Desire 1                                                                                                                    Back to FanFic  Back to Home

 

Accidenti a mia sorella e a quelle oche delle sue amiche!

 Imprecò mentalmente Rukawa per l’ennesima volta mentre si faceva strada nel locale affollato alla ricerca della sorella. Non appena era entrato la musica lo aveva assordato e gli ci erano voluti parecchi minuti per abituarsi alla penombra del locale.

Si guardò intorno confuso alla ricerca della capigliatura bruna della sorella.

Dove accidenti si era cacciata.

Un bel ragazzo con un paio di pantaloni neri attillati e una camiciola bianca aperta sul petto muscoloso gli venne incontro sull’ingresso e gli lanciò un’occhiata dall’alto al basso prima di sorridergli gentilmente.

“Se cerchi i camerini sono lì dietro!” gli disse alzando la voce per farsi sentire sopra il frastuono che usciva dalle casse del club.

Rukawa si affrettò a scuotere il capo. “Cerco il tavolo a nome Osada” il ragazzo parve un attimo stupito e poi annuì. “Oh capito sei un accompagnatore allora. E’ quel tavolo la infondo. Proprio sotto il palco”

Rukawa annuì allontanandosi.

Avrebbe fatto pagare anche quella alla sua amata sorellina.

Un accompagnatore lui?

Possibile che la migliore amica della sorella doveva andare a festeggiare l’addio al nubilato proprio in un locale simile? Quando era arrivato davanti all’entrata e aveva visto l’elegante scritta “Desire” sopra l’entrata si era sentito morire.  L’aspetto intimo ed elegante del locale non faceva che metterlo ulteriormente a disagio. Sussultò avvertendo qualcuno che gli accarezzava il fondoschiena e si voltò di scatto solo per incontrare due occhi luminosi dallo sguardo adorante di una donna sui trenta che sollevò il bicchiere in sua direzione in segno di brindisi.

Rukawa strinse la mascella imponendosi di mantenere la calma e mettendo a frutto tutta la sua abilità di giocatore dribblò i vari tavoli cercando quello indicatogli dal cameriere.

Ma proprio in un locale di spogliarellisti quella porcona doveva organizzare la sua festicciola? Compativa il poveretto che se la sarebbe sposata.

Si guardò attorno esasperato aveva ormai fatto il giro del locale senza riuscire a scorgere la sorella.

Ma dove diavolo si era cacciata?!

Se almeno i suoi non avessero avuto quell’importante cena di lavoro, sarebbero andati loro a recuperare la pecorella perduta. E invece no! Proprio quella sera sarebbero rientrati tardissimo e così avevano dato al fratello maggiore il compito di recuperare la piccola peste.

Finalmente Rukawa riuscì ad intravedere la testa bruna della sorella.

Proprio come gli avevano detto era esattamente sotto l’ampia piattaforma su cui si esibivano i ballerini.

Per fortuna che ora era vuota.

Gli mancava solo di doversi sorbire qualche spettacolino.

Le si avvicinò a passo di marcia con un aria tutt’altro che amichevole. “Fratellino!!” trillò la ragazza ignorando allegramente il suo sguardo di ammonimento e trascinandolo di viva forza su una delle sedie imbottite di velluto rosso. “Ti presento Lucy, Anny, Ro….” E continuò elencando il nome delle ragazze sedute al tavolo che non appena lo avevano squadrato gli avevano incollato gli occhi addosso come delle ventose.

Un altro cameriere si accostò al tavolo portando altre bevande e prendendo i bicchieri vuoti.

Dovevano aver bevuto parecchio a giudicare dal numero di ombrellini allineati sul tavolinetto di legno.

Il ragazzo biondo lanciò un’occhiata di apprezzamento a Rukawa che fece ridere la sorella.

“Hai fatto colpo!” gli disse tirandogli una gomitata nelle costole.

Rukawa scattò in piedi afferrando la sorella per un braccio senza tanti complimenti.

“E’ ora di andare a casa signorina. Il taxi ci sta aspettando fuori” disse gelido alla sorella che mise immediatamente il broncio come una bambina.

“Di già? Ma non è ancora mezzanotte! Non hanno ancora cominciato gli spettacoli!” protestò la ragazza ma non ebbe modo di finire la frase che nel locale la musica cessò di colpo mentre tutta la sala piombava nel buio e solo una piccola luce rimaneva ad illuminare il centro del palco.

Perfetto ci mancava solo quella!!!

Una serie di sospiri e gridolini eccitati si sparse per la sala mentre le signore presenti attendevano ansiose la comparsa dello spogliarellista.

“Senti Cleo non ho intenzione di stare qui un minuto di più…”

“Sssst!!!” lo rimproverò la sorella gli occhi puntati sul palco le gote arrossate dall’eccitazione e dal calore del locale affollato.

Rukawa sospirò sprofondando nuovamente nella poltroncina.

Fantastico. Veramente fantastico.

 Ponderò l’idea di andarsene ad aspettarla fuori ma il locale era immerso nella totale oscurità se non si considerava la zona del palco e la sola idea di poter finire contro una di quelle donne assatanate al buio gli metteva i brividi. Sospirò imponendosi di aspettare la fine dello spettacolino pietoso che sarebbe seguito.

 

Il tintinniò di alcuni campanelli risuonò leggero nella sala distogliendolo dai suoi pensieri mentre il brusio che aveva seguito lo spegnersi delle luci si sedava. Se adesso usciva un ragazzo vestito da odalisca che si metteva a fare la danza dei sette veli buio o non buio se ne sarebbe andato a costo di camminare sopra i tavolini. Leggero il suono di un flauto emerse lentamente dalla penombra scivolando sinuoso come uno spettro tra i tavoli divenuti silenziosi. L’aria era densa di quel suono limpido e caldo mentre tutti gli occhi erano puntati sulle piccole luci rosse che andavano accendendosi sul palco. Dalle casse sparse per il locale giunse il suono di un tamburo. I singoli colpi vibravano nell’aria densa rimanendo sospesi per alcuni secondi prima di spegnersi. Come il pulsare di un’enorme cuore. Pensò il volpino mentre i suoi occhi si abituavano a quella semi oscurità. Al centro del palco proprio dinanzi a loro una piccola botola si aprì sul pavimento con un leggero suono metallico. La musica crebbe leggermente di intensità aumentando il ritmo mentre dal pavimento emergeva, avvolta dal vapore, una lunga cabina di vetro. Le ombre danzarono mentre i cinque piccoli faretti disposti a cerchio al centro della piattaforma di legno avvolgevano con la loro aura soffusa l’ombra slanciata di un corpo maschile immobile all’interno di quella gabbia cristallina. Teneva le braccia alzate i palmi aperti delle mani appoggiati al vetro leggermente smerigliato del cono trasparente che, se permetteva una perfetta visione di quel corpo nudo, nascondeva però i lineamenti del ragazzo rendendo il suo volto vago.

 

L’immagine sfumata di un sogno

 

E quel pensiero da dove diavolo usciva?

Si chiese Rukawa mentre non poteva fare a meno di constatare che il ragazzo nella capsula aveva uno splendido corpo scultoreo con un’abbronzatura praticamente uniforme che lo faceva sembrare una statua d’oro fuso.

 

La musica cessò di colpo e le luci si spensero ma nessuno si mosse nella sala.

Con un moto di vergogna Rukawa si accorse che al pari della sorella anche lui stava trattenendo il fiato.

Immobile il ballerino tenne il capo chino in avanti attendendo le prime note.

Nuovamente il suono del flauto emerse dall’oscurità attorcigliando le sue spire attorno agli spettatori.

Un getto d’acqua scattò dal soffitto cadendo nel cono di vetro colpendo con le sue mille dita trasparenti la schiena abbronzata del ballerino che si flesse sotto quella gelida carezza inarcando la schiena mentre dalla sua bocca socchiusa sfuggiva un gemito rauco che risuonò per la sala come un urlo tanto era il silenzio che l’impregnava.

Lentamente al suono di quella musica avvolgente il ragazzo nella doccia cominciò a muoversi e dal buio della stanza riemerse nuovamente il battito delle casse. Un suono profondo che faceva vibrare l’aria satura del locale.

Lo spazio che il ragazzo aveva a disposizione nel cono di vetro non era molto ed ogni suo elegante movimento portava una parte del suo corpo muscoloso a scivolare sul vetro che andava appannandosi disegnando i muscoli torniti e imprimendoli sulla superficie imperlata d’acqua prima che questa si offuscasse nuovamente fornendo una nuova lavagna su cui puntualmente una parte di quel corpo perfetto andava incidendosi.  

Si muoveva lentamente con la forza e la grazia di un albero sospinto dal vento seguendo le poche note del flauto e l’incalzare del tamburo che rimbombava nella sala allo stesso ritmo accelerato dei cuori degli spettatori.

Il ragazzo fece scorrere le mani sul vetro disegnando intricati arabeschi con le dita come un bambino che si divertisse a disegnare sulla sabbia della battigia. I suoi movimenti erano così naturali, così innocenti. Sembrava perso in un mondo suo dove non esisteva che il suono di quella musica suadente.

Rukawa fissava quella scena immobile, il respiro accelerato in perfetta sincronia con il pulsare della cassa mentre i suoi occhi seguivano avidi ogni movimento, ogni frammento di quella pelle abbronzata che si strusciava contro il vetro a volte involontariamente a volte con gesti studiati ma sempre con lentezza e con un’eleganza pari a quella di un rettile.

E come il cobra affascinava con la sua danza le sue vittime così quel ragazzo teneva incollati su di se gli occhi di tutti gli spettatori.

La musica scivolava serpentina sciogliendosi nello scroscio dell’acqua e diventandone parte integrante mentre ogni altra sensazione veniva annullata.

Il ragazzo nella doccia respirava con le labbra socchiuse, il petto che si alzava e abbassava per lo sforzo di quella danza elegante aggiungendo i suoi ansiti alla musica che andava inesorabilmente crescendo mentre il ritmo della cassa diventava furioso e insostenibile…. e poi proprio quando stava per raggiungere il suo apice la musica cessò e l’acqua venne chiusa.

Nella sala ripiombò il silenzio rotto solo dal respiro affrettato del ballerino mentre il vetro appannato lasciava scorgere appena la figura immobile del giovane. Uno dopo l’altro i piccoli faretti rossi che ancora illuminavano il ragazzo si spensero finché non rimase che quello che lo illuminava da dietro, lentamente lo spogliarellista allungò il capo verso la parete di vetro che lo separava dagli spettatori e leccò la superficie trasparente facendo scorrere la punta della lingua sul vetro lasciando intravedere per una frazione di secondo due occhi roventi prima che anche l’ultimo faretto venisse spento con un click che rimbombò nella sala come uno sparo.

 

Le luci vennero riaccese pochi attimi più tardi, il palco ormai vuoto e nel locale riprese a suonare la musica che l’aveva assordato quand’era entrato.

 

Ma Rukawa ora non la sentiva nemmeno.

 

Si era eccitato, si era talmente eccitato a guardare quel ragazzo fare la doccia che aveva dovuto mordersi le labbra per trattenere i gemiti.

Il fatto che nella sala fosse esploso un boato di acclamazioni non lo toccava minimamente.

 

Il suo corpo gridava.

 

Gridava di desiderio per un altro ragazzo.

 

Scattò in piedi come una molla.

Furioso, per i suoi pensieri violenti, per la frustrazione che provava il suo corpo.

 

“Ti aspetto fuori fra dieci minuti” disse alla sorella e senza nemmeno salutare si diresse verso l’uscita del locale. Il suo sguardo gelido così freddo che nessuno osò mettersi tra lui e la porta.

Una volta fuori l’aria fredda l’aiutò a calmarsi anche se l’immagine di quel corpo sinuoso illuminato dalle luci rosse del locale proprio non voleva abbandonare la sua mente.

 

Rosse come il sangue che gli pulsava in fretta nelle vene.

 

Rosse come i riflessi che traevano su quella pelle dorata.

 

Rosse come i riflessi di fuoco che l’acqua catturava sui capelli bagnati.

 

Sussultò spalancando gli occhi.

 

Rossi.

 

I capelli di quel ballerino era rossi.

 

Rossi come quelli…

 

NO.

Che andava a pensare.

Figuriamoci se Mister 50 rifiuti poteva essere in grado di uno spettacolo simile.

Gli venne da ridere, e accantonò il pensiero in fretta guardando impaziente l’orologio.

Ma quanto ci metteva sua sorella.

 

“Kitsune che ci fai in un posto come questo?” Rukawa si voltò di scatto sentendosi gelare il sangue nelle vene.

Quella voce.

Quella voce calda.

“Sa.. sakuragi?” non poté fare  a meno di balbettare voltandosi per ritrovarsi davanti proprio lui.

Hanamichi in una semplice camicia marrone e un paio di jeans sdruciti.

I capelli ancora umidi.

Rukawa era così pallido che non si accorse del gesto spasmodico con cui il rossino aveva stretto i pugni.

 

No.

 

Non poteva essere vero.

 

“Che faccia sembra che tu abbia visto un fantasma” lo schernì il rossino sfoderando un sorriso divertito.

Peggio.

 

Molto peggio.

 

Ho desiderato fare l’amore con te.

 

 Ma Rukawa si riprese in fretta mormorando un “Hn” come risposta.

“Sto aspettando mia sorella, tu piuttosto che ci fai qui.” Gli chiese buttando lì la domanda come se non gliene importasse assolutamente niente ma trattenendo il fiato in attesa della sua risposta.

“Sto aspettando mio cugino, lavora qui” gli disse il rossino con una scrollata di spalle.

Rukawa quasi sorrise.

Ma certo che stupido che era stato.

Figuriamoci se lui poteva desiderare un Do’hao come Hanamichi.

Sicuramente anche il cugino aveva dei capelli rosso fiamma come i suoi.

Sicuramente era lui il ballerino che si era esibito quella sera.

 

“Bhe ti saluto volpe, vado a vedere se è uscito” disse incamminandosi verso un vicolo laterale che probabilmente dava sull’uscita dei camerini.

Per un secondo ebbe l’impeto di seguirlo per rivedere l’oggetto del suo turbamento ma l’uscita della sorella dalla porta principale lo fece desistere dal suo intento.

 

Era rimasto sorpreso nel trovare la volpe davanti alla porta del locale.

Anzi gli era quasi venuto un colpo.

Per fortuna che aspettava la sorella fuori e non dentro.

 “Ciao ragazzi noi andiamo!” salutò il ragazzo sorridente aprendo la porta di ferro che dava nel vicolo.

“Hey non venite a bere qualcosa con noi?” gli chiese un bel ragazzo biondo che ancora si stava rivestendo con un sorriso malizioso.

“E’ tardi Joe ci vediamo domani.” Il ragazzo sospirò platealmente prima di spostare lo sguardo su Hanamichi che era immobile accanto alla porta

“Ci mancherai tanto, sicuro di non voler il mio numero di telefono?” gli disse con un sorriso a trentadue denti.

“Joe giù le zampe!” lo rimproverò Il ragazzo moro chiudendo la porta con un sospiro e scatenando la risata argentina del cameriere.

“Ts, quello non capisce il significato della parola proprietà privata” disse ad Hanamichi che era arrossito.

Era così trasparente, la sua innocenza aveva una sensualità che aveva fatto impazzire le clienti del locale. E non solo loro. Sendoh si fermò a fissarlo prima di chinare il capo a sfiorare le labbra con le sue.

“Siamo in mezzo ad una strada!” protestò Hanamichi allontanandolo.

L’altro ragazzo rise “Ma dai chi vuoi che ci conosca qui” gli disse sorridente

“Ti sbagli Rukawa è proprio davanti all’entrata” commentò Hanamichi.

“Rukawa, davvero? Non sapevo che gli piacessero questo genere di spettacoli!!” disse sorpreso.

“Ma che dici! E’ venuto a prendere sua sorella” protestò il rossino avvampando.

“E tu che cosa gli hai detto?” gli chiese curioso.

“Che volevi che gli dicessi, ho inventato una balla. Gli ho detto che stavo aspettando mio cugino che lavorava qui”

L’altro rise “Sono diventato tuo cugino adesso? Bhe però è un peccato, ci avrei fatto un pensierino sulla volpe!” disse allegramente scuotendo le ampie spalle.

“Hentai!” lo rimproverò Hanamichi cupo.

“Sei geloso?” gli chiese Akira allungando una mano per sfiorargli il viso.

“Non dire idiozie!” scattò e Sendoh sospirò “Peccato” mormorò con una luce triste negli occhi castani.

“Stupido” mormorò il rossino avvicinandoglisi e affondando il capo nella sua spalla. Akira lo strinse dolcemente a se godendosi quel corpo caldo contro il suo prima di allontanarsi. “Dai ti accompagno a casa è tardi”.

 

Il taxi li lasciò dinanzi alla porta di casa e Rukawa aprì il cancelletto facendo entrare la sorella leggermente brilla. “Buona notte fratellino” lo salutò la ragazza coprendo uno sbadiglio con la mano candida prima di salire nella sua camera. Rukawa si diresse invece verso il bagno.

Aveva bisogno di una doccia.

 

Una doccia fredda.

 

Si liberò in fretta dei vestiti e si infilò sotto il getto. L’acqua gelida gli strappò un gemito che gli fece ritornare alla mente le scene viste nel locale. Il suono di quella musica calda i movimenti sinuosi di quell’essere perfetto. Chiuse gli occhi facendo scorrere le mani sul proprio corpo.

Era più forte di lui.

 

Non riusciva a smettere di pensarci.

 

Immaginò quelle mani abbronzate scivolare sulla sua pelle chiara come erano scivolate sulla superficie vitrea del box doccia. Il respiro gli si fece nuovamente affannoso e dovette appoggiarsi alla parete per rimanere in piedi mentre il piacere di quella visione mescolata al tocco della sua mano lo facevano tremare. Gli sfuggì un lamento dalle labbra e la sua mano cominciò a muoversi più in fretta mentre il rombo del suo sangue nelle orecchie si amalgamava al ricordo del battito furioso delle casse.

L’immagine di quella lingua che leccava il vetro in un unico movimento verticale.

Come se scivolasse lungo il suo membro...

Venne con un grido accasciandosi sul pavimento della doccia, il respiro affannoso, il petto che si alzava e abbassava velocemente.

 

“Kami sama…” non sapeva se l’aveva soltanto pensato o se l’aveva detto davvero ma non aveva importanza.

 

Era venuto sotto il getto gelido della doccia.

 

Era venuto pensando ad un altro ragazzo.

 

Si alzò lentamente e chiuse il getto d’acqua stancamente, uscendo dalla doccia e avvolgendosi nell’accappatoio candido. Lasciò i vestiti sparsi sul pavimento e si diresse alla propria camera da letto. Si stese sulle lenzuola con l’accappatoio ancora addosso i capelli bagnati che inumidivano il cuscino.

Il condizionatore ronzava ma lui aveva comunque caldo.

Era un’estate terribilmente afosa.

Bastava fare due passi all’aperto per sudare.

Forse era per quello che i capelli del rossino erano umidi.

Perché si era messo a pensare a lui?

Non riusciva a togliersi dalla mente quelle ciocche di fiamma.

 

E se fosse stato davvero lui?

 

No, ma cosa andava a pensare.

Però adesso che ci ripensava era arrivato proprio dalla parte dei camerini.

Se stava cercando suo cugino perché non si era direttamente infilato nel vicolo invece di andare fino all’entrata solo per poi tornare indietro?

Certo Hanamichi aveva un bel fisico, asciutto e muscoloso. Se n’era accorto durante gli allenamenti. Ma era troppo grezzo per muoversi in quella maniera elegante.

 

No, no e poi no.

 

Il volto di Hanamichi si sovrappose a quello di quel statuario corpo nudo, l’immaginò che danzava sotto la doccia per lui.

Lo immagino nel suo letto sotto di lui….

“Basta!” tuonò alzandosi di scatto e infilatosi i boxer gettò l’accappatoio su una poltroncina prima di infilarsi sotto le lenzuola e imporsi di dormire.

 

Il suono fastidioso della sveglia fece mugugnare il rossino che emerse sbuffando dal groviglio di lenzuola che era il suo letto alzandosi con uno sbadiglio. Si alzò stiracchiandosi prima di infilarsi in bagno sotto il getto di una rigenerante doccia fredda. Aveva tutti i muscoli intorpiditi. Finì di lavarsi e indossata la divisa scolastica scese le scale due a due giungendo in cucina. Mise due tost nel microonde mentre accendeva il fornelletto su cui scaldare il bollitore. Quando il te fu pronto lo versò in una tazza e la mise su un vassoio, presi i toast e ve li pose accanto sollevando poi il tutto e dirigendosi in equilibrio precario verso la stanza della madre. Bussò con un piede prima di abbassare la maniglia con il gomito ed entrare nella stanza. La donna a letto gli sorrise debolmente. “Ti ho portato la colazione mamma” le disse allegramente Hanamichi deponendo il suo prezioso carico sul comodino vicino al letto facendo attenzione a non rovesciare le confezioni con le medicine. “Grazie” mormorò la donna dai ricci capelli rossi sollevandosi lentamente e appoggiando la schiena ai cuscini. “Ormai potrei anche prepararmela da sola mi stai viziando” lo rimproverò ricevendo in cambio un sorriso tranquillo. “Il medico ha detto che devi riposare ancora un paio di giorni per essere completamente in forma e ricordati di prendere le medicine” la donna annuì con un sorriso “Sì capo” disse scoppiando in una calda risata e Hanamichi la ricompensò scoccandole un bacio in fronte. “Io vado a scuola, tu non affaticarti troppo ok?” La signora Sakuragi annuì e il ragazzo si diresse di corsa verso l’uscio.

Doveva sbrigarsi se non voleva fare tardi.

 

“Ciao Hanamichi!”

“Ciao Yohei” lo salutò di rimando il rossino con un sorriso radioso.

“Come sta tua madre si è ripresa dall’influenza?”

Hanamichi annuì “Il dottore dice che fra un paio di giorni sarà di nuovo in perfetta forma. Tutto merito del riposo e delle medicine” Yohei annuì. “Per fortuna che Sendoh ti ha trovato quel lavoro” gli disse scrutandolo attentamente in viso. Come sempre quando si toccava quell’argomento Hanamichi arrossì violentemente. Quando sua madre si era ammalata due settimane prima era stata una vera tragedia per la famiglia Sakuragi che aveva in lei l’unica fonte di sostentamento nonostante i lavoretti che Hanamichi faceva il sabato e la domenica. Per di più il medico le aveva riscontrato un brutta forma di infezione polmonare ed era stato necessario ricoverarla in ospedale. La malattia era facilmente curabile ma i medicinali erano terribilmente costosi. Hanamichi non aveva altri parenti in vita e nonostante l’aiuto delle famiglie dei suoi amici, che non navigavano certo nell’oro, erano riusciti a racimolare solo un terzo della somma necessaria. E poi Sendoh gli aveva detto che nel locale dove lavoravano avevano bisogno di qualcuno. Però l’amico si era categoricamente rifiutato di dirgli per che cosa. Gli aveva assicurato che non era niente di illegale e Yohei aveva smesso di fargli domande ma non riusciva trattenere la curiosità. Che lavoro poteva avergli trovato il porcospino per riuscire a far racimolare ad Hanamichi tanto denaro in così poco tempo. E poi da quando gli aveva trovato quel lavoro Hanamichi e Sendoh si vedevano sempre più spesso. Yohei aveva saputo che i due si erano trovati nello stesso luogo di villeggiatura l’estate precedente e che lì avevano rafforzato la loro amicizia. Sendoh era anche spesso uscito con l’armata Sakuragi nonostante abitasse abbastanza distante dal loro quartiere. Eppure per quanto la compagnia di Sendoh fosse piacevole Yohei aveva cominciato a notare gli sguardi che questo lanciava all’amico. Con il passare del tempo era stato chiaro che per Sendoh Hanamichi era molto più importante di un semplice amico e da quando due settimane prima era successa la disgrazia gli sembrava che anche Hanamichi avesse cambiato atteggiamento nei confronti del porcospino. Era diventato più affettuoso anche se ogni volta che gli chiedeva qualcosa cambiava irrimediabilmente discorso. “Hai fatto matematica mi sono dimenticato di finire gli esercizi” gli chiese Hanamichi cambiando argomento e facendo sorridere tra sé Yohei, anche stavolta non sarebbe riuscito a ottenere una parola di più da lui. “Sì, dopo te li faccio copiare”

“Grazie sei un’amico!” disse allegramente il rossino.

 

Hanamichi saltò infilando un perfetto slam dunk.

“Stai migliorando” si congratulò Myagi e Hanamichi rise soddisfatto “il Tensai non migliora è così di natura!” disse ridendo.

“Do’hao” commento una voce conosciuta alle sue spalle e Hanamichi si voltò verso di lui furioso.

“Che cosa hai detto stupida kistune!!” ruggì lanciandosi contro l’interpellato.

“Solo la verità.”

Com’era prevedibile i due vennero alle mani.

“Non sarebbe il caso di separarli” propose Mistui restando tuttavia immobile ad osservare con un sorriso divertito i due darsele di santa ragione. “L’unica soluzione sarebbe rinchiuderli” borbottò Akagi afferrandoli entrambi per la collottola e riportando l’ordine nella palestra. L’allenamento proseguì senza altri ulteriori intoppi anche se il gioco di Rukawa risultava stranamente distratto. Comunque perfetto, ma distratto. Come se ogni canestro gli venisse automatico mentre tuttavia pensava ad altro e quando tutti si diressero verso le docce rimase in palestra per continuare ad allenarsi. Non appena la porta alle spalle dell’ultimo giocatore si chiuse tuttavia Rukawa smise di palleggiare e rimase a fissare il canestro distrattamente. 

 

Doveva andare a cambiarsi.

 

La verità era che aveva paura di vedere Hanamichi sotto la doccia.

 

Aveva passato una notte insonne rotolandosi nel letto mentre immagini del rossino nudo popolavano i suoi sogni costringendolo a svegliarsi più volte in preda all’eccitazione.

Non gli era mai successa una cosa simile.

Che gli stesse accadendo con Hanamichi poi gli metteva i brividi.

Non era riuscito a trattenersi dall’insultarlo prima al solo scopo di irritarlo.

 

Voleva farlo arrabbiare.

 

Voleva le sue mani sul proprio corpo anche a costo di sentirle tramite i pugni.

 

Sospirò imponendosi di non essere ridicolo e gettata la palla nel cesto insieme alle altre si diresse con passo deciso verso gli spogliatoi.

 

Non era da lui comportarsi così.

 

Quando entrò nella sala docce tuttavia rimase senza fiato. Hanamichi coperto solo da un asciugamano stretto in vita si stava dirigendo proprio verso di lui per andare in spogliatoio e per la prima volta il volpino notò la forza che emanava quel corpo scultoreo. E poi Mistui lanciò contro Hanamichi la propria spugna opportunamente impregnata di acqua gelida colpendo il rossino in piena schiena.

Rukawa lo vide inarcarsi al contatto con quella superficie fredda.

Vide gli occhi del rossino allargarsi per la sorpresa.

 

I suoi capezzoli inturgidirsi.

 

Le sue labbra carnose socchiudersi.

 

Come una scena al rallentatorela mente di Rukawa registrò ognuno di quei piccoli particolari mentre dalle labbra del rossino sfuggiva un gemito roco di sorpresa.

 

“Mistui cretino è fredda” gridò il rossino furioso senza accorgersi dello sguardo sgranato della sua nemesi e del suo pallore mortale, voltandosi invece verso l’ex teppista dopo aver recuperato l’arma e lanciandogliela contro. Il ragazzo moro tuttavia schivò con facilità il siluro ridendo.

“Hai una pessima mira e in partita si vede subito!” lo sfotté.

“Prova a ripeterlo!” ruggì il ragazzo lanciandosi contro di lui.

“Finitela!” gridò Akagi “Ma guarda te con chi mi tocca avere a che fare” disse sospirando

“Filate a cambiarvi ho promesso all’allenatore che avrei chiuso la palestra presto stasera.”

Hanamichi si avviò borbottando verso lo spogliatoio ritrovandosi dinanzi un Rukawa immobile e inebetito.

“Hey volpino che hai da fissare?” gli chiese furioso aspettandosi un qualche commento pungente che con gran stupore di tutti non arrivò. “Hey Terra chiama Volpe. Volpe se ci sei batti un colpo!” lo prese in giro il rossino sventolandogli una mano dinanzi agli occhi blu. Rukawa si riscosse di scatto rendendosi conto che tutti gli occhi erano rivolti su di lui.

Senza una parola si voltò di scatto prese la sua borsa e uscì senza nemmeno cambiarsi. Andandosene con la divisa ancora dosso.

“Hey Baka kitsune ti sei dimenticato di cambiarti!!!” gli gridò dietro Hanamichi ma il volpino aveva già inforcato la bicicletta e senza nemmeno voltarsi era partito a razzo.

 

Non poteva cambiarsi.

 

E tanto meno poteva farsi una doccia perché se si fosse spogliato tutti si sarebbero resi conto del suo stato.

 

Imprecò tra sé accelerando il ritmo furioso delle pedalate ignorando lo sguardo sconvolto di chi lo vedeva passare per strada con addosso  solo la leggera divisa da basket.

Doveva assolutamente venire a capo di quella faccenda.

Doveva assolutamente sapere se era Hanmichi il ragazzo che aveva visto danzare.

Che cosa avrebbe fatto in seguito non lo sapeva.

Se ne sarebbe preoccupato dopo.

 

 

 

continua....

 

 

 

Scleri dell'autrice (che volete la teresina.... nd.Pippis)

 

H: >///////< Ma… ma… ma….

N: Sììììì ^^ C’è qualcosa che non va?

H: Non vorrai mica farmi fare lo spogliarellista adesso?

N: Perché no, il fisico ce l’hai vero Tem ^^

Sbav…. Sbav……..

S: a me piace questa fic ^____^

N: Almeno uno che non si lamenta.

R: Senti?

N: Oh Ru, dimmi?

R: Rivoglio i poteri da vampiro.

N: O_o Perché??

R: Devo disintegrare una certa scrittrice.è_é

N: -_- era meglio se mi prendevo il mese di ferie…

 

 

 

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