Cronache 5                                     Back to FanFic  Back to Home

 

Dal Libro dei Popoli

I figli del mondo

 

Dolce e chiara la primavera con i suoi fiori delicati e il canto degli augelli nell’aria.

In questa stagione nascono i figli dell’aria.

Essi librano le loro ali piumate nel cielo giocando con i grifoni, inseguendo le farfalle.

E i loro canti si innalzano dai prati fioriti mentre le fate intrecciano corolle di fiori da posare sui loro capi.

Essi hanno occhi azzurri come il cielo e capelli dalle tonalità del miele e del sole.

 

Forte e intensa l’estate con il suo sole rovente e i girasoli dorati.

In questa stagione nascono i figli della terra.

Essi corrono con le loro gambe possenti insieme alle mandrie di cavalli inseguendo i cervi nelle foreste.

Le loro braccia accarezzano la terra e gli gnomi costruiscono per loro giocattoli di legno.

Essi hanno occhi neri come la brulla zolla e capelli scuri come la corteccia dell’albero.

 

Ardente e fiammeggiante l’autunno con le sue foglie rosse e gialle.

In questa stagione nascono i figli del fuoco.

Essi giocano con le fiamme dei draghi costruendo piccoli scudi con le loro scaglie lucide.

E le loro risa rallegrano l’aria delle grandi piazze mentre si affrontano in duelli fittizi.

Essi hanno occhi dorati e capelli del caldo colore della castagna, dell’intenso luccichio della fiamma.

 

Freddo e silenzioso l’inverno con il suo vento sottile e la neve delicata.

In questa stagione nascono i figli dell’acqua.

Essi nuotano tra le onde dell’oceano seguiti dai guizzi delle sirene.

E le loro labbra pronunciano incantesimi per salutare l’aurora la fianco degli unicorni.

Essi hanno occhi blu come l’oceano profondo e capelli d’ebano come le notte scura.

 

                                                                                                                                                             Dal Libro dei Popoli

 

 

*-*-*-*-*-*-*-*

 

 

Capitale del regno dell’Acqua

Cinquantunesimo giorno del quinto millennio dal Patto di Zagor

 

Hanamichi aprì lentamente gli occhi guardandosi attorno confuso.

La sua testa poggiava su qualcosa di liscio e caldo che non era sicuramente un cuscino.

A meno che i cuscini non respirassero.

Sollevò il capo piano in modo d poter osservare il volto del suo amante addormentato.

Le ciglia nere che sfioravano le guance candide come fini decorazioni sulla porcellana, le labbra rosse appena socchiuse.

Quell’espressione rilassata, innocente.

Rukawa.

Il suo amante.

Suo marito.

Ogni muscolo del suo corpo indolenzito, ogni lembo della sua pelle dorata portava impresso il suo marchio.

Quante volte avevano fatto l’amore?

Non lo ricordava più.

Sapeva solo che c’era quella cosa dentro di lui che lo spingeva a cercarlo, che bruciava, sciogliendogli le ossa come acido finchè non poteva sentire il compagno dentro di se, il suo sperma nel proprio corpo.

Allora quella sensazione si sedava soddisfatta lasciandolo riposare qualche ora.

Ripensò con vergogna a quella notte assurda.

Aveva provato piacere nel fare l’amore con lui.

Aveva cercato volontariamente il suo corpo.

Gli aveva chiesto di essere posseduto.

Gli si era offerto senza pudore.

Si scostò da quel corpo caldo a cui aveva dormito abbracciato cercando di allontanarsi ma un paio di braccia candide scivolarono intorno alla sua vita trattenendolo.

Seppure quella cosa che gli bruciava il sangue sembrava essersi sciolta nella loro passione notturna trovò confortevole quel gesto.

Il suo profumo, il suo tocco, la sensazione di quella pelle setosa, tutto era così familiare e rassicurante.

Non poté fare a  meno di arrossire quando le lunghe ciglia scure si sollevarono velando un paio di occhi blu scintillanti.

“Buongiorno” mormorò il suo amante con voce impastata, calda, prima di chinare il viso su di lui.

Hanamichi voltò il capo di scatto arrossendo e Rukawa si fermò prima di raggiungere la sua pelle fissandolo sorpreso.

Non era uno sciocco.

Aveva compreso che il cambiamento che aveva stravolto il suo compagno quella notte non era stato dettato dalla sua volontà.

Probabilmente aveva chiesto a Fujima qualche droga che gli permettesse di fare l’amore con lui.

Quel pensiero gli diede fastidio facendogli montare una rabbia cupa dentro.

Avrebbe preferito che il compagno fosse cosciente o che quanto meno non facesse l’amore con lui pensando a chissà chi.

Come immagini intrappolate in tanti quadri dai contorni sfumati, i ricordi tornarono ad accavallarsi nella sua mente.

Ricordò il suo corpo teso sotto il proprio, ricordò il sapore della sua pelle e il suono dei suoi gemiti.

Quella voce calda e sensuale che si spezzava nell’invocare il suo nome.

Aveva chiamato il suo nome.

Tornò a fissarlo confuso.

Se anche sotto effetto di droga era  a lui che stava pensando.

Era lui che aveva chiamato, supplicato, implorato mentre il suo respiro accelerava e il suo corpo s’inarcava.

Un suono soffocato lo strappò dai suoi pensieri.

Abbassò lo sguardo spalancando gli occhi incredulo.

Il ragazzo tra le sue braccia stava piangendo.

Il suo consorte teneva il viso premuto contro il cuscino candido nel tentativo di soffocare i singhiozzi.

Si diede mentalmente dell’idiota per la propria insensibilità prima di allungare una mano e passargliela dolcemente tra i capelli rossi.

“Hana...” mormorò assaporando per la prima volta il suo nome proprio.

Questi a dispetto di quello che si era aspettato si strinse a lui affondando la testa nella sua spalla come aveva fatto quella notte quando l’aveva posseduto la prima volta.

Quando aveva assaggiato il suo corpo.

Rukawa lo strinse a se cullandolo piano, rassicurandolo, mentre faceva scorrere delicatamente la mano destra sulla schiena del compagno per calmarlo.

Hanamichi cercò di fermare le lacrime senza molto successo.

Si stava comportando come una donnicciola ma non ne poteva fare a meno.

Sentiva quelle stupidissime lacrime scivolargli bollenti lungo le guance senza che riuscisse a fare niente per smettere di piangere mentre Rukawa lo cullava tra le braccia.

L’imperatore abbassò il viso mettendogli contemporaneamente una mano sotto il mento per costringerlo a sollevare il capo.

“Non piangere tesoro” mormorò piano cancellando le tracce salate con la bocca da quel viso abbronzato.

Senza riflettere su quanto stava facendo Hanamichi rincorse quelle labbra gentili fino a chiuderle con le sue in un bacio colmo di dolcezza.

Quando si separarono Rukawa fece qualcosa che non faceva da molto tempo, gli sorrise accarezzandogli il volto.

“Va meglio ora?” gli chiese piano.

Hanamichi arrossì annuendo.

“Io... io non so che mi è preso” mormorò.

In effetti sembrava che i suoi sentimenti e il suo cervello volessero seguire due strade diverse.

La mente continuava a ripetergli che quella era la maledetta volpe che l’aveva strappato dalla sua terra, dalla sua gloriosa carriera di guerriero e paladino di splendide fanciulle mentre il suo cuore non faceva che sussurrare quanto fosse dolce il suo sguardo, quanto si sentisse bene accanto a lui, come si sentisse completo in quell’abbraccio possessivo.

E la mente ebbe la peggio dato che il corpo si alleò al suo cuore ricordandogli il piacere provato nell’avvertire quelle mani candide così dolci e gentili ora, quand’erano impiegate in tutt’altro tipo di carezza.

Rukawa gli passò le dita tra i capelli prima di sfiorargli il naso con un bacio.

“Ti va di fare colazione?” gli chiese cercando di alleggerire la tensione che si stava improvvisamente creando tra loro.

Il rossino annui riconoscente di quell’aiuto insperato a far fronte al suo imbarazzo.

Non avrebbe saputo come spiegarlo ma gli era accaduto qualcosa... qualcosa di strano e meraviglioso.

Per quanto si sforzasse di ritrovare tracce delle rabbia che provava per il suo consorte non vi riusciva.

Tutta la sua acredine infondo era dovuta al terrore di dover fare l’amore con lui.

Eppure Rukawa era stato gentile e attento. E anche ora che l’emozione aveva avuto il sopravvento su di lui, spingendolo a gettarsi tra le sue braccia in lacrime, l’imperatore invece di allontanarlo con stizza, lo trattava con dolcezza cercando di aiutarlo.

Lo sentì suonare un piccolo campanellino d’argento facendo sopraggiungere una cameriera.

Arrossì abbassando il capo e Rukawa sorrise a quel suo gesto pudico dopo la notte che avevano trascorso insieme, prima di ordinare la colazione alla cameriera che cercava di trattenere lo stupore non tanto per lo stato del letto, quanto per l’incredibile dolcezza che aveva scorto nello sguardo del suo signore quando si era posato sul consorte.

 

Akira sorrise allegramente osservando il suo sovrano che smistava la corrispondenza sulla sua scrivania.

Hanamichi era uscito per una cavalcata con il suo capitano delle guardie e la volpe ne aveva approfittato per sistemare la posta arretrata.

Rukawa sollevò il capo scocciato di essere oggetto di un esame così attento.

“Si può sapere che hai da guardare?” gli chiese un po’ burbero.

“Sei cambiato sai?” gli fece notare Akira sedendosi su una poltroncina dinanzi al grande tavolo ingombro di carte.

“Lui è qui da quanto? Poco più di un mese” disse dopo aver pensato per alcuni minuti “ed è già riuscito a fare quello che io non sono riuscito a fare in diciassette anni.”

Rukawa scosse le spalle cercando di non dare peso alla cosa.

Però sapeva che Akira aveva ragione.

Dopo la prima notte di nozze lui e Hanamichi avevano raggiunto un accordo.

Non gli avrebbe più chiesto di fare l’amore con lui in modo da concedere loro il tempo di conoscersi prima di riportare il loro rapporto su un piano fisico.

Avevano passato quella loro prima giornata insieme mentre Rukawa rispolverava le corde vocali per raccontagli la storia del suo popolo, accompagnandolo per il grande maniero.

Avevano sellato due unicorni per girare il paese fino al porto studiandosi a vicenda.

Le ore erano scivolate via piacevoli, dopo il primo momento di chiusura Hanamichi aveva ritrovato la sua anima solare e aveva preso a raccontargli della sua terra, dell’arte della spada, della sua famiglia e di quant’altro gli passava per la testa.

E Rukawa per la prima volta in vita sua aveva trovato piacevole il semplice cavalcare accanto a quella persona che riluceva più del sole in cielo semplicemente ascoltando la sua allegria, il tono vivace della sua voce più che le parole in se.

Finchè non era giunta la sera e si erano coricati uno di fianco all’altro.

Ricordava ancora perfettamente le sue parole.

Kaede... io...” era arrossito prima di sollevarsi su un gomito per guardarlo negli occhi “Vuoi fare l’amore con me?

Da quella seconda notte i loro giorni si erano susseguiti uno più bello dell’altro.

In lui aveva trovato quella luce calda e imperturbabile che cercava da tempo per risvegliare il suo animo buio.

Anche se su molte cose finivano per trovarsi discordi, anche se era loro capitato addirittura di venir alle mani, la sua allegria riempiva le sue giornate di gioia.

“Ti sei innamorato Kaede?” gli chiese Akira distraendolo violentemente dai suoi pensieri.

Fissò il suo capo delle guardie, quasi un fratello maggiore per lui, mentre gli occhi gli scintillavano.

“Non dire assurdità” lo rimproverò ed Akira rise divertito nel riconoscere nei suoi occhi la risposta affermativa che cercava.

 

“La festa di Lenaras?” chiese Hanamichi mentre gingillava svogliatamente  con la forchetta.

Rukawa seguì attentamente quel suo gesto.

Erano già un paio di giorni che il rossino mangiava poco.

“Sì terrà tra dieci giorni per festeggiare l’arrivo di Lenaras, il vento freddo del nord” gli spiegò Rukawa osservando corrucciato il  suo ragazzo arrendersi e deporre la posata dopo aver inutilmente sminuzzato l’astice posato sul suo piatto.

“Pensavo che ti avrebbe fatto piacere invitare anche i tuoi genitori visto che non li vedi da un po’”

Hanamichi annuì vagamente perso nei suoi pensieri.

“Hana va tutto bene?” gli chiese Rukawa depositando a sua volta la forchetta d’argento di fianco al piatto di fine porcellana.

Il rossino gli sorrise passandosi una mano tra i capelli.

“Sì scusami sono solo un po’ stanco” mormorò scuotendo il capo prima di alzarsi da tavola.

“Se non ti dispiace me ne vado a letto”

Rukawa annuì un po’ preoccupato seguendolo con lo sguardo prima di far chiamare uno dei paggi.

Poco dopo il servo tornò accompagnato dalla persona che aveva mandato a chiamare.

Mitsui gli si inchinò salutandolo con il consueto “Maestà”.

Rukawa gli indicò una sedia facendogli cenno di sedersi mentre un cameriere si affrettava a portare una coppa per il nuovo arrivato riempiendola con del vino bianco.

“Hai notato qualcosa di strano nel mio consorte ultimamente?” gli chiese.

Mitsui sollevò un sopracciglio sorpreso a quella domanda.

Dopo quella prima notte di nozze in effetti il suo amico era cambiato e non poco.

Certo era rimasto il solito ragazzo solare e allegro ma aveva perso parte della sua esuberanza per una specie di pace interiore di cui non aveva compreso la natura.

Semplicemente era tranquillo.

Come chi custodisce una bella notizia traendone gioia in ogni momento.

Quando ne aveva parlato con Sendoh chiedendogli se poteva essere un effetto collaterale della pozione il ragazzo aveva scosso le spalle.

“E’ innamorato tutto qui” gli aveva detto ma Mitsui non era convinto.

Lui aveva visto Hanamichi crescere e non poteva fare a meno di notare il cambiamento.

Sembrava più... femminile ecco.

Scosse il capo allontanando quel pensiero.

Erano solo assurdità e se le avesse fatte presente all’amico questo gli avrebbe tirato un bel pugno in faccia dimostrandogli quanto poco femminile era.

“No, niente” disse dunque al re che lo scrutava con i suoi occhi blu.

Rukawa scosse il capo “E’ da alcuni giorni che mangia poco e si ritira presto, sembra stanco” mormorò non riuscendo a nascondere una nota di preoccupazione.

Mitsui sorrise tra se nel notare la cosa ma scosse il capo.

“Si appresta la stagione fredda maestà e forse ne risente. Infondo noi eravamo abituati a climi ben più temperati di questo” gli spiegò senza aggiungere che probabilmente il suo amico si sentiva un po’ in gabbia in quell’enorme castello.

Rukawa annui ancora perplesso prima di concedergli il permesso di andarsene.

Il giorno dopo il suo sposo sembrava quello di sempre e decise che forse il capitano delle guardie del sud aveva ragione.

Che il suo sposo semplicemente soffriva per il freddo.

 

I preparativi per la festa fremevano nel grande castello mentre camerieri e cortigiani saettavano per le sale seguendo gli ordini del regale consorte.

Rukawa sorrise tra se quando vide il sorriso con cui il suo sposo dava disposizioni facendo impazzire la servitù.

Come aveva detto a Mitsui la stagione fredda era ormai alle porte e il rossino era stato costretto a limitare le sue cavalcate e le sue esercitazioni con la spada.

Stare relegato nel castello però aveva finito per farlo diventare irritabile, per giorni era saltato alla gola di chiunque gli si avvicinasse.

Akira aveva seriamente rischiato di essere incenerito quando per alleggerire la tensione gli aveva chiesto se aveva le ‘sue cose’

Con l’approssimarsi della festa tuttavia Rukawa aveva avuto l’idea di affidare al compagno l’organizzazione dell’evento trovando così uno sfogo alle sue energie.

“Il tensai organizzerà una festa che si ricorderà per secoli” gli aveva promesso radioso lanciandosi a capofitto in quell’impresa tutt’altro che facile.

 

“Maestààààààà” piagnucolò Hikoichi il suo segretario, sbracciandosi per farsi notare da lui.

Rukawa che aveva sperato di rimanere ad osservare il so do’hao, non visto, sospirò tra se, prima di voltarsi verso il piccolo ciambellano che teneva tra le braccia le sue inseparabili pergamene.

“Sì?” chiese rivolgendosi al ragazzo.

“Il vostro.... il vostro consorte non vuole fare il banchetto” gli disse srotolando una pergamena piena di strafalcioni su cui riconobbe la scrittura alquanto sgraziata della sua dolce metà.

Era una tradizione antichissima quella del banchetto per la festa che salutava l’arrivo dell’autunno e poi dell’inverno, la loro stagione. Poteva capire che il segretario trovasse la cosa alquanto all’armante soprattutto se si teneva conto del tradizionalismo che contraddistingueva il loro popolo.

Scese il grande scalone che portava all’ingresso dove Hanamichi stava dando ordini per la disposizione dei fiori, gli cinse la vita con un braccio sfiorandogli una gota con un bacio.

“Volpaccia non distrarre il tensai” lo rimproverò il rossino appoggiandosi tuttavia a lui.

“Maestà!!!” li richiamò Hikoichi fissandoli imbarazzato.

Hanamichi sospirò rumorosamente scostandosi da lui mentre Rukawa appuntava mentalmente di mandare il segretario in qualche viaggio diplomatico moooolto lontano.

“Hana perchè non vuoi fare il banchetto?” gli chiese invece ritornando al problema principale.

Apprezzava l’inventiva del suo ragazzo però non poteva permettergli di sconvolgere la festa.

Hanamichi lanciò un’occhiata infuocata al piccolo cortigiano che andò a nascondersi dietro le spalle del suo re prima di fissare Rukawa con sfida.

Kaede si preparò mentalmente alla lotta.

Conosceva quello sguardo cocciuto.

“Mi sembrava più congeniale un buffet in piedi” disse scuotendo le spalle.

La sola idea di dover rimanere seduto a tavola per quattro ore accanto a quei babbioni nobili del nord gli faceva venire la pelle d’oca.

Rukawa scosse il capo “Hana è nella tradizione far il banchetto non possiamo cambiare le cose” gli spiego calmo.

Come prevedeva lo sguardo del suo amante divenne cupo. “E’ una tradizione assurda” sbottò.

Rukawa sentì distintamente Hikoichi sussultare.

Non era il caso di fare discorsi del genere nel salone principale dove tutti avrebbero potuto sentirli, per loro le tradizioni erano tutto e un’affermazione come quella del suo sposo avrebbe fatto impallidire più di un nobile.

“Vieni andiamo a parlarne da un’altra parte” disse accompagnandolo nel suo studio.

Hikoichi fece per seguirli ma lo sguardo che gli lanciò il suo re gli fece improvvisamente rammentare che aveva molte faccende da sbrigare.

Hanamichi aspettò che il compagno si fosse chiuso la spessa porta di legno alle spalle prima di esplodere

“Insomma Kaede mi spieghi che c’è che non va ora? I fiori devono essere bianchi perchè così vuole la tradizione, la musica dev’essere quella perchè si è sempre fatto così e ora anche il banchetto!!”

Rukawa usò il suo tono più calmo per blandirlo “Cerca di capire Hana il nostro è un popolo molto legato alle...” “Tradizioni?” lo sfottè Hanamichi terminando la frase per lui.

Rukawa scosse le spalle “E’ una nostra caratteristica”

Hanamichi gli volse le spalle dirigendosi alla finestra per guardare il mare che cominciava a ghiacciarsi in prossimità dei moli.

“Rukawa si può sapere perchè mi hai dato il compito di organizzare questa festa” chiese sfiorando distrattamente il legno del balcone.

Rukawa aggrottò le sopracciglia non tanto per la domanda quanto per il tono decisamente basso, quasi triste, con cui era stata posta.

Aprì bocca per rispondergli quando Hanamichi si voltò fissandolo con occhi carichi di dolore.

“Hana?” chiese preoccupato sbiancando quando vide una lacrima scivolargli lungo la guancia.

“Non .... non è che ti sei stancato di avermi attorno..” mormorò abbassando il capo.

Rukawa sussultò incredulo. Gli aveva dato quell’impressione?

“Ma che dici???” mormorò coprendo la distanza che li separava con pochi passi e prendendolo dolcemente tra le braccia.

“Io credevo che tu ti fidassi di me  Ru e invece sembra che niente di quello che faccio vada bene, questa stramaledesttissima festa era già bella che organizzata!! Il mio aiuto non serviva a nessuno”

Rukawa gli passò delicatamente una mano tra i capelli imprecando mentalmente contro di se per averlo ferito.

“Tesoro mi dispiace davvero non era mia intenzione farti soffrire” mormorò piano.

Forse aveva sbagliato a dargli quell’incarico avrebbe dovuto immaginare che si sarebbe scontrato con una tradizione ben diversa dalla sua.

“Io volevo solo vederti di nuovo felice, ultimamente sei strano tesoro. Passi dall’apatia al nervosismo e guardati...” gli sollevò il viso dolcemente asciugandogli le lacrime con le mani.

In effetti anche Hanamichi si sentiva molto sciocco, non era da lui piangere per delle simili sciocchezze, però sembrava che quello che gli diceva la mente non interessasse minimante al suo animo.

“Che cosa c’è Hana? Che cosa devo fare per rivedere il tuo sorriso?” gli chiese.

L’interpellato arrossì violentemente emettendo un sospiro tremulo prima di allungare le braccia per cingergli il collo. “Amami Kaede” gli sussurrò a fior di labbra prima di congiungerle con le sue.

Rukawa lo baciò con dolcezza stringendolo di più a se mentre i loro corpi si cercavano l’un l’altro.

Finirono distesi sul grande divano a scambiarsi baci e carezze che crebbero notevolmente d’intensità finchè d’un tratto Hanamichi non allontanò il compagno impallidendo.

Rukawa si vide spingere via bruscamente dal compagno che balzò in piedi come una saetta.

“Ma cosa...?” protestò ma Hanamichi si limitò a mormorare un “Devo vomitare” prima di sparire oltre una piccola porta laterale lasciandolo allibito.

Kaede dopo il primo momento di shock  tuttavia si affrettò a seguire il compagno trovandolo alquanto pallido, seduto su un piccolo sgabello del bagno che si puliva la bocca con un panno umido.

“Hana tutto bene?” gli chiese preoccupato.

Il rossino scosse il capo confuso.

“Deve esserci qualcosa nel cibo a cui sono allergico è la terza volta che mi succede questa settimana” mormorò.

“Come sarebbe a dire la terza volta” gli chiese sempre più preoccupato il moretto togliendosi la giacca per metterla sulle spalle del compagno che tremava leggermente.

“Adesso tu fili immediatamente a letto e io chiamo il medico” ordinò ben deciso a non accettare un rifiuto come risposta.

Hanamichi tuttavia annuì stancamente lasciandosi accompagnare in camera dove si distese con un sospiro di sollievo sul grande letto mentre Rukawa mandava di corsa un paggio dal medico.

Il responso del mago comunque non fu molto differente da quello del suo compagno.

Il ragazzo era sano come un pesce, probabilmente era semplicemente allergico a qualche componente che usavano per la preparazione dei cibi.

Consigliò al re di chiedere ai cuochi che venissero preparati, per il consorte reale, dei piatti tipici delle sue terre, in modo da far fronte all’inconveniente e l’episodio venne accantonato.

 

“Allora ti diverti?” chiese un allegro Sendoh avvicinandosi ad Hanamichi che dopo aver salutato nobili per tutta la sera al fianco di Rukawa era riuscito infine a trovare un minuto per allontanarsi.

Si sentiva soffocare in mezzo a tutta quella gente intervenuta per la festa e come se non bastasse era giunto un dispaccio dove venivano informati che i suoi genitori sarebbero giunti solo due giorni più tardi, a causa di una tempesta che li aveva obbligati a deviare la rotta per giungere sull’isola.

Hanamichi scosse il capo distrattamente “Non ne posso più” borbottò cercando con lo sguardo Rukawa che sembrava invischiato da una vecchia contessa e dal marito in chissà quale noiosissimo discorso.

Aveva caldo e si sentiva intontito.

Quella notte non era riuscito a dormire e quella mattina anche se non aveva detto niente a Kaede per non preoccuparlo aveva di nuovo avuto la nausea.

Osservò la sala cupo, desiderando solo di poter cancellare tutti gli invitati con un cenno della mano in modo da metter fine a quel fastidioso brusio e alla musica che gli rimbombava nella testa.

“Hanamichi stai bene?” gli chiese Sendoh un po’ preoccupato vedendo lo sguardo vuoto e spento del suo sovrano.

Il rossino scosse il capo allontanando la nebbiolina che gli offuscava lo sguardo.

“Sto benissimo sono solo un po’ stanco” mormorò.

“Maestà venite devo presentarvi..” Hikoichi venne a prendere Hanamichi per ricatapultarlo nel caos della festa mentre Akira lo seguiva con lo sguardo.

Incrociò gli occhi di Mitsui poco più in la che parlava con delle dame, che non gli staccavano gli occhi di dosso un momento. Lo sguardo del guerriero la diceva lunga sul fatto che avrebbe voluto essere ovunque tranne che lì.

“Belle signore vogliate scusarci, noi valorosi guerrieri avremmo qualcosa di cui parlare” disse interrompendo il cicalio indistinto delle comari prima di prendere Mistui per un braccio e trascinandolo lontano dal gruppetto di ragazze.

Mitsui gli sorrise riconoscente “Grazie non ce la facevo più a sentir parlare di doti, cerimonie nuziali e quant’altro” disse con un brivido scuotendo il capo. Sendoh gli sorrise tranquillamente “Non sono molti gli scapoli appetibili e belli come te” gli disse tranquillamente. L’altro sollevò lo sguardo sorpreso a quel complimento ma Akira pareva già esserselo dimenticato mentre osservava la sala cercando con lo sguardo una nota chioma rossa.

Lo ritrovò immerso nella folla nuovamente la fianco di Rukawa.

“Di cosa volevi parlarmi?” gli chiese invece.

Akira gli indicò con un cenno del capo la coppia reale. “Hanamichi mi pare strano stasera” mormorò.

Il guerriero annuì, aveva notato anche lui che l’amico sembrava un po’ spento in quegli ultimi giorni ma credeva fosse imputabile alle lunghe giornate passate tra le quattro mura del castello ora invece anche Akira se n’era accorto.

Forse c’era davvero qualcosa che non andava in lui.

 

Rukawa annuì con il capo in segno di saluto all’ennesima coppia di nobili che si era loro avvicinata trascinandoli in un discorso sul commercio navale di cui non poteva importare di meno ne a lui ne ad Hanamichi.

Il rossino gli fece scivolare una mano sotto il braccio appoggiandosi a lui e Rukawa si voltò a guardarlo sorpreso.

Era un po’ pallido notò con preoccupazione.

Il duca gli chiese che disposizioni avevano deciso di prendere per la sorveglianza marittima ma non ebbe modo di rispondere dato che la presa di Hanamichi sul suo braccio divenne d’un tratto una morsa disperata.

Rukawa si voltò sorpreso, impallidendo quando vide il suo ragazzo cinereo in volto.

Hanamichi riuscì a malapena a mormorare un flebile “Mi sento male” prima di perdere i sensi e accasciarsi tra le braccia del sovrano.

 

Quello che successe dopo fu il caos.

Rukawa gridò al più vicino servo di chiamare il medico di corte prima di sollevare il rossino tra le braccia e uscire a tutta velocità dalla sala diretto alle proprie stanze mentre Mitsui e Akira cercavano di calmare il panico che era serpeggiato tra la folla quando qualcuno aveva gridato all’attentato.

 

Rukawa consumò per l’ennesima volta il pavimento dello studio accanto alla camera da letto.

Il medico gli aveva consigliato di attendere fuori e sebbene nervoso il sovrano se n’era andato aspettando con ansia un responso.

Ma erano passati venti minuti e nessuno gli aveva ancora detto niente.

Akira che l’aveva seguito cercando di calmarlo era stato quasi mangiato vivo e alla fine era tornato da Mitsui al piano inferiore per accomiatare gli ospiti e sistemare le cose lasciate in sospeso dalla scomparsa dei due sovrani.

Un bussare leggero lo riscosse dai suoi pensieri.

“Entrate!” esclamò fermando il suo avanti e indietro per volgersi verso la porta.

Come si era aspettato si trattava del medico, quello che non gli piacque affatto fu il pallore sul viso dell’uomo.

“Allora?” chiese preoccupato.

“E’ meglio se vi sedete maestà” mormorò l’anziano a mezza voce.

“Anzi se permettete mi siederei anch’io” disse sprofondando in una poltrona senza attendere il consenso del sovrano mentre fissava con sguardo leggermente inebetito un punto immaginario davanti a lui.

Rukawa lo fissò spaventato e decise che forse era meglio fare come gli era stato consigliato.

“Allora?” chiese con voce incerta una volta seduto dietro la sua scrivania.

Ora non era più tanto sicuro di voler sapere che cosa aveva Hanamichi.

E se gli avessero detto che era stato avvelenato?

Se gli avessero detto che stava morendo?

Il solo pensiero gli strinse lo stomaco in una morsa fredda che gli strappò il respiro.

“Da una prima analisi il vostro consorte non presenta nessuna malattia... eppure tutte i suoi valori sono sfasati”

Rukawa trattenne il respiro “Che ... vuol dire sfasati” balbettò.

“I suoi ormoni sono in quantità eccessiva” mormorò prima di fare una pausa passandosi una mano tra i capelli grigi.

“E’ stato partendo da questo punto abbiamo condotto un’analisi più attenta e....” il medico s’interruppe e Rukawa si accigliò.

E....???” chiese impaziente.

“Sua maestà è in attesa” mormorò il medico.

Rukawa lo fissò senza capire.

“In attesa di cosa?” chiese perplesso.

Il medico scosse il capo prima di sollevare il volto per fissare il sovrano.

 

Mio Signore il vostro consorte porta in grembo l’erede al trono

 

 

continua............                                                                                            

 

 

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