Drago Bianco Occhi Blu 8                                                         Back to FanFic  Back to Home

 

Seto non era molto distante dallo sposo quando accadde.

Lo aveva visto dirigersi al suo armadietto con Johey, Honda e Anzu poco lontani.

Deciso a lasciar loro qualche altro momento prima che si dovessero separare per tornare alle rispettive dimore, e non particolarmente in vena di scambiare convenevoli con gli amici di Yugi, era rimasto un po’ in disparte ad osservare il sorriso leggero sul volto del compagno, la luce che gli accendeva lo sguardo.

 

Sembrava felice.

E, assurdamente, quella constatazione semplicemente bastava per rendere felice anche lui.

Gli era già successo con Mokuba e ora riscopriva quel sentimento anche per Yugi.

Affetto.

No, si corresse, era molto più che affetto.

 

Era amore.

 

Negarlo ormai non aveva più senso.

Nelle ultime settimane si era reso conto sempre più di quanto fosse prezioso ogni istante passato insieme, di quanto ne sentisse la mancanza quando non lo aveva vicino.

Yugi si era intrufolato tra le crepe del suo animo e lo aveva riempito di luce e colore.

Con quel suo gentile, innocente, calore aveva sciolto gli invalicabili muri di ghiaccio che Seto aveva eretto attorno a sé, per allontanare tutto e tutti.

Aveva riscoperto piaceri dimenticati come cenare in compagnia, passeggiare per il giardino, la sera, parlando di tutto e di niente, godersi la semplice, rassicurante, presenza di un compagno, accanto a lui, tra le lenzuola, addormentato tra le sue braccia con fiducia.

E aveva notato la devozione e l’affetto di quei domestici che troppo spesso aveva considerato poco più che pezzi d’arredamento nonostante lavorassero per lui, con lui, da anni.

Yugi gli aveva ridato una vita.

Una vita vera fatta di piccole gioie, di persone speciali, di un luogo che non era più un freddo castello a cui tornare solo per dormire ma era diventato una casa.

 

Quando era rientrato da quel suo viaggio improvvisato, dopo la loro prima notte di nozze, Seto si era chiesto che cosa c’era nel compagno di diverso, di speciale.

Era stato sciocco.

 

Yugi era Yugi.

 

La risposta era tutta lì.

Seto scosse piano il capo, lasciando che le labbra gli si piegassero in un piccolo sorriso. Alla faccia del razionale, pragmatico presidente della Kaiba Corporation!

Era davvero innamorato perso ormai.

Avrebbe dovuto trovare un modo per informare anche al diretto interessato.

Aveva notato come Yugi, sempre più spesso, cercasse in lui piccole conferme, lievi gesti d’affetto.

Di come, nel riceverli, si accendesse di gioiosa sorpresa.

Glielo dirò questa sera, dopo cena, si ripromise.

 

Fu l’ultima cosa che pensò.

Poi con una violenta detonazione lo sportello metallico nella mano di Yugi esplose.

 

Per un eterno istante Seto rimase semplicemente paralizzato, incredulo.

Mentre tutt’attorno a lui si scatenava il caos egli rimase immobile, gli occhi sgranati, il fiato bloccato in gola.

L’onda d’urto aveva scagliato indietro Johey che era finito addosso a Honda, travolgendo Anzu, facendoli cadere.

Seto li ignorò completamente, riscuotendosi violentemente, prima di lanciarsi in avanti urlando il nome del compagno.

Anzu sentì il sangue gelarsi nelle vene nell’avvertire il terrore e la disperazione nella voce di Kaiba.

Ancora prima di mettersi dolorosamente a sedere, ancora prima di cercare Yugi con lo sguardo, ebbe la conferma che Seto amava davvero il suo amico e, al contempo, seppe che era successo qualcosa di terribile.

 

Solo qualcuno a cui veniva strappato il cuore poteva gridare in quella maniera.

 

A fatica la ragazza riuscì a districarsi da Honda che stava a sua volta cercando di aiutare uno Johey con un braccio rotto, a giudicare dall’innaturale piega del gomito, prima di spostarsi e vedere Kaiba accorrere accanto al corpo esanime di Yugi.

L’esplosione l’aveva scaraventato contro il muro con violenza e ora giaceva a terra, scomposto come una marionetta a cui erano stati bruscamente tagliati i fili, un rivolo di sangue che gli scivolava dalle labbra sporcandole di scarlatto.

 

Seto, con il cuore che gli esplodeva in petto e un crescente senso di nausea che gli serrava la gola si strappò di dosso la giacca della divisa scolastica, arrotolandosela alla bell’e meglio attorno ad un braccio, usandolo poi per allontanare i pezzi di metallo ancora rovente, dallo sposo, poi prese delicatamente il polso di Yugi per verificarne il battito, sussultando con orrore quando notò come la mano che aveva toccato lo sportello fosse gravemente ustionata.

 

Era vivo.

Almeno era vivo.

 

Si concesse solo un momentaneo sospiro di sollievo nel constatarlo.

Yugi aveva sbattuto la testa con violenza senza contare che poteva aver riportato altre lesioni interne.

Con dita tremanti Kaiba estrasse in fretta il cellulare per chiamare la sua clinica privata più vicina.

Rapido e conciso, con un sangue freddo a cui riuscì ad aggrapparsi a solo beneficio dell’amante, ben consapevole che ogni secondo era prezioso, si fece riconoscere e ordinò di mandare un elicottero a scuola prima di subito.

Ebbe quasi difficoltà a chiudere la telefonata da quanto gli tremavano le mani prima di tornare e dedicare tutta la sua attenzione al compagno.

 

Non si era mosso.

 

Non si era mosso di un millimetro e non dava nessun segno di riprendere i sensi.

Con estrema delicatezza Seto gli scostò una ciocca dal volto per poi prendere tra le sue la mano sana, chiamandolo, ancora, piano.

“Yu...Yugi” balbettò Anzu avvicinandosi lentamente, gli occhi sgranati per la paura, una mano stretta spasmodicamente alla maglia, all’altezza del cuore.

“Non risponde” soffiò Kaiba, quasi parlasse a sé stesso “Non mi sente” gracchiò.

La ragazza rimase immobile accanto a lui senza sapere cosa dirgli mentre tutt’intorno regnava il caos e in lontananza cominciava a sentirsi il ritmico rumore delle pale di un elicottero.

 

Quando Mokuba riuscì finalmente ad arrivare alla clinica, dopo essersi liberato dei giornalisti, assicurato che gli amici di Yugi fossero stati portati all’ospedale ed essersi preoccupato di far pressioni alla polizia perché le indagini fossero rapide, mettendo a loro disposizione i loro personali laboratori di ricerca se necessario, il ragazzino si fece accompagnare da un infermiera nella camera privata del cognato.

Pensava di essere pronto quando varcò la soglia ma la scena che gli si presentò davanti gli provocò comunque una fitta al cuore.

Yugi giaceva pallido e immobile, nel letto, la maschera dell’ossigeno a coprirgli naso e bocca, una flebo nel braccio sinistro, il destro, pesantemente fasciato dalle dita all’avambraccio, tenuto sollevato da un sistema di sospensioni.

Una serie di sensori e tubicini collegavano Yugi a dei grossi macchinari il cui monotono 'bip-bip' riempiva il silenzio della stanza.

Seto, seduto alla sinistra del compagno, teneva tra le sue la mano sana di Yugi, il capo chino, le spalle piegate, sconfitto.

Qualcuno gli aveva dato un camice bianco, da medico, da indossare sopra la camicia spiegazzata, la giacca della sua divisa abbandonata chissà dove.

“Seto…” soffiò piano Mokuba, avvicinandosi.

Il fratello maggiore sollevò un volto che rivaleggiava in pallore con quello dell’amato, gli occhi azzurri, cerchiati di rosso, l’unica angosciante macchia di colore.

 

Aveva pianto.

 

Il più piccolo dei Kaiba trattenne il fiato nel vedere la disperazione che bruciava in quelle iridi solitamente glaciali.

“Come…” gracchiò “Cosa hanno detto i medici?” chiese con voce spezzata.

 

Voleva bene a Yugi.

Lo stimava già da tempo, e gli doveva molto, ancora prima del matrimonio, ma da quando viveva con loro gli si era davvero affezionato.

Aveva visto l’effetto positivo che aveva avuto sul fratello, e, a cascata, su tutti gli altri.

Adesso Seto gestiva molti più affari da casa, cercava di essere sempre disponibile per cenare con loro, ed era diventato meno freddo, non solo con Yugi.

Mokuba l’aveva notato ringraziare la servitù.

Il fratellino non aveva potuto fare a meno di ridacchiare guardando le reazioni felicemente sconvolte delle cameriere ad una lode sull'arrangiamento dei fiori nel salone, Margaret, la loro cuoca, aveva duplicato le porzioni da quando finalmente il ‘padrone’ aveva cominciato a mangiare in casa e Sebastian, il loro vecchio maggiordomo, quasi si era messo a piangere dalla gioia quando Kaiba gli aveva porto un lieve sorriso, ringraziandolo per avergli dato il soprabito.

E poi adorava passare i pomeriggi a giocare o passeggiare per il parco della villa, parlando con Yugi.

Si stava bene in sua compagnia.

Era una persona aperta, sempre disponibile, generosa.

Da quando c’era lui la loro grande, lussuosa, villa sembrava ogni giorno di più una vera casa.

 

“E’ in coma” mormorò Seto con voce spenta, monocorde, infrangendo i pensieri del fratello.

Mokuba sussultò impallidendo “Ma… ma…”

“Ha sbattuto la testa” lo interruppe l’altro Kaiba “Molto forte. Hanno fatto tutto il possibile in sala operatoria.” continuò “Ma ci sono alte probabilità che fosse già troppo tardi quando è arrivato… se non si sveglierà nelle prossime ventiquattro ore… probabilmente non si sveglierà più” soffiò.

Mokuba si accasciò sulla sedia accanto a quella del fratello, scuotendo il capo, sconvolto.

“Si sveglierà.” mormorò “Si deve svegliare” supplicò stringendo il braccio del fratello.

Seto tornò ad accarezzare lentamente la mano del marito senza rispondere.

 

Kyo aveva calcolato tutto alla perfezione, anche il fallimento.

Al TG avevano fatto un gran parlare dell’esplosione e dei feriti che aveva causato.

Feriti, niente morti purtroppo.

Quindi lo scarafaggio manteneva fede alla sua natura d’insetto e dimostrava una resistenza notevole.

Ma non era un problema.

Aveva ponderato anche quella possibilità.

Il verme era stato portato alla clinica privata più vicina, ossia quella dove lavorava suo cugino.

Era stato proprio Rei, l’unico membro della sua inutile famiglia che Kyo rispettasse, a presentargli Seto, ad una festa di beneficienza.

Lo ricordava come se fosse accaduto solo ieri, Seto in quel suo splendido smoking di alta sartoria italiana, l’aria altera, annoiata, un calice di champagne nella mano e uno stuolo di adoratori sbavanti ai piedi.

Era stato amore a prima vista!

Di solito Kyo sdegnava i compagni più giovani ma nel caso di Kaiba i quattro anni di differenza non lo avevano minimamente preoccupato.

Lo aveva seguito discretamente aspettando l’occasione giusta per farsi avanti.

Quando lo aveva visto dirigersi ai bagni aveva fatto in modo di precederlo e si era fatto trovare ad attenderlo, nudo, seduto sull’elegante ripiano di marmo pregiato che circondava i lavandini.

Divertito dalla sua intraprendenza, affascinato da quel suo corpicino innocente, così in contrasto con i suoi occhi brucianti di malizia, Seto aveva certamente riconosciuto in lui uno spirito affine quando lo aveva trascinato in uno dei bagni e, spintolo contro la parete, lo aveva scopato fino a farlo gridare come una ragazzina.

Quella era stata la prima di tante altre volte.

Kyo aveva già usato il suo corpo per irretire chi poteva tornargli utile, il suo viso da angioletto aveva ingannato più di un uomo, il suo corpo da efebo aveva spinto quasi tutti loro a credergli quando pigolava nell’orecchio del tipo di turno: “E’ la prima volta per me ma tu sei speciale”.

Kaiba non ci era cascato nemmeno per un secondo.

Tra loro non c’era stato bisogno di recite e bugie.

Era stato solo magnifico, sfrenato, sesso.

Nessuno aveva mai saputo farlo godere come aveva fatto Seto.

E allora aveva capito, che lui, soltanto lui, era la sua metà.

La sintonia perfetta dei loro corpi allacciati, i loro caratteri così simili, erano fatti uno per l’altro e sarebbero stati insieme per l’eternità.

Bhe certo… dopo che si fosse sbarazzato della zecca!

 

Per entrare Kyo passò dalla porta di servizio.

Suo cugino gliene aveva fornito una chiave quando il ragazzo aveva avuto un breve intrallazzo con uno dei chirurghi, onde evitare di preoccuparsi in continuazione di andargli ad aprire.

Fuori dall’ingresso principale una folla di mass media era accalcata nella speranza di carpire anche solo un brandello d’informazione per il notiziario della sera ma ancora nessuno era riuscito a superare la sorveglianza.

Rapido e silenzioso Kyo indossò una vestaglia da paziente, recuperò una stampella, e come faceva quando doveva raggiungere il suo vecchio amante, zoppicò per i corridoi fingendo di essere un altro ricco, annoiato, degente.

Non chiese informazioni alla reception, sapeva che sarebbe risultato sospetto, ma si diresse agli ascensori schiacciando il pulsante dell’ultimo piano.

Le camere migliori erano tutte lì e Kyo era certo che, solo per mantenere le apparenze, Kaiba avesse fatto ricoverare il verme in una delle suite.

Zoppicò fuori dall’ascensore guardandosi in giro, indeciso, prima di notare una persona familiare.

Cupido era dalla sua parte!

Ecco la conferma che la sua era una sacra missione!

Quello che era appena uscito dalla stanza infondo al corridoio di destra, e si stava allontanando parlando con un medico dall’aria corrucciata, era Mokuba!

 

Ora sapeva dove alloggiava Yugi Muto.

 

Mokuba era uscito dalla porta da pochi minuti, insieme ad un infermiere, per chiarire con lui alcune formalità di cui al momento Kaiba non voleva parlare, quando l’uscio si riaprì.

Poco interessato su chi fosse il visitatore, a meno che non venisse a portare qualche miracoloso farmaco per risvegliare la sua luce da quell’immobilità silenziosa che lo faceva impazzire, Kaiba non fece caso al nuovo arrivato finchè questi non lasciò cadere a terra qualcosa che tintinnò rumorosamente prima di buttargli le braccia al collo.

“Seto!” esclamò Kyo colmo di felicità nel rivedere il suo amato.

 

Quale gioia!

E quale fortuna!

Poteva liberarlo della zecca, lì, davanti ai suoi occhi!

 

E poi sarebbero stati insieme, per sempre, così come aveva scritto il destino per loro.

 

Kaiba si liberò bruscamente di lui, alzandosi dalla sedia per spingerlo indietro.

Gli ci volle qualche istante per riconoscere il ragazzo in vestaglia che aveva davanti.

Era Kyo, Kyo-qualcosa, non ricordava il cognome.

 

Il primo degli efebi con cui aveva tentato di scacciare Yugi dai suoi pensieri, inutilmente.

 

La loro storia non era durata molto, era uno di quelli che si erano rivelati noiosi dopo un po’, anche se, almeno all’inizio, aveva apprezzato la sua scaltra intraprendenza.

“Kyo” mormorò troppo stanco per nascondere la sorpresa e il fastidio “Che cosa vuoi?”

Il biondino gli porse il suo sorriso più raggiante “Sono venuto a finire quello che ho cominciato!” trillò “Ti libero da quell’inutile verme!”

Kaiba si paralizzò, incredulo.

Fraintendendo il suo sgomento Kyo si affrettò a rassicurarlo “Oh sta tranquillo amore mio, lo so che tu ami solo me! E non è stato facile aspettare il momento opportuno, introdurmi a scuola e piazzare la bomba ma per te farei questo ed alt…”

 

Non riuscì a terminare la frase perché il pugno di Seto lo spedì a terra.

 

“Tu!” ringhiò Kaiba con una voce che poco aveva di umano. “Sei stato tu!” ruggì, una furia cieca che gli montava nelle vene.

Kyo cercò faticosamente di rialzarsi, ma non fece in tempo.

Veloce e micidiale, Seto si era avventato su di lui, gli occhi azzurri due laghi di metalliche lame ghiacciate, nella mano destra la stampella che il biondo aveva abbandonato a terra quand’era entrato.

 

Per la prima volta in tutta la sua vita Kyo ebbe paura dell’ex amante.

 

Quello non era il Seto che conosceva lui.

Non era l’altero, indifferente, signore dei ghiacci.

 

Quella era una belva, selvaggia e infuriata.

 

Per un assurdo istante si ritrovò a pensare che con il camice bianco che gli svolazzava alle spalle mentre calava, omicida, su di lui, con quegli occhi azzurri scintillanti di cieca furia assassina e le labbra tese a scoprire i denti, assomigliava terribilmente a quella carta che gli piaceva tanto.

 

Un magnifico, letale drago bianco dagli occhi blu.

 

Il primo colpo gli spaccò il braccio destro, che Kyo aveva sollevato in fretta nel tentativo di proteggersi il viso.

Gridò cercando invano di liberarsi dalla presa d’acciaio dell’altro.

“Tu lurido figlio di puttana!” tuonò Kaiba colpendolo ancora e ancora, negli occhi una luce incandescente.

 

“Seto!”

 

L’interpellato calò la stampella con ferocia, scacciando con fastidio le piccole mani che stavano tentando di fermarlo, incapace di riconoscere la voce del fratellino.

“Aiuto!” gridò Mokuba cercando di richiamare l’attenzione di qualcuno degli infermieri nel corridoio.

“Seto fermati così lo ammazzi!” esclamò tentando inutilmente di trattenerlo.

“E’ stato lui!” ringhiò Kaiba abbandonando la stampella per rifilare un nuovo pugno alla figura rannicchiata e sanguinante che teneva schiacciata contro il pavimento “E’ stato lui a mettere la bomba!”

Mokuba si paralizzò per un istante, sconvolto dalla rilevazione, e quell’istante sarebbe stato fatale a Kyo se nel frattempo non fossero accorsi due giovani medici che intervennero prontamente per cercare di fermare il loro datore di lavoro.

Non che fosse facile.

La rabbia dava al giovane presidente della Kaiba Corporation una forza sovraumana.

“Lasciatemi!” tuonò questi cercando di ribellarsi ai due che lo trattenevano per le braccia “Lasciatemi! Deve morire!” gridò, allungando una gamba, riuscendo così a rifilare un calcio a Kyo che stava tentando di allontanarsi, strisciando.

“Seto basta!” cercò di calmarlo Mokuba “Così non riavrai Yugi!”

 

“Se…seto”

 

Fu a malapena un flebile, rauco gracidare ma bastò a gelare tutti i presenti.

Mokuba si paralizzò.

I due medici si bloccarono.

Kaiba si liberò di loro con uno strattone ma non tornò ad accanirsi su Kyo si voltò invece per precipitarsi accanto al letto su cui giaceva Yugi.

Uno Yugi, pallido e ansimante, la mano sinistra con cui si era strappato la maschera d’ossigeno per riuscire a parlare, debolmente abbandonata sul petto, gli occhi viola, appannati ma innegabilmente aperti puntati sul compagno.

“Yugi!” soffiò Seto prendendo la mano sana tra le sue con delicatezza.

Uno dei medici si affrettò ad avvicinarsi e a rimettere il respiratore al ragazzo che trasse un paio di respiri faticosi, chiudendo le palpebre, prima di tornare a sollevarle per fissare lo sposo con uno sguardo leggermente più limpido.

“Dei Yugi, pensavo di averti perso” soffiò Seto con voce roca d’emozione, posandogli un bacio lieve sulla fronte.

L’altro gli porse un debole sorriso da dietro la maschera, stringendo debolmente la mano in quelle del marito.

“Ti amo Yugi” soffiò Seto lasciando infine che una lacrima gli scivolasse lungo la guancia, “Ti amo” ripetè con voce spezzata.

Silenziosamente Mokuba e i due medici uscirono dalla stanza trascinandosi dietro un Kyo semisvenuto.

 

Mokuba si preoccupò di tutte le pratiche per l’arresto del criminale che venne trasferito in un ospedale militare con una divisione dedicata all’igiene mentale.

Il biondino aveva confessato senza problemi i suoi crimini definendola una missione sacra, il volere del destino, il comandamento di Cupido e altre assurdità che gli avrebbero garantito una lunga, lunga, permanenza all’istituto.

Il fatto che fosse stato brutalmente pestato venne fatto passare sotto silenzio.

Mokuba non era particolarmente fiero di aver elargito diverse bustarelle per mettere a tacere la cosa ma era profondamente convinto che Kyo si fosse meritato ogni colpo e Yugi ora aveva bisogno di avere Seto accanto a sé e non in prigione per tentato omicidio.

 

Quanto al cognato la sua guarigione procedeva spedita.

 

Gli avevano tolto respiratore e flebo, e dopo una decina di giorni era riuscito ad alzarsi, sebbene non potesse fare che qualche passo prima che cominciasse a giragli la testa.

La mano destra era stata sottoposta ad un delicato intervento di chirurgia estetica che non l’aveva riportata allo stato originario ma aveva almeno nascosto il novanta percento delle cicatrici.

I genitori e il nonno erano più alla clinica che al negozio, di cui un ignoto benefattore aveva saldato il mutuo, e anche Anzu, Johey e Honda approfittavano di ogni momento libero per andarlo a trovare.

Johey mostrava con fierezza il braccio ingessato, gli altri due se l’erano cavata, con sollievo di Yugi, solo con qualche graffio.

Colui che aveva il miglior effetto sulla guarigione del ragazzo era tuttavia innegabilmente Seto.

Sebbene Kaiba cercasse di evitare il più possibile gli altri visitatori, Mokuba escluso, faceva anche di tutto per passare molto tempo con il marito e, dopo quella prima confessione che gli era “sfuggita” senza quasi che se ne rendesse conto, aveva ripetuto spesso quelle due parole che gli venivano ogni volta più facili, più naturali.

E sommergeva il compagno di regali.

Yugi aveva tentato di mettere un freno alla cosa ma Seto non aveva voluto sentir ragione.

Sapeva essere dannatamente imperioso, anche quando imponeva la sua generosità!

Di tutti, comunque, quello che Yugi aveva preferito era stato il primo.

Kaiba gli aveva consegnato la grossa busta ufficiale contenente il loro accordo prematrimoniale e un distruggi documenti infiocchettato di rosso.

Attaccata la spina alla presa accanto al comodino avevano guardato insieme, pagina dopo pagina, come il contratto si riduceva in una montagna di inutili striscioline sottili.

Al di là dei doni, al di là delle parole, niente rendeva comunque più felice Yugi di poter semplicemente accoccolarsi accanto al marito, sebbene il braccio fasciato fosse una notevole seccatura, nel grande letto matrimoniale con cui era stato sostituito quello singolo nella sua suite.

Tra quelle lenzuola candide, ogni sera, Yugi si addormentava felice e al sicuro, accanto a Kaiba.

 

Anche quel mattino Yugi si svegliò nel confortevole abbraccio del marito.

Il ragazzino strofinò la guancia contro il suo petto cercando una posizione in cui la mano operata non gli fosse d’intralcio.

Il medico gli aveva promesso che presto lo avrebbero dimesso a condizione che tornasse a farsi controllare una volta ogni due giorni e che stesse in assoluto riposo a casa.

Yugi l’aveva rassicurato che non sarebbe riuscito a scampare alle visite neanche volendo data l’iperprottettività di Seto e quella non tanto inferiore di Mokuba, senza contare che alla villa c’era un piccolo esercito di persone che non vedevano l’ora che tornasse per viziarlo schifosamente.

Aveva perso il conto dei dolci che gli aveva mandato Margaret, dei libri di Sebastian e di tutti gli altri piccoli doni, inviatagli dal personale tramite Mokuba.

Per quanto lo riguardava lui non vedeva l’ora di tornare a quella che ormai considerava casa sua.

La clinica aveva tutti i confort possibili ed immaginabili e il fatto di poter passare la notte con Seto era meraviglioso (anche se era stato tassativamente loro vietato di fare “sforzi fisici” eccessivi con un certo disappunto della coppia) ma mancava un po’ di privacy.

 

“Buongiorno”

 

Yugi sollevò il viso e porse un sorriso raggiante al marito, nel suo rimuginare non si era accorto che l’altro si era svegliato.

“Buongiorno” rispose allungandosi un poco per posargli un bacio sulle labbra.

Seto ridacchiò rovesciandolo, con attenzione, sul materasso, “Puoi fare di meglio” lo prese bonariamente in giro chiudendogli la bocca con la propria.

“Era un ordine?” miagolò Yugi sistemandosi sotto di lui, allargando le gambe per fargli spazio.

“Un suggerimento” soffiò Kaiba accarezzandogli il collo con le labbra.

Yugi sospirò sollevando un poco i fianchi e Seto gemette piano “Non tentarmi, lo sai che non possiamo” mormorò tornando a baciarlo con passione.

 

“Ciao Yugi! Oggi c’era sciopero a scuola e così siamo venuti a trova-gaaah!”

 

Yugi si staccò dal marito con un sussulto voltandosi per incontrare lo sguardo allibito di Johey che era entrato senza premurarsi di bussare, seguito a ruota da Anzu e Honda il cui colorito stava rapidamente tendendo al rosso acceso.

Seto lanciò loro un occhiata omicida senza però spostarsi di un solo millimetro dalla sua posizione “Fuori!” ringhiò.

Johey era troppo shoccato, e leggermente verdognolo, per essere in grado di recepire l’ordine ma Anzu e Honda lo afferrarono per le braccia e lo trascinarono fuori dalla stanza richiudendosi la porta alle spalle con un imbarazzatissimo “Scusate!!”

 

Yugi fissò l’uscio chiuso lasciandosi sfuggire un gemito mentre le guance gli si arrossavano inevitabilmente.

Se avesse potuto usare entrambe le  mani ci avrebbe affondato il viso ma, in mancanza, decise di nascondersi contro il petto di Seto.

Questi sospirò a sua volta posandogli un bacio tra le chiome arruffate prima di scendere dal letto.

“E’ meglio che vada” borbottò “Approfitterò dello sciopero per passare in ufficio” decise sparendo nel bagno attiguo.

Yugi ascoltò distrattamente il rumore della doccia e solo una quindicina di muniti più tardi Kaiba uscì vestito di tutto punto.

“Ci vediamo per pranzo” gli promise il presidente regalandogli un ultimo bacio prima di dirigersi alla porta.

Aveva già la mano sulla maniglia quando Yugi lo chiamò.

“Seto, non li sbranare vivi se sono ancora lì fuori” gli disse preoccupato.

Kaiba gli regalò un ghignò che non prometteva niente di buono. “Ci proverò” soffiò uscendo.

Yugi sospirò, e poi si sistemò meglio sui cuscini, un sorriso imbarazzato in volto, preparandosi ad accogliere gli amici.

 

Se fossero sopravvissuti.

 

 

Fine.

 

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