Cronache 7                                     Back to FanFic  Back to Home

 

 

Dall’Enciclopedia delle Creature Fatate

I Quattro Simboli

 

Il potere magico e ogni sua manifestazione è regalo fatto dall’Argentea Madre ai suoi Figli.

Nel sangue di quattro creature in particolar modo esso scorre.

 

Nel Drago, dalle lunghe lisce ali scure, dalle scaglie lucenti, dalle iridi color della fiamma: il Fuoco.

Perchè con esso sciolga il metallo delle spade nemiche.

Perchè rifulga nei camini delle case per riscaldare le famiglie.

Le spire rosse emergeranno dalla lava carminio dei vulcani insieme alle mille volute di fumo.

Il suo corpo si staglierà come liquido inchiostro scarlatto tra le fiamme scure.

Egli è figlio della Distruzione.

Egli è il Guerriero.

 

Nell’Unicorno dallo slanciato corpo candido, dalla lucente criniera argentea, dai grandi occhi azzurri: l’Acqua.

Perchè con essa travolga la difesa del nemico.

Perchè zampilli trasparente nelle fonti abbeverando i deboli.

La sua criniera argentea si scioglierà tra le tormente di neve, da sotto le sue zampe sgorgheranno limpide sorgenti.

Il suo corpo cristallino scintillerà come raggio lunare sulle onde spezzate dagli scogli.

Egli è figlio della Magia.

Egli è la Guida.

 

Nel Grifone dalle lunghe ali piumate, dal lucente becco adunco, dalle cangianti pupille dorate: l’Aria.

Perchè essa vortichi risucchiando il nemico.

Perchè conceda nuovo respiro ai feriti dalle ingiustizie.

Le sue ali bucheranno il cielo azzurro sferzando il vento senza suono alcuno.

Il suo corpo solcherà veloce il cielo come corrente d’aria tra le nuvole candide.

Egli è il figlio del Vento.

Egli è il Messaggero.

 

All’Orso di pietra dalle possenti zampe, dal lucente pelo di granito, dai terribili occhi scuri: la Terra.

Perchè essa si apra facendo precipitare il nemico.

Perchè doni i suoi frutti al popolo affamato.

I suoi artigli possenti squarceranno le rocce, sotto i suoi passi fremerà il suolo.

Il suo corpo massiccio s’innalzerà possente come il marmo nero delle montagne.

Egli è figlio della Roccia.

Egli è il Protettore.

 

                                                                                                                        Dall’Enciclopedia delle Creature Fatate

 

*-*-*-*-*-*-*

 

Capitale del regno dell’Acqua

Novantesimo giorno del quinto millennio dal Patto di Zagor

 

Mitsui aprì gli occhi confuso.

Non ricordava che il materasso del suo letto fosse così duro.

E umido.

Nella sua stanza faceva decisamente freddo.

Forse si era spento il fuoco.

Mormorò qualcosa a mezza voce cercando di riscuotersi dalle maglie dell’incoscienza.

Rabbrividì mentre si metteva a sedere, gli occhi ancora socchiusi, la vista appannata.

Avrebbe dovuto rimproverare il suo paggio.

Li dentro si gelava!

Scosse il capo bruno cercando di mettere a fuoco i contorni della sua camera.

Ma non scorse ne tende, ne tappeti...

Dinanzi a lui una brulla parete di roccia gocciolante umidità a cui erano appese delle grosse catene di ferro brunito abbandonate in modo scomposto sul pavimento.

Si voltò di scatto guardandosi attorno nella grande stanza.

Niente finestre.

Un’unica porta di metallo levigato dall’aria massiccia e due piccole panche di legno, inchiodate direttamente al muro.

Su una era sdraiato lui stesso.

Sull’altra...

“Buongiorno...” lo salutò Akira con il suo inalterabile sorriso “... anche se non sono sicuro che sia giorno..” aggiunse quasi tra se guardandosi attorno.

Mitsui emise un gemito tornando ad accasciarsi sulla panca mentre i ricordi gli tornavano alla mente.

 

La festa.

Hanamichi che sveniva.

Rukawa furioso.

 

 “Fantastico” gemette coprendosi il volto con le mani.

Il suo re, il suo focoso principe che non voleva nemmeno saperne di sposare un uomo era...

Hanamichi era...

Non riusciva nemmeno a formulare il pensiero!

 

Akira gli lanciò un’occhiata obliqua dal sedile di legno dove si era accomodato quando la guardia li aveva gentilmente accompagnati li.

 “Cerca di vedere il lato piacevole della faccenda...” gli disse in un vano tentativo di migliorare il suo umore.

Mitsui lo fissò con due occhi roventi a dir poco spaventosi.

“E quale sarebbe di grazia??!!!” tuonò.

“Hanamichi aspetta un bambino, Rukawa è furioso e io sono rinchiuso nelle segrete della capitale del Ghiaccio!” esclamò “E per di più in tua compagnia!!!!” aggiunse furibondo.

Akira scosse le spalle sorvolando sulla sua ultima affermazione.

“Rukawa non ci lascerà qui in eterno e poi sono sicuro che quando Hanamichi lo saprà....”

Mitsui sbottò in una risata ironica “Prega il cielo che lui non lo sappia mai o per seppellirti basterà un’ampollina di vetro!” gli disse cupo.

“Ma come diavolo hai fatto a sbagliare in quel modo!!!” chiese incredulo agitando le braccia.

Ricordava le parole dell’imperatore.

 

Frenesis e Maternis.

Altro che Maschio e Femmina!!!

 

 “Bhe durante quella lezione devo essermi distratto....” disse Akira con un moto di scusa.

“Immagino da che cosa!” lo rimbrottò Mitsui ironico. “Mi chiedo se tutti i figli del ghiaccio sono come te o se sei tu che sei uscito male!”

Gli occhi del comandante imperiale scintillarono mentre il giovane si alzava con calma.

“E dimmi tutti i figli del fuoco sono piagnucoloni e codardi come te?” lo provocò con voce suadente.

Mistui impallidì violentemente prima di arrossire di brutto.

“Che cosa hai detto?” mormorò con voce spaventosamente bassa.

“Codardo” ripetè Akira avvicinandoglisi ancora.

“E sentiamo di cosa avrei paura?” gli chiese Mitsui le mani sui fianchi, lo sguardo rovente.

Akira sorrise.

Un sorriso diverso dal solito.

Malizioso.

Sornione.

“Di questo...” soffiò prima di chinare il volto su quello dell’altro.

Il figlio del fuoco spalancò gli occhi incredulo.

Approfittando delle sue labbra socchiuse per la sorpresa l’altro aveva spinto la lingua nella sua bocca prendendo ad esplorarlo con curiosità.

Mitsui si ritrovò improvvisamente incapace di reagire.

Incapace di fare qualunque cose se non registrare una dopo l’altra quelle sensazioni.

Le braccia di Sendoh che erano scivolate attorno ai sui suoi fianchi, il suo profumo, il calore del suo corpo...

 

Puntò entrambe le mani sul petto del moro allontanandolo da se di scatto quando si rese conto di quello che stava per fare.

Ancora un paio di secondi e lui...

... avrebbe ricambiato il bacio.

 

“Che diavolo credi di fare!?!?” tuonò furioso prima di tirargli un pugno in cui scaricò tutta la propria confusione e l’astio che provava innanzitutto verso se stesso..

Il colpo mandò il comandante imperiale a sbattere rumorosamente contro la parete opposta della cella.

“Visto? Hai paura” mormorò tranquillissimo Akira massaggiandosi la guancia contusa su cui si stava allargando un livido scuro.

Mitsui lo folgorò con lo sguardo prima di coprire con pochi passi la distanza che li separava e afferrarlo brutalmente per il bavero della giacca.

“Adesso ti faccio vedere io...” tuonò minaccioso un lampo carminio negli occhi scuri.

 

“Che diavolo sta succedendo qui!” tuonò una voce possente.

 

Un fascio di luce dorata illuminò il pavimento della cella, ferendo i loro occhi ormai abituati alla semi oscurità, mentre la porta si spalancava con un cigolio.

Una grossa guardia ferma sulla soglia li fissò per un attimo con sguardo indagatore prima che i suoi occhi blu registrassero le mani di Mitsui strette sulla giacca del suo comandante e il livido che gli si stava formando sulla guancia.

La guardia fissò furioso Mitsui.

“Tu! Non osare mettere le mani addosso a Lord Sendoh!!!” ringhiò l’uomo entrando nella cella e afferrando il figlio del fuoco per un braccio.

“Sarà meglio che vi metta in due celle separate” borbottò cupo, spingendo di malagrazia il ragazzo incriminato.

Tuttavia questi non fece alcuna resistenza, anzi, sembrava sollevato da quella sua decisione.

Akira osservò la porta della sua cella chiudersi con un tonfo per la seconda volta in quel giorno mentre imprecava mentalmente contro il pessimo tempismo dell’armigero.

Che cosa sarebbe accaduto se non li avessero interrotti?

Forse in quel momento avrebbe avuto la mandibola rotta...

... o forse lui e Mitsui sarebbero stati impegnati in attività molto piacevoli.

Non l’avrebbe mai saputo.

 “Maledizione!!” tuonò dando un calcio alle catene ammonticchiate vicino alla sua panca.

 

Mitsui tirò un pugno contro il muro umido con frustrazione.

Che diavolo era preso a quello stupido figlio del ghiaccio!!

E soprattutto che diavolo era preso a  lui!

Quando Sendoh l’aveva sfidato lui...

Aveva perso la testa.

Che cosa stava per dirgli?

Che cosa stava per fare?

Non era del tutto sicuro che la sua ‘dimostrazione di coraggio’ sarebbe stata un pugno.

No, se la guardia non l’avesse fermato l’avrebbe baciato.

Aveva desiderato baciarlo.

Di più, aveva desiderato...

... molto di più...

se non li avessero interrotti probabilmente in quel momento si sarebbero ritrovati avvinghiati sul pavimento di quella stupida cella prima di capire che cosa stesse loro succedendo.

Quel pensiero gli procurò un brivido tutt’altro che spiacevole spingendolo a imprecare nuovamente.

Non poteva negare che Akira fosse un bel ragazzo.

L’immagine di quel corpo candido che emergeva da una nuvola di vapore pallido, così come l’aveva visto primo giorno che erano giunti al castello, si fece prepotentemente largo nella sua testa.

Quante volte nei momenti più impensabili quella visione conturbante era emersa dal suo subconscio per stuzzicare la sua fantasia?

Da quando Hanamichi e Rukawa si erano sposati aveva cominciato a pensare sempre più spesso a lui.

E da quando aveva visto i reali, quel giorno, in giardino, i suoi pensieri su di lui erano diventati...

... non molto casti....

 

Ricordava ancora quella scena quasi irreale nella sua immobile perfezione...

...Hanamichi era seduto all’ombra di una grande quercia la schiena appoggiata al tronco possente.

I caldi raggi solari scivolavano tra le fronde in una cascata di fasci luminosi sulla chioma rossa del figlio del fuoco che passava con fare ipnotico le mani tra i capelli corvini di Rukawa, addormentato con la testa appoggiata tra le sue gambe.

Aveva visto l’amico chinare il volto per sfiorare le labbra dell’imperatore e, con sua sorpresa, questi aveva aperto gli occhi blu sorridendo all’amante, prima di allungare le  braccia per reclamare un bacio più profondo.

 

Non aveva provato disprezzo solo...

...invidia...

...per la loro gioia, per la pace e la serenità che aveva avvertito in quel momento tra di loro.

E mentre tornava velocemente a castello per lasciar loro un po’ di privacy alla sua mente era ritornata prepotentemente quell’immagine che aveva relegato in un angolo del suo subconscio.

Tessuto di spugna che scivolava su una lunga gamba candida scostandosi piano, scoprendo, centimetro dopo centimetro, pelle profumata.

Mitsui imprecò tra se lasciandosi cadere sulla piccola panca di legno.

 

 

“Sei sicuro di sentirtela?”

Hanamichi fissò Rukawa esasperato.

Era la decima?

No, era l’undicesima volta che glielo chiedeva!

Quel giorno la nave dei suoi genitori sarebbe giunta in porto e Hanamichi non vedeva l’ora di poter far due passi fuori da quella stanza.

E il volpino non poteva certo impedirglielo!!!

Anche se non aveva mancato di provarci.

Era dal giorno della sua partenza dalla capitale del fuoco che non vedeva suo padre e sua madre.

A causa di un problema che era sorto nella zona orientale con uno dei grossi vulcani di quelle terre irrequiete, la sua famiglia non era potuta intervenire al matrimonio, impegnata com’era ad usare la propria  magia per impedire che la lava facesse danni.

Se non ci si fosse messo anche il brutto tempo sarebbero giunti al castello per la notte della festa.

Hanamichi ringraziò mentalmente il temporale che li aveva costretti ad allungare la loro rotta.

Almeno aveva avuto il tempo di pensare a come affrontare l’argomento.

Non che ci fosse un modo per rendere la notizia meno sconcertante...

Sospirò finendo di allacciare la camicia di pizzo bianco sotto lo sguardo vigile del suo compagno.

Erano passati solo tre giorni da quando il medico aveva fatto il suo incredibile annuncio ma al rossino erano sembrati tre mesi.

Rukawa non lo lasciava nemmeno fare il bagno da solo.

C’era sempre lui, il medico o qualche decina dei suoi assistenti che gli ronzavano intorno di continuo.

A peggiorare la situazione, poi, c’era il fatto che si sentiva abbastanza bene da potersi alzare.

Sempre se gliel’avessero permesso naturalmente.

Il figlio del fuoco indossò una giacca di damasco dorata sulla camicia bianca dalle ampie maniche con gesti tranquilli.

“Quante volte te lo devo ripetere Kaede...” disse lanciando un’occhiataccia al consorte “...ci vogliono venti minuti da qui al porto e faremo il tragitto in carrozza! Non capisco perchè ti preoccupi” disse scuotendo le spalle.

Rukawa lo fissò cupo “Otis si è raccomandato di fare attenzione” disse avvicindoglisi per mettergli un braccio intono alla vita e attirarlo dolcemente a se.

“Sono preoccupato per te...” gli sussurrò dolcemente baciandogli le labbra “... anzi per voi” mormorò posandogli una mano sul ventre piatto.

Hanamichi gli sorrise dolcemente coprendo la mano candida con la sua.

“Dovresti preoccuparti per la tua di salute, volpaccia” mormorò con sguardo malizioso.

Rukawa scosse il capo bruno “E’ così terribile tuo padre?”

Il sorriso ricevette in risposta non gli piacque affatto.

 

Hanamichi respirò a pieni polmoni l’aria frizzante che gli accarezzava il volto e il corpo coperto dai pesanti abiti da cerimonia mentre scendeva, sotto lo sguardo attento del suo compagno, i grandi gradini di marmo che portavano al piazzale interno, dove la candida carrozza reale li attendeva.

I sei unicorni che la trainavano scossero le lunghe criniere alla vista del loro signore nitrendo e scalpitando impazienti di partire.

Sei guerrieri con la divisa bianca e argentea, la lucente cotta di maglia sotto i  mantelli foderati di pelliccia, erano immobili dietro il cocchio in attesa di un ordine per mettersi in moto alla volta del porto.

Un paggio aprì loro lo sportello con un elegante inchino mentre il rossino lanciava una fugace occhiata ai due cavalieri immobili uno sulla destra, l’altro sulla sinistra dei cavalli da tiro.

Akira gli porse un veloce sorriso trattenendo le briglie argentee del suo lipizzano mentre Mitsui in sella ad un roano dal manto scuro evitò accuratamente il suo sguardo scostando con gesto nervoso il lungo mantello carminio in modo che ricadesse a coprire la spada.

Erano stati liberati quella mattina, sarebbe infatti stato scortese informare al re del Fuoco che l’imperatore aveva fatto incarcerare uno dei suoi lord.

Rukawa sorrise tra se mentre osservava il paggio aprire lo sportello della carrozza con un inchino elegante.

Aveva il forte sospetto che quando il sovrano del Sud avesse scoperto lo stato di suo figlio, Mitsui avrebbe preferito di gran lunga trovarsi in prigione.

Il cocchiere fece schioccare la lunga frusta nell’aria leggera in un gesto più coreografico che necessario.

Nitrendo i due unicorni che guidavano il tiro si sollevarono sulle zampe posteriori scuotendo i capi, sciogliendo le lunghe criniere al vento mentre i loro corni cristallini scintillavano sotto i raggi solari, prima di lanciarsi con entusiasmo in avanti seguiti dagli altri quattro ansiosi come loro di poter finalmente muoversi.

Hanamichi tirò la leggera tendina di pizzo che copriva il finestrino dello sportello in modo da osservare il paesaggio che scorreva sotto i suoi occhi.

An’tar era un unico manto bianco, scintillante, sotto i raggi del sole.

L’immacolata perfezione punteggiata dai colori vivaci degli abiti dei bambini.

Qua e la qualche macchia grigia o argentea che contraddistingueva le vesti dei maghi, numerosi nella capitale.

Mitsui con il suo mantello sgargiante attirava l’attenzione dei cittadini sul convoglio che procedeva a velocità discreta.

La sua presenza era chiaro segno che all’interno della carrozza erano presenti entrambi i reali e il popolo non poteva fare a meno di provare grande curiosità per colui che portava il marchio della fiamma.

Akira procedeva tranquillamente in testa al convoglio, al fianco del figlio del fuoco che evitava ostinatamente il suo sguardo.

Dei bambini lo indicarono con la mano salutandolo e Akira regalò loro un sorriso mentre faceva rallentare un po’ il suo cavallo per raccogliere al volò una rosa lanciata da una ragazza dai grandi occhi verdi e dallo sguardo malizioso.

Ringraziò con un cenno del capo la fanciulla, che arrossì senza tuttavia abbassare lo sguardo, prima di riportare al passo il suo cavallo.

Stava passando accanto allo sportello laterale per riprendere la sua posizione in testa al corteo quando notò un’ombra scura sotto la carrozza.

Corrugò la fronte facendo rallentare il suo cavallo per mettersi in linea con la ruota posteriore controllando meglio.

Si era quasi convinto di essersi sbagliato quando la carrozza sobbalzò su una piccola buca del manto stradale permettendogli di scorgere di nuovo quell’ombra che l’aveva inquietato.

Poteva trattarsi benissimo di un ramoscello secco.

Ma non aveva mai lasciato qualcosa al caso quando si trattava della sicurezza del suo sovrano.

Chinandosi un po’ sulla sella spinse il suo sguardo oltre i cerchi argentati delle grandi ruote e quello che vide gli gelò il sangue nelle vene.

“Mitsui ferma la carrozza!!!!” gridò sollevandosi di scatto sulla sella.

Il figlio del fuoco si voltò sorpreso a quel grido allarmato mentre il cocchiere si voltava stupito a sua volta.

Fu in quel momento che lo stanello (l’asse che tiene collegate le due ruote posteriori nda) cedette.

La carrozza sobbalzò violentemente reclinandosi con un gemito pauroso sulla sua sinistra.

Il cocchiere venne sbalzato violentemente giù dal sellino mentre il cocchio si inclinava indietro rischiando di spezzare il timone che colpì violentemente una delle zampe posteriori dell’ultima coppia di unicorni che trainava il mezzo.

L’animale nitrì spaventato scattando in avanti subito imitato dal suo compagno a sua volte terrorizzato dal scricchiolio del legno dietro di lui.

La carrozza ebbe un nuovo violento sbalzo in avanti che, se le evitò per un soffio di rovesciarsi, la scosse però violentemente, mandando anche il giovane paggio in piedi sul gradino posteriore, a terra, mentre i cavalli si lanciavo in preda al panico in avanti trascinandosela dietro.

Mistui fece balzare di lato il suo cavallo evitando per miracolo di essere travolto dalla corsa impazzita del mezzo scagliato a tutta velocità.

“Dobbiamo fermarli o si ammazzeranno” gli gridò Akira passandogli accanto galoppando all’inseguimento della carrozza, che procedeva a rotta di collo, sobbalzando pericolosamente su tre ruote, diretta verso le acque ghiacciate del molo.

 “Come facciamo a fermarli?” gridò Mitsui che non appena era riuscito a riacquistare il controllo della sua cavalcatura si era lanciato anch’egli all’inseguimento, affiancandoglisi.

“Tu cerca di bloccare i cavalli da davanti io provo a saltarci sopra” gli gridò Sendoh spingendo il suo cavallo vicino alla carrozza che sbandava incontrollata.

Mitsui annuì con il capo. “Fa attenzione!” gridò aspettando che il veicolo oscillasse a destra prima di lanciarsi sulla sua sinistra incitando il proprio roano perchè accelerasse, sorpassandola, per portarsi alla stessa altezza degli unicorni.

Akira fissò cupo il grande cocchio che sobbalzava pericolosamente prima di battere un colpetto sulla schiena della sua cavalcatura.

“Mi fido di te bello” gli disse prima di togliere i piedi dalle staffe e arrampicarsi sulla sella tenendo il proprio cavallo per le redini con la destra mentre allungava la mano sinistra alla ricerca di un appiglio.

La carrozza sbandò nella sua direzione fornendogli un appoggio che gli venne immediatamente strappato all’ennesima scossa del veicolo impazzito.

Akira si aggrappò disperatamente alle redini del suo cavallo scivolando sulla sella.

Allungò una gamba appoggiando per una frazione di secondo un piede a terra dandosi immediatamente una spinta che gli permise di ritornare a cavalcioni del suo cavallo.

“Ok ritentiamo” sbottò riprendendo la sua precaria posizione sul dorso del lipizzano mentre questi tornava ad affiancarsi al mezzo fuori controllo.

Fece un profondo respiro e quando il carro si inclinò nuovamente piegò le gambe lanciandosi nel vuoto pregando di aver calcolato i tempi in modo corretto e di non finire sotto le ruote della carrozza.

Il suo corpo sbatte violentemente contro la superficie lignea mentre le sue mani annaspavano per qualche secondo alla ricerca di un appiglio. Si aggrappò disperatamente al portello mentre si issava sul tetto facendo leva con i piedi sullo stemma inciso sulla fiancata per riuscire ad puntellarsi meglio.

Mitsui affiancò i due unicorni di testa cercando di imporre al suo cavallo la stessa velocità dei due.

Quando fu abbastanza vicino allungò una mano cercando di afferrare la cavezza dell’animale che guidava gli altri cinque  ma la bestia scosse il capo furiosamente impennandosi pericolosamente.

Il corno cristallino rilucè accecandolo mentre la creatura richiamava il suo potere magico scatenandolo in una serie di lampi ghiacciati.

Il cavallo di Mitsui si arrestò bruscamente nitrendo e sollevandosi sulle zampe posteriori cercando di schivare i colpi dell’essere fatato che continuò la sua folle corsa scuotendo il capo candido.

Hisashi imprecò sonoramente prima di stringere le briglie con forza, lo sguardo lampeggiante, mentre obbligava il suo cavallo a lanciarsi nuovamente in avanti.

Con la coda dell’occhio scorse Akira pericolosamente aggrappato al tetto della carrozza che cercava di non venir sbalzato giù dal mezzo.

Doveva far rallentare a tutti i costi i cavalli o il figlio del ghiaccio sarebbe volato giù dalla sua posizione precaria spezzandosi l’osso del collo.

Il suo cavallo prese nuovamente velocità affiancandosi alle bestie da tiro.

L’unicorno rievocò la sua magia ma il suo ghiaccio questa volta s’infranse contro un muro di fiamme scarlatte.

Approfittando del momento di incertezza dell’animale Mitsui allungò nuovamente la mano afferrando la cavezza argentea e tirandola con tutte le sue forze.

La creatura magica scosse il capo strattonandolo brutalmente sulla sella, lacerandogli la pelle della mano, ma Mitsui non lo lasciò andare e la bestia fu costretta a frenare la sua corsa.

Poco dopo le redini vennero tirate con decisione e tutti e sei i cavalli rallentarono il passo fino a fermarsi.

Mitsui si strinse la mano sanguinante nel mantello voltandosi verso la carrozza.

Seduto sul sedile del cocchiere un Sendoh sorridente più che mai lo salutò sollevando una mano in segno di vittoria mentre con l’altra teneva saldamente le redini che aveva recuperato.

 

Akira balzò giù dalla carrozza mentre Mitsui tornava indietro al galoppo.

Aprì lo sportello in fretta chiamando a gran voce il suo re senza ottenere risposta.

Il suo sovrano giaceva riverso su uno dei sedili, un livido violaceo sulla fronte, che doveva essere la causa la momentanea perdita di sensi, Hanamichi svenuto tra le braccia.

 

Rukawa emerse lentamente dal martellio che gli offuscava i sensi guardandosi confusamente attorno.

Ricordava vagamente di aver udito l’avvertimento di Akira e poi la carrozza si era inclinata di scatto.

Aveva visto il corpo di Hanamichi sbalzato dal sedile e si era lanciato su di lui per fargli da scudo.

Si alzò di scatto scoprendo di essere sdraiato sull’erba umida, Akira chino al suo fianco.

“Tutto bene?” gli chiese l’amico preoccupato.

Rukawa annuì nonostante l’emicrania che gli torturava il cervello guardandosi attorno con un lampo di panico negli occhi blu.

“Hana?” chiese preoccupato.

“Sto bene volpaccia” lo rassicurò una voce nota.

Hanamichi era in piedi a pochi passi da loro, il volto pallido e le braccia strette protettivamente attorno al ventre ma illeso.

Kaede scattò in piedi come una molla fiondandosi al suo fianco.

“Sicuro?” chiese.

Hanamichi gli regalò un sorriso carico di dolcezza.

“Sono atterrato su una volpe morbida” mormorò.

Rukawa lo strinse tra le braccia con un sospiro di sollievo, ripromettendosi comunque di mandarlo dal medico non appena tornati a castello.

“Si può sapere che diavolo è successo?” chiese invece voltandosi verso Akira senza tuttavia lasciare libero lo sposo dal suo abbraccio possessivo.

Akira scosse il capo.

“A quanto pare lo stanello posteriore si è spezzato” disse con la fronte corrugata.

“Sarebbe meglio dire che è stato segato” rivelò Mitsui avvicinandosi a loro porgendo un pezzo di legno tagliato di netto.

Akira imprecò mentre lo sguardo di Kaede riluceva pericolosamente.

“Pensavo che avessero rinunciato ad attentare alla tua vita” sbottò il comandante delle guardie imperiali prendendo il pezzo di legno dalle mani di Mitsui, per esaminarlo a sua volta.

“Come sarebbe a dire: attentare alla tua vita?” chiese preoccupato Hanamichi voltandosi nell’abbraccio del marito.

Kaede scosse le spalle.

“Dopo la mia salita al trono ci sono stati diversi tentativi di togliermi di mezzo ma sono durati qualche mese e poi si sono arresi” disse corrugando la fronte.

“E allora perchè ora?” chiese Mitsui prima che i suoi occhi si spalancassero.

“Quei luridi bastardi!” sbottò furioso comprendendo.

Akira annuì evitando lo sguardo mortale che scintillò negli occhi del suo signore quando fu chiaro CHI era l’obbiettivo di quell’attentato.

“Infatti... non puntavano a me ma ad Hanamichi, o meglio al bambino” mormorò cupo Kaede.

“Al mio bambino!!!” tuonò Hanamichi mentre i suoi occhi passavamo dal caldo dorato ad un minaccioso scarlatto intenso.

 

“Al tuo COSA?” chiese una voce possente, incredula.

 

Hanamichi si voltò di scatto verso la strada dove due cavalieri immobili sui loro cavalli si erano avvicinati a loro attirati dalla confusione.

Non ebbe nessuna difficoltà a riconoscerli nemmeno sotto gli spessi mantelli da viaggio.

Mamma... papà...” mormorò salutando i due nuovi venuti.

 

 

 

continua............                                                                                            

 

 

 

Avrete notato che questa fic non ha scleri post fic...

è già abbastanza sclerata di suo ^_^''''

 

 

 

 

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