Harry Potter e la Notte dei Segreti                                                                                                             Back to FanFic  Back to Home

“Una ... cosa?” mormorò Harry stupito.

“Una pietra sentimentale signor Potter..” ripetè Alexander scivolando sinuoso tra loro, facendo frusciare in modo sinistro le lunghe spire candide, sulla pietra, prima di accomodarsi dietro alla propria scrivania, appoggiandovi sopra le braccia, adagiando il viso tra le mani pallide.

“E che cos’è esattamente....” chiese Malfoy, nella voce una nota lievemente incrinata, mentre fissava il professore di Difesa Contro le Arti Oscure guardare il sasso che aveva posato sulla cattedra di fronte a loro.

Kazam si avvolse con calma nelle proprie spire, scostò con grazia una ciocca dorata che gli era scivolata sul viso, dietro l’orecchio appuntito, facendo tintinnare i campanelli appesivi, prima di sollevare gli occhi innaturali su di loro.

L’attenzione dei due ragazzi saettava dal piccolo oggetto liscio, la cui superficie, alla luce fluttuante delle candele, si tingeva di lievi sfumature rosse, al viso androgino e regalmente impassibile del rettile.

“Le pietre sentimentali sono oggetti magici molto rari...” mormorò l’insegnante sfiorando con le dita candide la superficie levigata del ciottolo, accarezzandola come se fosse una creatura viva “...ed hanno una particolarità piuttosto interessante..” disse quasi tra se e se, l’aria vagamente trasognata, un lieve sorriso malizioso ad incurvargli le sottili labbra scure.

Harry si chiese per quanto ancora avrebbe girato attorno all’argomento prima di decidersi a dir loro che diamine era quella cosa!

“Per sette morti solari..” sussurrò Kazam interrompendo i suoi agitati pensieri, quella sua voce distorta, improvvisamente più melodiosa, ancestrale, come se stesse riportando al presente qualcosa di perduto in un tempo lontano “...legati...” mormorò strappando il respiro ai due “...nell’intreccio sottile dei canti dell’anima... ...incatenati...” sancì, facendoli deglutire a vuoto “...dal gemello desiderio che ha inciso le sorelle contraenti .” terminò con solennità.

Un silenzio attonito avvolse la stanza in cui quelle parole ancora arieggiavano, come spettri pallidi, prima che il moretto ritrovasse la voce e mormorasse un: “Eh?” estremamente confuso.

Non ci aveva capito un accidenti!

Kazam rise sommessamente posando gli occhi innaturali sul volto del giovane mago dall’aria perplessa.

“Tradotto in termini semplici signor Potter..” mormorò divertito “..la pietra lega le sensazioni delle persone che se la sono lanciata, per sette giorni...” spiegò “...a patto che il sentimento di chi l’ha scagliata sia lo stesso di colui che l’ha afferrata...” disse con una lieve scossa delle ali candide “Evidentemente l’odio di Malfoy era pienamente ricambiato...” constatò “...e i vostri desideri gemelli hanno attivato il potere della pietra...”  sussurrò prima di indicare le loro mani destre.

Con un gesto sincronico i due allievi si guardarono i palmi notandovi un lieve alone rosso, simile a quello di una leggera scottatura, laddove avevano stretto la pietra.

“Questo vuol dire..” gracchiò Draco con gli occhi sgranati.

“Vuol dire che per i prossimi giorni Potter sentirà quello che sente lei e viceversa..” mormorò Kazam tranquillamente.

I due ragazzi si scambiarono un identico sguardo allarmato mentre la mente di entrambi veniva per un momento sommersa dal moto di panico dell’altro.

L’incantesimo aveva evidentemente già cominciato ad agire.

“Ci dev’essere un modo per scioglierlo!” esclamò Malfoy, pallido.

Alexander rigirò il sasso tra le dita candide lasciandoli per lunghi istanti a trattenere il fiato, in speranzosa attesa.

“Non che io sappia..” mormorò serafico, dopo qualche istante di sadico silenzio, porgendo loro quel suo lieve sorriso obliquo, sornione.

Ed Harry sentì distintamente il tintinnio con cui le sue speranze andavano in frantumi.

 

Sette giorni?

Avrebbe avvertito le sensazioni di Malfoy per sette giorni?

E Malfoy avrebbe sentito le sue!

 

Il moretto era nel panico assoluto, l’unica nota positiva era che, poteva avvertirlo distintamente, il biondino era terrorizzato quanto lui, sebbene, almeno esteriormente, riuscisse a mascherarlo molto meglio.

“Bene e ora..” mormorò Kazam, apparentemente insensibile alle loro angosce “.. io dovrei fare lezione Signor Potter..” disse indicandogli la porta con un gesto languido della mano.

Ancora completamente intontito da quello che era appena accaduto Harry uscì dall’ufficio di Kazam.

 

Quella notte fu la più agitata che avesse mai potuto ricordare.

Aveva il terrore di sognare nuovamente la figura senza volto consapevole che, se gli fosse capitato di eccitarsi, come gli succedeva spesso dopo quelle visioni, Malfoy lo avrebbe sentito, e torturato al contempo da ondate di irritazione, rabbia, panico e altri svariati sentimenti minori, provenienti dal suddetto biondino.

Il problema stava nel fatto che, più si agitava, più le sensazioni si facevano vivide, finchè si ritrovò a grattarsi il palmo arrossato, che gli prudeva fastidiosamente, chiedendosi come avrebbe potuto sopravvivere per sette giorni in quella maniera.

Cadde in un sonno esausto quando il sole stava ormai per sorgere, fortunatamente nessuno andò a cercarlo e il ragazzo si abbandonò a quell’oblio con riconoscenza.

 

Si svegliò verso le due del pomeriggio con lo stomaco che protestava vivacemente per la fame.

Scese le scale borbottando tra se e se, incontrando Malfoy che usciva a passo di marcia dalla Sala Comune.

“Ah eccoti qui!” gli ringhiò contro il biondo, furente, senza lasciargli neppure il tempo di aprir bocca.

“Che vuoi!?” sbottò il Grifondoro ricambiandogli lo sguardo assassino, sentendosi pervadere dal sentimento di rabbia che la pietra sentimentale travasava da uno all’altro.

“Che voglio?” sibilò il Serpeverde gelandolo con uno sguardo “Voglio che tu la smetta di avere fame!” sbottò.

Harry rimase così sorpreso da quell’affermazione che non trovò niente da ribattere mentre l’altro gli sfilava accanto, dirigendosi a passo sostenuto verso la biblioteca.

Si lasciò cadere al lungo tavolo vuoto dei Grifondoro, perplesso, ignorando, nonostante l’appetito, le vivande che gli erano prontamente comparse dinanzi.

Lui aveva fame e quindi anche Malfoy aveva provato quella sensazione?

Si domandò con un sorrisetto se il biondino si fosse rimpinzato fino a quel momento nel tentativo di sedare una necessità non sua, scuotendo poi il capo, incredulo, infilando la forchetta nel suo pasticcio di carne.

Chissà che cosa avrebbero pensato Hermione e Ron di quell’assurda situazione.

 

Harry passò il resto della giornata a sondare gli umori del Serpeverde che sembrava scosso da un violento nervosismo man mano che il sole percorreva il suo lento arco, nel cielo.

Si chiese come mai temesse tanto l’arrivo dei suoi compagni di casa.

Era così tanta la sua paura di vedersi messo da parte da loro, ora che tutti sapevano che sua padre era un Mangiamorte?

Come si era comportata la madre di Draco con gli altri maghi dell’alta società?

Harry ignorava se la famiglia più antica del mondo magico aveva rilasciato interviste o intentato cause contro il Ministero della Magia.

Aveva disdetto l’abbonamento alla Gazzetta del Profeta ormai da tempo, sapeva comunque che non era una lettura del tutto affidabile, ne aveva avuto la prova più che lampante quando lui stesso era stato l’oggetto dei loro articoli.

Aveva così passato l’estate nella più completa ignoranza di quanto accadeva nel mondo magico, troppo preso dalla lotta per dimenticare ciò che era accaduto l’anno prima e il cercare di pianificare una sua futura linea di condotta.

E comunque, qualsiasi cosa Voldemort avesse avuto intenzione di fare, l’avrebbe saputa direttamente dalla sua cicatrice, senza doverlo leggere sul giornale.

Fece una smorfia a quel pensiero, massaggiandosi la fronte distrattamente mentre scrutava le prime ombre della sera stiracchiarsi tra l’erba smeraldina del parco.

Dal canto suo attendeva la notte con aspettativa.

Per quanto ci fossero molte cose da chiarire, alcune delle quali affatto piacevoli, Ron, Hermione e gli altri amici gli erano mancati davvero moltissimo e non vedeva l’ora di incontrarli nuovamente.

 

La sera scivolò silenziosa a sostituire gli ultimi respiri del giorno trovando Harry intento a scrutare fuori dalle finestre dell’atrio.

Aveva mandato Edvige con un breve messaggio per Ron e gli altri, informandoli che si trovava già ad Hogdwards e che era ansioso di rivederli.

La candida civetta era tornata da lui alcune ore più tardi con la risposta di Hermione che si diceva felice di saperlo al sicuro ma che lo avvertiva anche che lo avrebbe sommerso di domande sul suo silenzio estivo.

Si grattò quasi distrattamente il palmo della mano mentre l’inquietudine serpeggiava in lui, riconoscendo il sentimento come appartenente a Malfoy perchè, nonostante lo sentisse in sé distintamente, conservava una lieve aura di estraneità.

Un giorno non bastava certo per abituarsi ad essere travolto, di tanto in tanto, dalle sensazioni del biondino ma Harry aveva già provato una cosa simile, a causa della cicatrice e del legame che essa sanciva tra lui e Voldemort, e quindi l’esperienza non gli risultava del tutto nuova.

Per Malfoy doveva essere decisamente più sconvolgente.

Non che Harry avesse avuto notevoli sbalzi d’umore o sentimenti violenti quel giorno, si era limitato ad andare a trovare Hagrid e a finire qualche compito in sospeso.

Alcune luci danzanti, nell’oscurità, lo riportarono al presente spingendolo ad aguzzare lo sguardo: non si era sbagliato... le carrozze stavano arrivando!

Si volse a guardare la superficie scura del lago notando che anche su di essa brillavano piccole stelle in movimento.

I ragazzi del primo anno sembravano particolarmente numerosi, notò, stupito dalla gran quantità di lanterne che si specchiavano sulle acque nere.

Osservò le fiaccole, impaziente, avvicinarsi, finchè i cocchi non presero a fermarsi di fronte al portone facendone smontare i primi studenti.

Harry ignorò le facce stupite di alcuni Tassorosso del terzo anno che lo videro scendere la gradinata principale, dirigendosi invece verso un paio di familiari chiome rosse che si distinguevano facilmente nella massa.

“Harry!” esclamò Ron correndo ad abbracciarlo.

Il moretto ricambio il saluto e il sorriso prima di fare lo stesso con Hermione spalancando gli occhi quando questa fece un passo indietro.

Sulla sua divisa spiccava il distintivo di caposcuola.

“Congratulazioni!” si complimentò prima di essere travolto dai saluti di Ginny e Neville.

Nessuno gli domandò come mai si trovasse già a scuola anche se al moretto non sfuggirono le loro occhiate perplesse e vagamente preoccupate.

Li rassicurò con un sorriso preparandosi mentalmente alle domande che, ne era certo, sarebbero venute quando fossero stati tra le familiari mura del dormitorio.

Stavano avviandosi verso la sala dove si sarebbe tenuto il banchetto, scambiando commenti leggeri sulle vacanze, quando un grido li fece voltare, e con loro, metà della scolaresca.

Pansy Parkinson si era gettata singhiozzando teatralmente tra le braccia di Draco Malfoy.

“Mi dispiace tanto.. così tanto per te..” balbettava tra le lacrime mentre il biondo cercava freddamente di scrollarsela di dosso.

Tiger e Goyle gli vennero in aiuto, staccando la ragazza, di peso, dal loro capo, prima di porgli un mesto: “Condoglianze..”

L’unico che non disse nulla fu Blaise Zabini, l’altro ragazzo che solitamente si vedeva in compagnia del principe dei Serpeverde, che tuttavia lanciò uno sguardo preoccupato a Draco. Questi in tutta risposta si limitò a scuotere le spalle con un’indifferenza che, Harry potè sentire chiaramente, era soltanto simulata.

Che diamine stava accadendo? Si chiese confuso, guardandosi attorno alla ricerca di tracce della sua stessa incomprensione sul volto degli altri studenti.

Ma a quanto pareva era l’unico a non sapere.

Attorno a lui gli alunni delle varie case bisbigliavano, qualcuno lanciava delle occhiate cupe nella loro direzione, qualcun altro scuoteva il capo mestamente, posando sguardi dispiaciuti sulla piccola comitiva di Serpeverde che stava entrando nella sala.

Harry si volse verso Ron ed Hermione completamente spaesato, notando con stupore che sui loro visi aleggiava un’espressione contrita ma non sorpresa.

Dunque anche loro erano al corrente.

“Che succede?” chiese stupito.

“Non lo sai?” mormorò la caposcuola mentre riprendevano la strada verso il loro tavolo.

“Sapere cosa?” domandò sempre più confuso.

“Lucius Malfoy è morto..” gli riferì Ron con voce piatta.

Harry sbarrò gli occhi incredulo “Morto?” ansimò.

Ginny annuì “Si è suicidato... in prigione...” spiegò mordicchiandosi le labbra nervosamente.

Un cupo silenzio cadde sui suoi amici, consapevoli di aver contribuito alla cattura e quindi, in un certo senso, alla morte del padre del loro compagno di scuola mentre Harry li osservava attonito.

 

Lucius Malfoy era morto?

Il padre di Draco si era suicidato?

 

Gli sembrava così assurdo!

 

Eppure quel fatto spiegava molte cose.

Ora sapeva il motivo della presenza del biondino, a scuola, prima dell’inizio effettivo delle lezioni.

Non doveva essere piacevole stare in una casa dove tutti e tutto gli ricordavano la morte di suo padre e il dolore per la sua scomparsa prematura poteva ampiamente giustificare l’aspetto spettrale del Draco che aveva incontrato il primo giorno.

Dunque Malfoy non era stato malato?

 

Ma se non era per lui... per chi era la medicina che Kazam aveva dato a Piton?

 

Alla ricerca di qualche risposta a quelle sue domande senza fine il moretto sollevò il viso, cercando con lo sguardo la familiare capigliatura bionda, al tavolo dei Serpeverde.

Pansy si stava asciugando le lacrime con un fazzolettino mentre gli altri membri della casa si affollavano attorno al loro prefetto, evidentemente per porgli le condoglianze.

Qualcuno di loro non si preoccupò minimamente di nascondere uno sguardo d’odio puro quando incrociò gli occhi di Harry ma il ragazzo li ignorò, concentrato come non mai sui sentimenti che il legame intessuto dalla pietra riversava su di lui.

 

Draco non era triste.

 

O meglio... non era quello il sentimento che prevaleva in lui.

Era amareggiato.

E... furioso.

Per un momento pensò che ce l’avesse con lui eppure il sentimento che gli scivolava nelle vene non sembrava essergli diretto contro.

Si accorse che la rabbia del biondino lo invadeva a brucianti ondate ogni qualvolta un Serpeverde gli si avvicinava per porgli le proprie condoglianze.

 

Non riusciva davvero a capire.

Sembrava quasi che ce l’avesse con suo padre.

Che l’odiasse perchè lo aveva abbandonato, scegliendo di togliersi la vita?

 

L’entrata del preside e degli altri insegnanti costrinse la piccola processione a dissolversi mentre tutti prendevano posto ai grandi tavoli.

La MacGranitt sfilò velocemente di fronte al tavolo dei professori deponendo a terra uno sgabello su cui ripose un logoro cappello da mago e il silenzio cadde sulla sala mentre gli occhi di tutti si puntavano sul vecchio oggetto.

“Credi che farà come l’anno scorso?” gli chiese Ron, chinandosi a sussurrargli quelle parole all’orecchio, evidentemente ben felice di spostare la sua attenzione su qualcos’altro.

“Non lo so..” ammise Harry ricordando la lunga filastrocca dell’anno precedente mentre il suo sguardo scivolava sui professori.

La sedia riservata all’insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure era vuota.

Harry si chiese se Kazam stesse ancora dormendo.

Da quel poco che aveva visto in quei giorni Alexander passava tre quarti della sua giornata nella sua forma animale a dormire beatamente, avvolto al suo trespolo.

Accantonò i pensieri quando uno strappo, sul cappello, si spalancò e la voce del copricapo si levò alta, sulla sala.

 

“Orbene miei piccoli amici..

Sono qui per stabilire quale sian le vostre cornici.

Sarete cavalieri valorosi?

Grifondoro è la casa per i coraggiosi!

Se siete attenti scienziati del vero,

per voi ecco un posto, tra le fila di Corvonero!

Se il vostro pregio è invece la costanza,

Tassorosso vi designerà una stanza!

Ma se è l’ambizione che tinge la vostra magia,

allora Serpeverde sarà la vostra via!

Ma ricordate sempre, che siate Grifondoro, Serpeverde, Tassorosso o Corvonero

il mondo non è luogo dove esista il bene e il male davvero.

A nulla serve il coraggio,

se non v’è in esso del saggio,

e l’ambizione non può vivere senza il sostegno

di un intelletto arguto e dell’ingegno,

assai inutile anch’esso

se non vi è un fido lavoro che l’aiuti nel progresso!”

 

Lo strappo si richiuse mentre Harry lo osservava, pensieroso, e nella sala si spargeva un lieve bisbiglio.

Era già la seconda volta che il cappello parlante sembrava cercare di dar loro dei consigli.

La MacGranitt fece un passo avanti, attirando di nuovo l’attenzione di tutti su di se, srotolando una lunga pergamena.

“Ma quanti sono?!” chiese Ron, a mezza voce, stupito.

Anche Harry era davvero sorpreso e il brusio che serpeggiava tra i tavoli sembrava dirla lunga sul fatto che tutti avessero notato quel particolare: i ragazzini del primo anno erano quasi il doppio rispetto al solito.

“Alicia Abbot” scandì con voce chiara la professoressa di Trasfigurazione e una bambina dall’aria spaurita si fece avanti, sedendosi sullo sgabello, lasciando che le venisse posto il cappello sui riccioli scuri.

Il copricapo parve rimuginare per qualche secondo e poi sentenziò: “Corvonero!”

 

E così lo smistamento cominciò.

 

La procedura richiese più tempo del previsto, dato il gran numero di nuovi alunni, Ron cominciava ad agitarsi sulla sedia e lo stomaco di Harry borbottava sonoramente da qualche minuto quando finalmente anche Zaccaria Zorda fu assegnato alla sua casa.

Il capello venne portato via dalla MacGranitt che tornò pochi istanti più tardi per prendere il suo posto al tavolo dei professori.

Fu allora che Silente si alzò richiamando il silenzio.

“Sono felice di vedere che quest’anno abbiamo così tanti nuovi studenti...” disse guardando i ragazzi del primo anno “....a voi tutti il mio più sentito benvenuto!” esclamò “E agli altri il mio felice: bentornati!” disse con un sorriso prima di tendere una mano verso i tavoli “E ora... direi che abbiamo atteso abbastanza! Abbuffiamoci!” sancì.

E i piatti disposti sulle grandi tavolate si riempirono di ogni prelibatezza immaginabile.

Ben presto tutti mangiavano con appetito lasciando i discorsi seri per una più confusa e allegra discussione generale che vagava dai viaggi fatti durante l’estate alle classifiche del Quiddich, anche se, Harry non potè fare a meno di notare, la tavolata dei Serpeverde era più silenziosa del solito.

Quando infine tutti furono ben sazi e anche le ultime fette di torta scomparvero dai piatti il preside si sollevò ancora una volta in piedi mentre nella sala calava un nuovo, rispettoso, silenzio.

“E ora che ci siamo rifocillati per bene..” disse “..qualche avviso...” mormorò “...voglio informare i ragazzi del primo anno che l’accesso alla foresta, ai limitari del giardino, è severamente vietato...” ricordò loro “...e Mastro Gazza, il nostro custode, ci tiene che io vi rammenti, per quella che credo sia la quattrocentosessantatresima volta, che è vietato usare incantesimi fuori dalle classi...” disse prima di fissare l’assemblea “Inoltre sono lieto di informarvi che abbiamo un nuovo insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure!” esclamò con un sorriso e nella sala serpeggiò un brusio felice.

Nessuno aveva dimenticato la Umbridge e, dall’entusiasmo che aleggiava tra i tavoli, Harry intuì che i più pensavano che non ci potesse essere nessuno peggio dell’arpia che era stata mandata loro dal ministero.

Il moretto si chiese se l’avrebbero pensata ancora così una volta che avessero visto chi, o meglio.. che cosa, aveva preso il suo posto.

“Lasciate che vi presenti il vostro nuovo professore: Alexander Kazam!” disse solennemente, indicando la porta laterale, da cui erano entrati i ragazzi del primo anno, poco prima.

Ci siamo.. pensò tra se e se Harry, preparandosi malignamente a godersi l’espressione dei suoi amici.

La porta si aprì con un lieve ‘clack’ che risultò ovattato nel brusio curioso degli studenti che facevano a gara per allungarsi sulle sedie, in modo di poter essere i primi a vedere il nuovo insegnante: la carica di professore di Difesa Contro le Arti Oscure era sempre stata ricoperta da personaggi veramente singolari.

Tuttavia colui che scivolò lentamente sul lucido pavimento di pietra, avvicinandosi al tavolo degli insegnanti, li batteva decisamente tutti.

Quasi come fosse una persona sola, l’assemblea sbarrò gli occhi e il basso bisbiglio curioso si arrestò bruscamente quando tutti gli studenti, a parte due, trattennero il fiato.

Harry avvertì, quasi fisicamente, il divertimento di Malfoy e non potè dargli torto.

Era davvero uno spettacolo eccezionale vedere quasi quattrocento persone sul punto di crollare svenute.

Uno sguardo al lieve sorriso, vagamente maligno, sul volto androgino di Alexander, gli bastò per intuire che anch’egli trovava decisamente divertente la situazione.

Kazam strisciò con grazia letale fino al suo posto, accanto a Silente, scuotendo la coda con un lieve tintinnio che vibrò sinistramente cristallino nella sala avvolta da un silenzio basito, prima di spiegare le ali maestose e porgere un elegante inchino agli studenti. A quel gesto le scaglie lunari catturarono la luce instabile delle candele riflettendola in mille spettri iridescenti che avvolsero la figura regale in un’instabile aurora luminosa mentre il terzo occhio si apriva sulla sua fronte a sondare i ragazzi gelati.

“Che...che.. cos’è... quello!?” ansimò Ron con una vocina irriconoscibile, al fianco di Harry.

“Il nostro nuovo professore..” mormorò tranquillamente il moretto notando che, anche agli altri tavoli, gli studenti stavano lasciandosi andare in sussurri spaventati ed esclamazioni di panico.

“Stai scherzando vero?!” ansimò il ragazzo dai capelli rossi, con gli occhi fuori dalle orbite.

“Quello è un basilisco!” gracchiò Neville terrorizzato, coprendosi il viso con le mani.

“No... è molto peggio... è uno Slyssish..” sussurrò incredula Hermione.

“Tu sai che cos’è uno Slyssish?!” le chiese Harry, nel sentir nuovamente lo stesso termine usato dalla professoressa MacGranitt il giorno del suo arrivo.

Hermione distolse a fatica lo sguardo da Kazam per fissarlo su di loro “Volete dirmi che non sapete chi è?” chiese incredula.

I due la fissarono con espressione che parlava chiaro e la ragazza sospirò alzando gli occhi al cielo.

“L’ho letto sul compendio a ‘Storia moderna della magia’...” disse mentre Silente dava il permesso agli studenti di ritirarsi nei loro dormitori.

Harry notò con divertimento come, la maggior parte di loro, si affrettò a fuggire letteralmente dalla sala.

“Era una delle letture facoltative proposte dal professor Ruf, per l’estate..” li informò la ragazza riattirando la sua attenzione su di se, facendo sbuffare lui e Ron praticamente in contemporanea.

Hermione era davvero l’unica studentessa in tutta la scuola che, oltre a leggere e spesso imparare a memoria, tutti i libri di testo, se ne procurava continuamente di nuovi.

“Ricordate Grindelwald?” chiese mentre si avviava con loro alle scale che li avrebbero condotti ai dormitori dei Grifondoro.

Harry aggrottò la fronte riflettendo: aveva già sentito quel nome... ma dove?

“Il mago oscuro sconfitto da Silente nel 1945!” esclamò Ron attirando su di se lo sguardo stupito di Harry e quello piacevolmente sorpreso della ragazza.

“Era scritto dietro la figurina delle ciocorane, ricordi Harry?” disse il rossino facendo scomparire il sorriso dalle labbra di Hermione che borbottò un: “Ah ecco.. mi sembrava strano..”

“Cosa c’entra il professor Kazam con Grindelwald?” chiese Harry cercando di riportare il discorso sui binari iniziali.

“Bhe quando Silente sconfisse Grindelwald  il suo castello venne sequestrato e perquisito da cima a fondo..” spiegò loro la ragazza, facendo strada verso una parete a cui era appeso un grande quadro nel quale campeggiava una nobil donna, decisamente grassotella, avvolta in uno sgargiante abito rosa.

“Oh ma quanti nuovi arrivi!” li salutò questa, dalla sua cornice, fissando giuliva i nuovi allievi dall’aria spaurita.

“La parola d’ordine per entrare nel dormitorio è: Spiffero” disse Hermione voltandosi a parlare con gli studenti accalcati dietro di lei, interrompendo momentaneamente la sua narrazione per svolgere il suo compito di caposcuola.

Il quadro ruotò sui cardini rivelando un buco rotondo in cui gli studenti si infilarono uno dopo l’altro, ritrovandosi così nella sala comune del dormitorio.

“E quindi cosa trovarono nel castello?” le chiese Ron quando si furono sistemati su alcune poltrone appartate.

Ginny, Neville, Seamus e Dean li avevano raggiunti, curiosi di sentire anch’essi.

“Nelle prigioni sotterranee del castello..” riprese la sua narrazione Hermione “... gli Auror trovarono diversi cadaveri e... Alexander Kazam” mormorò.

“Che cosa?” ansimò Dean incredulo.

La ragazza annuì “Pare che Kazam vivesse nelle segrete...” narrò “...i cadaveri erano quelli dei babbani che Grindelwald gli aveva dato da mangiare...” disse con un brivido.

“Il nostro professore mangia le persone?” ansimò Ginny con gli occhi fuori dalle orbite.

“Ne beve il sangue..” rettificò Hermione “...gli Slyssish, come i vampiri, hanno bisogno di bere sangue per sopravvivere..” mormorò.

“Per tutti gli dei..” gemette impressionato Seamus.

“Quindi Kazam stava nelle segrete. Era prigioniero di Grindelwald?” domandò Harry cercando di ottenere una spiegazione completa.

“No...” mormorò la caposcuola “..viveva lì..” disse con semplicità.

“Vi..viveva con Grindelwald?” gemette Neville.

Harmione annuì “Per questo gli Auror che lo trovarono decisero di sopprimerlo...”

“Sopprimerlo?” chiese incredulo Harry, infastidito dalla scelta del termine fatta da Hermione: ‘sopprimere’ era una parola che si usava quando si parlava di animali!

Ma Alexander era un persona... bhe... circa.

“Ma perchè?” chiese invece all’amica.

La ragazza lo fissò perplessa “Harry, tu lo sai che cos’è uno Slyssish?” gli chiese seria.

“Hem... no..” dovette ammettere il moretto chiedendosi se Kazam fosse davvero così terribile come volevano fargli credere. Lui ci aveva passato la maggior parte delle serate, in quegli ultimi giorni, e non gli era sembrato poi così spaventoso una volta abituatosi alle sue strane sembianze.

“Gli Slyssish erano le più antiche e potenti tra le creature oscure...” li informò Hermione “...si narra che alcuni di loro fossero addirittura in grado di vedere il futuro, anche se questo fatto non fu mai appurato. Erano comunque certamente capaci di usare incantesimi di altissimo livello e potevano scagliare un veleno corrosivo, dall’aculeo al termine della loro coda, contro il quale nessuna protezione, magica e non, aveva effetto.” mormorò “Provate ad immaginare di quale potere disponga una creatura contro la quale non esiste difesa.” sussurrò “Quando Grindelwald decise di cercare degli alleati per la sua conquista del mondo magico cominciò proprio con loro!”

“Gli Slyssish si allearono con i maghi oscuri?” chiese incredulo Seamus.

Hermione annuì “Grindelwald promise loro vittime a volontà, fu facile convincerli ad unirsi alla sua causa!” spiegò.

Harry deglutì a vuoto, incredulo: la stirpe di Kazam si era alleata con i predecessori dei Mangiamorte?

“E  poi che accadde?” la pressò Ginny.

“Gli Slyssish avevano un grosso punto debole...” spiegò Hermione “All’interno delle singole città alveare, un solo individuo era in grado di generare figli...” mormorò “...era questa ‘Madre’ che deponeva le uova per tutto il clan garantendone la continuazione della specie.” disse.

“Quindi se per qualche motivo la Madre fosse morta...” intuì Dean.

La caposcuola annuì “La stessa conclusione a cui giunsero gli Auror.” mormorò “A costo di migliaia di vite i maghi del ministero riuscirono ad uccidere le Madri dei vari clan, condannando così gli Slyssish all’estinzione.”

Un greve silenzio seguì la sua affermazione.

Harry rimuginava sulle parole dell’amica: quando Kazam gli aveva detto che il suo clan era stato sterminato dai maghi lui aveva creduto che si riferisse a stregoni oscuri, non certo agli Auror!

“Ma allora Kazam...?” domandò Seamus.

Hermione scosse le spalle “Fu una guerra molto cruenta, gli Slyssish avevano davvero un potere spaventoso...” disse con un brivido “...seppure in netta inferiorità numerica, per ognuno di loro che veniva ucciso perdevano la vita decine di Auror.” mormorò “Eliminare le Madri fu ancora più difficile, ogni maschio del clan le difese strenuamente fino alla morte. Inoltre queste erano immuni alla magia, spiravano solo se trapassate da una lama d’argento...” spiegò “...e potete immaginare quanto sia difficile avvicinarsi abbastanza ad una creatura del genere per infilarle una spada nel petto..” borbottò “Comunque alla fine i maschi superstiti restarono troppo pochi per combattere e scomparvero nel nulla.”

“Quindi Kazam è uno di loro?” esclamò Ron incredulo “Uno di quei maschi fuggiti! E Grindelwald gli dava rifugio nel suo castello!” disse cinereo.

Harry condivideva il pallore dell’amico mentre l’avvertimento di Hagrid tornava vivido nella sua mente.

Ora capiva che cosa aveva tentato di dirgli il gigante!

Era saggio introdurre un essere simile tra le mura di Hogdwards?

Non avrebbe potuto cercare di vendicarsi per quello che i maghi avevano fatto alla sua gente?

“Avevi detto che gli Auror volevano ucciderlo!” esclamò, ricordando improvvisamente l’inizio del discorso di Hermione.

“Ah sì!” esclamò lei “Ma Silente si oppose.”

“Perchè?!” gemette Ron che evidentemente non approvava affatto.

La ragazza scosse le spalle “Scoprirono che Grindelwald aveva lanciato su Kazam un incantesimo di oblio che aveva azzerato i suoi ricordi e lo aveva reso privo di volontà...” spiegò “...gli Slyssish erano creature molto orgogliose, dopo quanto era accaduto alla sua gente probabilmente Kazam avrebbe ucciso Grindelwald se fosse stato nel pieno possesso delle sue facoltà..” mormorò “...invece era una scatola vuota, senza passato, presente o futuro quando lo trovarono. Non tentò di aggredire gli Auror ne di far nulla per fermarli quando essi sollevarono le bacchette per ucciderlo...” disse passandosi una mano tra i capelli castani “Silente li fermò e riuscì a dimostrare loro, interrogando lo Slyssish sotto effetto del Veritasierum, che Kazam non aveva più ricordi e tanto meno intenti vendicativi.” mormorò “Così, sull’onda del suo successo come l’uccisore di Grindelwald gli fu concesso di ‘tenere’ Alexander.” borbottò mentre Harry faceva una smorfia, contrariato nuovamente dalle parole dell’amica: insomma Kazam non era mica un cane!

“Da allora sono passati ormai più di sessant’anni e, almeno fino ad oggi, nessuno seppe che ne fece di lui Silente...” terminò la ragazza, ignorando l’aria torva del moretto.

“Ne ha fatto il nostro professore di Difesa contro le Arti Oscure..” mormorò Seamus incredulo.

“Se ha davvero il potere che i libri attribuiscono alla sua specie potrebbe insegnarci cose che nessun altro sarebbe in grado di mostrarci..” disse pensierosa Hermione.

“Sarà...” mormorò scettico Ron.

“Bhe.. avremo modo di scoprilo presto..” li informò Dean mostrando loro il foglio con gli orari delle lezioni “Abbiamo Difesa Contro le Arti Oscure... domani!”

 

Harry si coricò tardi, stanco e confuso.

Silente aveva invitato ad Hogdwars uno dei vecchi alleati del suo nemico.

Perchè?

Hermione aveva detto che gli Slyssish superstiti erano fuggiti, possibile che Voldermort li avesse rintracciati e sperasse di farli unire alle sue schiere? E che Silente, sapendolo, avesse chiesto a Kazam di venire a scuola sperando di riuscire con lui, doveva aveva fallito con Hagrid e i giganti, mandandolo ad intermediare per loro dal nemico?

Quanto al professore... era ancora sotto l’effetto del potere di Grindelwald?

Non gli sembrava un essere privo di volontà... anzi!

Nei suoi occhi felini lampeggiava una luce viva e affilata come una lama.

Da come Hermione aveva descritto gli Slyssish, poi, questi sembravano assassini assetati di sangue eppure Kazam, per quanto non fosse certamente immune dal lanciare occhiate affamate al suo collo, di tanto in tanto, di certo non gli sembrava così pericoloso. Quando aveva detto di aver promesso a Silente di non mangiarsi gli studenti era sembrato scocciato ma era anche chiaro il grande rispetto che portava per il loro preside e che non avrebbe mancato alla parola data.

C’erano troppe incongruenze tra l’Alexander che conosceva e quello che si presupponeva che fosse.

Scosse il capo con un sospiro ripassando mentalmente le spiegazioni di Hermione, cercandovi qualche incongruenza, quando una sensazione non sua gli scivolò in corpo.

Che stava facendo Malfoy a quell’ora di notte? Si chiese perplesso, agitandosi tra le lenzuola, infastidito dal sentimento dell’altro.

Uno strano calore gli serpeggiò nelle viscere ed Harry avvertì il viso andare a fuoco.

No, Malfoy non poteva...

Un gemito sfuggì dalle sue labbra, interrompendo i suoi pensieri, facendogli sbarrare gli occhi un secondo più tardi.

A quanto pareva non solo Malfoy poteva... ma lo stava proprio facendo!

Allungò in fretta la mano sotto il cuscino stringendo la bacchetta tra le dita, lanciando un incantesimo insonorizzante alle tende del suo letto a baldacchino, affrettandosi a chiuderle con la magia in modo che nessuno potesse scostarle, prima di mettersi seduto.

E ora.. che cosa doveva fare?

Un’altra ondata di calore gli si riversò addosso stroncandogli il respiro.

Lo avrebbe ucciso!

Sì, lo avrebbe ucciso, si ripromise mentre sentiva il piacere invadergli i sensi.

Quell’idiota di un biondino!

Che stesse facendo uno di ‘quei’ sogni? si domandò mordendosi le labbra a sangue per trattenere un lamento mentre i vestiti cominciavano ad attaccarglisi alla pelle sudata.

Un altra ondata di quella sensazione inebriante, molto più forte delle precedenti, lo fece accasciare con un gemito sul materasso mentre sollevava le mani per coprirsi il viso.

No, quello non era un sogno, sentiva, tramite Malfoy, la sua consapevolezza per quello che stava succedendo, il suo desiderio che accadesse.

Non c’era possibilità di fraintendere quanto la pietra sentimentale gli riversava addosso: Draco stava facendo l’amore con qualcuno.

Harry gemette di nuovo, tormentato dalla lotta tra la vergogna e il desiderio impellente di far scivolare una mano nei propri pantaloni.

Si agitò di nuovo, tendendosi sulle lenzuola.

“Draco ti ucciderò...” gemette a mezza voce, sentendosi venir meno quando il suo udito venne accarezzato dalla sua stessa voce, irriconoscibile.

Fortunatamente era stato abbastanza previdente da insonorizzare il letto!

La maglia del pigiama gli si era ormai completamente incollata addosso e con un moto di fastidio il moretto la tolse, liberandosi, non senza qualche esitazione, anche di pantaloni e boxer.

Nudo, sulle lenzuola arruffate, Harry gemette più forte mentre i sensi gli si annebbiavano insieme alla vista, senza rendersi conto che aveva infine spinto una mano tra le proprie gambe.

Non ce la faceva più ma Malfoy non sembrava essere del suo stesso avviso.

Con chiunque stesse facendo sesso evidentemente si stava divertendo a torturarlo senza concedergli, o concedersi, l’appagamento.

Harry si chiese se lo stesse facendo apposta, ben sapendo che le sue emozioni gli sarebbero arrivate tutte, una dopo l’altra.

Tremò e ringhiò nuovamente il nome del biondino, stringendo con forza il proprio membro tra le dita.

“Ti ucciderò!” ripromise all’altro, che non poteva udirlo, con voce rotta dai respiri ansimanti, soffocando un gemito tra i denti, agitandosi irrequieto tra le coltri.

Mai, mai in tutta la sua vita si era sentito al contempo così bene e così male.

Il piacere sembrava spingere in lui, salendo in una spirale senza fine che trascinava con se tutto il suo essere, senza lasciargli scampo.

Ed Harry agognava e ripudiava quella tortura, diviso tra le sensazioni del corpo e le ragioni della mente.

E poi... d’un tratto... quella sensazione bollente gli si riversò addosso con la potenza di uno schiantesimo sempre più forte, sempre più in fretta, finche Harry non sentì distintamente qualcosa spezzarsi, dentro di lui e venne, con un lungo grido, macchiandosi l’addome.

Rimase immobile, con gli occhi sbarrati, fissi nel vuoto, la mano sinistra artigliata alle lenzuola e l’altra, quella che recava, ora più chiaro che mai, il segno della pietra sentimentale, serrata sul suo membro.

Era venuto.

Malfoy... lo aveva fatto venire.

“Lo ucciderò!” ansimò senza fiato prima di avvertire un nuovo formicolio punzecchiargli la pelle.

“No..” ansimò “Non è possibile!” si agitò allarmato.

E invece era esattamente ciò che temeva... Malfoy e il suo ignoto compagno stavano ricominciando.

 

Il mattino successivo Harry aveva l’aria di uno che aveva passato la notte a farsi investire, ripetutamente, da un treno.

I capelli solitamente indomabili erano una massa nera, informe, che avrebbe fatto invidia a Medusa, gli occhi verdi risaltavano ancora di più nel volto stanco, le sue labbra erano secche e segnate dai denti.

“Che hai combinato stanotte?” gli chiese incredulo Ron, quando lo vide mettersi, faticosamente, a sedere nel proprio letto.

Il moretto rispose con un mugolio che sembrava il gemito di una creatura dell’oltretomba.

“Hai sognato Tu sai chi?” gli chiese allarmato Neville.

Harry si affrettò a scuotere il capo “No...” borbottò “Ho solo dormito male...” sbottò e gli altri preferirono non indagare oltre ipotizzando probabilmente che avesse rivissuto la morte di Sirius, che stesse cruciandosi per il suicidio di Lucius Malfoy o per il pericolo che poteva rappresentare Kazam.

In effetti, si ritrovò a pensare Harry, aveva un sacco di ottimi motivi per non dormire bene la notte ma la verità era che... non aveva mai dormito meglio.

Certo... dopo... quando Draco finalmente glielo aveva concesso.

A colazione mangiò per cinque, sotto gli occhi sempre più perplessi degli amici, sforzandosi di trattenersi dall’attraversare la sala e stringere il collo di Malfoy tra le mani fino a spezzarglielo.

Non si era mai vergognato tanto in vita sua!

E il biondino ebbe anche il coraggio di sussurrargli un: “Hai l’aria... sbattuta... Potter...” quando gli passò accanto per infilarsi nell’aula di Pozioni.

Lezione con Piton, la prima ora del lunedì dopo aver passato una notte in balia dei desideri sessuali di Malfoy... che cosa c’era di peggio? Si chiese disperatamente il moretto.

 

Le parole degli insegnanti quel giorno risultarono per Harry vaghi rumori nelle nebbiolina ovattata che gli pervadeva il cervello.

Ogni tanto lanciava uno sguardo a Draco chiedendosi come diamine facesse a stare sveglio.

Il biondino tuttavia sembrava non avere problemi però, a pranzo, Harry notò che c’era invece un ragazzo del secondo anno dall’aria distrutta almeno quanto lui, anche se, sul volto del giovane Serpeverde, campeggiava un lieve sorriso idiota che si trasformava in una smorfia estatica quando i suoi occhi si posavano sul suo principe.

E’ andato a letto con un maschio!? Si chiese il moretto sgomento, rendendosi improvvisamente conto di quel particolare, e Draco sollevò il volto, dall’altro capo della sala, per incontrare il suo sguardo, probabilmente colto dal lampo di stupore che Harry aveva provato.

Il biondino gli porse un sorriso malignamente soddisfatto che si allargò ancora di più quando, di conseguenza, la rabbia di Harry esplose e il moro si impose di applicare quanto imparato ad Occlumanzia per controllarsi e non dare così, a l’altro, anche quella soddisfazione.

 

Dopo pranzo Harry era riuscito, più o meno, a svegliarsi, e le ore del pomeriggio scorsero meglio finchè al calar del sole Dean non annunciò che dovevano andare nei sotterranei per l’ultima lezione della giornata: Difesa Contro le Arti Oscure.

I Grifondoro si fermarono di fronte alla porta aperta, incerti.

Non c’era traccia del professore nell’aula.

Facendosi avanti Harry scelse un posto in prima fila seguito con molta titubanza da Ron ed Hermione.

L’altro lato della classe era già, per lo più, occupato, ma Harry si rifiutò di guardare in quella direzione.

Aveva sentito il familiare prurito sul palmo della mano prima che un onda di sadico divertimento lo sfiorasse: Malfoy.

Ringhiò qualcosa, tra se e se, ma la porta laterale si aprì, annunciando l’arrivo dell’insegnate, distogliendolo così dai suoi propositi omicidi.

Kazam scivolò sul pavimento, facendo frusciare le sue scaglie in quel modo terribilmente sinistro, prima di fermarsi di fronte a loro.

Aveva l’aria assonnata, notò divertito il moretto, probabilmente si era appena svegliato.

Quasi a confermargli la cosa Kazam sbadigliò, mettendo per un momento in mostra le lunghe zanne, stiracchiando le grandi ali candide prima di arrotolarsi sulle proprie spire e acciambellarcisi sopra, come fosse seduto su un enorme, liscio, masso bianco.

“Bene..” mormorò fissando gli occhi inumani sugli studenti immobili come statue di sale “..se qualcuno di voi vuole svenire o sentirsi male vi prego di farlo immediatamente e non a metà lezione..” disse socchiudendo per un momento la palpebra verticale, al centro della fronte.

L’occhio verde elettrico guizzò su di loro per poi sparire di nuovo, rinchiuso nel suo tatuaggio scarlatto.

“Molto bene..” mormorò con quella sua strana voce distorta, quando nessuno si mosse o crollò a terra “Meglio di quanto avrei pensato..” ammise facendo vibrare la coda con un piccolo tintinnio.

“Oggi, signori, parleremo della creatura oscura più potente e pericolosa fra tutte..” cominciò con aria professionale “..essa si annida nei recessi più bui, dove nessuno osa guardare mai, in attesa di una sola debolezza della sua preda per emergere e ucciderla, sostituendosi così a lei..” sibilò sinistramente, fissandoli.

Nella classe non volava una mosca.

“Signor Paciock!” esclamò l’insegnante tendendo una mano candida verso di lui.

“Eh?” chiese allarmato il ragazzo guardandosi forsennatamente attorno “Io non sono una creatura oscura!” gridò pallido come uno straccio.

L’insegnante gli porse un lieve sorriso “Certo che no, signor Paciock...” lo tranquillizzò “...venga qui per favore..”  lo invitò.

Il sollievo che era traspirato dal volto del ragazzo quando era stato scagionato si tramutò in terrore: la sola idea di avvicinarsi a Kazam gli gelava il sangue nelle vene.

“Le prometto che non la mangerò...” lo rassicurò il rettile con voce melifluamente divertita.

Seppure con stampato a chiare lettere, in faccia,  che avrebbe voluto fare qualsiasi cosa tranne accontentare la richiesta dell’insegnante, Neville si alzò e lo raggiunse.

“Mi è stato riferito che ha quasi imparato ad evocare un Patrono..” disse Kazam “...è vero?”

Alquanto perplesso il ragazzo annuì, titubante.

“Lo faccia per noi...” lo invitò il professore, indicandogli un angolo vuoto della sala.

Neville lanciò un occhiata terrorizzata prima all’insegnante e poi ad Harry che gli porse un sorriso incoraggiante.

Il meglio che Neville aveva ottenuto con quell’incantesimo era uno sbuffo di fumo argenteo.

Comunque il ragazzo fece quanto gli veniva richiesto tendendo la bacchetta ed esclamando: “Expecto Patronus!” con la maggior convinzione di cui era capace.

Harry sorrise nel vedere uscire, dalla bacchetta dell’amico, un luce argentea che tentò di prendere una forma vaga prima di svanire. Kazam doveva fargli davvero molta paura se era riuscito ad evocare un Patrono che aveva quasi una sembianza.

“Non male..” si complimentò Alexander richiamando con un gesto una grossa caraffa e un’ampollina di vetro dalla forma familiare.

Harry sussultò nel riconoscerla: era quella che Kazam aveva dato a Piton!

Anche se, ora, era per tre quarti vuota.

L’insegnante di difesa versò una sola, piccola, goccia di quel liquido argenteo, nella caraffa piena d’acqua, prima di riporre l’ampollina mentre il liquido si mescolava da solo.

Dopo di che richiamò un bicchiere minuscolo, di quelli che si usavano per servire gli alcolici, lo riempì con il contenuto della brocca e lo porse a Neville.

“Ecco beva..” disse tendendoglielo.

Il ragazzo lo fissò pallido senza muoversi e Kazam sbuffò irritato “Non sto cercando di avvelenarla signor Paciock!” lo tranquillizzò.

Neville prese il bicchierino con mani tremanti, versandone un po’ prima di portarlo alle labbra e trangugiare in un sol fiato, mentre la classe tratteneva il respiro.

Non successe assolutamente nulla.

Il ragazzo fissò prima gli amici, poi il professore che scosse le spalle “Ora per favore ripeta l’incantesimo di poc’anzi..” mormorò Kazam.

Lo studente, sempre perplesso, ma più tranquillo, tese la bacchetta davanti a se.

Esattamente come aveva fatto pochi istanti prima ripetè: “Expecto Patronus!” ma l’effetto fu totalmente diverso.

Di fronte agli occhi increduli della classe, dalla sua bacchetta esplose un’onda di luce argentea che si erse in un mastodontico, magnifico drago, perfetto in ogni minimo dettaglio, dalle scaglie sottili alle iridi lucenti, che spalancò le ali possenti per difendere il suo padrone da un nemico inesistente.

Harry, come tutti gli altri, era a bocca aperta.

Non aveva mai visto un Patronus corporeo così grande e perfetto in vita sua.

Anche Neville fissava il suo drago incredulo, facendo scorrere lo sguardo dalla creatura di luce alla bacchetta, come se si stesse chiedendo dov’era lo sbaglio.

“Può tornare al suo posto signor Paciock...” mormorò Kazam con un lieve sorriso soddisfatto e, ancora sotto shock Neville dissolse il Patrono tornando al banco con gli occhi che gli sporgevano dalle orbite.

“Questo signori...” disse l’insegnate, riportando la loro attenzione su di se, spostando la brocca al centro della cattedra perchè tutti potessero osservarla, “...è il Potere.”

Lo sguardo di tutti gli studenti era catalizzato sulla comunissima caraffa.

“La sostanza che ho dissolto in quest’acqua è frutto di un’antichissima magia oscura ed è in grado di moltiplicare il vostro potenziale magico di un centinaio di volte..” spiegò prendendo posto dietro il tavolo “Nella sua forma pura è capace di dotare un babbano della magia, di tramutare un mago in un dio e addirittura di resuscitare un morto..” mormorò con una tranquillità inadatta alla serietà dell’argomento.

Tutti gli studenti lo stavano fissando ad occhi sbarrati ed Harry notò che, stranamente, quando Kazam aveva parlato di resuscitare i morti il suo sguardo si era soffermato, per un secondo di troppo, su Malfoy.

Corrugò la fronte quando sentì l’ondata di disagio che attraversò il corpo del suo nemico, sotto quello sguardo giallo.

Perchè Draco sembrava improvvisamente così nervoso?

“Ora..” disse il professore facendo comparire dinanzi ad ognuno di loro un bicchierino colmo d’acqua fino a svuotare la caraffa “...voglio che ognuno di voi beva...” disse “... vi avverto comunque che l’effetto, almeno per quanto riguarda la forma diluita, dura soltanto qualche ora..” mormorò mentre già gli studenti afferravano con bramosia i bicchieri dinanzi a se.

Velocemente tutti vuotarono il loro prima di riporlo sui banchi.

Kazam li fece scomparire con un gesto della lunga bacchetta bianca fissando i suoi studenti “Bene....” mormorò “Per mercoledì voglio che mi consegniate una pergamena di almeno trenta centimetri con tutto quello che fareste se poteste bere la forma pura di questa sostanza..” disse tranquillamente “E...” aggiunse quando un mormorio eccitato si sparse nella stanza, mentre tutti ipotizzavano chi sarebbero potuti diventare con a disposizione un simile potere “...voglio che me ne portiate un’altra, lunga almeno il doppio, con la descrizione di tutto quello che farebbe il vostro peggior nemico se l’avesse per se.” li gelò.

Nell’aula cadde il silenzio mentre tutti impallidivano, le visioni di gloria infrante da incubi di distruzione e morte.

“La prossima volta che ci vedremo vi dirò il nome della creatura oscura di cui parlavo all’inizio della lezione..” mormorò congedandoli “Anche se ho fede che qualcuno di voi ci arrivi..” disse prima di lasciare la classe con un guizzo della lunga coda serpentina.

 

Quella sera tutti gli studenti della lezione di Difesa si prodigarono in spettacolari incantesimi, finchè ne avevano l’opportunità.

“Non funziona più..” mormorò Ron, lasciandosi cadere con aria sconsolata su una poltroncina, vicino ad Harry, quando notò che non riusciva più a trasfigurare qualsiasi cosa, anche ad occhi chiusi.

“Il professor Kazam ci aveva avvertito che sarebbe durato solo qualche ora..” gli ricordò Hermione saggiamente, anche se, la luce malinconica che le brillava negli occhi, la diceva lunga su quanto le dispiacesse non riuscire più ad apprendere l’intero contenuto di un libro semplicemente appoggiandoci una mano sopra.

Ron estrasse le pergamene dalla sua cartella con occhi brillanti “Bhe.. è la prima volta che ho voglia di fare un tema!” disse allegramente “Se avessi tutto quel potere...” cominciò a scrivere con un largo sorriso entusiasta e gli occhi luminosi.

“Forse faresti meglio a pensare a che cosa farebbe Voldemort con quella sostanza...” mormorò Harry rigirandosi la penna d’aquila tra le dita.

“Uffa così togli tutto il divertimento!!” borbottò il rossino rabbuiandosi, trattenendosi a malapena dallo sussultare nel sentir nominare lo stregone oscuro.

Harry sospirò “Cosa pensate che intendesse Kazam quando parlava di quella creatura pericolosa..” chiese pensieroso.

Hermione fissò i due amici, riflettendo, “Una creatura oscura...” riepilogò “..che si annida nei recessi più oscuri, dove nessuno osa guardare mai, in attesa di una sola debolezza della sua preda per emergere ed ucciderla, così da prenderne il posto..” ripetè ricordando le parole dell’insegnante “Che cosa potrebbe essere...?” si domandò perplessa, guardandosi distrattamente attorno. Lo sguardo scivolò poco lontano dove Seamus e Dean stavano riempiendo almeno un metro di pergamena con tutto quello che avrebbero fatto se fossero stati potenti come Dei prima di spostarsi ancora per la sala comune, fermandosi sul fuoco scoppiettante, sicuramente opera di un elfo domestico.

Con tutto quel potere, si ritrovò a pensare, sarebbe potuta diventare capo del Ministero e avrebbe potuto obbligare i maghi ad accettare la liberazione degli elfi!

Avrebbe potuto costringere questi ultimi a capire che avevano il diritto di essere liberi!!

Spostò ancora gli occhi, avvolta in quelle visioni luminose, sussultando nell’osservare il proprio sguardo brillante, quasi fervente, riflesso da un grande specchio, appeso poco lontano dall’ingresso.

 

Obbligare?

Costringere?

 

Si rese conto di quello che aveva pensato e dalla luce pericolosa che, per un solo momento, le era lampeggiata nello sguardo.

“Io..” sussurrò incredula.

“Cosa?” le chiesero Ron ed Harry perplessi.

“Noi!” disse lei voltandosi verso entrambi, colpita dalla sua stessa intuizione.

“Ti spiace spiegarti!” esclamò Ron perplesso.

“Noi siamo la più potente e pericolosa delle creature oscure!” sentenziò pallida.

“Ti sei bevuta il cervello?” le chiese Ron incredulo.

“No.. ha ragione..” ansimò Harry comprendendo cosa intendeva l’amica.

“Voi due siete pazzi! Io non sono una creatura oscura!” esclamò il rossino arrabbiato.

“Perchè hai scelto di non esserlo!” disse Hermione infervorata “Ma dentro di te c’è comunque una parte oscura, maligna, nascosta nelle più remote profondità del tuo animo, dove tu stesso non andresti mai a guardare...” spiegò “E se tu dimostrassi debolezza lasciandoti tentare dal facile potere, dal denaro o dalla fama..” mormorò “..essa emergerebbe e ti ucciderebbe, trasformandoti in un altra persona: un mostro!”

Ron la fissò a bocca aperta “Era questo che intendeva Kazam?” sussurrò fissando con aria colpevole la pergamena su cui stava per apprestarsi a scrivere i suoi desideri, ricordandosi terrorizzato che le prime cose che gli erano venute in mente erano proprio ricchezza e gloria.

“E’ così..” mormorò Harry “..la più pericolosa delle creature oscure... siamo noi stessi...”

 

Quella notte andarono a letto molto pensierosi.

La rivelazione di Hermione li aveva lasciati scossi.

Harry stava ancora cercando di trovare una posizione che gli concigliasse il sonno quando una sensazione familiare gli scivolò nelle viscere.

“No... no... non di nuovo..” si ritrovò a bisbigliare alle tende del baldacchino.

Ma Malfoy non poteva sentirlo e a quanto pareva non aveva nessuna intenzione di smettere la sua ‘piacevole’ attività.

Il moretto lanciò al letto gli stessi incantesimi della notte precedente, con voce che gli uscì incrinata e tremante, rendendosi conto con un moto d’orrore che la sua mente era stata attraversata da un lampo di... aspettativa.

Lui... lui voleva davvero provare di nuovo quelle sensazioni? Si chiese sgomento mentre il piacere del biondo gli squassava il petto.

A differenza della volta precedente l’amplesso di Draco con il suo misterioso amante durò poco anche se lasciò Harry completamente stravolto.

Emise un basso sospiro di sollievo quando si rese conto che, almeno, Malfoy non sembrava intenzionato a continuare per tutta la notte come la sera prima.

Afferrò stancamente la bacchetta mugugnando un incantesimo per pulire le lenzuola, arrossendo vergognosamente nel notare le tracce di sperma che le macchiavano, prima di cercare finalmente una posizione comoda e decidersi a dormire.

Ma non ottenne risultato.

Si voltava senza sosta ma il sonno sembrava scomparso.

La pelle gli pizzicava e sentiva ancora, dentro di se, tracce di quel calore che lo aveva avvolto pochi istanti prima.

Si rigirò inutilmente per l’ultima volta nel letto, ormai tutto un groviglio, e si mise a sedere.

Quello che gli ci voleva era un bagno, decise.

Un bel bagno caldo in cui rilassarsi, che cancellasse ogni traccia del tocco di Malfoy dal suo corpo, facendogli così dimenticare tutti i pensieri.

Scivolò fuori dal letto e afferrato il mantello dell’invisibilità e la mappa del malandrino uscì dal dormitorio, diretto alla Stanza delle Necessità.

 

Un’ora immerso nelle volute di schiuma morbida aveva dato i suoi buoni frutti, Harry stava letteralmente cadendo dal sonno quando si richiuse la porta della camera alle spalle, affrettandosi verso le scale che lo avrebbero riportato alle sue stanze.

Una veloce occhiata alla mappa gli mostrò Piton intento a fare la ronda qualche piano più sotto, Gazza che controllava i sotterranei, e Pix, intento probabilmente a far danni, nell’aula di trasfigurazione.

Aveva via libera.

Fece appena in tempo a pensarlo che dovette appiattirsi al muro per evitare di venir investito da una figura frettolosa.

Il suo sguardo corse veloce alla mappa stregata, che segnalava la presenza di ogni abitante di Hogdwards, ma nel corridoio che lui stava percorrendo appariva un solo nome: Harry Potter.

Eppure a pochi passi da lui, così vicino che poteva vedere l’ondeggiare delle suo ciocche bionde e avvertire il suo profumo, stava passando proprio colui che l’aveva spinto ad uscire dal suo dormitorio: Malfoy.

Il biondino si guardò per un momento attorno, teso, tenendo stretto qualcosa, nascosto sotto la tunica scura.

Harry avvertì la sua inquietudine e si affrettò ad applicare quanto imparato ad Occlumanzia onde evitare che l’altro avvertisse il suo sgomento, scoprendolo.

Draco si girò velocemente attorno, la fronte aggrottata come se avesse avvertito la sua presenza ma poi scosse il capo, borbottando qualcosa, prima di allontanarsi velocemente, sparendo dietro un angolo del corridoio.

 

Il moretto osservò l’ultimo lembo della sua veste, svolazzare dietro la curva prima di cominciare a percorrere la strada per il suo dormitorio, rimuginando velocemente.

Com’era possibile?

Mai la mappa si era sbagliata.

Eppure... Malfoy era passato a pochi metri da lui senza che la pergamena magica avesse dato atto di sentirlo.

Come se...

Come se Draco... non esistesse.

 

Ogni ulteriore pensiero  fu abbandonato quando avvertì delle voci familiari, concitate, provenire dalla soglia del suo dormitorio.

Il quadro era scostato ed Hermione era sulla soglia, in vestaglia, di fronte ad una professoressa MacGrannit dall’aria corrucciata e ad un Kazam dallo sguardo così gelido da essere vitreo.

Si bloccò a pochi passi da loro cercando di capire che cosa stava succedendo sentendo l’amica dire che avrebbe immediatamente svegliato tutti i suoi compagni di casa.

Era ancora incerto sul da farsi quando d’improvviso il terzo occhio, sulla fronte di Kazam, si spalancò, puntandosi su di lui.

Ed Harry ne ebbe l’assoluta certezza quando quello sguardo verde elettrico gli bruciò l’anima: il professore di Difesa contro le Arti Oscure vedeva attraverso il mantello dell’invisibilità.

Fece un passo indietro, troppo tardi, la mano candida dell’uomo era scattata in avanti e, afferrato il tessuto magico, lo aveva tirato con forza, scoprendolo.

“Bene bene signor Potter..” sussurrò con voce sibillina e un tono sinistramente simile a quello utilizzato spesso da Piton “..problemi di insonnia?” insinuò.

“Harry...” balbettò Hermione spalancando gli occhi “..non sei stato tu vero?” chiese prima di esclamare più sicura: “Non può essere stato lui!”

Il moretto la fissò perplesso “A fare cosa?” domandò mentre cercava di trattenere un brivido sotto l’esame delle innaturali iridi gialle di Kazam.

Fu però la professoressa di Trasfigurazione a rispondere alla sua domanda “La pozione del professor Kazam è stata rubata... stanotte”.

 

 

 

Continua....

 

Scleri dell'Autrice (Non leggeteli nemmeno... nd. Pippis)

Mi diverto! ^_^

Mi diverto tanto!!!

Il prossimo capitolo sarà: Harry Potter e i prigionieri di Al Kazam.

Uh uh uh..... :p

 

Back to FanFic  Back to Home