Bugie 3                                Back to FanFic  Back to Home

Pow Rukawa

 

Il do’hao sembra paralizzato.

Continuando la mia farsa mi avvicino a lui e gli cingo dolcemente la vita con un braccio.

“Alla fine ho cambiato idea e sono venuto...” mormoro a voce abbastanza alta da farmi sentire anche dal vermicciattolo pur senza staccare lo sguardo dal suo “... lo sai che non posso stare troppo lontano da te” dico dolcemente chinandomi a sfiorargli una guancia con le labbra.

Forse ho un po’ esagerato.

Hanamichi è un blocco di marmo.

Ogni pensiero scompare nel momento stesso in cui poso le labbra su di lui.

La sua pelle è morbida, calda e ha un profumo leggero, di pino.

 

Mi piace.

 

Mi piace così tanto che attardo un po’ le mie labbra sulla sua guancia, ho una voglia pazzesca di allungare la lingua per assaggiarlo ma non è questo il luogo ne il momento.

Devo concentrarmi sulla mia vendetta.

Mi volto a fissare quel bell’imbusto.

Ha gli occhi dilatati e la bocca spalancata, boccheggia come un pesce tirato fuori dalla vasca.

 

Bene.

Sono molto, molto soddisfatto.

 

Chino il capo verso l’orecchio di Hanamichi che ancora non si è mosso “Rilassati o ci scoprirà subito” gli sussurro piano prima di tornare a recitare la mia parte.

Non che sia difficile, anzi!

Lancio un’occhiata colma di tutto il disprezzo possibile ad Hiroshi.

“Chi è questo qui?” chiedo con sufficienza.

Hanamichi apre e chiude la bocca un paio di volte in difficoltà.

Il moretto è pallido come un cencio.

Si starà chiedendo come mai, lui, il famoso Hiroshi Sakuragi, non è stato riconosciuto.

 

Stolto.

Questo è solo l’inizio della mia vendetta.

Hai fatto soffrire Hanamichi.

Ti distruggerò.

E lo farò nel modo più doloroso per una persona ipocrita come te.

 

“Hi... Hiroshi Sakuragi...” riesce alla fine a balbettare il mio do’hao.

 

Non ha cercato di sfilarsi dal mio abbraccio.

Lo stringo possessivamente a me, mi piace da impazzire tenerlo stretto a me.

Il suo fisico è muscoloso e perfetto proprio come me lo ricordavo.

Averlo così contro di me rischia di farmi dimenticare il motivo per cui lo sto abbracciando.

Che ci posso fare se sembra fatto apposta per stare con me?

Hanamichi s’irrigidisce tra le mie braccia per un momento ma poi pare ricordare il suo ruolo in questa commedia e si rilassa, appoggiandosi di più al mio petto.

 

Kami...

 

Sentirlo così dolce e arrendevole tra le mie braccia sta mandando in tilt il mio cervello.

Gli accarezzo la schiena, incapace di tenere ferme le mani e mi sento mancare nel vedere le sue guance tingersi di rosso.

Ho una voglia incredibile di baciarlo.

Baciarlo davvero!!!

 

“Hn” mormoro ricordandomi del nostro spettatore.

Faccio una fatica incredibile a distogliere i miei pensieri da lui.

Scuoto le spalle con indifferenza prima di lanciare la mia stilettata “Mai sentito...” mormoro “E’ un tuo parente tesoro?”

Calco sulla parola ‘tesoro’ cercando di non ridere mentre vedo il ‘famoso’ Hiroshi boccheggiare nuovamente come un merluzzo.

“Cugino” sussurra Hanamichi sempre più inebetito.

Accarezzò i capelli carminio del mio ragazzo dolcemente, scoprendo che sono davvero morbidi e lisci come sembrano.

Recitare la mia parte diventa sempre più difficile o forse sarebbe più corretto dire che è fin troppo facile!

Scruto il presunto cugino con deliberata, esasperante, lentezza, da capo a piedi.

Il verme si riscuote raddrizzando le spalle e sfoggiando un sorriso un po’ incerto e sempre più falso.

 

“Peccato che non abbia niente della tua bellezza” dico alla fine della mia analisi e posso sentire con chiarezza l’ego di questo attoruncolo andare in pezzi.

 

Ben ti sta.

 

Hanamichi non sembra in grado di seguire la conversazione quindi decido che è il caso di allontanarci.

Anche perchè devo parlare con lui.

Seriamente.

Però sia mai che non sfrutto quest’occasione per un’ultima stoccata.

Prendo il cellulare e premo un unico tasto prima di rifilare questo minuscolo, modernissimo, e finora assolutamente inutile, aggeggio, nella tasca dei pantaloni.

“Andiamo a casa Hana?” gli chiedo dolcemente “Non c’è niente per cui valga la pena restare qui”

Hanamichi non sembra in grado di connettere.

Annuisce e io gli sorrido.

Un sorriso dolce che scatena un’incredibile reazione nel mio do’hao.

I suoi occhi si spalancano ancora di più, increduli, socchiude le labbra per la sorpresa e io devo davvero fare violenza su me stesso per non liberare il tavolo dietro di noi delle cibarie che ci sono e sbattercelo sopra.

Scorgo in lontananza la sagoma scura della limosine e sorrido tra me.

Non c’è che dire l’efficienza di Igor è encomiabile, anche se ho il sospetto che fosse appostato poco lontano da qui.

Figuriamoci se mio padre non lo mandava nel caso avessi bisogno di un passaggio.

“Se vuoi scusarci Hiromi...” mormoro, sbagliando volutamente il suo nome, prima di trascinare Hanamichi verso il cancello d’ingresso dove l’auto si è fermata.

Un uomo scende dalla vettura aprendoci la porta.

Hanamichi guarda l’auto e poi me che gli faccio cenno di entrare.

Non credo che in questo momento sia in grado di ragionare altrimenti non salirebbe così docilmente, mi siedo accanto a lui e Igor ci chiude la portiera alle spalle prima di ritornare al voltante e avviarsi verso casa nostra senza una domanda.

Lanciò uno sguardo distratto all’entrata della scuola.

 

Hiroshi è ancora lì.

Immobile, con la mano sollevata a mezz’aria e il bicchiere in pezzi ai suoi piedi.

 

 

Pow Hanamichi

 

Che...che cosa ha detto?

 

Non riesco a pensare a nulla.

Lui... mi ha difeso.

Ha detto ad Hiroshi....

Ha detto...

 

Kami...

 

Mi si avvicina con quel suo passo felpato ed elegante che mi incanta e, con una dolcezza che mi lascia letteralmente sconvolto, mi cinge la vita con un braccio.

Tutto il mio corpo s’incendia a quel semplice contatto mentre lo sento farsi più vicino.

Tutto questo è...

...incredibile...

...assurdo...

...bellissimo!!!

 

Hiroshi è immobile la sua bella bocca si apre e si chiude come quella di un merluzzo fuor d’acqua.

Riderei se le parole di Rukawa non facessero definitivamente fermare il mio cuore.

 

“Alla fine ho cambiato idea e sono venuto...” mormora a voce abbastanza alta da farsi sentire anche da Hiroshi pur senza staccare lo sguardo dal mio “... lo sai che non posso stare troppo lontano da te” sussurra.

 

Adesso posso morire.

No, forse sono già morto.

Rukawa mi guarda negli occhi.

Due pozzi blu carichi di una dolcezza che mi scioglie l’anima.

E poi... le sue parole.... che cosa darei perchè fossero vere!

Devo fare qualcosa.

Devo muovermi, parlare, qualsiasi cosa o Hiroshi capirà che....

 

La mia mente si azzera quando sento qualcosa di caldo e morbido posarsi sulla mia guancia.

 

Rukawa...

Rukawa mi sta baciando!

 

La sua bocca sfiora la mia pelle dolcemente, i suoi capelli scuri accarezzano le mie guance mentre il suo profumo, leggero, mi scivola attorno inebriandomi.

China il capo verso il mio orecchio e io devo mordermi la lingua per non gemere.

“Rilassati o ci scoprirà subito” mi sussurra, ma al mio cervello arriva solo un mormorio indistinto.

Tutti i miei neuroni sono impazziti nel momento stesso in cui il suo fiato a sfiorato il mio collo.

Tutta una serie di quanto mai piacevoli brividi scivola lungo la mia schiena.

Non capisco più niente.

Trattengo il respiro senza rendermene nemmeno conto.

Il volpino pare avere più autocontrollo di me perchè rammenta la presenza del nostro spettatore e si allontana un po’ da me, mentre io riscopro come si fa a respirare.

Si volta verso Hiroshi sollevando un sopracciglio con grazia.

 

“Chi è questo qui?” mi chiede con malcelato fastidio.

 

Mio cugino è una statua di sale.

“Hi...Hiroshi Sakuragi” balbetto aspettandomi una qualche reazione da lui.

Rukawa mi stringe possessivamente a se e il mio cervello parte definitivamente per le ferie.

Mi irrigidisco per un momento troppo sorpreso prima di rendermi conto di quello che sta succedendo.

Rukawa, mi sta praticamente abbracciando.

Non riesco a crederci.

Ma non posso assolutamente lasciarmi sfuggire questo momento.

Mi rilasso tra le sue braccia appoggiandomi a lui.

Il ghiacciolo umano, mister iceberg come lo chiamo a volte, mi trasmette una sensazione di calore e di protezione che non avevo mai provato.

Non credo che potrei mai....

 

Kami... che cosa....

 

La sua mano prende a salire e scendere lentamente sulla mia schiena, sento distintamente il mio viso accaldarsi.

Vorrei che fossimo soli.

 

“Mai sentito...” mormora la mia volpe riscuotendomi “E’ un tuo parente tesoro?”

 

Tesoro?

 

Ha chiamato me... kami sama.... non posso fare a meno di lanciare uno sguardo ad Hiroshi che sembra incapace persino di respirare.

“Cugino” specifico a mezza voce troppo perso nella carezza della mia volpe per pensare ad altro.

Rukawa solleva una mano candida passandomela tra i capelli.

 

Adesso muoio.

O muoio o lo bacio!

 

Per fortuna, o per sfortuna, non saprei bene, Rukawa torna a prestare la sua attenzione ad Hiroshi.

Lo squadra da capo a piedi con lentezza, mentre mio cugino tenta di ricomporsi, prima di scuotere le spalle e mormorare “Peccato che non abbia niente della tua bellezza”

 

Io...

....non riesco a connettere.

 

“Peccato che non abbia niente della tua bellezza” ha detto.

Della mia... bellezza??????

 

Sono così intontito che noto a mala pena Rukawa trafficare con un minuscolo cellulare prima che torni a rivolgermi la parola.

 

“Andiamo a casa Hana?” mi chiede dolcemente “Non c’è niente per cui valga la pena restare qui”

 

Casa?

Quale casa?

Casa sua?

Kami....kami...kami....

 

La mia mente parte per lidi inesplorati mentre il mio cuore comincia a battere come un tamburo.

Non capisco più niente... bhe è da quando è uscito da sotto quegli alberi che non ragiono più.

La mia mente è diventata monodirezionale.

 

“Se vuoi scusarci Hiromi” mormora la mia volpe trascinandomi verso il cancello d’entrata.

 

Santo cielo e questa che razza di macchina è?

Non ne ho mai vista una così lunga.

Oddio c’è pure l’autista!!!

Mi apre la portiera con un inchino e io resto immobile a fissarlo incredulo.

La volpe mi fa cenno di salire e io non posso che obbedire, sono troppo sotto sopra per fare altro.

Si accomoda a sua volta al mio fianco prima che la porta venga chiusa e l’auto si infili silenziosamente in strada.

 

Non ho mai visto un’auto simile.

C’è un televisore e un bar completo dinanzi a me!

Per non parlare del fatto che il sedile su cui sono seduto farebbe impallidire un divano.

Mi voltò lentamente verso Rukawa che mi sta fissando, attendendo probabilmente delle spiegazioni.

 

E adesso?

Che gli dico.

 

Comincio a farfugliare cose senza senso su mio cugino, su di me e su di lui ma il suo “Do’hao” mi interrompe.

Lo fisso rosso in volto e mi mordo le labbra a disagio.

“Da quanto sei innamorato di me?” mi chiede e io mi sento avvampare.

Negare non avrebbe senso, lo so con certezza, ora, che ha sentito ogni singola parola, e poi, a questo punto... non voglio mentire.

“Dalla prima volta che ti ho visto, sarebbe scontata come risposta?” mormoro abbassando il viso.

Lui mi mette una mano sotto il mento costringendomi ad alzare la testa.

“Do’hao la prima volta che ci siamo incontrati mi hai tirato una testata” mi ricorda.

 

E’ vero... però se ci ripenso... già allora...

 

I suoi occhi.

 

Quella sensazione che mi è serpeggiata nello stomaco.

Quell’improvvisa paura.

La certezza che lui avrebbe sconvolto il mio mondo.

La mia esistenza.

 

“Di solito non è così che si dimostra amore...” mi sussurra.

 

Kami quella che brilla nei suoi occhi è... malizia?

 

“Di solito...” mormora avvicinandosi lentamente a  me, gli occhi che mi inchiodano al sedile, che mi sfidano a fuggire.

 

Come se volessi davvero farlo.

 

“... si fa così...” sussurra a pochi centimetri dalle mie labbra prima di posarci le sue.

 

Sono calde e dolci come le ricordavo contro la pelle della mia guancia ma ora la sensazione è più forte, intensa.

Sento le sue mani scivolare sulle mie braccia mentre muove piano le labbra sulle mie, accarezzandomi.

Le socchiudo in cerca di aria e lui spinge di più la bocca contro la mia, infilando piano la lingua dentro di me.

Emetto un gemito che si perde nella sua bocca mentre il bacio diventa più profondo.

Mi spinge piano e io mi lascio andare finendo lungo disteso sul divanetto della limosine mentre lui si sposta sopra di me.

 

Kami...

 

Gemo nell’avvertire il suo corpo contro il mio e inarco la schiena.

E’ tutto così... così...

 

Kaede si stacca dolcemente da me e mi fissa negli occhi.

Passa una mano tra i mie capelli, sparsi sulla pelle nera del sedile, lentamente, fissandomi con uno sguardo bruciante che mi fa sfrigolare la pelle.

“Ti desidero” sussurra piano fissandomi e il suo sguardo è più eloquente di mille parole.

 

Lui mi sta davvero guardando come se fossi qualcosa di bello.

Di speciale.

 

E io... in questo momento mi sento bello e speciale.

 

Mai in tutta la mia vita mi era successo.

Eppure mi basta specchiarmi nei suoi occhi blu perchè tutte le mie insicurezze spariscano.

Quegli occhi non possono mentire.

Tra le sfaccettature violacee di queste iridi azzurre posso leggere desiderio... ma non solo.

 

“Sarebbe banale se ti dicessi che ti amo?” sussurra usando lo stesso tono che ho usato io pochi attimi prima, avvicinando il suo volto al mio, porgendomi un piccolo sorriso.

Allungo le braccia e gli cingo le spalle.

“In effetti sì...” lo prendo in giro, stando allo scherzo, mentre il mio cuore piroetta in preda ad una felicità assurda.

Gli occhi mi pungono da tanto sono felice.

Li stringo per un momento, ricacciando le lacrime, prima di specchiarmi nuovamente nei suoi.

 

Non è un sogno.

 

E’ davvero qui.

Con me.

E il suo sguardo non è cambiato.

 

“Però mi piacerebbe moltissimo sentirtelo dire” sussurro.

 

Kaede mi sorride, quello stesso bellissimo sorriso che mi aveva sconvolto prima.

 

“Ti amo do’hao” mormora.

“Ti amo anch’io baka kitsune”

 

*-*-*

 

Pow Rukawa

 

Mi sveglia un raggio tiepido di sole che, dolcemente, mi accarezza il viso.

Qualcosa di morbido accanto a me si muove piano, rannicchiandosi contro il mio petto e una ciocca rossa mi sfiora il mento.

Dolcemente passo le dita tra questa seta scura abbassando lo sguardo per osservare il mio ragazzo che dorme beatamente tra le mie braccia.

Mugola qualcosa strofinando la guancia contro il mio petto e io non posso fare a meno di sorridere.

Dovrei ringraziare Hiroshi.

Se non fosse stato per lui ora non sarei così felice.

Mi sciolgo dolcemente dall’abbraccio scivolando fuori del letto avendo cura di non svegliarlo.

Gli rimbocco il lenzuolo coprendo la spalla abbronzata su cui era scivolato prima di indossare la vestaglia e dirigermi verso la porta.

Sulla soglia tuttavia non posso fare a meno di voltarmi e guardarlo.

Ricordo la dolcezza della sua pelle.

Il calore del suo corpo.

Il candore dell’innocenza con cui mi ha detto che ero il primo.

 

Basta!! Se continuo così mi infilerò nuovamente sotto le coperte e invece voglio svegliarlo con l’aroma del caffè.

 

Scendo le scale trattenendomi a malapena dal canticchiare.

Sono così irrimediabilmente felice da farmi quasi paura.

 

In cucina trovo Igor che sorseggia il suo cappuccino mentre Elga, sua moglie, nonchè la nostra cuoca, sta farcendo delle brioche con del cioccolato fuso.

“Buongiorno” mi saluta la donna e il pentolino per poco non le cade di mano quando invece del solito ‘Hn’ addormentato io le rispondo “'Giorno!!” scoccandole per di più un mezzo sorriso.

Igor ha la buona creanza di soffocare una risatina nella panna del suo cappuccino mentre io mi impadronisco in fretta di un vassoio su cui posiziono brioche, biscottate, marmellata e due tazze di caffè.

Sparisco dalla cucina con la stessa velocità con cui mi ci sono infilato mentre la cuoca mi guarda ancora incredula.

Sono quasi arrivato quando vedo la porta della mia camera aprirsi e mio padre uscirne.

 

Ohi...

 

“Kaede...” mormora richiudendosi la porta alle spalle.

 

Ma non doveva ripartire stamattina per andare a Kyoto?

Azz... forse si è infilato in camera per salutarmi...

Il che vuol dire che ha trovato il rossino nel mio letto.

 

Doppiamente ohi.

 

“...posso sapere chi è la persona che dorme nel tuo letto?” mi chiede senza scomporsi minimamente.

 

Mettiamo in chiaro una cosa.

Mio padre sa che sono gay.

Però l’unica persona che avevo portato a casa prima del do’hao era stata Ryo e poi quel bastardo ha tentato di andare a letto anche con mio padre per avere un posto nella nuova soap opera che stava lanciando la nostra casa di produzione.

E’ chiaro che è preoccupato.

Anche perchè finora non gli avevo certo lasciato ad intendere di essermi innamorato di nuovo.

Bhe ‘di nuovo’ forse non è corretto.

Infondo Ryo mi aveva ingannato con la sua falsità.

Non credo di averlo veramente amato.

Scuoto il capo riscuotendomi dai miei pensieri anche perchè mio padre aspetta una spiegazione.

“Hanamichi Sakuragi”  dico facendogli segno di seguirmi.

Mi apre la porta e io poggio la colazione su un comodino prima di chinarmi e passare una mano tra i capelli rossi del mio do’hao addormentato

“Hana...” lo chiamo piano.

Socchiude gli occhi lentamente  fissandomi e sul suo volto si disegna un sorriso dolcissimo.

“Ciao...” mormora arrossendo lievemente.

Non posso fare a meno di sorridergli a mia volta.

 

Che ci posso fare.

E’ contagioso.

 

Avverto il rumore della porta che si chiude dietro di me.

Mio padre se n’è andato.

 

Avevo intenzione di presentarglielo ma a quanto pare gli è bastato guardarci per capire che lui non è come Ryo.

Con Ryo non avevo mai sorriso così.

Con lui non c’era mai stata quest’intimità.

E soprattutto non c’era quest’unione profonda che brilla nei nostri occhi, si riversa nelle nostre parole, si concretizza in tanti minuscoli, semplici, gesti.

 

Hanamichi si mette a sedere tra le lenzuola annusando l’aria con interesse.

Il profumo del caffè e del cioccolato sta dolcemente invadendo l’aria solleticando anche il mio palato.

“Facciamo colazione?” mormoro alzandomi per prendere il vassoio ma lui mi afferra per un braccio prima di attirarmi a se.

“Dopo...” sussurra allungando il viso verso il mio.

Sorrido prima di chinarmi su di lui e spingerlo di nuovo sulle lenzuola baciandolo con passione.

“Kitsune!” protesta, arrossendo, quando infilo una mano sotto le lenzuola cercando la sua pelle.

“Mi bastava il bacio del buon... ah... giorno” mormora trattenendo un gemito quando la mia mano scivola sinuosa sulla sua gamba destra.

Sollevò il capo fissandolo negli occhi con un sorriso malizioso.

“Hana...” sussurro piano scostando il lenzuolo per scoprire il tesoro che esso cela al mio sguardo,

“... non ti hanno insegnato che non si devono dire le bugie?”

 

fine.....                                                                   

 

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