Catene 4                                                                Back to FanFic  Back to Home

La brezza notturna scivolò fresca e silenziosa attraverso l’invisibile, sottile, campo magnetico che proteggeva la finestra aperta, infilandosi sinuosamente nella stanza avvolta dalle ombre, lambendo delicatamente le coltri e il corpo addormentato che esse custodivano.

Hanamichi mosse lentamente il capo sul cuscino quando un alito di vento gli spinse una ciocca rossa a sfiorargli le palpebre chiuse.

L’aria ne accarezzò i lineamenti rilassati prima di scivolare via arruffando il pelo del cucciolo addormentato scompostamente ai piedi del grande letto, nella sua personale cuccia fatti con le vesti del rossino.

Le fronde fremettero dolcemente oltre la finestra aperta coprendo con il loro coro di sussurri il suono elettrico e sottile con cui la porta che dava sul corridoio si apriva.

Per un momento le ombre vellutate della stanza si sciolsero accarezzate dall’azzurrina luce elettrica del corridoio.

Rukawa lasciò che la soglia si richiudesse alle sue spalle riavvolgendo la stanza nel suo morbido abbraccio di tenebre, soffuse della luce argentea della grande luna che scintillava alta nel cielo notturno, prima di muovere qualche passo.

Hanamichi dormiva.

I capelli rossi scomposti sulla federa bianca.

Neppure la timida luce notturna riusciva a soffocare la luminosità di quella chioma carminio languidamente distesa sulla pelle dorata.

Le lenzuola erano scivolate sul torace muscoloso, nudo, scendendo sensuali a sfiorargli i fianchi sodi e lisci, come velluto.

Rukawa allungò una mano e la pose su quella pelle calda quasi con riverenza, facendola scorrere lentamente verso il basso.

Le lenzuola frusciarono, scivolando sulle gambe del rossino, fino ad accasciarsi con un sospiro languido ai suoi piedi.

Silenzioso quanto la brezza notturna, con la stessa grazia e la tranquilla lentezza con cui cala, lasciva, la notte, il volpino si stese dietro l’amante, che riposava ignaro sul fianco destro, il volto che si offriva alla carezza dei raggi lunari e alle dita delicate del vento.

Aveva avuto un brivido quando Rukawa aveva lasciato cadere le lenzuola ma ben presto il loro abbraccio venne sostituito da quello delle lunghe membra candide del volpino.

Hanamichi mugolò nel sonno spingendo la schiena verso quella fonte di tepore e Rukawa sorrise nel buio, appoggiando le labbra contro il suo collo, cominciando a deporre candidi baci sulla gola brunita, mentre la sua mano sinistra scivolava dolcemente su un fianco saggiandone la pelle vellutata con i polpastrelli.

Era ancora più morbida di come la ricordava.

Lo accarezzò lentamente, beandosi del dolce abbandono con cui il rossino si lasciava toccare da lui, mentre Hanamichi spingeva indietro il capo, per lasciare più spazio alle sue labbra leggere.

Un gemito sottile fuoriuscì dalle labbra del rossino addormentato che socchiuse le labbra sensuale, per permettere all’aria fresca di scivolare nel suo corpo improvvisamente accaldato.

“Kaede..” sussurrò stupendo non poco il moretto che, lentamente, per non svegliarlo, infilò una mano oltre il tessuto scuro dei boxer abbassandoglieli.

Le palpebre dello schiavo fremettero quando il moro gli fece piegare una gamba per riuscire, infine, a liberarlo dell’indumento inutile.

Hanamichi socchiuse gli occhi cercando di abituarli al buio ovattato che lo avvolgeva.

Un fruscio catalizzò la sua debole attenzione su un’ombra sinuosa che, lentamente, si allungò per poi ridistendersi dietro di lui.

Si sentiva confuso e accaldato.

Doveva essere un’altro di quei suoi sogni.

Si disse mentalmente, mentre due braccia gentili lo attiravano contro un ampio petto dal profumo particolare.

Rukawa, realizzò la sua mente per lui.

Si lasciò avvolgere da quell’abbraccio appoggiandoglisi con un sospiro.

Non poteva essere Rukawa.

Rukawa era partito.

Non era palazzo.

Era un’altro dei suoi sogni.

Un’altro di QUEI sogni.

Da quando Sendoh, tre giorni prima, gli aveva detto quelle parole, si erano moltiplicati all’infinito.

Tre giorni soltanto.

Sembrava essere passata un’eternità.

Solo perchè non c’era la volpe?

Un’affermazione del genere lo avrebbe mandato su tutte le furie.. prima.

Prima... di quell’insinuazione di Ayako...

Prima... dell’arrivo del cucciolo che dormiva appallottolato nelle sue vesti, ai piedi del letto...

Prima... del bacio di Sendoh.

 

Flash Back

Hanamichi stava disteso sul grande letto matrimoniale, il cucciolo che ormai esausto per le molte ore di gioco si era appollaiato accanto a lui, un lembo della sua camicia tra i denti a cui dava un piccolo strattone di tanto in tanto per rammentargli la sua presenza.

Lo stomaco del rossino brontolò ricordandogli che ormai era passate molte ora dall’ultimo pasto che aveva fatto e il cucciolo uggiolò in segno di comprensione.

“Come credi si debba fare per avere del cibo qui?” gli chiese guardandosi intorno scettico.

Quasi in muta risposta alla sua domanda, il ronzio che l’aveva tanto stupito quel mattino si ripresentò.

Hanamichi si mise a sedere sul letto prendendo il botolo tra le braccia con fare protettivo.

Nonostante ora sapesse che la stupida volpe non era a palazzo non poteva dimenticare di essere un prigioniero lì e che, quindi, doveva muoversi con cautela.

La porta della sua camera si aprì scivolando nella parete dolcemente per lasciare passare l’alto ragazzo che l’aveva curato il primo giorno.

“Heilà...” lo salutò questo giovialmente, portando in bilico sulla mano destra un grande vassoio  “...vi ho portato la cena” disse deponendo il suo carico su un comodino.

Il cagnolino attirato dall’odore del cibo, saltò giù dal letto schiantandosi con un tonfo contro la parete magnetica.

Hanamichi sorrise dolcemente prendendolo nuovamente in braccio e massaggiandogli il capo con tenerezza.

Il riso che aveva colto Akira nel vedere il cucciolo fare la sua prima conoscenza con un campo magnetico, gli rimase sospeso a mezza gola, nel vedere con quanta dolcezza quelle mani enormi si prendevano cura della piccola palla di pelo che gli leccava le dita mugolando oltraggiata.

“Vedi che succede a non ascoltare il tensai” lo rimprovero con voce tranquilla Hanamichi, dimentico del loro ospite, mentre alzava il cucciolo per fissarlo negli occhi e regalargli un sorriso gentile.

Babele, così il rossino aveva deciso di chiamarlo, dato che sembrava che la piccola creatura non sapesse fare due passi senza combinare una babele, appunto, scodinzolò gioioso allungandogli una lappata sulla punta del naso.

Akira li guardò in silenzio, sorpreso, affascinato dall’improvviso mutamento che quel sorriso aveva portato sul viso dello schiavo.

Cominciava a capire perchè quel ragazzo avesse tanto colpito il suo signore.

“Bhe, vi auguro buon pranzo” disse riscuotendo a malincuore i due e dirigendosi verso la porta.

“Aspetta...” lo richiamò però, inaspettatamente, il rossino.

Akira si fermò sulla soglia, attendendo.

“Io... ci sono delle domande che vorrei farti.... se puoi rispondermi” mormorò il rossino a disagio.

Sendoh rimase immobile per un momento prima di tornare dentro la stanza.

La porta si chiuse alle sue spalle e il moretto si sedette a cavalcioni di una sedia, incrociando le braccia sullo schienale.

Il campo magnetico che circondava il letto si dissolse e il cucciolo corse zompettando al tavolino.

Hanamichi prese tempo, scoprendo il vassoio di cibarie e prendendo una coscia di pollo che mise tra i denti del giubilante botolo, prima di sedersi sul letto e cominciare il suo discorso.

Non sapeva bene neppure lui perchè l’aveva fermato o cosa volesse chiedergli in realtà.

“Tu lo ami?” mormorò, senza sapere nemmeno lui da dove usciva quella sua domanda.

Akira gli sorrise dolcemente.

“Ti riferisci a Kaede?” gli chiese, ricevendo in cambio un imbarazzato cenno di assenso.

Il moretto appoggiò il capo alle braccia incrociate sullo schienale della sedia.

“Dipende che cosa intendi per amore” disse dopo un momento di silenzio.

“A me è stato insegnato che devo amare il mio padrone. Fin da piccolo mi è stato detto che avrei dovuto rispettarlo, venerarlo... desiderarlo.” Fissò Hanamichi che lo guardava stralunato.

“Ti sembra folle?” chiese.

“Come fai ad amare uno a comando?” domandò il rossino sconvolto.

Akira rise pacatamente “Sta qui la bravura di noi schiavi” gli disse provocando un irrigidimento nel viso del giovane dai capelli rossi.

“Comunque io e Ayako siamo stati fortunati. Kaede è bello, è giovane ma soprattutto e un buon padrone” mormorò.

“Ma non vorresti essere libero?” gli chiese Hanamichi infervorandosi “Di andartene di qui, di fare quello che vuoi, di costruirti una vita tua!?”

Akira si alzò lentamente dalla sua sedia, sinuoso, elegante, un sorriso gentile sul volto.

“Non credo che mi piacerebbe vivere fuori di qui. Amo questo luogo e a modo mio... amo il mio padrone.” Mormorò.

Hanamichi gli lanciò un’occhiata furente.

“Tu sei pazzo! Siete tutti pazzi qui dentro!! Come può un uomo essere schiavo di un’altro uomo!” esplose.

Il cucciolo lo fissò stranito e un po’ spaventato emettendo un piccolo uggiolio ma Akira non parve impaurito da quello scatto d’ira.

Gli si avvicinò senza lasciare il suo sguardo.

“Allora dimmi tu...” disse “...che cosa preferiresti? Vorresti forse tornare in quell’inferno dove vivevi e passare tutti i tuoi giorni a spaccarti la schiena? Passare le ore di luce a lavorare e le notti a dormire, da solo, nel tuo appartamento di un  metro per un metro?” chiese avvicinandoglisi sempre di più.

“Preferivi quella vita? Ti sentivi libero?” Sussurrò, ormai così vicino che Hanamichi riusciva a percepire il suo alito fresco scivolargli sulle guance.

“Lascia che ti insegni una cosa.” Mormorò “Ci sono tanti tipi di catene, Hanamichi Sakuragi, e quelle che porti ora sono assai più leggere di quelle che avevi un tempo ai polsi senza nemmeno rendertene conto!”

Hanamichi lo fissò cupo eppure incapace di ribattere.

Lui era prigioniero.

Era uno schiavo!

Gli avevano strappato l’orgoglio e la dignità!

Però..

Però aveva ragione anche Akira.

Se avesse potuto scappare davvero... sarebbe tornato indietro?

A quella vita infernale che non riservava altro che una sempre più intossicante apatia fino a consumare il cervello e le ossa?

No, no di certo.

Però non voleva nemmeno essere schiavo di quel...

Quel...

Due pozzi blu scintillarono nella sua memoria strappandogli il respiro.

Non voleva essere SUO schiavo!

Non...

... voleva?

“Rifletti su quello che ti ho detto...” disse il moretto, interrompendo le insinuazioni della sua mente, ad un passo da lui prima di afferrarlo inaspettatamente per la tunica del suo abito.

“...e rifletti anche su questo.” sussurrò chiudendogli la bocca con la propria.

Hanamichi spalancò gli occhi incredulo nell’avvertire quella lingua sapiente impadronirsi della sua per un momento prima che il moretto lo spingesse indietro, facendolo cadere sul letto.

Il campo magnetico si erse tra lui e il giaciglio da cui un infuriatissimo rossino era balzato pronto a ridurlo in poltiglia.

Akira gli sorrise sornione avviandosi alla porta, fermandosi dinanzi ad essa per guardarlo un momento.

“Pensa Hanamichi, pensa... che cosa hai provato quando ti ha baciato lui?” mormorò prima di andarsene.

Fine flash back

 

“Che cosa hai provato quando ti ha baciato lui?”

Che cosa aveva provato....?

Quella domanda era rimbombata nelle sin troppo strette pareti dei suoi pensieri per quei tre lunghissimi giorni di solitudine riempita soltanto dai giochi di Babele.

Che cosa aveva provato....?

Brividi.

Piccole scintille di piacere che scivolavano sotto la pelle, che spingevano le sue corde vocali a flettersi per lasciar fuoriuscire gemiti rochi dalle labbra socchiuse alla ricerca d’aria.

Le stesse sensazioni che ora quelle mani calde stavano regalando al suo corpo.

Gemette inarcando la schiena quando le dita curiose scesero in avanti, infilandosi lentamente tra le sue gambe, mentre la bocca che strava meticolosamente assaggiando ogni centimetro della sua gola scivolava un po’ verso l’alto.

Avvertì il leggero respiro del suo amante sfiorargli il lobo dell’orecchio, con un ritmo lento, suadente.

E poi il suono ovattato con cui quelle labbra si socchiusero prima di lambire il lobo del suo orecchio, la lingua curiosa che leccava la pelle delicata prima che i denti la tirassero dolcemente.

Si lasciò accompagnare in una lenta discesa verso il materasso quando il suo amante lo spinse a passare dalla sua posizione a quella supina.

Allargò un po’ le gambe sollevando leggermente il bacino per permettere alla mano rimasta intrappolata tra lui e il materasso di muoversi, portandosi inconsciamente ad offrirsi al compagno steso sulla sua schiena.

Sentiva il suo corpo andare a fuoco.

Stava facendo un’altro di quei sogni.

Era l’unica spiegazione.

Ma non era mai stato così reale.

Da quando Sendoh gli aveva posto quella domanda e lui si era fermato a  riflettere... non riusciva più a liberarsene.

Lo immaginava avanzare nelle tenebre, infilarsi nel suo letto.

E le sue mani...

Hanamichi ansimò tendendosi sotto il tocco di quelle dita sapienti che erano scese ad accarezzare la punta del suo membro.

Sollevò i fianchi aiutandolo, desideroso di sentire ancora il suo tocco sulla pelle nuda.

“Come mai così docile stasera?” gli sussurrò una voce calda all’orecchio prima che una lingua curiosa glielo lambisse tirandolo dolcemente.

“Ti sono mancato così tanto?” gli chiese quella bocca che, dolcemente possessiva, stava segnando la sua gola.

Rukawa strofinò il sesso turgido contro le sue natiche per farlo partecipe del desiderio che gli infiammava i sensi e Hanamichi sussultò violentemente.

Quello non era un sogno!!

Non poteva esserlo!

“Che cavolo...” gridò cercando di voltarsi ma Rukawa, avendo avvertito il suo irrigidimento, si era preparato, e l’aveva bloccato contro il materasso.

“Toglimi le mani di dosso!!” tuonò il rossino agitandosi.

“Shhh...” lo ammonì tranquillamente Rukawa “...prima non eri dello stesso avviso mi pare...” gli ricordò.

Hanamichi arrossì furiosamente ringraziando le tenebre che impedivano al suo padrone di scorgere il suo volto.

“Sta... stavo sognando” si giustificò, prima di mordersi la lingua.

Perchè diavolo gli dava delle spiegazioni!!! Si rimproverò mentalmente.

Rukawa scivolò con la bocca lungo la spina dorsale del suo schiavo, scendendo dolcemente a lambire la pelle dorata, leggermente salata.

“Allora continua a sognare...” gli sussurrò con voce che sarebbe stata inudibile se la stanza non fosse stata così silenziosa.

“Ti ho detto di non... ”  il corpo di Hanamichi si tese violentemente, il resto della frase perduto in un lungo lamento di piacere, gli occhi spalancati a fissare il buio dinanzi a lui.

 

Rukawa aveva terminato la sua sinuosa corsa lungo la schiena dell’amante giungendo alle natiche.

Non aveva pensato.

Aveva agito e basta.

Con la mano destra gli aveva tenuto il fianco mentre abbassava un po’ di più le labbra.

L’aveva penetrato con la lingua.

 

Hanamichi scivolò privo di forze e di volontà contro il materasso, respirando affannosamente.

Sentirlo muoversi dentro di se, caldo, umido, vibrante gli aveva fatto vedere le stelle.

Per un momento la sua vista si era tinta violentemente di bianco mentre ogni muscolo del suo corpo si contraeva.

Non poteva essergli successo davvero.

Non riusciva a capacitarsi di cosa gli avesse fatto Rukawa.

Avvertì la bocca calda del volpino baciargli dolcemente una natica per poi scivolare di nuovo verso il basso.

“A.. aspett..” tentò di fermarlo convinto che non sarebbe sopravvissuto ad un’altra scarica di piacere come quella che aveva appena provato.

Ma Rukawa non aveva mai ascoltato le sue preghiere e non aveva intenzione di farlo in quel momento.

Lambì la piccola apertura con la punta della lingua, leccandola dall’alto al basso come se si trattasse del suo membro, premurandosi di scendere abbastanza da far sì che i suoi capelli sfiorassero la pelle tesa e bollente del suo sesso che ancora teneva prigioniero nella mano.

Hanamichi ansimò, incapace di fare qualsiasi cosa.

La mano destra di Rukawa lo spinse ad alzare un po’ i fianchi finchè il rossino non si ritrovò con il ventre sollevato dal materasso, quel tanto che permise alla mano del suo padrone di prendere a muoversi mentre la sua lingua si allungava nuovamente, cominciando a penetrarlo con un’intenzionale lentezza che fece agitare l’oggetto di tale, intima, carezza.

Dalle labbra del rossino in una difficoltosa, roca, litania si susseguivano piccoli ‘basta’ disperati, tesi, più che a fermare il piacere che lo stava conducendo alla follia, a supplicare un po’ di appagamento.

Rukawa tolse la lingua da quell’anfratto caldo e stretto spingendo il ragazzo ansimante contro il materasso.

La destra scivolò sulle natiche sode mentre la sinistra accarezzava il membro teso del rossino.

Nonostante Rukawa avvertisse il sangue scorrergli in maniera forsennata nelle vene s’impose di mettere da parte il desiderio di sbatterlo sul materasso e prenderlo con violenza.

Voleva dargli piacere.

Voleva dargliene così tanto da renderlo dipendente da esso.

L’avrebbe costretto a desiderarlo.

A sognarlo.

Finche non sarebbe stato LUI a sentire la necessità di essere posseduto.

Il primo dito scivolò con facilità nel corpo che ansimava sotto di lui.

Rukawa cominciò a muoverlo aggiungendone presto un secondo per dare più forza al stimolazione.

Sakuragi aveva smesso di agitarsi.

Aveva smesso di cercare di allontanarlo.

Aveva smesso anche di pensare.

Riusciva a malapena a respirare mentre i suoi stessi gemiti rimbombavano nelle sue orecchie.

Non aveva più fiato per i lamenti.

Il suo respiro si spezzava troppo in fretta per permetterlgi di articolare una qualsiasi parola di senso compiuto.

Si spinse contro le dita che lo stavano prendendo rendendosi conto di desiderare di più.

La mano che si stava occupando del suo sesso lo lasciò improvvisamente raggiungendo la sua collega.

Hanamichi non ebbe nemmeno la forza di protestare, era completamente in balia dell’amante e delle sue carezze.

Quando il terzo dito si aggiunse ai primi due mentre la mano sinistra gli allargava le natiche per permettere alla destra un maggior movimento Hanamichi gridò, sollevando il ventre, mettendosi praticamente carponi.

Non gli importava nulla.

Voleva solo raggiungere il piacere, liberarsi di quel calore ustionante che gli stava sciogliendo il sangue nelle vene.

Rukawa lo sentì tremare sotto di se mentre spingeva ancora una volta le dita dentro di lui.

Era in ginocchio dinanzi a lui, ansimante, in sua completa e totale balia.

Se anche l’avesse montato così, come fosse un’animale, Sakuragi non gli si sarebbe ribellato.

Ma non lo voleva così.

Quella notte avrebbe fatto l’amore con lui.

Non sesso.

E voleva che Hanamichi ne fosse consapevole.

Lo liberò dalle dita e mettendogli entrambe le mani sui fianchi lo costrinse dolcemente a voltarsi.

Gli fece posare i glutei sul materasso ignorando stoicamente come il giovane si strofinava contro di esso, le labbra serrate tra i denti, gli occhi dorati lucenti, le ciocche rosse fiammeggianti e umide ad accarezzargli il volto.

Si stese su di lui, cercandone la bocca con la propria.

Hanamichi non fece resistenza.

Non ne aveva la forza e ne aveva perso anche la volontà.

Allungò le braccia e le strinse intorno al collo della volpe mentre avvertiva quella lingua calda che già aveva violato il suo corpo in modo tanto intimo saggiare la sua bocca.

Rukawa mosse il bacino su quello del rossino strofinando le loro virilità sorridendo tra se quando sentì le braccia che lo cingevano serrarsi con forza, il corpo sotto il suo tendersi, tremare.

Anche se forse il termine più adatto era fremere.

Si staccò da quella bocca calda e morbida per fissarlo negli occhi scuri, con passione.

“Allarga un po’ le gambe...” gli soffio delicatamente sulle labbra gonfie.

Hanamichi obbedì lentamente.

Negli occhi dorati un lampo di timore.

Il ricordo del dolore del primo giorno che si faceva largo nel suo animo.

Rukawa calò nuovamente sulle sue labbra baciandolo con ardore ricevendo la risposta bollente del suo amante che, dimenticata nuovamente, ogni remora, divaricava di più le gambe per lui.

Dolcemente, senza fretta, Rukawa si mosse contro di lui, senza staccare le labbra dalle sue, cominciando a penetrarlo.

Hanamichi spalancò gli occhi irrigidendosi e Rukawa a gli lasciò libera la bocca per permettergli un gemito.

Lo fissò negli occhi incontrando due pozzi dorati in cui si stava combattendo una lotta violenta.

Senza lasciare quelle iridi incredibili si mosse di nuovo non appena sentì il corpo sotto il suo rilassarsi un po’.

Hanamichi gettò indietro il capo, ansimano violentemente, e Rukawa si fermò nuovamente.

“Non rifiutarmi...” gli sussurrò Rukawa baciandolo dolcemente “Non ti farò male se ti lasci andare” cercò di persuaderlo, incontrando nuovamente lo sguardo di quelle due polle dorate.

Hanamichi rimase immobile sotto di lui e poi fece un lento, tremulo, sospiro.

Annuì piano con il capo incapace di parlare.

“Guardami...” ordinò Rukawa affondando gli occhi nei suoi.

Hanamichi si perse in quei pozzi blu, ipnotici e profondi in cui lampeggiava una luce violetta.

Il dolore gli percosse il corpo quando Rukawa si mosse nuovamente dentro di lui.

Si morse le labbra per trattenere un gemito mentre una lacrima cristallina scivolava lungo la guancia.

“Non rovinarle...” gli mormorò il volpino lambendo con la lingua le labbra martoriate mentre la mano sinistra scivolava tra i loro corpi accarezzando la virilità del rossino.

Le labbra delicate del moro risalirono dolcemente a lambire il piccolo cristallo salato poggiando poi, una piccola cascata di baci sul volto teso, prima di ridiscendere nuovamente a sfiorare le labbra.

Dolcemente, come se quello fosse il loro primo incontrarsi, Rukawa gliele leccò delineandone il contorno con riverenza, chiedendo il permesso ad entrare in quell’anfratto caldo e dolce.

Hanamichi allungò il viso verso di lui, tendendosi piano, inarcando la schiena, consentendo così a Rukawa di affondare, la sua lingua e il suo sesso, di più dentro di lui.

Il dolore si fece nuovamente sentire ma questa volta nel momento in cui Rukawa si fermò per permettergli di riprendere fiato Hanamichi sentì qualcosa di diverso.

Kaede notò il mutamento di espressione sul viso volitivo dell’amante, attese qualche secondo e poi assestò una spinta decisa.

Hanamichi s’inarcò violentemente sotto di lui e gridò.

Ma non di dolore.

Con la stessa intensità con cui prima aveva temuto che il dolore gli lacerasse l’anima ora il piacere lo aveva tagliato con la sua lama lucente facendogli spalancare gli occhi e le labbra in un ansimo incredulo.

Rukawa sorrise sollevandosi un poco, concedendosi di guardarlo mentre spingeva nuovamente.

Era assolutamente magnifico, così totalmente stravolto dal piacere, abbandonato sulle coltri sfatte, il volto teso e gli occhi lucenti, sorpresi, socchiusi a cercarlo.

Hanamichi si aggrappò disperatamente a lui, alzando i fianchi, quando lo sentì affondare nuovamente dentro di se e Kaede seppe che non aveva più bisogno di trattenersi.

Dando finalmente libero sfogo anche al suo desiderio prese a spingere con forza dentro quall’antro caldo e stretto che sembrava essere fatto a posta per farlo impazzire mentre i suoi ansiti soddisfatti si tramutavano in gemiti sempre più forti e il ragazzo sotto di lui gridava agitando il capo sui cuscini in preda alla follia.

Lo sentì tendersi e capì che era giunto il momento.

Strinse la mano sul suo sesso assestando un’ultima spinta violenta, quasi feroce, mentre dalla sua gola usciva un unico grido di piacere che si andava a fondere con l’urlo sfuggito dalle labbra del suo amante.

Hanamichi sentì la volpe gridare e si sentì gridare a propria volta mentre tutto il suo corpo veniva scosso da una saetta di piacere elettrico che gli strappò ogni forza tendendogli la schiena in un’ultima violenta contrazione.

Sentì il calore di Rukawa invaderlo e il proprio lasciarlo e poi... perse i sensi.

 

continua............                                                                                            

 

Back to FanFic  Back to Home