Drago Bianco Occhi Blu 7                                                         Back to FanFic  Back to Home

 

Yugi puntellò entrambe le mani contro il petto del marito cercando di fermarlo.

O almeno quella era stata la sua intenzione iniziale, invece si ritrovò a stringere il tessuto pregiato della sua giacca tra le dita, aggrappandovisi, mentre incespicava all’indietro, verso il letto. Seto gli fece scivolare un braccio attorno alla vita, approfondendo il bacio, la lingua che irretiva quella del compagno in una lunga, suadente, umida danza, i corpi strettamente allacciati, le gambe intrecciate. Yugi sentì le forze abbandonarlo e un calore, soffuso, intenso, scivolargli nelle vene lasciandolo debole e confuso mentre Seto lo accompagnava con attenzione nella caduta verso il materasso.

Kaiba lo adagiò sul letto con delicatezza, staccandosi dalle sue labbra solo per piantare gli occhi azzurri in quelli viola, sgranati, liquidi, due polle ametista di perdizione.

 

Dunque eccolo lì, l’oggetto della sua indecisione.

 

Semi sdraiato sulle lenzuola, con il fiato già corto per un semplice bacio, le guance arrossate d’imbarazzo, le labbra tumide, gonfie, e quei due abissi di chiaroscuri che tanto a lungo avevano tormentato i suoi sogni.

 

Che cosa aveva Yugi che un altro non possedeva?

Cosa c’era di speciale in lui?

 

Era grazioso, aveva un corpo sottile, candido e delicato, da efebo.

Ne aveva avuti a decine di ragazzi così.

Non era quello.

 

Arrossiva con facilità e, quando lo accarezzava, costringendolo ad accettare l’intimità delle sue mani su di lui, tremava.

Quella sua fragile timidezza, quella sua timorosa inesperienza lo facevano sentire suo signore e padrone, alimentando il suo ego.

Ma aveva avuto alcuni ragazzi anche così.

Non era quello.

 

Si chinò su di lui chiudendogli la bocca con la sua, infilando una mano sotto la sua maglia, obbligandolo a tendersi con un sussulto che si perse tra le loro labbra unite.

Aveva un modo di muoversi innocentemente sensuale, un languido, spaventato, offrirsi alla sua brama che gli accendeva i sensi.

Ma aveva avuto altri ragazzi così.

Quindi non era nemmeno quello.

 

Yugi emise un ansimo a metà tra la sorpresa e il gemito che morì nella bocca dell’amante quando Kaiba lo spinse completamente sul letto, l’altra mano che scivolava a slacciargli i jeans.

“A…aspe…” gemette spaventato riuscendo a staccare le labbra da quelle del marito il tempo necessario a malapena per trarre un paio di rapidi respiri. Seto lo ignorò completamente chiudendogli nuovamente la bocca con la sua in un bacio vorace, strattonandogli pantaloni e boxer, verso il basso, con un unico gesto.

“Se… Seto!” squittì Yugi, arrossendo, nell’essere liberato da entrambi i capi che vennero gettati, con totale indifferenza, oltre il letto. “Ra… rallenta… ti prego” supplicò con le lacrime agli occhi cercando di fermargli le mani che stavano infilandosi di nuovo sotto la maglia nera, unico baluardo rimasto ancora tra loro.

Kaiba lo incenerì con uno sguardo di liquido fuoco azzurro afferrandogli entrambi i polsi con la sinistra, portadoglieli sopra la testa con un gesto che costrinse Yugi a tendersi ed inarcare la schiena mentre il presidente gli intrappolava le gambe tra le sue, per tenerlo fermo. Con la mano libera Seto si sciolse la cravatta di seta grigia che portava al collo.

“No… no…” supplicò Yugi agitandosi con più forza quando capì le intenzioni dell’amante, ma ormai era troppo tardi, con la lunga striscia di stoffa argentea Kaiba legò saldamente le mani del marito alla testiera intarsiata del suo letto. Yugi provò a strattonare il tessuto un paio di volte, tentativamente, notando con sgomento che il nodo non cedeva di un millimetro.

“Adesso fa il bravo per un momento…” gli soffiò, suadente, Seto prima di scivolare giù dal letto per liberarsi del completo elegante che indossava.

Yugi lo fissò spogliarsi con gli occhi spalancati e il petto che si alzava e abbassava in fretta, il cuore che gli scoppiava in petto.

 

L’aveva legato!

L’aveva legato al letto!

 

E come se non bastasse, pensò spaventato, nella colluttazione Kaiba gli aveva nuovamente sfilato il Puzzle che giaceva abbandonato sul cuscino accanto al suo.

Il materasso che si piegava sotto il peso dell’amante reclamò l’attenzione di Yugi sul compagno che saliva nuovamente su di lui.

“Se.. seto..” cominciò con voce gracile, incerta.

Kaiba lo ignorò, sollevandogli la maglia, sfilandogliela dalla testa per lasciarla arrotolata sui suoi polsi, un paio di manette supplementari a quelle che già lo immobilizzavano, prima di abbassare il viso sul collo della sua piccola preda e posare le labbra, fameliche, sulla sua giugulare, laddove poteva assaggiare il battere furioso del suo cuore.

Yugi guaì piano agitandosi sotto di lui.

“Shh…” gli soffiò il presidente, salendo a torturargli il lobo dell’orecchio “Non ti farò male” promise dolcemente al suo tremante prigioniero.

“Ti… ti prego…” gemette con voce incrinata Yugi, seppur senza sapere bene per che cosa stava supplicando.

 

Voleva che si fermasse?

Voleva che lo liberasse?

 

In quel momento non era certo di saperlo.

 

Ma avrebbe dovuto dirgli qualcosa.

Avrebbe dovuto fare almeno un altro tentativo per fermarlo.

 

Eppure la sua mente era annebbiata e il suo corpo preda di una languida debolezza.

Ed era così stranamente bello sentirsi fragile tra le sue braccia.

 

Avvertì le lunghe dita del compagno scivolare sul suo corpo, tracciandone i contorni con possessività, poi le sue mani si separarono: una gli scivolò sulla schiena, inarcata, tesa, cominciando un lento, ipnotico, massaggio, l’altra gli sfiorò leggera il ventre, il fianco destro, e poi affondò tra le sue gambe costringendolo ad emettere un singulto a metà tra il singhiozzo e il gemito.

“Se...seto...” pigolò Yugi cercando disperatamente di smettere di tremare, il viso rovente d’imbarazzo e le lacrime che, ancora una volta, gli pungevano gli occhi viola.

“No... no... aspetta” balbettò cercando in qualche modo di liberare le mani.

Seto ridacchiò sommessamente contro la sua gola, succhiando delicatamente la vena che vi pulsava frenetica per poi scendere ad accarezzargli il petto con le labbra “Ricominci con i “no”?” gli chiese piano sollevando il viso per fissarlo, ritrovandosi a specchiarsi in due oceani di disperata confusione.

“Io...” balbettò Muto piano ma l’altro lo interruppe posandogli un dito sulle labbra.

“Non accetterò un “no” e lo sai” soffiò con voce determinata ma con uno sguardo inaspettatamente gentile.

Il ragazzino si perse per un momento nei suoi occhi di ghiaccio, irretito da quella luce nuova che li illuminava.

 

Una luce dolce, calda, protettiva.

 

Seto si chinò su di lui e riprese la sua vorace esplorazione di quella pelle candida che tanto a lungo aveva desiderato assaggiare e di cui non si sentiva mai sazio.

Yugi non sapeva se si potesse definire ‘tortura’ ciò che l’altro gli stava facendo.

Temeva che si fermasse e supplicava perché smettesse.

La sua bocca e le sue mani sembravano non voler lasciare un solo centimetro della sua pelle inesplorato.

 

Quando le labbra di Seto si chiusero sul suo capezzolo destro e la sua mano tornò ad accarezzarlo intimamente Yugi gemette piano, tendendosi.

Quando fece scivolare la lingua, come un umido pennello, a disegnare la linea dei suoi addominali si tese come una corda di violino, per lui, emettendo suoni che stentava a riconoscere come propri.

E quando Kaiba affondò la lingua nel suo ombelico, spingendo contemporaneamente un dito dentro di lui Yugi singhiozzò iniziando a tremare.

 

Dalle sue labbra i “Basta” e gli “Ancora” cominciarono ad alternarsi al nome del suo aguzzino in una litania spezzata e ansimante, senza fine, senza senso.

 

Era conscio di ogni millimetro accarezzato dal marito, di ogni suo respiro contro la propria pelle umida di baci, di quelle sue iridi glaciali che lo violavano, divorandolo.

La calda luce del giorno che entrava dalla finestra li illuminava, avvolgendogli, senza concedergli angoli in cui nascondersi, ombre in cui rifugiarsi.

E, a differenza di quella loro prima, unica, notte insieme, non poteva aggrapparsi a lui.

Era inchiodato a quel letto, sotto la carezza di quel suo sguardo di ghiaccio rovente, aggiogato da quella sua bocca che ustionava, marchiandolo, schiavo del tocco di quelle mani candide, delicate e possessive, che si muovevano su di lui agili ed esperte, costringendo il suo corpo a vibrare, a risuonare, per lui, con lui, come uno strumento per il suo abile musicista.

La passione, la stessa insana follia di pochi giorni prima, gli scorreva nelle vene come fuoco liquido, bruciando ogni suo pensiero razionale, amplificata dal timore di essere inerme in sua totale, completa, balia.

 

Kaiba chiuse la bocca sul suo membro ormai allo spasimo, infilando un altro dito dentro di lui e Yugi cominciò a gemere con quanta voce aveva in corpo e non smise finchè Seto non gli strappò un orgasmo tale da costringerlo ad accasciarsi, quasi privo di sensi, tra le lenzuola arruffate.

Kaiba gli lasciò trarre lunghi respiri esausti, per cercare di recuperare il fiato e rallentare la corsa frenetica del suo cuore prima di chinarsi a baciarlo dolcemente. Il ragazzino accolse il bacio del marito e l’inebriante sapore delle sue labbra privo di qualsiasi energia. Ebbe a malapena la forza di lasciare ricadere le braccia sulle sue spalle, appoggiandosi a lui, quando il presidente gli slacciò i polsi.

“Dovremmo fare qualcosa per la tua resistenza” gli soffiò divertito Seto, allungando una mano per infilarla nel primo cassetto del comodino, di fianco al letto, traendone un flaconcino di uno strano liquido, denso, che svitò con la bocca prima di allargargli le gambe. Sorrise notando come il marito lo lasciasse fare, stremato. Delicatamente gli fece scivolare l’unguento tra le natiche bagnandone l’apertura già arrossata dalle sue precedenti attenzioni, strappandogli un tremito nel massaggiarla delicatamente con la strana sostanza.

Seto cosparse l’olio anche sul proprio membro prima di abbandonare il flacone sul comodino e posizionarsi contro Yugi.

“Fa un bel respiro” gli soffiò sulle labbra quando l’altro sollevò due occhi enormi, a fissarlo sgomento, nel sentirlo spingere contro di lui.

“Andrà tutto bene” lo rassicurò prima di chiudergli le labbra con le proprie e scivolare con delicatezza in quell’antro caldo e stretto.

Yugì guaì contro la sua bocca, irrigidendosi istintivamente.

Nonostante la preparazione, nonostante il suo corpo fosse esausto e totalmente rilassato dal piacere che Seto gli aveva regalato solo pochi istanti prima, faceva male.

“Shh… rilassati” lo ammonì piano Kaiba cercando di lasciargli il tempo di abituarsi.

Yugì emise un nuovo lamento, spaventato, quando Seto si mosse, dentro di lui, dolorosamente bruciante. Il ragazzino strinse disperatamente le braccia sulle spalle del marito e questi fece scivolare una mano tra i loro corpi ricominciando a vezzeggiare il suo membro, cercando di aiutarlo ad accettarlo dentro di sè, prima di muoversi nuovamente, con cautela.

“No…” guaì Yugi piano, serrando gli occhi.

Kaiba gli accarezzò con dolcezza un fianco cercando di tranquillizzarlo mentre l’altra mano saliva e scendeva, lentamente, sul suo sesso, per distrarlo.

E Yugi reagì diversamente, con un suono spezzato, più simile ad un gemito. Seto gli cercò nuovamente le labbra mentre assestava una prima, delicata, spinta.

“Così, bravo…” lo lodò con voce roca sentendolo cedere.

Yugi si tese tra le sue braccia, con un ansimo nuovo e il presidente cominciò a muoversi dapprima lentamente poi affondando con più determinazione quando l’altro iniziò ad assecondarlo, andandogli incontro, all’inizio con incerto timore poi con sempre maggior, bisognoso, abbandono, accompagnandolo in quella danza carnale e antica,  che li fece gridare, travolgendoli nel suo vortice di luce e calore finchè entrambi non si liberarono, uno sull’altro, uno nell’altro.

 

Yugi socchiuse le palpebre lentamente, per un momento certo che si sarebbe ritrovato solo nel grande letto matrimoniale, invece il suo sguardo incontrò quello azzurro e insondabile del marito che, steso su un fianco, accanto a lui, il viso appoggiato al palmo della mano, sembrava intento a studiarlo.

Con cautela, indolenzito e timoroso di vedersi rifiutato, Yugi gli si avvicinò fino a lasciare pochi centimetri d’aria tra i loro corpi ancora accaldati.

“Seto…” soffiò piano, incerto.

Kaiba sollevò una mano e gli posò un dito sulle labbra “Shh… non dire niente” gli impose.

Ma il suo tono era basso, morbido, dolce.

Sembrava quasi più una richiesta che un ordine.

Yugi scosse il capo piano, decidendo di correre il rischio, di scoprirsi, almeno un po’.

“Mi sei mancato” soffiò con voce poco più forte di un sussurro.

Seto rimase semplicemente paralizzato per un istante, gli occhi sgranati, il fiato bloccato in gola.

Per sua fortuna Yugi aveva abbassato lo sguardo, subito dopo quella sua flebile confessione, arrossendo, e non aveva potuto scorgere quella sua, incredibilmente inusuale, reazione.

Con un sospiro a cui Kaiba stesso non seppe dare un significato, egli allungò le braccia e strinse a sé quel ragazzo candido e sottile, così fragile e forte al contempo, che aveva il potere di distruggerlo con un gesto ed annientarlo con una parola.

Yugi si rannicchiò contro di lui, felice di quel piccolo gesto d’affetto, lasciandosi coccolare fino ad assopirsi con il viso contro il petto del marito, cullato dal suono del battito del suo cuore.

 

I giorni successivi videro una strana tranquillità regnare sulla coppia.

Quella piccola confessione che Yugi aveva concesso al marito sembrava aver sbloccato qualcosa in lui e anche se il ragazzino ancora non voleva lasciarsi andare all’ottimismo le cose tra lui e Kaiba avevano trovato un quieto equilibrio.

 

Di giorno non avevano molte occasioni di stare insieme dato che il presidente era perennemente impegnato ma in quei rari momenti Seto era… gentile.

 

Non in maniera eclatante, sia chiaro.

Seto Kaiba era pur sempre Seto Kaiba.

 

Ma aveva piccole accortezze, minuscole premure, per il compagno, che spingevano Yugi a credere di avere qualche speranza.

Come quando, a puro beneficio della stampa, erano usciti a cena e Kaiba aveva scelto un ristorante meno sofisticato ed altezzoso dei suoi soliti standard, un luogo con un menù che aveva consentito a Yugi di scegliere qualcosa senza dover prima decifrare un incomprensibile nome francese o italiano.

O come quando, all’ennesima serata di gala a cui Seto aveva dovuto partecipare, trascinando di conseguenza anche il marito, il Presisdente della Kaiba Corporation, notato il disagio dell’altro in mezzo a tutti quegli snob altolocati, si era limitato ad un breve giro di saluti formali prima di tornarsene a casa con la scusa di un affare importante da portare a termine.

 

E poi c’erano le notti.

 

Non ne era ancora passata una che non avesse trovato i due sposi allacciati.

Alla tenue luce della luna o nel morbido abbraccio delle tenebre, in quel letto in cui Yugi aveva perso la sua innocenza, Kaiba lo accompagnava dolcemente al piacere.

Con attenzione, quasi con riverenza, privandolo dei vestiti e del pudore nell’insegnargli, notte dopo notte, amplesso dopo amplesso, cosa significava essere amato.

 

O sì, Yugi, tra quelle lenzuola, si sentiva amato.

 

Tutte le volte che le mani eleganti del compagno gli scivolavano addosso con possessiva venerazione, tutte le volte che quelle labbra altere lo divoravano con famelica adorazione, ogni volta che Seto entrava dentro di lui, violandolo con attenzione, obbligandolo a tendersi e gridare per lui, Yugi si sentiva amato.

E quando riprendeva fiato, tra le sue braccia, contro quel petto candido che sembrava fatto apposta per accoglierlo, Kaiba lo accarezzava con dolcezza, cullandolo quasi, come fosse qualcosa d’importante, di prezioso.

In quei momenti Yugi toccava il cielo con un dito.

 

In quella quieta, felice routine, i giorni passarono fin troppo velocemente per i gusti del ragazzo, e il periodo della “luna di miele” giunse inevitabilmente al termine.

Yugi si rendeva conto che mancava da scuola da ormai tre settimane e aveva una gran voglia di riabbracciare gli amici che aveva sentito e rassicurato costantemente al telefono, durante la sua assenza, ma era terribilmente reticente ad abbandonare la tranquilla quotidianità di casa Kaiba.

Passare le mattinate a poltrire nel grande letto di Seto, a recuperare le energie che il marito gli ‘rubava’ ogni notte, e i pomeriggi a leggere un libro, nuotare in piscina, o in qualche altra attività con Mokuba, nell’attesa che il compagno tornasse per cenare con loro era diventata un abitudine a cui faticava a rinunciare, nonostante Yami che, sempre più spesso, lo punzecchiava divertito rinfacciandogli di essere diventato una ‘mogliettina’ modello.

 

Ignorando le volontà di Yugi la sveglia squillò perentoria pochi minuti dopo le sette quel mattino obbligandolo a mugugnare una protesta contro la spalla di Seto.

Kaiba sospirò allungandosi per spegnerla e Yugi si stava già nuovamente rannicchiando contro il suo fianco, deciso a risprofondare nel sonno, quando l’altro si scostò da lui.

Il ragazzino brontolò qualcosa di indistinto e Seto lo guardò accoccolarsi sotto le lenzuola con una punta di tenerezza prima di strappargli le coltri di dosso e mormorare: “Forza in piedi o arriveremo tardi”

L’altro borbottò sbadigliando, prima di stiracchiarsi con voluttuosità.

Seto fissò il marito con i capelli spettinati che gli cadevano in ciocche ribelli sulla fronte e i grandi occhi viola ancora velati di sonno, troppo intontito per rendersi conto che era completamente nudo sotto lo sguardo improvvisamente molto sveglio e pericolosamente scuro di Kaiba.

“Torna a letto…” soffiò Yugi con voce roca, tendendogli le braccia, con l’unico desiderio di assopirsi nuovamente con lui nel comodo giaciglio e Seto dovette fare ricorso a quel sangue freddo che aveva sviluppato in anni e anni di pratica per resistere alla tentazione di quel micetto arruffato e così innocentemente sensuale che gli si offriva con tanto osceno candore senza rendersi conto che rischiava seriamente di essere stuprato seduta stante.

 

Bhe… stuprato non era la parola giusta.

 

Sempre più spesso quando si ritiravano per la notte Yugi era caldo e arrendevole tra le sue braccia.

Anche se il ragazzo non aveva ancora mai preso l’iniziativa Seto si era accorto di come si lasciasse andare alle sue carezze con totale fiducia, assecondandolo con timida, imbarazzata, curiosità da prima per farsi, con il passare dei giorni, con lo trascorrere delle notti, più audace.

Cercava la sua bocca quando voleva essere baciato, lasciava che le sue mani scivolassero sulla sua schiena, sul suo petto, tra i suoi capelli, esplorandolo a sua volta, ricambiando con innocente entusiasmo la passione con cui Kaiba lo conduceva al piacere.

Nessun “no” violava più quelle sue labbra tentatrici quando Seto lo possedeva, spingendosi dentro di lui con forza costringendolo a singhiozzare e gridare fino a perdere la voce.

I loro amplessi erano diventati incontri sempre più infuocati che li lasciavano esausti a recuperare il respiro, l’uno tra le braccia dell’altro.

 

Seto era assolutamente certo che se fosse tornato a letto e avesse spinto quel suo sensuale diavolo tentatore tra le lenzuola, chiudendogli quella boccaccia impertinente con la sua non ci sarebbe stato nessun bisogno di violentarlo e avrebbe potuto passare un incandescente mattinata a farlo miagolare sotto di sé per insegnargli che non si provoca così la gente.

Tuttavia riuscì miracolosamente a calmare i propri bollenti spiriti e, imponendosi di non lanciare un'altra occhiata, che poteva rivelarsi fatale, allo sposo nel suo letto, si diresse verso il bagno deciso a concedersi una rapida e salutare doccia gelata.

 

Lasciato solo, Yugi aveva ponderato seriamente di rimettersi a dormire per poi costringersi ad alzarsi.

Recuperata la divisa scolastica e la biancheria si era infilato nel secondo bagno collegato alla camera da letto, per una volta grato all’opulenza di quella villa che si poteva tranquillamente chiamare castello.

In quel momento non era certo di essere pronto a vedere Kaiba uscire dalla doccia, il corpo scultoreo imperlato di luce e un misero asciugamano a nascondergli il paradiso.

No, assolutamente, no, pensò, rendendosi conto, con le guance in fiamme che gli aveva davvero detto “Torna a letto” solo pochi istanti prima.

-Da come ti ha guardato penso che abbia davvero ponderato di assecondarti- ghignò Yami nella sua testa.

“Sta zitto” borbottò Yugi rosso come un peperone mentre tentava di sistemarsi i capelli alla bell’e meglio.

Quando riuscì a domare, almeno parzialmente, le ciocche ribelli scese l’enorme scalinata che portava al piano inferiore fino alla grande sala da pranzo dove Mokuba e Seto erano già intenti a fare colazione, assistiti dal maggiordomo e da due cameriere nella classica divisa bianca e nera.

Yugi si sedette alla sinistra di Kaiba le guance ancora arrossate, chiedendo un cappuccino alla solerte domestica che gli si era avvicinata, prendendo una brioche alla crema da uno degli splendidi, profumati, cestini, che facevano bella mostra di sé sopra l’enorme tavolo di ciliegio.

Affondò i denti nella pasta soffice, appena sfornata, lasciando che il sapore della crema fresca gli accarezzasse il palato con un sospiro soddisfatto prima di tornare ai suoi pensieri.

 

Anche se non era la prima volta che si muoveva in limousine usarla per andare a scuola gli fece uno strano effetto.

Seduto accanto a Kaiba che consultava il suo tablet distribuendo mail di direttive ai suoi manager sparsi per il mondo Yugi cincischiava nervosamente con un lembo della sua camicia chiedendosi, non per la prima volta, come affrontare i compagni di scuola.

-Smettila di preoccuparti prima del tempo- lo rimproverò Yami -E ricorda che avrai Honda e gli altri dalla tua parte- lo rassicurò.

Yugi lo ringraziò mentalmente dicendosi che aveva ragione e accantonò il pensiero nel notare, fuori dal finestrino, la sagoma familiare dell’edificio scolastico.

Dovette però sussultare un istante più tardi quando si rese conto che le persone ferme vicino ai cancelli non erano studenti ma giornalisti.

E c’era addirittura una troupe televisiva.

Si avvicinò istintivamente a Seto, preoccupato.

“Fantastico” ringhiò questi che aveva spento il pc visto l’approssimarsi della loro meta e aveva, a sua volta, notato i paparazzi.

“Che… che ci fanno qui?” chiese Yugi angustiato.

“Evidentemente siamo ancora la notizia del momento” mormorò l’altro cupo, facendogli protettivamente scivolare un braccio attorno alla vita.

Yugi sollevò lo sguardo su di lui, piacevolmente sorpreso da quel piccolo gesto di rassicurazione mentre Kaiba allungava l’altra mano per premere il tasto che accendeva l’interfono con l’autista.

“Edgard investili se necessario” ordinò facendo sussultare il compagno.

“Sì signore” fu la tranquilla risposta dell’uomo al volante.

 

Fortunatamente i reporter dovevano essere ben consapevoli che il Presidente della Kaiba Corporation non usava mezze misure con gli scocciatori perché quando il motore della limousine ruggì, chiaro segno che chi era al volante non intendeva affatto rallentare, si tolsero velocemente dalla sua strada.

Yugi riuscì ad arrivare in classe, accompagnato dal marito, senza altri inconvenienti sebbene consapevole di avere gli occhi di tutta la scuola addosso.

Kaiba lo lasciò per andare al suo banco concedendogli un po’ di tempo in ‘privato’ con gli amici, tornando a dedicarsi ai suoi affari.

 

L’arrivo del professore, diversi minuti più tardi, obbligò tutti gli studenti ad andare ai loro posti e, sebbene non del tutto, a dedicare gran parte della loro attenzione all’insegnante.

Yugi ne fu felice.

Nonostante Joey e gli altri lo avessero circondato formando un, non proprio inconsapevole, scudo difensivo attorno a lui, e Kaiba avesse praticamente bruciato vivo con lo sguardo il loro compagno di classe che faceva parte del club di giornalismo e che aveva tentato di avvicinarsi al gruppetto con la macchina fotografica, il ragazzo non aveva potuto fare a meno di sentire tutti gli sguardi su di sé.

Lanciò un occhiata di sottecchi a Kaiba ritrovandosi ad ammirarlo ancora una volta.

Come poteva restare tanto impassibile sotto quell’attenzione costante?

Lui la trovava così logorante che gli veniva voglia di urlare.

- Calma - lo ammonì Yami e il ragazzo s’impose di trarre un profondo respiro, recuperare il libro di testo e, almeno provare, a concentrarsi sulla lezione.

 

La mattinata si trascinò con tesa calma finchè l’ultima campanella non determinò l’inizio della pausa pranzo.

Seto svanì dall’aula un secondo più tardi togliendo Yugi dall’impiccio di decidere se accettare l’invito degli amici a mangiare con loro in terrazza o raggiungere il marito.

“Sai…” mormorò Anzu aprendo il coperchio del suo bento “…ammetto che nonostante tutte le tue rassicurazioni avevo ancora qualche dubbio sul vostro matrimonio.” commentò lanciando un occhiata all’amico seduto accanto a lei “Ma devo ricredermi” disse con un sorrisetto malizioso.

Yugi la fissò perplesso sbattendo le palpebre un paio di volte senza sapere bene come interpretare le sue parole.

Joey borbottò qualcosa masticando con una certa rabbia il suo panino mentre Honda ridacchiava.

“Continuava a lanciarti certe occhiate durante la lezione” continuò Anzu con falsa innocenza.

“Da..davvero?” chiese Yugi che era stato così preso dal cercare di ignorare tutto e tutti che non aveva notato nulla.

La ragazza annuì soddisfatta notando come quella notizia avesse acceso il viso dell’amico di gioia.

E’ proprio cotto, pensò con divertimento.

Era cambiato un po’ già prima del matrimonio ma all’inizio non era stata sicura di poter interpretare correttamente il comportamento di Yugi.

Ora invece era lampante.

C’era una nuova nota nella sua voce quando pronunciava il nome del marito, al telefono aveva cominciato a sentirla sempre più forte, più salda, con il trascorrere dei giorni ed ora, che poteva confrontarsi faccia a faccia con lui, aveva notato come quell’emozione che gli scaldava la voce gli accendesse anche una luce splendente nello sguardo.

 

Yugi era innamorato.

Innamorato perso.

 

L’inaspettata, magnifica sorpresa, era stata vedere quella luce rispecchiarsi nelle iridi glaciali di Kaiba.

Oh il loro compagno di classe era un mago nell’arte dell’indifferenza ma al suo esame attento non era sfuggito come, quasi inconsapevolmente, Seto cercasse Yugi con lo sguardo, lo seguisse con gli occhi, lo avvolgesse protettivamente con la sua sola presenza.

Non molti avevano avuto il coraggio di avvicinarsi al suo amico con Seto nei paraggi, i pochi incoscienti avevano battuto rapidamente in ritirata quando si erano scontrati con lo sguardo assassino del presidente.

Quegli occhi di ghiaccio promettevano punizioni terribili per chi avesse anche solo osato pensare di ferire il suo sposo.

Anzu gongolò silenziosamente, assolutamente certa che Yugi fosse riuscito laddove tutti gli altri avevano fallito.

Kaiba lo amava, anche se aveva tutto un suo originalissimo, pericoloso, modo di dimostrarlo, pensò divertita.

“Gah!” sbottò Johey “Davvero non ce la faccio ad immaginarvi insieme” ringhiò prima di fissare Yugi e sospirare pesantemente “Ma se ti rende felice mi basta” borbottò arrossendo.

Honda gli batté una manata sulla schiena con approvazione “Giusto!” disse guardando a sua volta l’amico “E sappi comunque che se, per qualsiasi ragione, dovesse servire, noi siamo sempre a disposizione!” sentenziò.

Yugi annuì commosso, incapace di trovare parole per esprimere la sua gratitudine per quell’appoggio incondizionato.

 

Silenziosa una figura minuta abbandonò il suo angolo nascosto, dietro l'ingresso alla terrazza, allontanandosi non vista dal gruppetto che stavano ancora pranzando. 

Il piccolo verme era tornato a scuola.

Kyo sapeva che sarebbe successo e aveva aspettato con trepidazione quel momento.

Villa Kaiba aveva un sistema d’allarme invalicabile.

Quello splendido castello arroccato sull’unica altura di Domino in cui Seto non l’aveva mai portato.

Gliel’aveva chiesto, naturalmente, subito dopo una delle loro molte, appassionate notti di fantastico sesso, ma era stato liquidato con freddezza.

Se l’era aspettato, conosceva il suo amato meglio di chiunque altro, e quella sua gelida alterigia era un altro degli aspetti del suo carattere che apprezzava.

Così splendidamente bastardo, così sottilmente perfido.

Nel cuore di Seto non c’era posto per nessuno, forse appena appena un angolino per Mokuba, ma lui era suo fratello, poteva tollerarlo.

Quello che invece non poteva sopportare era Yugi Muto!

Quell’insignificante piccolo scarafaggio spuntato dal nulla il cui unico pregio, se così lo si voleva chiamare, era di avere una fortuna sfacciata nel giocare a Magic & Wizard.

 

Chi era?

Che cosa voleva?

 

Ma soprattutto come osava stare accanto al suo Seto.

 

Non sapeva forse che Kyo era il suo unico, grande, indimenticabile amore?

La loro relazione era durata poco più di un paio di mesi ma erano stati i più belli di tutta la sua vita.

La limousine che veniva a prenderlo sotto casa, i ristoranti di lusso, gli hotel riservati, non c’era uomo che non dovesse chinare il capo di fronte al suo Seto.

E tutti gli altri insetti fastidiosi a morire d’invidia, la bava alla bocca, nell’osservare quanto lui fosse magnificamente perfetto al fianco dello scapolo più bello e potente di tutta Domino.

Quando Seto lo aveva lasciato Kyo non si era preoccupato.

Era certo che, in breve tempo, sarebbe tornato da lui.

Il fatto che il presidente della Kaiba Corportation avesse scelto un nuovo amante poche settimane più tardi non l’aveva minimamente sconvolto.

Aveva seguito il suo amato e visto la sua nuova fiamma.

 

Un ragazzino biondo, pallido e magro.

Un piccolo efebo con due enormi occhi verde smeraldo.

 

Una sua brutta copia.

 

Era chiaro che Seto non riusciva a dimenticarsi di lui e cercava di sostituirlo con qualcuno che, almeno vagamente, gli somigliasse.

 

Povero amore.

Non si rendeva conto di quanto Kyo fosse preziosamente radicato nel suo cuore!

 

Con quello nuovo non era durata.

Ovviamente.

 

Kyo aveva aspettato, con trepidante certezza, che Kaiba tornasse da lui ma il presidente aveva scelto un nuovo amante.

Evidentemente ancora non si era accorto di quanto lui gli mancasse.

O, per semplice orgoglio, non lo voleva ammettere.

La nuova conquista di Seto era mora ma, per il resto, presentava le stesse caratteristiche del biondino.

 

Le sue caratteristiche.

 

Quale tenerezza gli aveva fatto il suo algido amore!

Era così lampante che non riuscisse a strapparlo dai propri pensieri.

Lo aveva lasciato fare.

Lo aveva seguito, a distanza, con cautela, osservandolo cambiare un compagno dietro l’altro, tutti con le sue caratteristiche.

Quando l’aveva visto avvicinarsi al ragazzino al bancone del White Dragon aveva sorriso, colmo di dolcezza.

Ecco l’ennesima brutta copia che durerà qualche mese al massimo e poi sarà abbandonata.

Così aveva pensato.

Ormai era tempo che Seto si rendesse conto che la sua vita non sarebbe mai stata completa senza di lui.

Gli avrebbe concesso quell’ultima delusione, quell’ultima inequivocabile prova di quanto non potesse dimenticare il suo unico, vero, amore, e poi si sarebbe ripresentato da lui.

Oh era certo che Seto allora avrebbe davvero compreso che l’altra metà della sua anima era lui, e lui soltanto.

Quanto aveva gongolato quando aveva notato che con questo nuovo, infruttuoso tentativo di sostituirlo, Seto non era uscito nemmeno una volta!

Nei giorni successivi i due non si erano più rivisti.

 

Era il momento!

Il suo momento!

 

Così aveva pensato quella mattina di quasi quattro settimane prima mentre si preparava per uscire, fischiettando allegramente.

Era sceso in strada, un sorriso altero sul visetto d’angelo, dicendosi che quella era l’ultima maledettissima volta in cui lui avrebbe dovuto mescolarsi ai comuni, puzzolenti, mortali su un autobus pubblico!

E non vedeva l’ora di spiattellare in faccia a quella capra ignorante del suo professore di statistica che aveva poco da fare lo spiritoso sui suoi voti a meno che non desiderasse perdere il lavoro… per sempre!

Quelle nullità dei suoi compagni di università, quella stupida di sua madre, quell’idiota di suo padre… tutti, TUTTI, avrebbero visto come Kyo, con i soldi e il potere del suo amato, avrebbe cambiato il mondo!

Dall’alto di quella collina, nella sua splendida villa, con il ragazzo più bello al suo fianco, si sarebbe crogiolato nel guardarli rodersi e bruciare nella loro meschina invidia di miseri vermi, fino alla fine dei loro giorni!

 

E poi era passato davanti ad un'edicola.

 

Praticamente tutti i quotidiani, persino quelli nazionali, riportavano la stessa notizia.

A neri caratteri cubitali.

Mastodontici ad occupare quasi tutta la prima pagina.

 

Seto Kaiba si sposa!

 

Così sentenziavano le locandine.

 

Kyo era rimasto paralizzato per un lunghissimo, eterno, istante, prima di sfilare una copia del quotidiano locale dalla bancarella e fuggire, senza preoccuparsi delle grida del negoziante che lo rincorrevano.

Si era rintanato in un cantiere poco distante, in un angolo appartato, lontano dai rumori degli operai al lavoro, e aveva aperto il giornale con dita tremanti per leggere la notizia.

 

Seto, il suo Seto, si sposava!

E si sposava con quell’insulsa, brutta copia, che aveva incontrato al White Dragon!

Non era possibile!

Non c’era uscito nemmeno una volta!

Nell’articolo lesse che Yugi Muto, così si chiamava lo scarafaggio, era un compagno di classe di Kaiba.

Lesse di come quella che all’inizio era stata rivalità nel mondo di Magic & Wizard era diventata amicizia e infine amore.

Scoprì come la loro storia da favola fosse sbocciata, come il filo rosso del destino li avesse legati, indissolubilmente, spingendo Kaiba a chiedere a Muto di sposarlo, senza preoccuparsi della loro giovane età, del loro ceto sociale così differente.

 

Tutte balle!

 

Bugie! Bugie! Bugie!

Assurde, incomprensibili menzogne, che la giornalista aveva inventato di sana piana dopo un overdose di zucchero e miele.

Quello descritto da quell’articolo non era il suo Seto!

 

Seto non era il principe azzurro delle favole!

Lui era il re dei demoni!

Il perfido, calcolatore, inarrestabile signore dell’ombra!

 

Seto innamorato di quel vermiciattolo dalla capigliatura ridicola?

Impossibile!

 

Quel piccolo bastardo doveva aver fatto qualcosa.

Non c’era altra spiegazione.

Seto non era certo qualcuno che si poteva facilmente ingannare o raggirare ma era pur sempre un essere umano.

Probabilmente si era distratto, anche solo per un secondo.

La somiglianza della vipera con Kyo lo aveva spinto a fidarsi di lui, a credergli anche solo per un istante, e l’infame doveva aver trovato il modo di approfittarne!

Rabbrividiva alla sola idea di quale terribile atto avesse compiuto quel Yugi Muto per riuscire a farsi sposare dal suo Seto.

 

Non poteva permetterlo e non l’avrebbe permesso!

 

I giorni successivi erano stati infruttuosi.

Qualsiasi fosse il sortilegio usato dal piccolo bastardo funzionava fin troppo bene.

Seto non lasciava praticamente mai il suo fianco.

Aveva dovuto assistere da lontano, impotente, al matrimonio, le labbra serrate tra i denti per trattenere le urla e gli insulti, nella mente un unico pensiero: avrebbe liberato Seto, a qualsiasi costo!

Poi c’era stata la luna di miele e sebbene gli avesse provocato un dolore quasi fisico non poter fare nulla, dato che avvicinarsi alla villa era diventato ancora più impossibile di prima, la vigilanza duplicata per tener lontano i paparazzi, Kyo aveva atteso, con pazienza.

Perché aveva una certezza.

Prima o poi il piccolo verme doveva tornare a scuola.

 

Yugi ascoltava distrattamente i commenti di Johey sull’ultimo videogioco che aveva comprato mentre si dirigeva al suo armadietto per cambiarsi le scarpe.

La giornata era andata molto meglio di quanto si era aspettato e non poteva che esserne felice.

I suoi amici lo appoggiavano, i suoi compagni di classe non erano stati troppo invadenti (anche se, non sapeva spiegarsi perché, gli erano sembrati un po’ spaventati) e i giornalisti al cancello se n’erano andati subito dopo pranzo (sospettava ci fosse lo zampino di Seto che era tornato a lezione, nel pomeriggio, con un sospetto sorriso maligno).

Sì, andava tutto bene.

Lo aspettava ancora la cena con Mokuba e Seto e poi…

Arrossì ricacciando il pensiero, trattenendosi al contempo dal ridacchiare.

Non poteva ancora dire con certezza che Seto lo amasse quanto lo amava lui ma ormai non poteva neppure più mettere in dubbio che, almeno un po’, tenesse a lui.

Da lì, si disse sentendosi ottimista, la strada non poteva che essere in discesa.

 

Fu l’ultima cosa che riuscì a pensare.

Poi aprì l’armadietto e questo esplose.

 

 

continua...

 

 

Note dell’autrice:

Qualcuno (non facciamo nomi, solo nick: Niane) una volta mi disse: “Non sai come finire la fic? Facile: ammazzali tutti!”

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