La mossa segreta 2                                      Back to FanFic  Back to Home

Tezuka si era così lasciato ammaliare dall’aspetto indifeso e spaurito di Fuji, solo la sera prima, da dimenticare per un fatale istante chi era quello che, ora, doveva chiamare: ‘il suo ragazzo’.

Il biondo era arrivato al campo da tennis con un sorriso più misterioso e malizioso che mai, cominciando ad allenarsi fuseggiando un’allegra melodia dopo essergli sfilato accanto, non senza avergli sussurrato un: “Buongiorno...” direttamente nell’orecchio, spedendogli milioni di brividi giù per la schiena.

Per non parlare dei suoi colpi che fischiavano per il campo, lasciando crepe preoccupanti sul terreno rosso, terrorizzando le matricole. Kikumaru, partner designato del biondo per l’allenamento di quel giorno, era andato a rifugiarsi dietro le spalle di Oishi rifiutandosi di continuare il match che stava facendo con lui.

“Fuji...” lo aveva richiamato all’ordine Tezuka, con voce perentoria, ma il biondo si era voltato verso di lui regalandogli un sorriso così dolce che, per un interminabile secondo, aveva dimenticato che cosa voleva dirgli prima di riacquisire il controllo e di borbottargli di andare più cauto con i tiri.

 

...

 

“Andiamo a casa insieme...?”

Tezuka rimase immobile per un momento, sistemandosi la sacca sulla spalla.

Non si era aspettato che Fuji lo attendesse fuori dallo spogliatoio come aveva fatto il giorno prima.

In effetti non aveva ancora cominciato a pensare che quella situazione avrebbe portato a dei cambiamenti nella sua vita.

La sera prima erano tornati in silenzio, uno accanto all’altro, le spalle che si sfioravano di tanto in tanto, ma tra loro non c’era stato nessun altro contatto, ne parole inutili.

Tuttavia non potevano fare sempre così.

 

Almeno credeva.

 

In effetti Tezuka non aveva la più vaga idea di come comportarsi e questo lo metteva leggermente a disagio.

Il biondo gli si affiancò e insieme si avviarono verso il cancello scolastico, avvolti in uno strano silenzio.

 

“Tezuka...?”

 

“Sì!” quasi sussultò l’interpellato.

Fuji ridacchiò voltandosi a fissarlo “Sembri nervoso” mormorò “Che cosa c’è?”

“Niente...” mentì spudoratamente il moro.

L’altro emise un basso mormorio che l’altro non riuscì a decifrare prima di allungare una mano e infilargliela sotto il braccio.

“Siamo in mezzo alla strada!!” borbottò Kunimitsu più turbato dalla vicinanza del corpo dell’altro che dall’effettiva preoccupazione di essere visto da qualcuno.

“Non c’è nessuno...” mormorò piano il biondo posandogli la tempia contro la spalla.

“Comunque non è un atteggiamento decoroso!” borbottò il moro, troppo impegnato ad ignorare la morbida carezza di una ciocca chiara, contro la sua guancia, per preoccuparsi di quello che stava dicendo.

Fuji sospirò slacciando il braccio dal suo, staccandosi da lui, e Tezuka si ritrovò a chiedersi perchè invece di sentirsi sollevato avvertiva un improvvisa sensazione di freddo laddove l’altro si era appoggiato a lui.

Il silenzio calò di nuovo, pesante, e Kunimitsu cominciò a sentirsi a disagio sbirciando di sottecchi il compagno.

 

“E’ che..” cominciò non sopportando più quell’inutile tensione.

 

“...non sai come a gestire la situazione?” finì per lui Fuji.

 

Il capitano del Seigaku lo fissò sorpreso prima di annuire con aria grave e il compagno rise sommessamente, scuotendo il capo “Sei abituato ad avere sempre tutto sottocontrollo e adesso ti ritrovi con questa gatta da pelare...” mormorò intrecciando le mani, allungando le braccia per stiracchiare i muscoli indolenziti dall’allenamento.

“Più che un gatto ti definirei un puma...” borbottò Tezuka e Fuji ghignò soddisfatto “Mi piacciono i puma” disse prima di voltarsi a fissarlo, gli occhi verdi nuovamente seri.

“Ti spaventa?”

“Tutto questo?” chiese Tezuka con un gesto vago prima di emettere un sospiro “Non lo so...” ammise sinceramente e Fuji gli sorrise dolcemente, contento che l’altro si fosse aperto con lui.

“Se ti consola non sei il solo.” confidò piano costringendo l’altro a fissarlo, sorpreso.

“Tu?” chiese il moro quasi non fosse certo di aver capito bene “Tu sembri sempre così sicuro...”

Fuji sorrise mestamente prima di farglisi vicino con aria da cospiratore “Ti svelo un segreto...” mormorò appoggiandosi al suo braccio per parlargli all’orecchio “Fingo!” esclamò “Fingo spudoratamente!!”

Tezuka lo fissò incredulo e Shusuke scosse le spalle, facendo danzare i capelli biondi sotto la carezza del sole morente.

“A me, TU sembri quello sicuro di se...” gli svelò “...quello che niente può scuotere...” borbottò ma l’altro emise uno sbuffo contrariato “Quasi niente...” disse lasciando che il suo sguardo scivolasse sulla sua figura snella e Fuji s’immobilizzò in mezzo al marciapiede fissandolo con gli occhi sgranati per un interminabile secondo prima che le sue guance si tingessero di rosa.

“Che c’è?” chiese Tezuka incapace di comprendere il repentino cambio d’espressione dell’amico.

“Non ti sei accorto di quello che hai detto?” soffiò il biondo fissandolo con occhi scintillanti.

“Che ho detto?” chiese perplesso il capitano del Seigaku.

 

Non gli sembrava di aver detto niente di strano.

O almeno niente di COSI’ strano da far arrossire Fuji in quella maniera.

 

Era splendido con le guance arrossate e i capelli spettinati dal vento.

 

Aveva un’aria leggermente arruffata che lo faceva sembrare più giovane, più fragile, almeno finchè lo sguardo non veniva catturato da quei suoi occhi verdi carichi di felina malizia, allora l’istinto protettivo, che era gorgogliato nel cuore di Tezuka come una fontanella di acqua cristallina, si era trasformato in un torrente in piena che ruggiva e sbatteva con violenza, nella sua testa, milioni di pensieri e immagini che gli tolsero il respiro.

“A cosa stai pensando?” mormorò Fuji avvicinandoglisi con aria sorniona approfittando della sua statura inferiore per catturargli lo sguardo anche se l’altro l’aveva prontamente abbassato.

“Ni..niente...” mormorò Tezuka con voce lievemente roca.

 

Non poteva crederci.

 

Aveva appena immaginato Fuji... Fuji con quella stessa morbida aria arruffata, con quelle stesse guance arrossate e quegli occhi che sembravano perforargli l’anima... nel suo letto?!

 

Nudo?!

Nel suo letto?!

 

Fuji?!

 

Tezuka cerco di trarre un paio di rapidi respiri per chiarire le idee.

 

Stavano insieme da un giorno!

Neanche un giorno intero, tra l’altro!!

 

Che pensieri erano mai quelli?!

 

Come poteva essere già arrivato all’idea di spogliare Fuji?

Di far scorrere le mani sulla sua pelle nuda?

Di scivolare con le labbra sul suo corpo delicato per sentirlo tendersi e magari vederlo imperlarsi di sudore, per lui?

E sentirlo gemere... sì l’avrebbe fatto gemere ed ansimare e poi...

 

“Sicuro di stare bene?” mormorò il biondino genuinamente perplesso e l’altro si affrettò ad annuire cercando di riconquistare il suo sangue freddo.

 

Non era possibile! Che cos’era, un animale in calore?! Si chiese mentre s’imponeva di inspirare ed espirare con calma cercando di mettere a tacere il battito impazzito del suo cuore e calmare i bollenti spiriti.

“Se lo dici tu...” borbottò ancora non del tutto convinto l’oggetto delle sue fantasie “Allora? Casa mia o casa tua?” gli chiese mandando al diavolo ogni sua speranza di riconquistare la calma.

“Cosa?!” gracchiò.

“Studiamo insieme!” gli propose Fuji candidamente “L’abbiamo già fatto altre volte e sarà un modo di passare un po’ di tempo insieme, senza problemi” disse con un sorriso.

“Ah..” mormorò Tezuka recuperando in extremis un po’ di sangue freddo “Sì ok... a casa c’è mio nonno...” disse tentennante.

“Bhe solo se ti va...” borbottò il biondo osservandolo con attenzione, fraintendendo la sua reticenza, e Kunimitsu si affrettò ad annuire deciso, cercando di tornare quello di sempre.

Aveva studiato con Fuji decine di volte.

Non sarebbe cambiato niente rispetto al solito.

Quanto ai pensieri che gli erano turbinati nel cervello solo pochi istanti prima... bhe era stato preso in contropiede dal veder arrossire Fuji... niente di più.

Era certo che nella familiare cornice delle mura domestiche, con i libri tra loro, nessuna di quelle idee sarebbe più venuta a bussare nella sua testa.

 

...

 

Kunimitsu Tezuka raramente sbagliava... ma quando lo faceva, lo faceva in grande!

 

Aveva riletto lo stesso esercizio di matematica sei volte e tutto quello che riusciva a ricordare era Fuji che si tirava indietro i capelli che, dispettosi, continuavano a piovergli davanti al viso, Fuji che accarezzava con dita lievi le pagine del suo libro, Fuji che aveva la sfibrante, devastante, abitudine di mordicchiare la penna a sfera, quando rifletteva.

In più, la blanda rassicurazione che si era dato sul fatto che suo nonno sarebbe stato in casa, era andata in frantumi quando aveva scoperto che il suo vegliardo antenato aveva deciso che proprio QUEL pomeriggio sarebbe andato a giocare a go con il vicino di casa.

 

Risultato: erano soli, non riusciva a staccare gli occhi da Fuji, non aveva ancora fatto nemmeno un esercizio.

Un disastro su tutta la linea.

 

“Che c’è?” chiese il biondino scegliendo quel momento per sollevare lo sguardo su volto del compagno.

 

“Ho voglia di baciarti.”

 

Fuji sgranò gli occhi almeno quanto lui.

 

Tezuka non credeva alle proprie orecchie.

Non poteva averlo fatto davvero?!

L’aveva detto sul serio?!

L’aveva detto a voce alta?!?!

Lo stava pensando da diversi minuti ormai ma non credeva che gli sarebbe sfuggito.

Non così!

 

“Allora perchè non lo fai?” mormorò il biondo, strappandogli il respiro, le parole maliziose smentite dal lieve rossore che era salito a colorargli le guance.

Fu davvero troppo per Tezuka, senza pensarci due volte spinse il compagno indietro e gli chiuse le labbra con  le proprie.

E allora tutta la tensione, tutti i pensieri, svanirono in un sospiro e nell’ovattato gemito con cui Fuji schiuse le  labbra per lui lasciando che le loro lingue s’incontrassero nuovamente.

 

...

 

Tezuka non aveva idea di ‘come’ fosse successo di preciso.

Sapeva solo che, in un non meglio identificato momento durante quel bacio che gli stava facendo perdere la ragione, Fuji si era sbilanciato all’indietro e che lui, per evitargli di farsi male, gli aveva messo un braccio attorno alla vita e una mano sotto la testa, finendo così per essere trascinato nella sua lenta caduta, fino a finirgli disteso sopra.

 

All’inizio gli era sembrata una buona idea.

 

Era decisamente più comodo baciarlo così, poteva anche accarezzargli i capelli, o far scorrere le labbra sulla sua pelle delicata, arrivando persino a mordicchiare il lobo candido dell’orecchio per sentire Fuji miagolare piano, direttamente nel suo.

Gli piaceva ascoltare quei suoi suoni sommessi, morbidi, avevano il potere di liberare milioni di minuscoli brividi su tutta la sua pelle.

Ed era una sensazione così inebriante tenerlo tra le braccia, sentire il calore del suo corpo contro il proprio, inalare il suo profumo.

Fuji sembrava della sua stessa opinione, gli aveva allacciato le braccia al collo e aveva allargato le gambe per permettere all’altro di sistemarsi meglio su di lui, concedendogli più spazio.

 

Solo che ora, il fuoco che gli ruggiva dentro, stava pericolosamente minacciando di fargli perdere ogni ragione.

 

Tezuka se ne rendeva pienamente conto e con altrettanta, allarmante, chiarezza si rendeva conto che quella sensazione gli piaceva... gli piaceva da impazzire.

Fuji d’altronde non lo aiutava affatto. Ricambiava il suo bacio con quella passione che il suo sguardo gli aveva promesso più volte inarcando la schiena per spingersi contro di lui, quasi desiderasse fondersi in un tutt’uno.

 

Doveva fermarsi.

Dovevano fermarsi.

 

Tezuka fece scivolare la mano tra i capelli biondi del compagno scostandone, quasi con riverenza, alcune ciocche dal volto arrossato, imponendosi uno sforzo titanico per staccarsi dalla sua pelle, per sollevare il capo e fissarlo negli occhi trovandosi a dover fronteggiare un paio d’iridi verde smeraldo irresistibilmente confuse.

“Shusuke...” soffiò con voce roca ma Fuji scosse il capo, piano, in segno di diniego, allungando il viso per  chiudergli le labbra con le sue, prima che potesse continuare.

E Tezuka si ritrovò nuovamente catturato dal suo sapore, dal suo profumo, dal calore del suo corpo.

Lo depose con attenzione a terra, spostando il braccio da sotto la sua schiena per far scivolare le mani sui suoi fianchi sottili, tirandoselo contro, sussultando e facendolo sussultare quando i loro bacini vennero in contatto.

“Tezuka...” ansimò piano Fuji spingendo di nuovo il ventre contro il suo “...toccami” pregò slacciandogli le braccia dalle spalle per far scivolare le mani fino alla maglia del compagno, sfilandola dai pantaloni della tuta con urgenza, alla ricerca della sua pelle, e Tezuka emise un verso indistinto, di resa, stringendo spasmodicamente tra le dita la stoffa blu dei  suoi pantaloni prima di abbassarglieli insieme ai boxer, con un unico gesto.

Il biondo sussultò ma non si ritrasse quando Tezuka strinse nel palmo della mano la sua virilità, già semieretta, liberando la bocca dalla sua solo per ansimare forte.

“Non smettere...” pregò con voce incrinata, inarcandosi con violenza quando l’altro cominciò ad accarezzarlo, lasciando, a sua volta, che le mani vagassero sul petto tornito del moro, sotto la maglia, per poi scivolare sugli addominali scolpiti, precipitando giù, dentro i boxer.

E Tezuka, ipnotizzato dai suoi ansimi e dal tocco di quelle dita lunghe su di lui, perse completamente il controllo.

Infilò anche l’altra mano tra le gambe di Fuji cominciando a masturbarlo con entrambe, con forza, ebbro del suo gemere e tremare. Le dita del biondo si contraevano sul suo membro al ritmo irregolare dei suoi ansimi scatenandogli lunghi brividi incandescenti giù per la spina dorsale mentre i gemiti, dapprima sommessi, dell’altro, vibravano sempre più alti nella piccola camera da letto.

Quello che era iniziato come un bacio stava degenerando in qualcosa che non riuscivano assolutamente a controllare.

Fuji si tese con un lamento, il cuore che gli scoppiava nel petto e una sola certezza nel cervello: non voleva che Tezuka si fermasse.

Voleva sentirlo sulla pelle, voleva ascoltare i suoi gemiti, voleva annegare in quel piacere insieme a lui, perdercisi completamente fino a rischiare di fondersi tra le sue braccia.

Si sentiva debole, fragile, sballottato da quelle sensazioni che squassavano il suo corpo troppo in fretta, con troppa forza, eppure al contempo non si era mai sentito così sicuro, così protetto.

Ormai prossimo a perdere completamente la ragione lasciò scivolare la mani fuori dai pantaloni dell’amante, per aggrapparsi al tatami, disperatamente alla ricerca di un appiglio che gli permettesse di restare ancorato a quella sconquassante realtà.

“Tezuka...” ansimò con voce irriconoscibile “...ti prego..” supplicò seppure senza aver una chiara idea di che cosa volesse da lui.

Da un lato desiderava che quell’agonia, così piacevole da essere insopportabile, giungesse al termine, dall’altro supplicava perchè quel istante durasse in eterno.

 

Tezuka lo stava toccando, lo stava baciando, gemeva con lui.

Quegli occhi blu sempre così insondabili, sempre così distanti, sempre così freddi... ora erano due pozzi di passione, liquida, bruciante, fissi su di lui.

 

Su di lui.

 

Tezuka gli cercò le labbra in un bacio affamato che gli fece comprendere quanto anche l’altro forse ormai perduto in quel vortice di sensazioni incandescenti, spingendo un ginocchio tra le sue cosce per obbligarlo ad aprirle di più, per lui, e Fuji lo accontentò docilmente, tendendosi tra le sue braccia con un lungo lamento di piacere.

 

Fu allora che quel pensiero scivolò nella mente del capitano del Seigaku.

Nel vedere Fuji così: affannato, arruffato, il capo gettato all’indietro, la schiena inarcata, le labbra socchiuse a rapire ansimanti boccate d’aria.

 

Voleva assaporarlo completamente.

Voleva assaggiare ogni parte di lui.

Voleva strappare al suo corpo, teso, sudato, suoni che nessun altro avrebbe potuto udire: mai.

 

Voleva violare la sua intimità e costringerlo a gridare di piacere ancora di più, ancora più forte.

 

E seguendo quel desiderio divenuto improvvisamente un bisogno tassativo Tezuka lasciò l’erezione del compagno in balia della sola mano sinistra e fece scivolare la destra più in basso, infilando un dito dentro di lui.

Fuji sussultò violentemente lasciandosi sfuggire un esclamazione di pura sorpresa che divenne un lamento quando Tezuka saggiò il suo interno.

“Tezuka...?” ansimò piano, incerto.

Ma il moro non lo ascoltava, perso nell’accarezzare il suo corpo.

 

Era diverso da come se l’era aspettato.

 

Così caldo.

Così stretto.

Lo sentì contrarsi attorno al proprio indice e il sangue gli esplose nelle vene.

 

Fuji ansimò piano, spingendo indietro il capo, offrendogli inconsciamente la gola e Kunimitsu chiuse le labbra su quella pelle chiara, tesa, saggiandola con voracità, ormai incapace di formulare qualsiasi pensiero che non fosse fondersi totalmente con lui, assaporarlo in ogni suono, su ogni centimetro del suo corpo, fuori e dentro.

Quando Tezuka spinse anche il medio in lui Fuji cominciò a tremare in maniera incontrollata inframmezzando ai gemiti piccoli ansimi che si spezzavano sempre più in fretta.

Ormai certo che sarebbe morto tra le sue braccia il biondo staccò a fatica le dita intorpidite, dal tatami, per aggrapparsi ai pantaloni dell’amante, abbassandoglieli quel tanto che bastava per liberarne il membro teso, aggrappandosi poi alle sue spalle, chiamandolo con voce infranta.

Tezuka lo sentì stringersi a lui e lo liberò contemporaneamente delle proprie dita e dalla prigionia della sua mano per afferrarlo con forza per i fianchi, tirandoselo contro con urgenza, spingendosi con un unico movimento, a fondo, dentro quell’antro caldo che aveva seviziato con le dita.

E Fuji gridò, gridò con tutto il fiato che aveva in gola, gettando indietro il capo, inarcando la schiena, offrendogli inavvertitamente la possibilità di scivolare più agevolmente dentro di lui.

“Dei...” ansimò Tezuka, con gli occhi chiusi per assaporare totalmente quel piacere bruciante, avvolgente, come il corpo che lo stava stringendo, spasmodicamente.

“Shusuke...” gemette con voce che, alle sue stesse orecchie, risultò irriconoscibile abbassando il volto per fissare quello del compagno.

 

Si sentì gelare il sangue nelle vene.

 

Sulle guance arrossate dell’amante stavano scorrendo due parallele scie d’argento.

Le labbra, rosse, gonfie, erano strette tra i denti, nel tentativo di soffocare i lamenti.

 

Gli stava facendo male.

 

Quel pensiero lo costrinse a paralizzarsi.

“Tesoro...” soffiò improvvisamente, terribilmente, conscio di ciò che stava facendo, dell’irrigidimento del corpo sotto il suo.

Fuji socchiuse le palpebre, a fatica, posando uno sguardo offuscato nel suo, le nocche delle mani, bianche, per la forza con cui stava stringendo la sua maglia.

Non riusciva a smettere di tremare e le lacrime scivolavano, senza che potesse controllarle, lungo le guance.

“Shusuke...” soffiò Tezuka, il terrore che si faceva strada nelle vene come una lunga lingua di ghiaccio.

 

Che cosa stava facendo?

Che cosa gli era saltato in mente?

 

Si ritrasse, istintivamente ma Fuji emise un sussulto stringendo i denti per trattenere un gemito di dolore che gli sfuggì comunque dalle labbra in un guaito ferito.

“Amore...” sussurrò Tezuka con voce rotta ma il biondo sollevò una mano posandogli due dita sulle labbra, impedendogli di continuare.

“Non... non ti muovere...” lo pregò, piantando lo sguardo verde smeraldo, ora striato di liquide scie dorate, nel suo “...dammi il tempo di abituarmi a te...” soffiò piano traendo lunghi respiri.

Tezuka gli accarezzò il viso arrossato, cancellando le tracce di lacrime dalle sue guance prima di far scivolare la destra tra i loro corpi, a cercare il suo membro.

“Rilassati piccolo...” mormorò piano sfiorandogli le labbra con un bacio e poi con un altro e un altro ancora mentre la sua mano riprendeva il lavoro interrotto poco prima. Fuji chiuse gli occhi nuovamente abbandonandosi tra le sue braccia, alle sue carezze, a quel suo modo dolce, riverente, di blandirlo. Gli cercò le labbra con le proprie prima di spingersi, piano, tentativamente, verso di lui.

Gemettero entrambi, sebbene per motivi diversi.

 

Non aveva programmato di fare l’amore con Tezuka così presto.

 

Sì, l’aveva provocato... volutamente.

Ma Tezuka sembrava sempre così freddo, così distante!

Vederlo distratto, confuso, attratto da lui... lo aveva riempito di un enorme orgoglio.

Così aveva deciso di giocare con il fuoco.

E Tezuka ne aveva di fuoco.

Lo sapeva, lo aveva sempre saputo, era una delle cose che più amava di lui.

Aveva sempre desiderato sentirlo fremere e bruciare sulla pelle, nella pelle, in quel modo.

 

Solo che aveva ingenuamente pensato che non avrebbe fatto male.

Non così tanto almeno.

 

Per quanto si ripetesse che quello che si stava muovendo delicatamente dentro di lui era il ragazzo che amava ormai da più di un anno, sebbene avesse già tentativamente esplorato quella parte del suo corpo con un dito ed essere toccato, lì, da Tezuka gli avesse scatenato violente onde di piacere per tutto il corpo, seppure la mano dell’altro gli riversava lunghe onde di calore nel ventre, non riusciva a trattenere i sussulti di dolore quando l’altro si spingeva dentro di lui.

Si strinse al compagno sentendosi sciogliere nell’avvertire la preoccupazione e la dolcezza con cui Tezuka gli chiedeva di rilassarsi. Strinse le palpebre cercando di ricacciare le lacrime e serrare i lamenti, tra i denti, chiedendosi se avrebbe potuto continuare in quel modo quando Tezuka lo spinse delicatamente indietro, accarezzandogli una gamba, aiutandolo ad alzarla per lui, permettendogli così di scivolargli dentro più agevolmente.

Allora Fuji sussultò di nuovo, violentemente, spalancando gli occhi, incredulo, ritrovandosi a fissare il soffitto bianco della camera, stralunato.

Per un momento, per un istante infinito, una scarica di puro piacere gli aveva attraversato tutto il corpo.

Tezuka si mosse di nuovo e Fuji si ritrovò ad inspirare con violenza espirando tutto il fiato in un gemito sonoro, ogni pensiero annullato nel lampo candido che gli aveva accecato lo sguardo e azzerato il cervello.

Strinse spasmodicamente le mani sulle spalle dell’amante artigliandogli la divisa e la pelle, gridando quando l’altro si spinse nuovamente in lui, con un movimento più deciso, più forte: una scarica elettrica da diecimila watt di luce incandescente, che lo lasciò senza voce e senza fiato... almeno finchè Tezuka non si mosse di nuovo.

Ripensandosi Fuji decise che potevano continuare.

Oh sì, potevano decisamente continuare, e, anzi dovevano rifarlo tutte le volte che ne avessero avuto la possibilità!

Il piacere che gli squassava il corpo in quel momento non aveva niente a che vedere con quello che aveva provato prima.

 

E lui ne voleva di più e ancora, ancora e ancora fino all’overdose.

 

Cominciò a spingere i fianchi contro quelli di Tezuka alla disperata ricerca di un contatto più profondo, ansimando e gemendo, tremando e piangendo, senza nemmeno rendersene conto, finchè la mano di Tezuka non di contrasse sul suo membro e Fuji avvertì una violenta ondata di calore investirgli il ventre. Allora gridò, tendendosi violentemente, rischiando di spezzarsi la schiena, venendo tra le mani dell’amante prima che il mondo si tingesse di nero e il ragazzo si lasciasse scivolare in un ovattato, esausto, oblio.

 

continua....

 

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