Cronache 12                                      Back to FanFic  Back to Home

Dal Libro Proibito delle Anime

Resurrezione

 

Solo ai giusti è dato modo di tornare indietro.

 

Solo ai puri è concessa un’altra vita, dopo la morte.

 

Perchè in loro brilla candido il calore della Madre Luna.

 

Perchè per loro chi recita l’ultimo degli incantesimi,

Chi sparge la polvere argentea dell’ultima pozione,

È disposto a sacrificare quanto rende l’uomo immortale.

 

Perchè per loro,

Chi stringe il patto...

... da l’anima.

 

                                                                                                                           Dal Libro Proibito delle Anime

 

*-*-*-*-*-*-*-* 

 

Capitale del regno del Fuoco

Duecentonovantesimo giorno del quinto millennio dal Patto di Zagor

 

Mitsui camminava velocemente per i lunghi corridoi del castello del fuoco dirigendosi verso le stalle.

Doveva fare in fretta.

Strinse con forza la pergamena che teneva tra le mani e che aveva trovato, quasi per caso, tra i libri, della sorella del rossino.

Era una vecchia pagina, scritta fortunatamente nella lingua comune usata dai quattro regni, che la ragazza aveva acquistato da un mercante ambulante, affascinata dall’elegante bordatura argentea, effettuata da un mago del nord.

La ragazza, che l’aveva requisito per farsi raccontare ogni minimo particolare del matrimonio e della gravidanza del fratello, stava preparando le sue valigie, per trasferirsi nella residenza estiva mentre Mitsui le narrava quant’era accaduto, glissando allegramente sulla sua parte di ‘merito’ nella faccenda, quando tra le altre cose le aveva visto poggiare sul letto quella cornice.

Aveva immediatamente riconosciuto nell’elegante disegno un albero genealogico.

Lui e Akira ne avevano visti così tanti prima che fosse costretto a partire per accompagnare la sua piccola regina, che non aveva dubbi in proposito.

Più per scrupolo che per altro, l’aveva esaminato.

Il suo sguardo superficiale era diventato tuttavia molto attento quando si era accorto di quale famiglia quell’albero disegnasse il percorso.

Uno dopo l’altro i piccoli rami, adorni di fiori delicati, tracciavano la discendenza della famiglia Takano, percorrendo la strada della madre dell’uomo.

Prese ad esaminarlo con cura sempre maggiore mentre si rendeva conto che, tra tutte le carte che aveva sfogliato al castello di Rukawa, quella non c’era.

Seguì ogni più piccola ramificazione finchè i suoi occhi non si fermarono su un nome familiare, seppure sconosciuto.

Sitoniris.

Quel nome richiamava il suo sguardo puntualmente ogni volta che ricontrollava l’albero.

La risposta che stava cercando era lì, ma non riusciva a leggerla.

Aveva passato giorni a fissarlo e a rifissarlo, scrivendolo su tutto ciò che gli capitava a tiro finchè, dopo due giorni di contorcimenti mentali, gettando i suoi appunti, uno dei foglietti su cui aveva vergato quel nome non era caduto rovesciandosi.

Il suo sguardo l’aveva distrattamente letto al contrario immobilizzandosi immediatamente dopo.

 

Sirinotis.

 

Sirin Otis.

 

Il nome del medico di corte.

 

Quel medico di corte che tutti i giorni visitava Hanamichi.

Che tutti i giorni stava accanto ai due re ignari della serpe che covavano in seno.

Mitsui giunse alle stalle stringendosi il mantello da viaggio attorno al corpo e spronando la propria cavalcatura al galoppo.

Sperava solo di fare in tempo.

 

 

Hikoichi sorrise ad Hanamichi da dietro la superficie trasparente dello specchio con una smorfia che distorse i suoi lineamenti in modo mostruoso.

“Per colpa tua io sono morto” gracchiò tendendo una mano scheletrica verso di lui.

Con terrore crescente il rossino notò che una volta incontrata la superficie che divideva le loro due dimensioni la mano si faceva largo attraverso il vetro come se fosse acqua, perforandolo.

Cercò di urlare.

Cercò di fuggire.

Cercò di richiamare in un ultimo, disperato, tentativo il suo potere, ma tutti i suoi sforzi non servirono a nulla.

Era impotente , completamente impotente, come nei suoi incubi.

Eppure era certo di essere sveglio.

Vide con orrore quella mano scheletrica posarsi sul suo ventre, le unghie nere graffiarono gli abiti strappandoli, artigliandoli prima di piantarsi nella pelle.

Il rossino boccheggiò in preda al dolore che gli dilaniava le carni mentre quella mano affondava dentro di lui squarciandogli lo stomaco, inzuppando le vesti del suo sangue che colava denso e gorgogliante sugli abiti.

Crollò sulle ginocchia senza un suono.

Gli occhi spalancati per il terrore, senza tuttavia poter far nulla per fermare lo spettro.

Avvertì il suo ventre bruciare e i bambini scalciare in maniera forsennata dentro di lui prima che tutto il suo corpo fosse attraversato da una scarica tale di sofferenza che, con un rantolo, perse i sensi, accasciandosi sul folto tappeto che copriva il pavimento.

 

Mitsui fermò il proprio cavallo dinanzi alla caverna del drago che da secoli era il guardiano della famiglia reale.

Solo una persona da anni aveva avuto il coraggio di mettere piede li dentro: Hanamichi.

Ma proprio per lui Mitsui inghiottì il groppo di saliva che gli aveva serrato la gola e stringendosi nel mantello, nonostante il calore incredibile che emanava la terra sotto i suoi piedi, si inoltrò nella grotta alle pendici del vulcano.

 

Hanamichi aprì gli occhi a fatica guardandosi attorno spaventato.

Scoprì con sollievo che riusciva a muoversi e, non senza un notevole sforzo, si rimise in piedi guardandosi attorno.

Lo specchio gli rifletteva innocentemente la sua immagine mentre il catino dorato immobile sotto di esso era ricolmo di acqua cristallina.

Si fissò sgomento le mani bagnate, notando che non erano macchiate di sangue.

“Ho sognato di nuovo” sussurrò a voce alta cercando rassicurazione in quel suono familiare.

Si strinse protettivamente le mani intorno al ventre ma dovette trattenere un gemito di dolore quando le sue braccia sfiorarono la pelle sotto la camicia intatta.

Con mani tremanti slacciò i piccoli bottoni della veste che indossava fissando il proprio ventre gonfio.

C’era un puntino rosso, minuscolo, dove la mano scheletrica l’aveva sfiorato.

Sotto il suo sguardo carico di terrore l’alone rosso si allargò contorcendosi.

La pelle del suo ventre prese a raggrinzire, scorticandosi.

Hanamichi urlò, mentre nel suo stomaco si aprivano gli occhi senz’anima e la bocca ghignante di Hikoichi.

 

Akira spalancò la porta del bagno con la spada in pugno, alla ricerca di possibili assalitori, quando vide Hanamichi addossato al muro che si colpiva il ventre con violenza , graffiandosi la pelle come se volesse strapparselo a forza.

“Hanamichi sei impazzito che fai!?!?!” gridò cercando di fermarlo.

 

Il rossino sentì solo vagamente la porta che si spalancava mentre le sue stesse grida gli riempivano il cervello.

Ma per quanto forte gridasse non riusciva a coprire la voce sussurrante che usciva direttamente dal suo stomaco, da dove la faccia contorta e avvizzita dell’ex segretario lo fissava ghignante.

“Non serve a niente” gracchiava lo spettro deridendolo per i tentativi che Hanamichi faceva di graffiarlo, colpendo invece se stesso.

“Vedi, quando ti ho gettato giù dalle scale ti ho lanciato una maledizione. I tuoi adorati bambini...” disse calcando sulla parola con una smorfia che fece contorcere il ventre del rossino mentre il dolore e la nausea gli trappassavano i sensi, impedendogli di avvertire la voce di Sendoh che lo chiamava, “...saranno due mostri! Si ciberanno del tuo amato Kaede e poi distruggeranno tutto! Solo tu resterai in vita per ammirare ciò che hai voluto dare alla luce!!!” la faccia rise sguaiatamente tirando la pelle dorata, che andava marcendo, mentre il dolore faceva danzare luci candide dinanzi agli occhi del rossino.

Avvertì le mani di qualcuno afferrarlo, una voce conosciuta chiamarlo mentre veniva scosso con forza ma tutto ciò che riusciva a sentire era quella risata crudele che gli trapassava l’anima, tutto ciò che riusciva a vedere era il volto vittorioso di quel mostro che si stava nutrendo di lui, che lo stava usando come incubatrice per il suo odio e la sua follia.

Un luccichio ferì il suo sguardo quando Akira lo scosse più forte.

Il rossino vide la spada legata al fianco del cavaliere e prese la sua decisione.

Ormai completamente fuori di se, la forza resa sovraumana dalla follia che gli scorreva nelle vene e dalla disperazione che gli appesantiva il cuore, egli allontanò con una spinta il figlio del ghiaccio, strappandogli con una mano la spada e puntandogliela contro per impedirgli di avvicinarsi.

“Sta lontano!!” gridò.

Akira che aveva cercato di avvicinarsi nuovamente a lui si immobilizzò a quel grido ma scattò immediatamente in avanti quando vide il rossino rivolgere la lama contro di se con un  gesto fluido, dettato da anni e anni di allenamento, puntandosela contro il ventre.

“Non permetterò a quest’orrore di nascere” gridò impazzito, abbassandola con forza sul proprio ventre.
Akira lo colpì con un pugno al volto, appena in tempo per fargli perdere l’equilibro.

La spada sfuggì alle mani del rossino rotolando a terra mentre Akira tentava di tenerlo inchiodato contro il pavimento.

“Maledizione Hanamichi torna in te!” tuonò colpendolo di nuovo al volto, nella speranza di riuscire quanto meno a fargli perdere i sensi.

Ma il rossino era dotato di un terrore tale da trasformarlo in una belva impazzita.

Con un colpo allo stomaco si liberò di Akira balzando in piedi e lanciandosi verso la spada.

“Tu stai dalla sua parte vero?” gridò pazzo. “Tu stai dalla parte di Hikoichi!!!”

La porta si spalancò in quel momento.

Un servo, sentito il baccano era corso ad avvisare la sentinella, ma sulla strada aveva incontrato Rukawa che stava tornando indietro a causa di un incartamento dimenticato.

Il volpino piombò nella stanza alle parole dell’amante fissando incredulo i due.

Hanamichi, scarmigliato, pallido, il volto contratto dalla sofferenza, reggeva con entrambe le mani la spada di Akira puntandola contro il capitano delle guardie che lo fissava aggrottato in posizione d’attacco.

Un livido si stava allargando sul volto di Hanamichi come pure sulla gota destra del figlio del ghiaccio.

“Lui è uno degli uomini di Hikoichi!” gridò Hanamichi brandendo la spada contro Sendoh che aveva fatto un piccolo passo avanti cercando di raggiungerlo.

Rukawa fissò incredulo Akira.

La situazione poteva essere fraintesa.

Hanamichi stava evidentemente lottando con Akira quando lui era entrato ma da lì a credere che lo avesse tradito...

“Rukawa fermalo è impazzito ha tentato di uccidersi!” gli disse Sendoh pallido.

L’imperatore fissò il suo sposo notando con sgomento al luce folle che gli scintillava nello sguardo.

 

Aveva già visto quella luce.

La vedeva ogni volta che Hanamichi emergeva da uno dei suoi incubi.

Sapeva a chi doveva credere.

 

“Hana...” lo chiamò piano cercando di non fargli comprendere le sue intenzioni.

Il rossino lo fissò spaventato spostando la spada verso di lui per tenerlo lontano.

“Non ti avvicinare Kaede!!” gridò in preda al panico facendo un passo indietro.

Akira approfittò della sua distrazione per lanciarsi contro di lui e disarmarlo.

Hanamichi roteò velocemente la spada ferendolo ad una mano ma venne colpito dal braccio del cavaliere e fu costretto a lasciar andare l’arma per la seconda volta.

Anche Rukawa si lanciò verso di lui, cercando di fermarlo, e vista la situazione sfavorevole il rossino fuggì verso la porta che dava alla camera nuziale.

“Dobbiamo fermarlo!” gridò Akira mentre si lanciavano al suo inseguimento.

Quando giunsero nella stanza attigua tuttavia furono costretti a bloccarsi.

Hanamichi aveva spalancato la grande finestra ed era in piedi sul davanzale.

Il vento freddo gli sferzava il corpo e i capelli, spingendo piccoli fiocchi di neve dentro la stanza.

“Hana non farlo...” sussurrò Kaede terrorizzato facendo cenno di avvicinarsi.

A quel gesto tuttavia Hanamichi fece un passo indietro sul balcone, gli occhi spalancati per il terrore e Rukawa si immobilizzò a metà strada.

 

Se si fosse lasciato cadere dalla finestra....

La loro camera dava sulla scogliera.

Le rocce acuminate contro cui si infrangevano le onde sotto la torre, che ospitava gli appartamenti reali, non avrebbero lasciato scampo al suo sposo.

 

“Hana per favore...” sussurrò la voce che tremava leggermente.

Il rossino lo fissò con gli occhi sbarrati, le pupille innaturalmente dilatate.

“Devo farlo” mormorò mentre una lacrima scivolava lungo il suo volto.

Il vento gelido schiaffeggiò la sua figura facendola ondeggiare pericolosamente.

“Tesoro se mi ami non farlo...” mormorò Rukawa giocandosi il tutto per tutto.

 

L’espressione del rossino si addolcì.

Per un secondo nei suoi occhi tornò quella calda luce dorata che Rukawa aveva imparato ad amare.

 

Gli sorrise.

 

Un sorriso dolcissimo ma carico di nostalgia.

 

Un sorriso d’addio.

 

Rukawa si lanciò verso di lui chiamandolo per nome, conscio che non sarebbe arrivato in tempo, mentre con un flebile “Mi dispiace...” Hanamichi si voltava verso il vuoto.

 

 

Il drago solcava il cielo scuro con vibranti colpi d’ala mentre il paesaggio sotto di lui saettava veloce e minuscolo.

Mitsui si afferrò disperatamente al collo dell’animale imponendosi di non guardare di sotto mentre si ripeteva che lo stava facendo per salvare la vita del suo re.

Honoo aveva consentito ad aiutarlo.

Di tutti i membri della famiglia reale Hanamichi era il preferito del possente drago.

Da quando il rossino un giorno aveva deciso che in quanto tensai lui poteva sconfiggere chiunque, drago compreso, piombando nella caverna e sfidando la fiera con la sua daga.

Il drago aveva ridotto l’arma in un simpatico groviglio di ferro liquido sotto gli occhi del ragazzino incredulo.

Diversamente da quello che si era aspettato Honoo, tuttavia, Hanamichi non si era dato per vinto e, gettando ciò che restava della spada, aveva affrontato il ‘mostro’ a mani nude.

Il drago sapeva di aver dinanzi a se il figlio del suo re e si era limitato a sbatterlo a terra con un colpetto della lunga coda serpentina invece di incenerirlo come avrebbe fatto con un qualunque altro mortale.

Il rossino aveva dimostrato di possedere una testa dura come la roccia non arrendendosi nemmeno allora.

Alla fine la fiera si era dichiarata sconfitta, più per esasperazione di avere quella piccola peste scarmigliata che gli punzecchiava la pelle e si aggrappava alla sua coda cercando di rovesciarlo, che per altro.

Da quel giorno Hanamichi aveva cominciato ad andare a trovarlo spesso, seccandolo in continuazione con le richieste più assurde.

E il drago si era affezionato a quel piccolo umano che parlava tranquillamente con lui senza fissarlo con terrore o fuggire urlando.

Erano diventati amici.

Tanto che per la prima volta nella storia, nonostante la lunga alleanza che legava i draghi ai figli del fuoco, nei cieli di Sah’ar si era visto un drago cavalcato da un essere umano.

Honoo piegò le ali scure tagliando l’aria con un basso ruggito.

Non avrebbe permesso a nessuno di fargli del male!!

 

Hanamichi si voltò verso il vuoto deciso a gettarsi dalla finestra per porre fine al suo tormento e per proteggere, nell’unico modo possibile, la persona che amava, ma a metà del suo gesto un dolore profondo, che proveniva direttamente da dentro il suo ventre, lo fece piegare in due con un lamento.

Fu sufficiente quel piccolo gesto per sbilanciarlo verso l’interno della stanza e concedere a Rukawa quella frazione di secondo in  più che gli fu necessaria per raggiungere il compagno e tirarlo prepotentemente contro di se, trascinandolo nella stanza, mentre Akira si affrettava a sbarrare la finestra e ad avvicinarsi all’imperatore, pronto ad aiutarlo a lottare contro Hanamichi per immobilizzarlo.

Il rossino tuttavia si era rannicchiato su se stesso, le braccia strettamente avvolte attorno al ventre tremando con forza.

Gemette un “no...” disperato quando quel dolore che gli aveva impedito di togliersi la vita gli dilaniò le carni.

Avvertì distintamente qualcosa che si rompeva dentro di se e si strinse a Rukawa ansimando per il dolore.

“Kaede...” singhiozzò.

“Calmati tesoro è tutto finito” mormorò il volpino inconsapevole di quello che stava succedendo all’amante.

“No, non devi...” Hanamichi gridò, tremando con forza.

“Ma che diavolo?” chiese Akira non comprendendo cosa sta va succedendo.

Una contrazione più forte delle altre fece inarcare la schiena al rossino che si aggrappò terrorizzato alle braccia dell’amante “Non devi... non devi lasciarli nascere...” sussurrò, il respiro fattosi pesante, difficoltoso.

“Per gli dei, ha le doglie!” ansimò Rukawa mentre Akira senza bisogno di ulteriori specificazioni si fiondava a chiamare il medico.

L’imperatore fece alzare il compagno portandolo fino al letto dove lo fece distendere delicatamente.

“Ka...kaede...” singhiozzò il rossino agitandosi tra le lenzuola.

Rukawa gli accarezzò la fronte imperlata di sudore con un sorriso teso sulle labbra.

“Sta tranquillo amore, andrà tutto bene” sussurrò mentre la sua mente gridava incessantemente “E’ troppo presto!”

 

Il drago piombò nel piazzale dinanzi al castello imperiale con un’elegante colpo delle ali che ripiegò lungo il corpo serpentino mentre Mitsui si scagliava a tutta velocità attraverso i saloni, i paggi che si scansavano terrorizzati mentre gli stallieri fissavano increduli Honoo che si guardava attorno rabbrividendo per il freddo.

Mitsui piombò nello studio antecedente la camera reale dopo aver tramortito con un colpo una delle guardie reali.

Aveva troppa fretta per perdere a tempo a presentarsi.

Nello studio Rukawa e Akira si voltarono a fissarlo sorpresi.

“Hisashi?!” esclamò incredulo Akira.

“Hana? Dov’è?” chiese Mistui, preoccupato, vedendo il volto pallido del re del ghiaccio.

Rukawa scosse il capo lentamente indicandogli la porta chiusa della camera reale.

“Ha avuto le doglie poco fa...” mormorò prima di affondare il capo tra le mani e ripetere per l’ennesima volta “è troppo presto...”

Mitsui non aspettò ulteriori spiegazioni.

Senza chiedere il permesso, si lanciò sulla porta che dava alla camera da letto, spalancandola.

Hanamichi giaceva sul letto, il volto pallido contorto dal dolore, la testa che si agitava sui cuscini mentre Hanagata chino su di lui cercava di tranquillizzarlo attendendo che Otis finisse di preparare la pozione per farlo dormire.

Lo sguardo di Mitsui si spostò per la sala, ignorando il furente: “Uscite immediatamente di qui” del figlio dell’aria, posandosi su medico che stava rimestando il sonnifero da somministrare al sovrano.

“Tu lurido traditore!” gridò brandendo la spada verso di lui.

Otis lasciò cadere il calice che teneva in mano cercando di schivare il colpo.

La coppa cadde a terra riversando il liquido trasparente sul pavimento, tuttavia a contatto con la pietra la pozione cambiò velocemente colore diventando di uno scuro, e quanto mai sinistro, nero, mentre il mago ormai vistosi scoperto si gettava inginocchio invocando pietà.

Mitsui rimase così stupito da quel gesto che si distrasse quel secondo che permise al medico di lanciargli negli occhi della polvere che portava in un sacchettino appeso alla vita.

Il figlio del fuoco si portò le mani al viso gridando mentre Akira si lanciava in avanti per soccorrerlo.

Otis ne approfittò per sollevare entrambe le mani, invocando il suo potere, per lanciarlo contro il letto su cui, in mezzo a quel caos, Hanagata stava ancora cercando di sedare il dolore del rossino.

Rimase così.

Le braccia sollevate verso il cielo e un ghigno soddisfatto sul volto.

Rukawa, gli occhi scintillanti di luce, lo aveva visto alzare le braccia e aveva invocato il suo potere.

Il medico reale che per tanti anni l’aveva servito, che l’aveva praticamente visto crescere, l’aveva tradito.

Non solo, aveva attentato alla vita del suo amante e dei suoi figli.

Aveva lanciato contro di lui tutta la sua rabbia.

Tutto il suo furore, tramutandolo in una scintillante statua di ghiaccio.

Con un gesto secco del polso Rukawa roteò la mano.

La fede nuziale scintillò mentre ciò che era stato Otis esplodeva in una miriade di frammenti cristallini.

 

Honoo spiccò il volo con un grido furente mentre si lanciava nel cielo, illuminato dal getto di fuoco che saettò dalle sue fauci.

Otis era distrutto ma il loro nemico principale era ancora in vita.

Non per molto” mormorò tra se Mitsui mentre indicava al drago la direzione da prendere.

Takano non era ancora venuto a conoscenza degli avvenimenti di quella notte.

Non sapeva che Otis era stato scoperto e ucciso.

Avevano la possibilità di prenderlo prima che fuggisse di nuovo per tornare ad attentare alla vita del rossino, e non se la sarebbero lasciata sfuggire.

“Che cosa hai detto?” chiese Akira aggrappato a lui sulla schiena del drago mentre cercava di sormontare l’ululato del vento.

Mitsui fece una mezza torsione sul dorso del drago “Ora ti mostrerò come vanno a caccia i figli del fuoco” disse con un sorriso ferino mentre in risposta Honoo si lanciava a capofitto attraverso le pianure gelate.

 

Rukawa fissò per un momento la porta da cui erano spariti Mitsui e Akira.

Avrebbe voluto essere con loro per mettere personalmente la parola fine a quella storia ma aveva qualcosa di decisamente più importante da fare.

Strinse dolcemente la mano di Hanamichi che tentava invano di trattenere i gemiti di dolore.

Hanagata gli aveva infine somministrato l’anestetico e le palpebre del ragazzo si stavano facendo sempre più pesanti, nonostante esso continuasse a stringere con forza la mano dell’amante.

“Andrà tutto bene Hana, te lo prometto” sussurrò mentre  gli occhi del rossino si chiudevano lentamente.

Hanagata fissò i suoi assistenti serio.

“Bene cominciamo!” disse cupo e Rukawa strinse con forza la mano del suo compagno sperando di non dover infrangere la sua promessa.

 

“Wow!” mormorò Akira osservando il cumulo di macerie in cui si era ridotta l’abitazione estiva di Otis.

Takano era immobile, legato da una corda di ghiaccio creata appositamente da Akira per resistere ad eventuali trucchi del cugino del re mentre Honoo si divertiva ad abbattere gli ultimi bastioni a colpi di coda.

Come avevano immaginato Takano si era nascosto nella casa del traditore dato che tutte le sue abitazioni erano state requisite e frugate da cima a fondo.

“Te l’avevo detto che a noi piace fare le cose in grande!” disse Mitsui scuotendo le spalle.

“Che ne facciamo di lui?” chiese invece indicando Takano che li stava folgorando con lo sguardo.

“Lo portiamo a castello sarà Rukawa a decidere che vuole farne” sbottò Akira scuotendo le spalle.

Mitsui annuì richiamando il drago.

Gli occhi del cugino del re rilucerono malefici mentre abbassava il capo per far in modo che i suoi capelli scarmigliati li coprissero.

La corda che lo teneva legato stava già cedendo sotto la sua magia, sarebbe comunque stato buono e remissivo fino all’arrivo al castello.

Una volta lì però, si sarebbe liberato dei due, colpendoli alle spalle, e avrebbe lanciato il suo ultimo incantesimo, distruggendo il castello e i suoi abitanti.

Se non poteva averlo lui, nessuno avrebbe avuto il regno di An’tar.

Faceva fatica a trattenere il sorriso.

Ogni sua espressione scomparve dal volto, sostituita dallo stupore, quando qualcosa di acuminato e scuro spuntò dal suo ventre.

“Honoo che fai?” chiese incredulo Mitsui osservando il drago che, dopo essere atterrato, aveva lanciato uno sguardo al loro prigioniero prima di trapassarlo con un colpo di coda.

Takano gorgogliò spuntando sangue prima di afflosciarsi privo di vita sulle spire del rettile.

Il drago scosse la coda con disgusto, liberandosi del cadavere, che si afflosciò su una massa di detriti fumanti.

Ti insegno una cosa che ho imparato nel corso dei secoli, cavaliere.” Sussurrò con la sua raschiante voce profonda.

Mai lasciare in vita un tuo nemico” disse, gli occhi dorati lucenti, prima di spalancare le ali e invitarli a salire.

Quanto a te figlio del ghiaccio dovresti imparare a fabbricare corde più resistenti.” borbottò.

Akira impallidì mentre Mitsui lanciava un’occhiata al cadavere di Takano, a buon conto tese una mano e lo incenerì.

 

Akira e Mitsui giunsero al castello, insolitamente silenzioso, coperti di polvere e cenere, ma si diressero comunque in fretta verso gli appartamenti reali per sapere che cosa era accaduto.

 

Incontrarono Hanagata proprio mentre questi usciva dagli appartamenti reali.

“Come sta?” chiese subito Mitsui preoccupato.

Il figlio dell’aria sorrise.

Il primo sorriso che gli avessero mai visto sul volto squadrato, da quando era giunto a  castello.

“Sua maestà ha dato alla luce due splendide creature e adesso riposa. Quanto al vostro imperatore ho dato un sonnifero anche a lui per impedirgli di continuare a saltellare per la stanza come uno scemo”

Akira sorrise ignorando quella mancanza di rispetto per il suo re mentre lui e Mitsui si scambiavano uno sguardo sollevato.

“Vi consiglierei di farvi un bel bagno e coricarvi” disse loro il medico indicando i loro abiti sporchi.

Mitsui annui avvertendo in quel momento tutto il peso della sua stanchezza, tuttavia dopo gli innumerevoli trabocchetti di cui Hanamichi e Rukawa erano stati vittima, ancora esitava all’idea di lasciarli soli.

Penserò io a loro” mormorò una voce profonda poco dietro di loro facendoli sussultare.

Un bell’uomo, dall’elegante abito rosso, sorrise tranquillamente ai due scostando con una mano dorata una lunga ciocca carminio, dal volto spigoloso.

“Honoo!” esclamò stupefatto Mitsui riconoscendo il drago, seppur nella sua forma umana.

“Allora possiamo andare” mormorò il cavaliere del fuoco felice di potersi finalmente riposare mentre si allontanava per il corridoio a fianco di Akira, lasciando la protezione dei sovrani e dei bambini al drago e al figlio dell’aria.

 

Hanamichi sorrise soddisfatto guardando Akira e Mitsui che si sbracciavano in sberleffi assurdi per far ridere i due piccoli eredi al trono.

La bimba dai capelli rossi e i grandi occhi dorati sulla carnagione candida rideva battendo le manine felice mentre il bambino dai capelli scuri e dagli occhi blu ma dalla pelle ambrata come quella del rossino li fissava cupo con un sopracciglio sollevato.

Hanamichi non potè fare a meno di ridere nel vedere quella minuscola riproduzione dell’espressione preferita del suo amante.

 “Sono veramente bellissimi” si congratulò Akira scatenando l’orgoglio di Hanamichi e uno scintillio negli occhi del moretto che doveva fare uno sforzo notevole per non sorridere in modo ebete.

Hanamichi ridacchiò sistemandosi meglio contro i cuscini.

Grazie all’arte di Hanagata il parto era stato meno traumatico del previsto.

Anzi, se ripensava a quello che aveva dovuto passare prima, il parto forse era stata la cosa più facile.

“Ovvio i sono il tensai” disse soddisfatto incrociando le braccia sul petto.

“Do’hao” sbuffò Rukawa, l’insulto smentito dallo sguardo dolcissimo che riservò al suo compagno.

“Mi viene quasi voglia di avere dei figli!!” disse Akira pensieroso prima di voltarsi a fissare Mitsui con uno scintillio negli occhi blu.

Il cavaliere lo fissò per un secondo prima di sguainare la spada.

“Non ci pensare neanche!!!” tuonò.

“Ma perchè no?” chiese Akira schivando abilmente i fendenti, non proprio scherzosi, del figlio del fuoco.

“Hana-chan non può averne altri e Koori e Hi potrebbero sentirsi soli in un castello così grande” disse con un sorriso alludendo al fatto che Hanagata aveva privato Hanamichi delle ovaie create dal Maternis per impedire altri ‘incidenti’

“Se proprio li vuoi perchè non te li fai tu?” gli chiese Mitsui furente.

Akira gli sorrise sornione “Ma perchè sei tu quello che...”

“AKIRAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!” tuonò Mitsui rosso in volto mentre Hanamichi e Rukawa scoppiavano a ridere incapaci di trattenersi.

 

 

Fine....

 

 

Note:  

Honoo significa: Fiamma

Koori (il nome del bimbo): Ghiaccio

Hi (il nome della bimba): Fuoco

 

Back to FanFic  Back to Home