La mossa segreta 3                                      Back to FanFic  Back to Home

“Tezuka...” Fuji prese la tazza di the che l’altro gli tendeva e l’osservò armeggiare nuovamente nell’armadio.

“Tezuka...” provò di nuovo, lasciando che gli sistemasse un altro cuscino accanto.

“Tezuka!” tuonò perdendo la pazienza.

L’interpellato si voltò a fissarlo con un espressione così dolce che tutta l’esasperazione evaporò immediatamente.

“Sto bene... davvero” mormorò per la cinquantesima volta posando la tazza di the per tendergli una mano, chiedendogli silenziosamente di sedersi accanto a lui.

Kunimitsu lo raggiunse, spostando alcuni cuscini che gli aveva sistemato tutto attorno come una mamma chioccia che prepara il nido per il suo pulcino, passandogli delicatamente un braccio attorno alla vita.

 

“Sicuro?” chiese piano.

 

Quando Fuji aveva perso i sensi tra le sue braccia il cuore gli aveva mancato un battito e quando era delicatamente uscito da lui  scoprendo le macchie di sangue che macchiavano il tatami si era sentito morire.

Aveva sollevato con delicatezza il corpo dell’amante, adagiandolo sul proprio letto, sfilandogli i pantaloni e la giacca, per lasciarlo con la sola t-shirt, pulendolo poi, con attenzione, con un asciugamano umido.

Fujii aveva emesso un lamento fragile, socchiudendo le palpebre e Tezuka si era affrettato a coprirlo con il plaid che teneva ordinatamente ripiegato a piede del letto, prima di passargli una mano tra i capelli, chiamandolo con voce spezzata dalla preoccupazione.

Il biondo lo aveva fissato confuso, per un momento, prima di regalargli il più bel sorriso che avesse mai visto.

 

Tezuka non aveva voluto sentire scuse, gli aveva messo dei cuscini sotto la schiena, gli aveva preparato il the e lo aveva delicatamente avvolto in un ulteriore coperta, recuperata in fretta dall’armadio, senza smettere per un istante di accarezzarlo con dolcezza.

Fuji si era lasciato coccolare per un po’, troppo stanco per protestare, prima che le attenzioni dell’amante diventassero decisamente esagerate.

“Sto bene...” mormorò appoggiandosi al suo fianco “...se sono svenuto è perchè...” s’interruppe arrossendo “...è stato un po’... troppo...” sussurrò piano.

Tezuka trattenne il fiato impallidendo “Ti... ho fatto così male?” chiese con voce, incrinata paventando la risposta, ma l’altro sospirò esasperato affondando il viso tra le mani.

“E’ stato troppo... piacevole” sbottò senza riuscire a guardarlo, sentendo le guance arroventare.

“Oh!” mormorò Tezuka arrossendo a sua volta.

Rimasero così, appoggiati uno all’altro, per alcuni momenti, semplicemente riposando, prima che il moro ricordasse una cosa e si voltasse a fissare il compagno passandogli delicatamente una mano tra i capelli “Per fortuna che studiare insieme non ci doveva causare problemi.” mormorò scherzosamente.

Fuji lo fissò con un sorriso sornione “Non avevo calcolato il mio fascino irresistibile!” ridacchiò.

Tezuka sbuffò sollevando gli occhi al cielo e lo sguardo dell’altro si fece pericolosamente malizioso “Vorresti negare?” sussurrò suadente allungandosi verso di lui, lasciando che il plaid gli scivolasse sulla spalla destra con un gesto esageratamente studiato.

“Fa il bravo...” borbottò Tezuka con voce burbera e il biondino ridacchiò appoggiando il capo alla sua spalla “Sì capitano!” esclamò con un ghigno, riafferrando la coperta e l’altro gli scompigliò teneramente i capelli.

“Resti a cena?” propose dopo qualche istante di silenzio ma Fuji scosse il capo.

“Tua madre mi fa sempre un sacco di domande e non credo che riuscirei a risponderle oggi” mormorò arrossendo, facendo sospirare l’altro.

“Secondo me ha una cotta per te...” borbottò “Ogni volta che vieni qui vuole sapere come hai passato tutto il tempo in cui non vi siete visti”.

Fuji si massaggiò il mento pensosamente “Potrebbe essere un idea...” disse piano “Se sposassi tua madre tu diventeresti legalmente mio!” s’illuminò.

“Dovresti passare sul cadavere di mio padre...” lo frenò Tezuka, scettico, e Fuji emise un mormorio scontento prima di fissarlo con una strana luce nello sguardo “E tu, sei geloso?” domandò.

“Io?” chiese Tezuka preso in contropiede dalla domanda “Non lo so...” ammise.

 

Non aveva avuto mai qualcosa a cui aveva tenuto così tanto da diventare geloso.

A parte la squadra forse... ma si poteva essere gelosi con una squadra?

 

“Credo di no...” mormorò quasi tra se e se.

Il biondino lo fissò per un momento, riflettendo, ma non disse nulla allungando invece le braccia per stiracchiarsi “Che ore sono?” mormorò pigramente.

“Quasi le cinque...” gli rispose Tezuka con lo stesso tono prendendo ad accarezzargli la schiena lentamente.

Fuji socchiuse gli occhi emettendo un morbido sospiro che sapeva di fusa “Se voglio essere a casa per cena fra un po’ dovrò andare...” borbottò contrariato.

Tezuka annuì, nuovamente pratico “Vado a prepararti il bagno, tu resta lì ancora qualche minuto...” mormorò, prima di fermarsi un momento, pensieroso.

Fuji lo guardò perplesso, inclinando il capo su una spalla, sgranando gli occhi quando l’altro si chinò su di lui sfiorargli le labbra con un bacio lieve prima di uscire dalla stanza lasciandolo a fissare la porta chiusa con occhi scintillanti e un sorriso ad inarcargli le labbra: “Il mio ragazzo...” sussurrò con voce sognante.

 

...

 

Già... il suo ragazzo... quel mastodontico idiota del suo ragazzo!

Fuji era in bagno, immobile, e fissava basito la propria immagine riflessa nello specchio.

Aveva i capelli arruffati, le labbra gonfie, gli occhi scintillanti e un ENORME succhiotto poco più sotto del pomo d’Adamo.

“Tezukaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!!” tuonò, ripiombando nella camera dell’amante come un fulmine.

“Che cosa c’è?” ebbe il coraggio di chiedergli l’altro prima di impallidire notando il livido rosso, dalla forma ovale, che decorava la gola del suo compagno.

Prima, con Fuji avvolto nella coperta, non l’aveva notato!

Doveva averglielo fatto mentre... il solo ricordo bastò a colorargli le guance e a spedirgli un brivido caldo giù per la schiena.

“Ah ecco...” cominciò incerto.

Era in una posizione dannatamente evidente e non c’era modo di fraintendere sul ‘che cosa’ fosse.

Fuji sospirò passandosi due dita sulla pelle arrossata “Dovrò inventarmi qualcosa...” borbottò.

 

...

 

L’idea non era originale ma almeno sembrava funzionare.

Shusuke stava saltando l’allenamento, addicendo come scusa di essere vittima di un raffreddore folgorante, scusa che sottolineava portando un grosso foulard intorno al collo.

Seduto sulla panchina ad osservare gli altri il ragazzo si ritrovò a pensare che quella situazione aveva comunque dei lati positivi, probabilmente, infatti, non sarebbe stato in grado di correre e saltare come al solito quel giorno e Tezuka avrebbe finito per accorgersene. Per contro da quella posizione poteva finalmente godersi lo spettacolo senza distrazioni lasciando scorrere lo sguardo sul corpo imperlato di sudore del suo amante che stava disputando un match contro Oishi.

Si sistemò meglio il foulard che aveva dovuto chiedere in prestito a sua sorella, ritrovandosi così a doversi sorbire la sua curiosità, sospirando sommessamente.

“Come va? Ti annoi?” esclamò Kikumaru lasciandosi cadere con un sospiro affannato, sulla panchina accanto a lui.

“A dir la verità... no” mormorò il biondo con il suo enigmatico sorriso, distogliendo lo sguardo dalla pantaloncini che si erano incollati alle gambe del loro capitano, per spostarlo sul rossino. “Già finita la tua partita?” chiese.

Il ragazzo annuì con il capo sfuggendo il suo sguardo “Inui mi ha stracciato” mormorò facendo corrugare la fronte all’amico.

Kikumaru non era imbattibile come il loro capitano ma ‘stracciarlo’ era quasi impossibile... a meno che non avesse per la testa qualche pensiero.

“Che cosa c’è?” chiese con voce più dolce mettendogli due dita sotto il mento, per obbligarlo ad alzare il capo, quando il ragazzo abbassò gli occhi sulle mani strette in grembo.

“Ecco è che...” cominciò il rossino titubante “...fra qualche giorno partiremo per il ritiro...” mormorò e Fuji annuì, una luce scintillante nello sguardo: non vedeva l’ora!

 

Perchè naturalmente lui sarebbe stato in stanza con Tezuka...

 

“E la cosa ti preoccupa?” chiese tornando ad occuparsi dell’amico.

“Un po’...” borbottò il ragazzo spostando lo sguardo sul duello ancora in corso tra il capitano e il vice capitano.

“Ohhh...” mormorò Fuji con aria sorniona “...credo di capire...” soffiò facendo arrossire violentemente l’altro “Pensavo che voi due aveste già fatto qualche passo in quella direzione...” mormorò pensieroso.

“NO!”  gridò Kikumaru balzando in piedi, attirando immediatamente l’attenzione di Oishi che si voltò di scatto, verso di loro, permettendo così a Tezuka di segnare il punto determinante per la partita.

“Lui... lui non pensa a me in quel modo...” mormorò il rossino abbassando nuovamente il capo e Fuji sollevò un sopracciglio, incredulo.

 

Bisognava essere ciechi per non accorgersi di COME Oishi guardasse il suo compagno nel duo!!

 

“A giudicare da come mi sta folgorando con lo sguardo ora, non direi...” borbottò.

Kikumaru sollevò il capo, incredulo, incontrando lo sguardo del vice capitano che però si chinò immediatamente fingendo di allacciarsi una scarpa che era già perfettamente allacciata.

Fuji li fissò per un momento prima di sospirare, passandosi una mano tra i capelli.

“A quanto pare vi serve una mano...” mormorò, un sorriso felino sul volto delicato.

 

...

 

“Che stai facendo?”

Tezuka sobbalzò sulla sedia, era così concentrato sulla lista di nomi che aveva davanti che non aveva sentito Fuji avvicinarsi.

Il biondino gli posò il mento sulla spalla, appoggiandosi alla sedia su cui era seduto il moro, sbirciando il foglio che questi aveva davanti.

“E’ la designazione delle stanze dell’hotel?” chiese, una luce ad accendergli gli occhi verde bosco.

“Hmm...” mormorò il capitano lievemente preoccupato dall’aria sorniona del compagno.

“E perchè ci pensi tanto?” chiese sfilandogli foglio e penna dalle mani.

Fuji impiegò pochi minuti a compilare il modulo prima di riconsegnare il tutto all’altro “Ecco qua!” disse soddisfatto.

Tezuka fece scorrere lo sguardo sul foglio trovandovi ciò che temeva.

“Fuji...” cominciò incerto.

“Non vuoi dormire con me?” soffiò il biondo spingendolo leggermente indietro per sederglisi a cavalcioni.

L’altro sospirò posandogli le mani sulla vita, per impedirgli di avvicinarsi troppo, già averlo così, sulle proprie ginocchia, stava preoccupantemente sgretolando la sua determinazione.

“Si tratta di un ritiro importante per la squadra.” cominciò cercando di essere convincente “Non possiamo distrarci” mormorò.

“Distrarci?” soffiò il biondo con un espressione indecifrabile.

“Potrebbe succedere di nuovo quello che è accaduto ieri...” sussurrò Tezuka sfuggendo lo sguardo dell’amante.

Il giorno prima quando Fuji aveva lasciato casa sua si era ritrovato a pensare a quanto era accaduto tra loro.

 

Troppo in fretta.

 

Non gli ci era voluto molto per giungere a quella conclusione.

Era successo tutto troppo in fretta.

Stavano insieme da due giorni e avevano già fatto l’amore.

 

Dove sarebbero finiti di quel passo?

 

Avrebbero inevitabilmente bruciato la loro relazione e Tezuka non voleva.

Non voleva perderlo.

Aveva appena assaggiato il suo calore eppure la sola idea di doverne fare a meno lo riempiva di sgomento.

No, non avrebbe permesso che la fretta o la passione rovinasse le cose tra loro.

Doveva prendere in mano le redini della situazione e rallentare il passo.

Ricominciare dall’inizio e andare per gradi.

 

“Non vuoi?” quella domanda, a malapena sussurrata, lo riportò al presente.

“Voglio che prendiamo le cose con più calma.” mormorò piantando uno sguardo determinato in quello del compagno.

Fuji s’irrigidì tra le sue braccia per un istante prima di scivolare giù dalle sue ginocchia “Pro...babilmente hai ragione” mormorò con uno strano tono di voce “Allora forse è meglio che cambi le assegnazioni” disse con un sorriso che non sapeva di niente, dirigendosi in fretta verso la porta.

“Fuji?” lo chiamò Tezuka perplesso.

“Ah, scusa sono un po’ di fretta. Stasera abbiamo ospiti a cena.” esclamò il biondo, uscendo dalla stanza senza guardarlo.

Il moro osservò l’uscio chiudersi dietro di lui corrugando la fronte.

 

Perchè aveva l’impressione che gli sfuggisse qualcosa?

Qualcosa di dannatamente importante?

 

...

 

Fuji raggiunse i bagni e si chiuse la porta a chiave, alle spalle, prima di appoggiare la schiena alla parete, lasciandovisi scivolare contro fino a sedersi a terra.

Allora affondò il viso tra le mani e cominciò a piangere.

Il fatto che si stesse comportando come una ragazzina non gli poteva importare di meno.

In mente aveva solo quelle due frasi di Tezuka.

 

“Non possiamo distrarci”

“Voglio che prendiamo le cose con più calma”

 

Era così che lo considerava Tezuka?

Una distrazione?

Era quello il significato che dava a quello che c’era stato tra loro?

Un svago?

Un modo per passare il tempo?

 

Avevano fatto l’amore non una partita a carte!!

 

E quel “prendere le cose con più calma”?

Un modo velato di dirgli che si era pentito di essere andato a letto con lui?

O di dirgli che ne aveva già abbastanza?

Eppure solo il giorno prima sembrava andare tutto bene.

 

Shusuke si asciugò gli occhi con la manica della divisa imponendosi di trarre un paio di tremuli respiri.

 

Infondo che cosa si aspettava?

Aveva fatto di tutto per farsi notare da lui!

Aveva dovuto cadergli addosso perchè l’altro si decidesse a fare una mossa.

E quando infine si erano messi insieme Tezuka era sembrato così incerto, così dubbioso.

Si era dovuto autoinvitare a casa sua per passare un po’ di tempo, da solo, con lui.

Era vero, Tezuka lo aveva baciato, lo aveva accarezzato.

Avevano fatto l’amore.

E gli era sembrato di toccare il cielo con un dito quando il moro lo aveva coccolato con tanta dolce, premura, dopo.

Ma se fosse stato solo senso di colpa?

Se fosse stato solo un modo di espiare un impeto di passione che non era riuscito a controllare.

 

Avevano fatto l’amore?

 

O semplicemente Tezuka aveva ceduto alle sue provocazioni?

 

“Voglio che prendiamo le cose con più calma”

 

“Si è pentito...” sussurrò piano massaggiandosi le tempie doloranti.

Ed ora?

Che cosa doveva fare?

Che cosa poteva fare?

Era riuscito a malapena a sfiorarlo, non aveva nemmeno cominciato a capirlo, e lo aveva già perso?

No, non poteva accettarlo.

Non dopo un anno intero passato ad avvicinarsi a lui, centimetro dopo centimetro, lentamente, con infinita pazienza.

Se Tezuka voleva prendere tempo gli avrebbe dato tempo.

Gli avrebbe dato qualsiasi cosa pur di stare con lui, pur di avere uno sguardo, una carezza o un sorriso.

“Va tutto bene...” si disse sommessamente, stringendosi le braccia intorno al ventre.

 

...

 

I giorni successivi erano scivolati via lentamente.

Tezuka aveva l’inquietante sensazione che qualcosa gli si stesse sgretolando tra le mani senza tuttavia riuscire a venire a capo del problema.

Aveva l’impressione che Fuji lo evitasse.

O meglio, non lo evitava, però... era come se ci fosse un muro tra loro anche quando erano vicini.

Si trovavano alla sera, davanti ai cancelli scolastici, per andare a casa insieme.

Un paio di volte Fuji si era anche fermato a cena.

Avevano studiato insieme.

Stava andando tutto come sarebbe dovuto andare.

Come doveva andare tra una coppia all’inizio di una relazione.

 

Eppure...

 

C’era qualcosa che stonava.

In un primo momento Tezuka aveva cercato di ridurre al minimo i contatti fisici tra loro.

Lo aveva fatto perchè temeva di perdere nuovamente il controllo, di far precipitare le cose.

Con il passare dei giorni si era però accorto che Fuji aveva smesso di cercarlo.

Non tentava di toccarlo, sembrava sempre distratto, a parte in certi momenti, in cui Tezuka si ritrovava ad incontrare il suo sguardo e vi notava quella luce strana.

O meglio... quella mancanza di luce.

Gli erano sempre piaciuti gli occhi di Fuji, sembravano possedere milioni di sfaccettature diverse a seconda del suo umore.

 

Eppure ora sembravano spenti.

 

Stava sbagliando qualcosa.

O aveva sbagliato qualcosa.

 

Ma non riusciva a capire COSA e temeva che, se lo avesse chiesto a Fuji, il biondo si sarebbe arrabbiato o peggio, avrebbe approfittato di quell’opportunità per interrompere la loro relazione.

Era così distante in quegli ultimi giorni.

Tezuka sapeva di non essere una persona semplice.

Sapeva di sembrare freddo e impassibile, a volte addirittura indifferente.

Ma aveva sperato che Fuji sarebbe andato oltre le apparenze.

Se non fosse stato così?

Se si fosse già stancato di avere un compagno così serio e silenzioso?

Che cosa poteva fare?

Che cosa avrebbe fatto una volta che si sarebbero ritrovati da soli, in hotel?

Il clima non era dei migliori nemmeno durante gli allenamenti.

Fuji era troppo serio, Kikumaru era continuamente distratto, Oishi sembrava nervoso o preoccupato e Tezuka nonostante la sua impassibile facciata aveva la testa altrove.

 

I giorni passarono comunque, inesorabili, finchè non giunse la data della fatidica partenza.

 

Sopprimendo uno sbadiglio dopo l’altro i membri del Seigaku si trascinarono sul pullman che li attendeva, alle quattro del mattino, davanti alla scuola, per portarli ad Horoi.

La prima metà del viaggio fu caratterizzata da un sonnacchioso silenzio, solo quando cominciò ad avvicinarsi l’ora del pranzo i ragazzi cominciarono a svegliarsi dal torpore in cui li aveva catapultati la levataccia.

Raggiunsero l’hotel verso l’una.

Il modesto stabile bianco si ergeva solitario su una colinetta che dava le spalle ad un fitto boschetto e fronteggiava una piccola spiaggia. Sulla sua sinistra, macchia scura in tutto quel verde ed azzurro, spiccavano quattro campi da tennis.

“Per prima cosa disponete i vostri bagagli nelle camere preassegnate” esclamò la loro allenatrice parlando un po’ troppo forte nel microfono dell’autobus “Poi scendete nella sala da pranzo che ci è stata assegnata. E vedete di non fare troppo baccano!” ordinò folgorando con lo sguardo alcune matricole che si guardavo attorno eccitate.

Fuji soppresse uno sbadiglio, si stiracchiò con grazia e poi si alzò per andare a recuperare la valigia.

Raggiunse la sua stanza in fretta ben sapendo che Tezuka ci avrebbe messo un po’ a salire  in quanto intento, con Oishi, a parlare con l’allenatrice.

Osservò i letti che, sebbene non grandi, sembravano abbastanza larghi da permettere a due persone abbracciate di dormirvi comodamente e sospirò tristemente.

Dubitava che avrebbe potuto constatare se davvero ci sarebbero stati in due.

Tezuka diventava più freddo ogni giorno che passava e ormai Fuji viveva le giornate in attesa dell’inevitabile rottura.

Nonostante tutto, si disse, cercando di tener alto il morale, il moro aveva mantenuto la sua disposizione delle camere.

 

...

 

“Avete litigato?” chiese Kikumaru poco più tardi quando si ritrovò seduto accanto al biondino, alla lunga tavola del ristorante.

“Hm?” mormorò distrattamente Fuji cincischiando per l’ennesima volta il contenuto del suo piatto.

“Tu e Tezuka, avete litigato?” domandò l’amico “Sembri giù.” mormorò

Fuji sospirò piano “No non abbiamo litigato...” disse “Ma le cose non stanno andando come avrei voluto...” mormorò mestamente.

“Non vanno mai come vuoi...” borbottò piano Kikumaru lanciando un occhiata ad Oishi, seduto all’altro capo del tavolo, accanto a Tezuka “Finirò per dirglielo e lui mi odierà!” pigolò.

Fuji sollevò un sopracciglio perplesso “Perchè diamine dovrebbe odiarti” chiese sorseggiando un bicchiere d’acqua.

“Gli ho raccontato di te e Tezuka..” confessò il rossino abbassando la voce “Volevo sapere come prendeva l’idea!” cercò di giustificarsi quando Fuji gli lanciò un occhiataccia “Era così scioccato!” mormorò affranto.

“Ah..” disse il biondo facendosi pensieroso.

Kikumaru sospirò sonoramente riportando la sua attenzione su di lui “Vi invidio..” mormorò “...tu e Tezuka state così bene insieme...” mormorò strappandogli un  mesto sorriso.

“Dici?” sussurrò incerto “Eppure non lo capisco” confidò “E’ sempre così insondabile, sembra sempre così distante, a volte mi pare di dargli addirittura fastidio” confidò.

“Sono sicuro che non è così!” protestò il rossino “Ti guarda sempre, anche quando tu non te ne accorgi, e non lo fa come fa con gli altri!” esclamò.

“Davvero?” chiese Fuji poco propenso a lasciarsi andare alla speranza.

Non aveva fatto altro che osservare Tezuka in quei giorni.

E si era accorto di come il moro evitava di toccarlo o di avvicinarglisi troppo, per non parlare di quel suo sguardo scuro che sembrava diventare una lastra di ghiaccio quando si posava su di lui.

Aveva cercato di stargli lontano.

Magari, si era detto, aveva frainteso il comportamento del moro e l’altro, accorgendosi del suo distacco, lo avrebbe cercato.

 

Pura illusione, naturalmente.

 

Ormai ne era quasi certo... Tezuka non provava niente per lui se non, forse, una certa attrazione fisica.

Kikumaru gli sorrise incoraggiante e Fuji gli restituì il sorriso imponendosi di non intristire l’amico che già aveva i suoi problemi.

“Perchè non fai un esperimento?” gli propose cambiando drasticamente discorso.

Kikumaru lo fissò perplesso “Che tipo di esperimento?”

“Per vedere se Oishi prova qualcosa per te...” spiegò il biondo assumendo un aria sorniona “Vuoi?”

Il rossino annuì con il visetto color aragosta e Fuji gli porse il suo miglior sorriso felino: “Tentalo!” esclamò.

“Tentarlo?” ansimò Kikumaru con gli occhi sgranati e il biondo annuì con il capo “E se non dovesse funzionare puoi sempre provare a cadergli addosso!” ridacchiò.

 

continua....

 

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