You are my Blood 6                                              Back to FanFic  Back to Home

Rukawa sollevò una mano sottile, tremante, come i resti del suo respiro, incerta, come il battito del suo cuore, allungandola verso il volto del suo compagno, riverso tra le sue braccia.

Immobile e freddo.

Lui che era confusione e luce.

Si fermò a pochi centimetri dal suo viso.

La sua gola non aveva più voce per chiamarlo.

Non sarebbe servito.

Per quanto avesse urlato Hanamichi non avrebbe potuto sentirlo.

I suoi occhi non avevano più lacrime per piangerlo.

Non sarebbe bastato.

Per quanto avesse pregato Hanamichi non avrebbe più potuto guardalo.

I suoi occhi dorati erano spalancati.

Ma privi della loro luce.

 

Vuoti.

 

Com’era vuoto il suo petto.

Chiuse gli occhi lentamente traendo un profondo, definitivo, respiro.

Quando il vampiro sollevò le palpebre le sue iridi erano azzurre.

Di un azzurro elettrico e accecante, striato, ferito, da lamine di tenebra e falci di  luce.

Il suo respiro divenuto lento e meccanico.

Il suo cuore batteva sordo, un rintocco dopo l’altro, come un grande pendolo nell’atrio vuoto di una casa abbandonata dai suoi proprietari.

 

Abbandonato.

Solo.

Hanamichi l’aveva lasciato.

 

Si diresse verso il letto sfatto e vi depose delicatamente il corpo ferito del suo compagno.

Sfiorò i suoi lineamenti dolcemente, scivolando sulla pelle macchiata di sangue, mille immagini, ricordi di quel volto, travolsero la sua anima ormai in brandelli come un vento impetuoso che, al fine, spazza via i resti di un incendio lasciando una landa desolata.

 

Vuota.

Spoglia.

Come lui.

 

Delle fiamme del dolore ormai non restava luce, solo la cenere, grigia e silenziosa, copriva il silenzio irreale attorno a lui, quel silenzio che non sarebbe più stato spezzato dalla sua risata, dalle sue sparate megalomani.

Aveva sempre amato il silenzio.

 

Aveva.

Era.

 

Passato.

 

Un passato che avrebbe cancellato per non soffrire più.

Un passato che avrebbe spazzato via, insieme a tutto il resto.

Se non poteva condividere il futuro con lui allora...

 

Allora non ci sarebbe stato un futuro.

 

Fissò il proprio sguardo in quello vacuo del compagno prima di posare la mano sulle sue palpebre, abbassandogliele.

Addio...” sussurrò piano.

Si tolse il mantello e coprì il suo corpo ferito con il pesante velluto nero, rimboccandoglielo come aveva fatto tanto spesso con le coperte del loro letto, dopo che avevano fatto l’amore.

Si chinò su di lui e gli depose un ultimo, casto, bacio sulla fronte fredda, infine libera da ogni marchio.

Senza una parola gli voltò le spalle e sollevò il viso verso il cielo terso.

I raggi del sole gli accarezzarono dolcemente il volto incrostato di lacrime, il loro calore pareva portare con se il ricordo della dolcezza delle sue mani.

Sorrise tristemente, ricacciando le lacrime, chiuse gli occhi.

 

Agonia...” mormorò.

 

Silenziose spirali di fumo emersero dal suolo sotto di lui.

Il demone dalle lunghe ali da pipistrello emerse dalla terra massacrata, senza un suono.

Sollevò il volto sfregiato verso il suo Signore allargando nell’aria limpida le grandi ali spezzate.

Un lungo, straziante, lamento scivolò tra le sue labbra prima che ella lasciasse cadere il capo, fissando il suolo, gli occhi dorati, liquidi.

 

Ora so che cosa significa il tuo nome” sussurrò Rukawa, portandosi una mano all’altezza del cuore.

 

Il demone richiuse le ali scure sul corpo martoriato, tremando, mentre una lacrima rovente le scivolava lungo il viso spigoloso precipitando tra la polvere con un piccolo, impercettibile, tonfo.

 

Distruzione” sussurrò Rukawa.

 

Senza suono una lunga fiamma scarlatta si tese verso il cielo chiaro.

Il demone dalla capigliatura di fuoco emerse dal suolo silenziosamente.

Sollevò il volto lucente verso il suo Signore allargando le braccia dietro di se, offrendo il petto e la gola alla luce del sole prima di lanciare un rauco, disperato, urlo di dolore, come se quei raggi caldi, come tante lance di luce, le avessero trapassato il costato.

 

Ora so che cosa desidero” mormorò Rukawa fissando le macerie su cui giaceva il corpo spezzato del suo nemico.

 

Il demone si accasciò sulle ginocchia, abbassando il capo, lasciando che i capelli rossi le coprissero il volto, mentre una lacrima scintillante scivolava piano sulla sua gota dorata.

 

Irah” evocò Rukawa.

 

Nere volute di tenebra scivolarono nell’aria limpida.

Silente il lungo rettile emerse dal suolo sotto di lui.

Sollevò il capo cornuto verso il suo Signore srotolando le lunghe spire nere tra le macerie mentre dalle sue fauci prive di labbra sfuggiva un lento, inarticolato, grido di sofferenza, la coda impazzita che frustava l’aria, impotente.

 

Ora so che cosa devo fare” sussurrò il vampiro.

 

La spire scure si richiusero su di lei mentre si arrotolava su se stessa prima di abbassare il capo con eleganza.

Una liquida lacrima scivolò lungo il muso appuntito, rilucendo sulle scaglie scure, prima di cadere al suolo, silenziosa.

 

Vendetta” chiamò Rukawa.

 

Una lama argentea tagliò la polvere rifrangendo la calda luce solare.

Arrampicandosi su di essa il demone dal corpo metallico emerse dal suolo.

Sollevò il capo lucente fissando il suo Signore, allargando le otto, lunghe zampe, sul terreno ricoperto di macerie mentre dalle piccole mandibole fuoriusciva un sibilante, strascicato, ansimo di pena.

 

Ora so qual’è il prezzo da pagare” soffiò Rukawa stringendo impercettibilmente la mano destra a pugno prima di lasciarla ricadere inerte lungo il fianco.

 

Il demone fece ticchettare le zampe sui vetri ridotti in frantumi prima di accoccolarsi al suolo, le zampe sottili strette al corpo come una grande gabbia lucente, sulla sua lucida pelle una singola lacrima scintillante.

 

Morte” pregò Rukawa.

 

L’aria tremolò.

Lentamente lunghi lembi oscuri si allungarono in cielo coprendo le placide nuvole candide.

La luce solare si smorzò lentamente mentre strato dopo strato la tenebra avvolgeva il giorno, una nebbiolina grigia, sottile e fredda, prese a salire dal suolo avvolgendo con le sue spire opache ogni cosa.

Rukawa chiuse gli occhi mentre il buio, inesorabilmente lento, terrificantemente silenzioso, calava sul mondo.

Avvertì la presenza di Morte, immobile e indifferente, sospesa nell’aria, a pochi metri da lui.

Aprì gli occhi osservando il demone silenzioso.

Il cappuccio nero che celava il suo volto.

Le lunghe maniche della veste oscura si sollevarono lentamente verso di esso, dall’abito di tenebra emersero due eleganti mani candide le cui dita si posarono sul velluto nero.

Rimase così, con le braccia sollevate, in attesa.

 

Di una conferma.

Di un cenno.

 

I minuti scivolarono lenti seguendo il percorso scintillante di quelle lacrime rare, così preziose, cadute tra la polvere e la cenere.

 

Un fulmine tagliò il cielo scuro disegnando la sua sagoma elettrica sullo sfondo nero, illuminando il volto della Morte che aveva infine lasciato cadere il suo copricapo.

Di fronte a lui.... se stesso.

 

Morte....” sussurrò il vampiro “... adesso so qual’è il mio destino

 

Sulla guancia pallida del demone, suo gemello, un’unica lacrima cristallina scivolò desolata, cadendo silenziosa nell’aria immobile, scintillò, catturando l’ultimo, piccolo, raggio sfuggito alle tenebre, prima di andare in mille pezzi tra le macerie.

La polvere si sollevò attorno a lei prima di ricaderle addosso, soffocandola e la terra gridò mentre il rombo del tuono percuoteva il cielo.

 

Edeak!” vide le labbra di Morte, le sue stesse labbra, sussurrare.

 

Edeak!” mormorò Agonia spalancando le ali scure lanciandosi in aria.

 

Edeak!” disse Irah srotolando le lunghe spire, sollevandosi su di esse, fino a portarsi alla loro altezza.

 

Edeak!” gridò Vendetta arrampicandosi veloce su uno dei muri, rimasti miracolosamente in piedi, appollaiandosi alla loro altezza.

 

Edeak!” ruggì Distruzione mentre il suolo sotto di lei esplodeva avvolgendola in fiamme scarlatte che la sospinsero in alto fino a loro.

 

Rukawa passò il suo sguardo sui cinque Signori del Caos immobili attorno a lui.

 

Gli occhi neri di Morte così simili ai suoi ma nei quali dimorava una freddezza priva d’anima.

Gli occhi dorati di Agonia in cui bruciava un dolore senza fine.

Gli occhi vitrei di Irah in cui scintillava desiderio di ferocia.

Gli occhi rossi di Distruzione in cui il fuoco ruggiva senza posa.

Gli occhi metallici di Vendetta che attendeva impaziente l’ora della loro liberazione.

 

Spettava a lui l’ultima parola.

Spettava a lui spezzare il sigillo.

Si volse verso il letto, ancora sospeso a mezz’aria, lì immobile nel buio, com’era immobile colui che vi riposava sopra.

Che sarebbe rimasto immobile per sempre.

 

Edeak” sussurrò.

 

E il mondo esplose.

 

 

 

“Hisashi ma mi stai ascoltando?” mormorò Kogure sollevando il capo dal libro di matematica.

Il suo ragazzo sbuffò.

“Kimi con una domenica bella come  questa non potremmo uscire a fare due tiri invece di starcene qui a studiare?”

Kibinobu gli sorrise dolcemente “Non sono io che ho compito in classe domani” gli fece notare ricevendo in cambio uno sbuffo spazientito.

“Lo so, lo so non me lo ricordare” borbottò cupo l’ex teppista.

Kogure allungò una mano sfiorando al sua con fare incoraggiante “Dai ormai abbiamo quasi finit.....”

Mistui vide il suo ragazzo spalancare gli occhi incredulo e si voltò sorpreso verso la finestra alle sue spalle.

“Ma cosa...” sussurrò impallidendo violentemente mentre entrambi si alzavano per correre fuori.

In strada le auto si erano fermate e i conducenti erano scesi.

Chi si trovava all’interno degli edifici era uscito seguendo quello stesso richiamo che aveva spinto loro, e ora stavano tutti immobili sulle strade, in mezzo ai giardini, il volto rivolto verso il cielo che diventava sempre più cupo.

Gli uccelli smisero di cinguettare, rannicchiandosi uno accanto all’altro, sui rami degli alberi, scossi da un vento che cresceva di minuto in minuto.

I cani abbaiavano furiosamente strattonando le catene, cercando di azzannare l’aria che diventava sempre più torbida.

“Un temporale...?” sussurrò Mitsui non riuscendo a capire quell’incredibile fenomeno atmosferico.

Ma anch’egli credeva poco alle sue parole.

Un fulmine tagliò l’aria scura, disegnando i contorni spezzati di uno specchio rotto, nel cielo nero.

Una bambina cominciò a piangere e la madre l’avvolse nel suo abbraccio tenendola stretta mentre Mitsui si accorgeva di aver avvolto protettivamente le braccia intorno ai fianchi del suo ragazzo.

Kibinobu tremava.

E stava tremando anche lui.

La terra stessa tremava.

E il cielo si spezzava in grida strazianti di dolore.

In lontananza il rombo del mare si mescolava con quello del tuono mentre una leggera nebbia surreale cominciava a salire dal suolo scivolando intorno alle loro gambe spiraleggiando, strisciando, quasi dotata di vita propria, tra le auto immobili e le persone ferme tra esse.

Il vento crebbe d’intensità spazzando con forza le persone gelate dalla paura, staccando l’insegna di un negozio che si infranse in mille vetri colorati cadendo al suolo.

Il gemito dell’aria sfiorò i loro volti scompigliando i capelli di Hisashi strappando gli occhiali a Kogure che strinse con forza le mani del suo compagno.

Qualcuno urlò.

Qualcun’altro cominciò a correre.

La paura si tramutò in panico e il panico in follia.

Dimentichi delle auto, resi folli dal terrore, uomini e donne cominciarono a correre alla ricerca di un riparo, di un luogo in cui sentirsi al sicuro.

Mitsui e Kogure rimasero invece immobili, consapevoli che non c’era via d’uscita dall’Ira di quel cielo, all’Agonia della terra.

Il vento evocava Morte e Distruzione, quelle nebbie contorte sussurravano Vendetta.

“Andiamo” sussurrò Kogure voltandosi nel suo abbraccio.

Mitsui annuì.

 

Ryota strinse tra le braccia Ayako mentre immobili, appoggiati al muro della palestra, osservavano quello spettacolo allo stesso tempo così affascinate e spaventoso.

Al di fuori del cancello scolastico la gente era preda della follia.

Tutti correvano, gridavano, senza però avere una meta precisa.

Le auto giacevano abbandonate in mezzo alle strade, i negozi erano chiusi, le porte e le finestre delle case erano state sprangate.

In mezzo a quella fiumana di gente impazzita riconobbero due sagome familiari.

Mitsui e Kogure sorrisero loro.

“Anche voi qui” sussurrò l’ex teppista agli amici.

“E’ questo il posto che ci ha permesso di incontrarci” spiegò semplicemente Ayako.

Hisashi si sedette accanto a loro prendendo per mano Kogure.

“Voi che cosa credete stia succedendo?” sussurrò il ragazzo alzando il volto verso il cielo solcato da ininterrotti fulmini violacei.

“Non lo so...” sussurrò Ryota scuotendo il capo “...ma è come se il mondo intero gridasse il suo dolore.”

Mitsui annuì scacciando con la mano destra la nebbia grigia che stava scivolando troppo insistentemente intorno a loro.

“Non è comunque un fenomeno naturale”. Sussurrò osservando il cielo con sospetto.

“Che cosa può aver causato una cosa simile?” chiese Ayako perplessa.

Seppure percepiva l’odore della morte nell’aria acre, in quel momento non riusciva a pensare che le loro vite erano in pericolo, percepiva soltanto quel dolore annullante.

Quel grido straziante.

“Mio padre gridava così il giorno che morì mio fratello” sussurrò Ryota.

Lo stesso pensiero attraversò le menti dei quattro ragazzi contemporaneamente.

Conoscevano una persona dotata di un potere arcano e oscuro così forte da causare il caos che stava travolgendo la città.

Una persona che sarebbe dovuta essere lì, con loro, perchè anche lui e il suo compagno dovevano la loro felicità a quel club di basket in cui si erano conosciuti.

“Rukawa...” sussurrò Mitsui pallido.

“Questo vuol dire che Hana....” ansimò Ayako portando le mani al volto, incapace di terminare la frase.

 

E’ morto” finì per lei una profonda voce sconosciuta.

 

I quattro spalancarono gli occhi stupiti fissando l’uomo che apparente comparso dal nulla stava ora fermo dinanzi a loro.

Il vento scompigliò i suoi capelli candidi facendo svolazzare il mantello blu.

“Tu chi sei?” chiese Mitsui, urlando, per sovrastare l’ululato del vento.

“Io sono Daniel Rejin Lasfcraft...” mormorò l’uomo venendo verso di loro “...e sono l’unico che può fermarlo” disse indicando il cielo scuro “... ma ho bisogno del vostro aiuto.”

I ragazzi si scambiarono un’occhiata veloce prima che Ayako mormorasse “Dicci cosa dobbiamo fare.”

Il vampiro annuì tendendo una mano davanti a se facendoli scomparire.

 

Nel momento stesso in cui aveva pronunciato quell’unica parola Rukawa aveva sentito il suo corpo andare in mille pezzi.

Aveva serrato gli occhi cercando di far fronte al dolore mentre tutta l’aria che aveva nei polmoni veniva bruscamente espulsa con un grido terrificante.

Si strinse le mani intorno al ventre piegandosi su se stesso mentre sentiva il suo cuore accelerare follemente la sua corsa, il sangue che gli pulsava violentemente nelle vene.

Urlò quando avvertì le ossa delle proprie gambe spezzarsi, allungarsi verso il basso come se una forza disumana gliele stesse tirando, inarcò la schiena quando sentì le spalle tendersi, le scapole che si allungavano verso l’esterno spezzandogli la pelle.

Il suo corpo bruciava, i suoi occhi lacrimavano sangue.

Sentì la sua coscienza scivolare, la sua anima spezzarsi.

E poi avvertì il tocco dei Cinque Signori del Caos.

Il suo respiro tornò normale, il suo battito rallentò divenendo lento, nella sua mente il volto sorridente di un ragazzo di cui non ricordava il nome scomparve lentamente mentre i suoi ricordi si tingevano di rosso e nero.

Sullo sfondo del Caos e del Nulla un grande albero antico.

Sorrise dolcemente a lui, che finalmente l’aveva privato del dolore, prima di accasciarsi al suolo privo di sensi.

 

Lafcrasft li fece ricomparire dinanzi a quello che sembrava lo scenario di un film horror.

Mitsui spalancò gli occhi incredulo e Ayako non riuscì a trattenere un urlo di sgomento.

Quella che un tempo doveva essere una magnifica abitazione giaceva ora in un cumulo scomposto di pietre e polvere.

Pezzi di vetro e di pietra si scorgevano in lontananza per diversi metri.

Scompostamente riverso su di esse un uomo biondo giaceva in una posa innaturale, bagnando con il suo sangue cupo il pezzo di muro pallido dove si era accasciato.

Sospeso a mezz’aria sopra le macerie un letto all’occidentale di cui potevano scorgere solo le gambe metalliche.

Lafcrasft tese una mano verso di esso e questo cominciò a scivolare nell’aria lentamente fino ad atterrare poco distante da loro.

“Hana!!” gridò Ayako precipitandosi verso il letto quando si rese conto di chi l’occupava.

“Mio Dio...” sussurrò Myaghi senza fiato osservando il volto distorto dal dolore del loro compagno.

Kogure gli si avvicinò piano sfiorandogli una guancia con le dita, incredulo.

La ritrasse di scatto quando si rese conto di quanto fosse fredda la sua pelle.

“E’ davvero...?” il groppo che gli stringeva la gola gli impedì di terminare la frase.

“Morto?” sussurrò Lafcrasft avvicinandosi per osservare quell’umano che aveva avuto il potere di liberare l’Edeak.

“In un certo senso” sussurrò.

“Che significa ‘in un certo senso’???” chiese immediatamente speranzoso il piccolo playmaker dello Shohoku.

“Lui non è un essere umano comune. Per un terzo il suo sangue è di origine demoniaca...” mormorò il Demon Master norvegese, i ragazzi sussultarono a quella rivelazione ma preferirono non interromperlo con delle domande “...quella sua parte è immortale...” spiegò loro il vampiro “...attraverso di essa potrei resuscitarlo ma ho bisogno di sangue.”

“Sangue?” sussurrò Mitsui.

Il vampiro annuì.

“L’essere demoniaco non può vivere senza la sua componente umana, per questo ho bisogno di voi.”

Ayako passò una mano tra i capelli rossi del suo amico.

“Che cosa dobbiamo fare?” sussurrò.

Lafcrasft si voltò verso gli altri tre che annuirono silenziosamente.

Sorrise loro con gratitudine. “Questo incantesimo è molto antico, i figli dei ghiacci l’hanno custodito gelosamente per secoli per impedire che venisse usato in modo sbagliato” chiuse le mani candide mormorando una parola.

Tra esse apparve un lungo pugnale lucente sul cui pomo era intagliato un albero elegante.

Lo porse a Mitsui che era il più vicino a lui.

“Incidetevi il palmo della mano con questa e poi posatela sul suo petto” spiegò.

Hisashi annuì fissando la lama lucente e fece per tagliarsi quando il Demon Master lo fermò.

“Un’ultima cosa...” sussurrò “....quando si sveglierà egli non incontrerà il Kaede che conosce, Rukawa ha abbandonato la sua anima dividendola con i cinque Signori del Caos. Così ha sciolto l’ultimo sigillo trasformandosi nell’Edeak.” Spiegò loro cupo. “Per fermarlo....” si guardò attorno accennando con un braccio alla devastazione che per il momento era limitata alla sola casa del vampiro “....per fermare tutto questo, dovrete fargli ritrovare la sua anima e infine sigillare l’Edeak di nuovo.”

“Come possiamo noi fare una cosa del genere?” chiese sgomento Ryota guardandosi attorno in tutto quel caos.

Come poteva quel l’uomo pretendere che loro fermassero qualcuno in grado di creare un simile scompiglio?

Ma Lafcrasft scosse il capo.

“Non voi...” sussurrò “....lui” disse indicando il letto su cui era riverso Hanamichi.

“Lui è l’unico che poteva liberarlo ed è l’unico che può sigillarlo di nuovo” sussurrò il Demon Master aggiungendo soltanto mentalmente un: “almeno spero”.

“Prima che l’Edeak prenda pieno possesso delle sue forze e lo spirito di Rukawa sia definitivamente perduto....” s’interruppe quando un tremito violento scosse il suolo.

Il vampiro impallidì spingendo il suo sguardo lontano, oltre le macerie.

“Si sta svegliando” sussurrò prima di girarsi verso i ragazzi.  “Non c’è più tempo!”.

Mitsui fissò la lama per un secondo soltanto prima di incidersi il palmo trattenendo una smorfia di dolore.

Lo passò a Kogure che fece altrettanto prima di passarlo ad Ayako e infine a Ryota.

Si misero ai due lati del letto mentre Mitsui scostava il mantello nero che copriva il corpo del loro amico.

Ayako impallidì violentemente di fronte alla ferita che dilaniava il petto del rossino e il tiratore da tre punti si affrettò a coprirlo di nuovo lasciando scoperto solo il lembo di pelle sano su cui avrebbero appoggiato le loro mani.

Un suono basso, minaccioso, simile al rombo di un tuono ma che sembrava provenire dalle viscere della terra anzichè dal cielo, scosse i quattro che si affrettarono a poggiare le mani sul petto del ragazzo apparentemente morto.

Qualunque cosa fosse l’Edeak non avevano una gran voglia di incontrarlo.

Lafcraft alzò le braccia al cielo cominciando a cantilenare una strana melodia.

Il suo corpo cominciò a risplendere di una candida, gelida, luce bianca che lentamente avvolse anche il letto.

Le loro mani presero a bruciare mentre il loro sangue sgocciolava sulla pelle ambrata di Hanamichi che sembrava assorbirlo attraverso essa.

Le parole del vampiro si cristallizzavano nell’aria fluendo attorno a loro intrappolandoli nella loro magia.

Lentamente, uno dopo l’altro, chiusero gli occhi mentre sentivano le loro forze diminuire per venir riversate nel corpo del loro compagno mentre Lafcraft continuava a ripetere quelle parole incomprensibili che giungevano tuttavia sempre più ovattate e lontane.

Solo il suono dei loro i battiti rimbombava nelle loro orecchie.

Il caldo confortante tamburellio del loro cuore mentre il cielo si scuoteva con forza attraversato da mille lampi di luce e la terra tremava con sempre maggior foga.

Il basso ringhio che avevano avvertito la prima volta si fece più vicino, più profondo e feroce, un suono minaccioso e vibrante che aveva in se una potenza tale da riuscire a strisciare anche tra le maglie dell’incantesimo accapponando la pelle dei quattro mortali.

Vi fu una violenta detonazione e poi un ruggito terrificante che fece gelare i ragazzi sempre più pallidi.

Le parole di Lafcrast si spezzarono all’improvviso mentre egli abbassava il capo ad osservare il proprio petto, sorpreso.

Attraverso il costato la punta di una lunga, squamosa, coda di metallo argenteo, spuntava dal suo corpo, riscoperta di sangue.

Del suo sangue.

Le sue ultime parole si spensero in un gorgoglio soffocato mentre il demone che l’aveva infilzato scuoteva le spire lucenti lanciando lontano il corpo inerte.

Mitsui sollevò debolmente la testa, appoggiando pesantemente le braccia sul materasso, esausto ma libero di muoversi nuovamente, ora che l’effetto dell’incantesimo era andato in frantumi.

Cercò di alzarsi senza molti risultati, aveva le gambe molli e tutto il suo corpo risultava assurdamente pesante.

Non si era nemmeno accorto di essere finito in ginocchio accanto al letto.

Passò velocemente lo sguardo sui suoi amici notando che erano tutti egualmente esausti.

Con un moto quasi sincronizzato i loro occhi si posarono su colui che aveva assorbito le loro energie.

 

Ma i suoi occhi erano ancora chiusi.

 

Avevano fallito.

 

 

 

continua....

 

 

 

Scleri dell'autrice... (Che biip nd.Pippis) 

 

N: ^^’’’ ho dovuto farlo di nuovo... veniva troppo l’ungo e l’ho diviso in due...

Portate pazienza vi torturerò ancora per poco....

H: io sono ancora morto ç_ç

L: se è per questo ha ucciso anche me...

R_versione_Edeak: NAikaaaaaaaaaaaaaarggghhhhh!!!! è-é

N: ^^’’’’’

 

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