Drago Bianco Occhi Blu 1                                                         Back to FanFic  Back to Home

 

Attenzione: la fic si colloca idealmente alla fine del 21 numero.

 

Capelli castani.

Seta lucente dai riflessi oscuri.

Occhi azzurri.

Lame di ghiaccio sfacettate d’argento.

Pelle candida.

Neve pallida incontaminata e gelida.

 

Un viso dai lineamenti quasi delicati, di un alterigia androgina.

Un corpo asciutto, felino, dall’eleganza innata.

Una superbia da leader, un portamento da imperatore.

 

Bello quanto freddo.

Intelligente quanto spietato.

Ricco quanto calcolatore.

 

In due parole?

 

Seto Kaiba.

 

Presidente della Kaiba Corporation, la più grossa società per la produzione e la vendita di materiale hi-tech di tutto il continente.

Uno degli uomini più potenti di Domino.

Senza ombra di dubbio il più ricco.

E al contempo un semplice studente delle superiori.

Sebbene ‘semplice’ e ‘Kaiba’ nella stessa frase stonassero quanto un dado su un tavolo da Magic & Wizard.

Yugi sospirò piano facendo roteare con maestria la matita tra le dita sottili.

La lezione era ormai terminata, era ora di andare a casa ma non aveva particolarmente voglia di alzarsi dal suo banco.

Seto invece se n’era già andato.

D’altronde LUI doveva dirigere una multinazionale non aveva certo tempo da perdere con i suoi compagni di classe.

Il ragazzino sospirò, nuovamente, depresso.

 

Seto Kaiba.

 

Il suo avversario.

Il suo nemico.

La persona che, inspiegabilmente, occupava i suoi pensieri da quando erano tornati dall’Isola dei Duellanti.

 

Su quell’isola, dove si era recato al solo scopo di salvare il nonno, Yugi si era ritrovato improvvisamente con la vita di Kaiba tra le mani.

 

Due volte.

 

La prima, quando Seto stesso l’aveva messa in palio, durante la loro partita, e Yugi aveva dovuto imporsi sul suo alter ego per impedirgli di sconfiggere il compagno di classe e decretarne così la morte.

Aveva rinunciato alle sue stelle.

Aveva rischiato di perdere la possibilità di salvare il nonno.

Eppure non si era pentito, nemmeno per un istante, di aver fermato il Faraone.

Gli dispiaceva di aver ferito il suo alter ego ma non poteva permettergli di uccidere Seto.

 

Perchè?

 

Chiunque, al suo posto, avrebbe fatto lo stesso.

Erano più importanti le stelle di una vita umana?

 

Assolutamente no.

 

Ma quelle stelle rappresentavano la sua unica possibilità di salvare il nonno, un suo parente, il suo sostenitore, il suo primo amico e complice, colui che gli aveva insegnato l’amore per il gioco e che gli aveva regalato il Puzzle Millenario.

Dunque era più importante la vita di Seto Kaiba, poco più di uno sconosciuto, un crudele sconosciuto, di quella di suo nonno?

 

Chiunque, al suo posto, avrebbe fatto lo stesso?

 

La seconda, quando lo aveva liberato dalla carta Prigione.

Aveva messo in palio la sua anima contro Pegasus.

Aveva bruciato fino all’ultimo grammo di energia, lottato finchè la vista gli si era annebbiata e il respiro incastrato in gola.

 

L’aveva fatto per salvare suo nonno.

Ma non solo.

Lo aveva fatto per liberare Mokuba.

 

Ma non solo...

 

Perchè?

 

Kaiba aveva tentato di ucciderlo, in passato.

Aveva messo a repentaglio la vita delle persone a lui più care.

Era stato spietato.

Se quel giorno non avesse vinto l’ultima sfida contro di lui, l’ultima gara del Death-T, Kaiba lo avrebbe ucciso.

“Death” significa Morte.

Yugi non si faceva illusioni su quali fossero state le intenzioni del compagno di classe su di lui e i suoi amici, quel giorno lontano.

A differenza di Mokuba, che aveva salvato Honda, che aveva bloccato i suoi scagnozzi quando avevano puntato le armi su di loro, Seto non aveva mai lasciato intravedere uno spiraglio di luce tra i ghiacci che serravano la sua anima.

 

Ma Yugi l’aveva mandata in pezzi.

L’aveva distrutta, riducendola in tanti tasselli di un puzzle che Kaiba avrebbe dovuto rimontare, frammento per frammento, con infinita pazienza.

Gli aveva dato una seconda possibilità.

 

L’aveva liberato dalla prigione della carta per quel motivo?

 

Solo perchè sperava che il compagno fosse emerso dal coma cambiato?

Eppure il loro primo incontro, dopo il suo risveglio, non gli aveva dato nessun indizio in quel senso.

Kaiba aveva usato la sua usuale freddezza nell’affrontarli e Yugi aveva provato una tale frustrazione quando l’aveva rincontrato scoprendolo uguale al passato.

Una tale rabbia.

Così tanta... disperazione.

 

Perchè?!

 

Chi, a ragion veduta, avrebbe salvato una persona simile?

Eppure Yugi non aveva voluto arrendersi.

Aveva puntato sulla speranza quando aveva sfidato Pegasus mettendo in gioco la propria anima in cambio di quella del nonno, di Mokuba e di... Seto.

 

Quel Seto che sembrava malvagio esattamente come un tempo.

Freddo come in passato.

Nonostante tutto Yugi aveva voluto credere.

Aveva rischiato tutto.

 

E aveva vinto.

Aveva vinto la partita e la sua scommessa.

 

Era pur sempre il re dei giochi.

 

Il suo altero antagonista aveva ritrovato l’ultimo pezzo della propria anima e aveva riscoperto il suo cuore.

Ricordava ancora con nitida, perfetta, chiarezza quell’istante.

Il momento in cui il Presidente della Kaiba Corporation aveva stretto a sé il corpo del fratellino.

La gioia che brillava nei suoi occhi.

La sua anima completa, nuova, splendente.

 

Aveva vinto.

 

Seto Kaiba era rinato.

Certo, il suo caratteraccio non era cambiato.

Restava freddo, essenzialmente egoista, imperativo nel disporre e comandare.

Orgoglioso e poco propenso ai ringraziamenti.

 

Ma...

 

Ma era di nuovo un essere umano.

Con i suoi pregi e gli innegabili difetti.

 

Tutto bene quel finisce bene, dunque?

 

Yugi sospirò di nuovo.

Non ne era certo.

Da quando erano tornati a scuola, alla vita di tutti i giorni, per quanto la sua si potesse definire una vita ‘di tutti i giorni’ dato che conviveva con uno spirito millenario che giaceva nel puzzle appeso al suo collo, Yugi si era trovato a dover fronteggiare un nuovo problema.

 

Seto Kaiba.

 

Proprio lui.

A scuola si guardavano a malapena.

E dopo le ore di studio il Presidente aveva ben poco tempo da concedere a chi che fosse.

Non lo vedeva quasi mai.

Da quando erano tornati non aveva scambiato con lui nemmeno un saluto.

Dunque perchè, perchè non faceva che pensare a lui?

 

-Perchè?-

 

Chiese silenziosamente, frustrato, alla coscienza che divideva con lui il suo corpo.

-Credo di poterti dare la risposta- mormorò profonda la voce dell’altro Yugi, nella sua mente -ma sei davvero certo di voler porre la domanda?- domandò gentilmente.

Il ragazzino corrugò la fronte perplesso.

Che razza di affermazione era mai quella?

Che cosa intendeva dire?

 

“Hey Yugi! Guarda qua!!” esclamò Joey piazzandogli sotto il naso una rivista di gossip.

Il ragazzino accantonò momentaneamente i suoi pensieri per concentrare l’attenzione sull’amico che stava sfogliando le pagine del giornale, sotto i suoi occhi, alla ricerca dell’articolo che voleva mostrargli.

“Leggi quella roba?” chiese perplessa Anzu avvicinandosi ai due.

Il biondo scosse le spalle “La legge mia sorella” mormorò “E non crederete mai a quello che hanno pubblicato!!” esclamò trovando infine ciò che cercava.

“Ecco qua!” esclamò battendo un colpetto sulla rivista aperta.

 

Sulla pagina di destra campeggiava una foto di Seto Kaiba.

 

Ancora lui, gemette mentalmente Yugi senza riuscire a trattenersi dal far scivolare gli occhi sull’istantanea che ritraeva il loro compagno di classe, passano lo sguardo dalle sue iridi azzurre, insondabili, al lieve, ferino, sorriso che gli piegava leggermente le labbra sottili.

Doveva essere stata scatta in occasione dell’inaugurazione di una Kaiba Land.

Il presidente indossava un completo che rivaleggiava in candore con la sua pelle, sul colletto, sui polsi, e lungo tutta la chiusura della giacca, che ricordava vagamente un divisa da cadetto, degli arabeschi dorati serpeggiavano sinuosi intrecciandosi in un disegno elegante.

Perso per un infinito istante nel contemplare l’aspetto del suo nemico Yugi prestò attenzione alla fotografia che campeggiava sulla pagina di sinistra solo quando sentì il sussulto di Anzu.

Allora anch’egli spostò gli occhi sull’immagine e... bhe non avrebbe saputo dirlo con precisione.

Non era certo che si potesse affermare che il suo cuore si fosse fermato o che gli fosse mancato il respiro.

Eppure improvvisamente tutti i rumori attorno a lui parvero sfumare ed ovattarsi tanto che, le esclamazioni incredule della sua migliore amica, gli giunsero da una distanza che sembrava infinita.

 

La foto di sinistra ritraeva nuovamente Seto.

 

Un Seto vestito di un semplice maglione di cashmire blu e un paio di jeans chiari.

Un Seto che, nonostante l’abbigliamento casual o forse proprio per esso, risultava più bello e più sensuale che mai.

Un Seto che teneva stretto a sè un ragazzino biondo che gli aveva allacciato a sua volta le braccia attorno al collo.

 

Gli occhi negli occhi.

I corpi a contatto.

Le labbra ad un palpito le une dalle altre.

 

Innegabilmente si stavano per baciare.

 

Non c’era nessuna possibilità di fraintendere quella posa, l’intimità che regnava tra loro, il modo possessivo con cui il loro compagno di classe serrava a piene mani i glutei del piccolo efebo tra le sue braccia.

Su tutto campeggiava l’enorme scritta: “L’amore proibito di Seto Kaiba”

 

“Sei rimasto shoccato eh?!” esclamò Joey posando una mano sulla spalla dell’amico.

Yugi sollevò lo sguardo su di lui senza vederlo.

“Credi che sia gay?” domandò Anzu con occhi enormi.

 

Bisessuale” sussurrò con gelida indifferenza una voce conosciuta.

 

I tre sussultarono voltandosi di scatto e così facendo, Anzu e Joey si spostarono ai lati del banco di Yugi lasciandolo indifeso di fronte allo sguardo glaciale dell’oggetto di ogni suo turbamento.

Il giovane presidente della Kaiba Corporation si avvicinò al banco del ragazzo lanciando un occhiata sdegnata alla rivista aperta.

“L’amore...” lesse a mezza voce “...che razza di porcheria.” mormorò con una smorfia di disgusto afferrandola e gettandola con noncuranza in un cestino poco lontano.

“Hey! Quella era mia!” protestò vivacemente Joey ricevendo in tutta risposta un sorriso glaciale.

“Motivo in più per buttarla” soffiò Seto, voltando loro le spalle, raccogliendo il libro che era ritornato a prendere prima di avviarsi nuovamente verso la porta della classe.

Joey illividì facendo un passo in avanti, pronto a dar battaglia ma la voce di Yugi lo bloccò.

“Vuoi dire che non... non è vero?” mormorò con un filo di voce, senza riuscire a comprendere egli stesso la nota di speranza che vibrava in quel suo incerto pigolio.

Kaiba non prese nemmeno la briga di voltarsi, si limitò a girare un poco il capo per lanciargli un’occhiata di gelida supponenza. “Certo che no...” mormorò tranquillamente e Yugi sentì distintamente il suo cuore dare un inspiegabile battito di gioia prima che le parole dell’altro ne arrestassero la corsa, definitivamente “...abbiamo scopato un paio di volte, non ricordo nemmeno come si chiama.”

Anzu rantolò mentre Joey emetteva un verso incomprensibile, gli occhi sbarrati.

Yugi non li sentì.

Lo sguardo sgranato piantato sulla schiena elegante del suo rivale che, silenziosamente com’era venuto, lasciava la classe.

 

...

 

Seto Kaiba... gay.

Anzi no... bisessuale per sua stessa ammissione.

Yugi fissò la pagina del giornale che aveva recuperato, senza farsi scorgere dagli amici, dal cestino.

Osservò nuovamente la foto.

Il ragazzo biondo che tanto strettamente stava allacciato al suo avversario fissava Seto con i grandi occhi carichi di quella che si poteva definire con un termine soltanto: adorazione.

Ma lo sguardo di Kaiba... lo sguardo di Kaiba era freddo, come sempre, seppure vi brillava una strana luce.

Desiderio forse.

O semplice brama.

Yugi sfogliò le altre pagine della rivista scandalistica scorrendo l’articolo velocemente.

I due amanti erano stati colti fuori da un noto locale del centro città, un pub-discoteca dall’ingresso selezionatissimo, in cui, a detta del giornalista, Seto si recava spesso, a volte per concludere affari altre volte per incontri più... piacevoli.

 

“...abbiamo scopato un paio di volte, non ricordo nemmeno come si chiama...”

 

Yugi chiuse il giornale con uno scatto nervoso, scorgendo per un istante, un ultima volta, il sorriso ferino che campeggiava sul volto di Seto, quasi a prendersi gioco di lui, da dietro la carta patinata.

 

Infondo, che cosa gl’importava?

 

Kaiba era libero di fare quello che voleva, di andare con chi voleva e di dimenticarsene il nome dopo un paio di ‘scopate’ se così preferiva.

Era Seto Kaiba.

Poteva avere tutto quello che voleva schioccando le dita.

Nel suo vocabolario la parola ‘ostacolo’ non era contemplata.

Tutt’al più qualche insignificante inconveniente e qualche piccola scocciatura che avrebbe provveduto a disintegrare con la facilità con cui la sua “Drago bianco occhi blu” distruggeva una carta da due stelle.

 

Non c’era da stupirsi che usasse i suoi amanti come usava tutti gli altri.

 

“Che diamine me ne importa?” esclamò irritato passeggiando avanti e indietro per la stanza come un leone in gabbia.

“Basta!” disse “Non ci voglio pensare!” sbottò e presa la giacca si apprestò ad uscire, deciso a passare il pomeriggio con Joey, in sala giochi, ed annegare così tutti quegli assurdi pensieri e quelle domande senza risposta.

 

...

 

La notte era scivolata lenta a lambire i contorni del giorno sospingendolo con irremovibile calma oltre l’orizzonte agghindandosi, poi, di stelle per i suoi abitanti.

Tra le coppiette vestite a festa, a passeggio tra le vie del centro, tra i gruppetti di ragazzi che si apprestavano ad andarsi a divertire al karaoke e il ciarlare festoso dei bambini che rincasavano coi genitori, camminava una figura silenziosa, vestita di nero.

 

Era impossibile non notarlo.

 

E non tanto per la sua pettinatura, sebbene questa fosse decisamente fuori dall’ordinario, quanto per l’incredibile gioco di contrasti che egli fondeva in sè.

Non era imponente, ne tanto meno minaccioso, ma c’era un’elegante, innegabile, maestosità nel suo incedere che spingeva la folla a schiudersi, inconsciamente, al suo passaggio.

Aveva un viso dalle linee gentili, dolci, ancora custode dei tratti tipici dell’infanzia ma dominato da enormi occhi viola, due abissi di antica oscurità dalle sinuose sfumature ametista.

La sua pelle era chiara, serica, immacolata come neve appena caduta ma languidamente offerta al sospiro leggero della notte.

E il suo corpo... quel suo corpo sottile era così sensualmente delicato, maliziosamente innocente.

Fasciato in un’aderente maglia nera, senza maniche, su cui giaceva, scompostamente abbandonato, un lungo drago candido, un paio di stretti pantaloni di cuoio, anch’essi neri, dalla vita pericolosamente bassa, chiusi da tre lunghi lacci di pelle bianca, il ragazzo calamitava tutti gli sguardi su di sè senza neppure accorgersene.

Yugi camminava sfiorando distrattamente la stringa di cuoio candido da cui pendeva una piccola onice scintillante, con cui aveva sostituito l’usuale collare, i larghi bracciali di pelle nera a fasciargli i polsi e, appesa al fianco, la catena del puzzle che tintinnava incessantemente ad ogni suo passo.

Era una sera calda, d’inizio estate, ed era uscito senza giacca certo che non gli sarebbe servita.

Di certo non avrebbe avuto freddo dov’era diretto.

Alcune ragazze ridacchiarono sbatacchiando le ciglia, porgendogli sorrisi imbarazzati quando passò loro accanto ma il giovane non diede loro peso, o meglio, non le notò neppure, troppo preso dalla conversazione con il suo aler ego.

Yugi borbottava con la stessa incessante frequenza con cui il puzzle tintinnava al suo fianco.

-Fidati di me- tentò di rassicurarlo il faraone, per l’ennesima volta rivolto alla coscienza del ragazzino con cui condivideva il corpo.

-E’ una follia!- protestò questi camminando avanti e indietro, nella stanza dell’Anima, così come aveva fatto quel pomeriggio in camera sua.

-Vuoi la risposta alla tua domanda, no?- insinuò il faraone.

Dall’altra parte non ottenne che silenzio.

-Vedrai che entro domani avrai capito- mormorò l’altro Yugi mentre un sorriso lieve andava a piegargli le belle labbra.

 

...

 

La coda davanti all’entrata del White Dragon era lunga ma ordinata.

Di fronte alle porte di metallo lucente due grossi energumeni vestiti di nero selezionavano accuratamente i pochi fortunati a cui concedere l’ingresso.

Yugi non fece la fila.

Sorpassò i ragazzi in attesa con regale sicurezza fermandosi quando fu dinanzi a uno degli uomini in nero.

Il buttafuori fece scivolare lo sguardo sprezzante dalla punta delle sue scarpe fino al suo viso, gli occhi che si andavano sgranando progressivamente, prima di piantarsi in quelli viola del ragazzo.

Per un lungo istante l’uomo annegò in quei due oceani ametista colmi di promesse oscure e minacce sinuose prima di ricordare il proprio compito e mormorare un gracchiante: “P..prego” facendosi da parte per farlo passare.

 

...

 

Yugi era già stato in discoteca un paio di volte ma l’esperienza non era risultata particolarmente piacevole.

Troppe persone, troppo rumore, troppo fumo.

Ma quel locale era decisamente diverso da quelli che lui era abituato a frequentare.

La musica, sebbene decisamente alta, non era assordante ed era abbastanza melodica da permettere ad una cinquantina di ragazzi e ragazze di ballare sulla grande pista e, al contempo, fornire un piacevole intrattenimento anche per chi aveva invece preferito sedere ad uno dei tanti bassi tavolini, circondati da divanetti, sparsi per il resto del locale.

Lui tuttavia ignorò sia la pista che i tavoli per dirigersi al lungo bancone del bar, passando tra i gruppetti di persone con l’altera eleganza di uno squalo che scivola tra le alghe, fino a raggiungere uno sgabello libero.

Vi si sedette accavallando le gambe, posando il viso sui palmi delle mani, mentre si guardava intorno alla ricerca di una sagoma familiare.

Lo scorse poco lontano, bellissimo in un paio di pantaloni di raso candido e una camicia di seta grigio ghiaccio che rifrangeva la luce colorata in languide ombre azzurre.

Gli dava le spalle, tra le mani un calice quasi vuoto, intento in quella che doveva essere una conversazione d’affari dato che, il suo interlocutore, era un uomo di mezz’età grasso e calvo.

-O ha dei gusti orribili...- ridacchiò tra sé e sé il faraone.

“Che cosa ti porto micetto?” gli chiese una voce soave, al suo orecchio, distraendolo dai suoi pensieri.

Yugi si volse con calma, senza allontanare il volto da quello, un po’ troppo vicino, del barista, che si era sporto verso di lui.

Micetto?” soffiò piantando le iridi viola in quelle dell’altro, un leggero sorriso malizioso ad inarcargli le labbra.

L’inserviente deglutì a vuoto ritraendosi quel tanto che bastava per far scivolare lo sguardo sul suo corpo sottile, senza curarsi di nascondere l’ammirazione e il desiderio.

“Non è quello che sei?” gracchiò non del tutto certo di poter reggere il gioco con quella piccola, perfetta, tentazione.

Forse...” mormorò il faraone inarcando la schiena con un sospiro languido, stiracchiandosi con grazia felina, la maglia che scivolava a scoprirgli il ventre piatto.

“Fo... forse?” ansimò l’altro incapace di staccargli lo sguardo di dosso.

 

“Un eliner... senza ghiaccio. E prima di notte.”

 

Quell’ordine, glaciale quanto imperioso, fece sussultare violentemente il barista che si voltò di scatto pronto a fulminare il nuovo venuto prima di scontrarsi con due lame di gelo tagliente e decidere che era meglio battere velocemente in ritirata.

“Subito signor Kaiba!” esclamò allontanandosi per preparare il cocktail richiestogli.

Yugi invece si limitò a voltare un poco il capo, la guancia appoggiata al palmo della mano, il corpo languidamente abbandonato contro il bancone.

“Kaiba...” mormorò con un lieve cenno della testa in segno di saluto.

“Muto...” mormorò l’altro facendo scorrere lo sguardo impassibile su di lui “...non mi aspettavo di trovarti qui” disse con sprezzante indifferenza ma, a Yugi, non sfuggì come le sue iridi si fossero scurite sempre di più, man mano che scivolavano sul suo corpo.

“Dove sono quei quattro idioti che ti seguono sempre come cagnolini?” chiese sedendosi sullo sgabello accanto al suo, con la disinvoltura di un abitudinario.

Il faraone non si lasciò ingannare da quel suo tentativo di riportare la loro conversazione ai soliti screzi e si limitò a rivolgergli un morbido sorriso.

“Preferisco essere solo quando vado a caccia...” sussurrò e Seto non riuscì a mantenere ancora la sua proverbiale impassibilità. “A... caccia?” ripetè, permettendo al suo sopraciglio destro di alzarsi in un moto di stupore.

Yugi scosse le spalle con indifferenza liquidando la domanda senza darle risposta per poi sventolarsi una mano davanti al viso.

“Fa troppo caldo qui dentro...” mugolò piano “...non avrei dovuto indossare dei pantaloni di cuoio” borbottò infilando un dito sotto la vita, già illegalmente bassa, dell’indumento, facendolo scorrere lungo tutto il suo perimetro, lentamente.

Un movimento dannatamente innocente, oscenamente spontaneo, fatto al solo fine di permettere ad un filo d’aria di refrigerare la sua pelle, nivea, umida.

Ma la luce, complice e malandrina, s’insinuò sotto la stoffa scura per lambire con un impalpabile bacio quella sua carne liscia, serica, accendendola di stelle, scivolando poi giù, audace, fino a spirare in morbide ombre laddove lo sguardo non poteva spingersi.

E Seto Kaiba si trovò improvvisamente a doversi inumidire le labbra, inspiegabilmente aride, lo sguardo prigioniero di quelle dita che scivolavano, piano, languide, su quella pelle che sembrava così morbida, così delicata, così... candida.

 “Il suo eliner” mormorò il barista, attirando l’attenzione del Presidente su di sè, posandogli rispettosamente davanti un calice sottile ripieno di una bevanda blu e bianca.

“E a te micetto, che porto?” chiese dedicando poi tutta la sua attenzione a Yugi.

Questi lo fissò facendosi scorrere pensierosamente due dita sulle labbra “Qualcosa di dolce...” mormorò “...uno straberry” decise costringendo nuovamente Seto a corrucciarsi.

Il barista si allontanò sancendo che avrebbe fatto in un attimo mentre Kaiba spostava lo sguardo sul compagno di classe “Credi di reggerlo?” gli chiese sprezzante.

Yugi gli porse un sorriso birichino “Sono sicuro che qualcuno si occuperà di me” disse spiazzandolo completamente.

“Tzè... non contare su di me” si sentì in dovere di precisare l’altro, leggermente irritato da quella sua affermazione.

Il faraone ridacchiò accogliendo con un “Grazie” la sua ordinazione prima di fissare di nuovo lo sguardo in quello del compagno “Non mi era passato nemmeno per l’anticamera del cervello...” lo rassicurò per poi sollevare il bastoncino su cui era infilzata una rotonda ciliegia scarlatta.

La crema al wisky, di un turgido color bianco, accarezzava la superficie del frutto rosso colando in piccole goccioline nel bicchiere.

Yugi la portò alle labbra succhiandola piano, senza metterla completamente in bocca, allungando la lingua per vezzeggiarne la pelle tesa, prima di morderla con decisione, i denti candidi che straziavano la polpa scura liberando la crema di cui era pregna.

E una goccia di quel siero gli scivolò lungo il mento, densa, perlacea.

Kaiba per poco non rantolò sonoramente quando Yugi la raccolse con un polpastrello, infilandoselo poi in bocca per succhiarlo con oscena innocenza e un piccolo miagolio contento.

-Che... che stai facendo?- rantolò Yugi racchiuso nel puzzle fissando con preoccupazione le iridi di Seto che si restringevano pericolosamente, nello sguardo blu lunghe ombre torbide e saette di luce famelica.

Quella luce...

 

LA luce!

Quella della fotografia!

 

E Kaiba stava guardando così... lui!

O meglio le sue labbra.

 

-Vuole baciarti- mormorò tranquillamente il faraone.

-Vuole fare... COSA!?- gracchiò Yugi incredulo.

Ma non ebbe il tempo di chiedere nient’altro che Seto gli imprigionò il mento con la mano destra, costringendolo a piegare il capo, un poco, all’indietro, prima di calare su di lui.

 

Seto Kaiba...

Seto Kaiba lo stava... baciando!

 

Yugi non riusciva a crederci.

Attraverso il puzzle avvertiva tutte le sensazione del suo alter ego riversarsi in lui.

 

Sentiva il calore del braccio che Seto aveva fatto scivolare intorno alla sua vita, per stringerselo contro.

Sentiva il suo profumo, leggero ma ipnotico.

Sentiva la morbidezza della sua bocca sulla propria.

 

Sentì la lingua di Kaiba spingere con delicata prepotenza contro le sue labbra, violandole.

 

Ed era... così strano.

 

Avvertire la lingua di Seto che cercava la sua, sfiorandola, accarezzandola, gli fece scivolare una colata di brividi  elettrici nelle vene.

Gemette sommessamente, nel puzzle, sentendosi perduto mentre quel calore incandescente cresceva, avvolgendolo, strappandogli il respiro e il battito, divorandolo nella sua luce.

 

Era così strano... e così incredibilmente bello.

 

Il faraone ridacchiò mentalmente -E’ tutto tuo adesso!- esclamò e prendendolo completamente alla sprovvista lo catapultò nuovamente nel suo corpo per poi sigillare fermamente il puzzle in modo da non concedergli via di fuga.

E così Yugi si ritrovò a tremare, aggrappato alla camicia del suo compagno di classe, gli occhi viola sgranati, le guance in fiamme e le labbra socchiuse nel lieve, sorpreso: “Oh” con cui si era staccato da lui, scoprendosi a fissare un Seto Kaiba come non l’aveva mai visto.

 

Il viso ad un soffio dal suo.

Le labbra leggermente gonfie e umide.

Lo sguardo glaciale acceso di luce.

 

Seto Kaiba l’aveva baciato.

E lui... lui si era lasciato baciare.

 

Si era lasciato baciare!!

 

Da un maschio!

Un suo compagno di classe.

Il suo rivale!!

 

“Kami...” pigolò portandosi le mani alle labbra incredulo e poi, prima di pensare a qualcosa, a qualsiasi cosa, scese dallo sgabello e fuggì.

 

 

continua...

 

 

 

Come vado? è la prima che scrivo e ho letto solo una ventina di numeri del fumetto... spero di non aver scritto castronerie -.-'''

 

 

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