuore.

 

“E tu proprio non l’hai visto?” gli chiese Mito curioso, riscuotendolo bruscamente dai suoi pensieri.

“Era molto lontano ed era buio pesto” ripetè il rossino per l’ennesima volta.

In verità la Volpe non era poi così lontana... gli fece notare la sua coscienza, con malizia.

Tuttavia non mentiva nel dire che non aveva visto il suo volto anche se non era vero che non avrebbe potuto riconoscerlo.

Lui era uno scultore, era abituato a modellare le cose con le mani ed era sicuro che sarebbe stato in grado di riconoscere il suo corpo, il suo volto.

“Oh ecco siamo arrivati!” interruppe i suoi pensieri Yohei, indicandogli un’ampia, lussuosa villa.

“Questa è la casa di Kaede Rukawa, ha chiamato ieri e ha detto che voleva commissionarti una scultura in marmo” disse all’amico e Hanamichi annuì con il capo.

“Passo a riprenderti tra un’oretta ok?” chiese Mito mentre il rossino si chiudeva la portiera dell’auto alle spalle.

“Ok, ti aspetto qui davanti” gli rispose questi avviandosi per l’ampio vialetto mentre il moretto spariva lungo la strada principale.

 

Era ricco quel Rukawa, la sua casa era quasi più grande di quella di Akira, pensò lo scultore mentre si avviava lungo il viale d’ingresso.

Era così preso a guardarsi attorno da non notare che il padrone di casa era immobile, sulla soglia e lo fissava.

E nell’incontrare quegli occhi blu il rossino si sentì percorrere da un brivido.

 

Un lungo, caldo, brivido terribilmente familiare.

 

Kaede Rukawa era bello.

Bello da togliere il fiato.

Con quei capelli neri come una notte senza luna.

Con quegli occhi blu, insondabili come l’oceano.

Con quella pelle candida come neve.

 

Fugacemente si chiese se nel toccarla l’avrebbe trovata altrettanto fredda o se si fosse rivelata tiepida e profumata come un petalo di rosa.

 

Il suo corpo pareva già conoscere quella risposta.

Come se conoscesse già anche quella pelle.

 

Hanamichi si riscosse da quei strani pensieri notando che Rukawa lo guardava in modo... in modo... strano.

Sotto quello sguardo blu si sentiva improvvisamente accaldare.

E di nuovo tornò quella sensazione.

 

La stessa sensazione.

 

S’impose di riscuotersi chiedendo con voce leggermente incerta quale fosse il soggetto che Rukawa voleva che lui rappresentasse.

Il moretto, che nel frattempo lo aveva accompagnato fino allo studio, gli mostrò un enorme, magnifico, blocco di marmo rosa dalle venature dorate.

Era il più bel materiale che avesse mai visto.

Il suo colore era incredibile, i giochi di luce che i raggi solari traevano su di esso, erano già di per se un’opera d’arte.

 

“Tu...”

 

“Co.. cosa?” boccheggiò Hanamichi che incantato dalla bellezza di quel materiale non aveva prestato attenzione alle parole del suo commissionario.

Rukawa gli si avvicinò lentamente, con grazia, allungando una mano candida per sfiorargli una guancia.

 

Il suo tocco.

Quel calore...

...li conosceva...

 

“Il soggetto della scultura sarai tu...” ripetè il volpino con sguardo indecifrabile.

 

“Ti voglio intrappolato, nella pietra, per me, in eterno.” Sussurrò strappandogli il fiato dai polmoni.

 

 “Tu sei decisamente la cosa più preziosa che io abbia mai ‘preso’” continuò Rukawa con una luce profondamente maliziosa negli occhi nel sottolineare l’ultima parola.

“Baka kitsune!” esplose il rossino arrossendo violentemente strappandogli un piccolo, dolce, sorriso divertito.

“Do’hao...” mormorò piano prima di chinarsi sulle sue labbra, intrappolandogliele in un lungo bacio.

La sua carriera di ladro era finita.

 

Era andato per rubare ed era stato derubato.

 

Ma non aveva importanza perchè ora, ora, aveva una nuova eccitante sfida tra le braccia, che lo avrebbe tenuto impegnato per tutta la vita.

 

Fine....                                                                                            

 

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